La
bella e la bestia
1
C’era una volta un castello in cui abitava il principe Gaara,
superbo e arrogante, con i suoi fratelli maggiori, Temari e Kankuro,
che avevano un carattere non molto differente da quello del fratello
minore. Un giorno a questo castello bussò una vecchia che
chiese ospitalità in cambio di una rosa, ma il principe la
cacciò via in malo modo. “Per la tua superbia io
maledico te e la tua famiglia superbo principe!” disse la
vecchia “Finché non scoprirai l’amore e
la bontà il tuo aspetto prenderà, anno in anno,
l’aspetto di un demone” concluse
l’anziana signora andandosene. Il castello cadde nelle
tenebre così come la foresta circostante.
Sakura viveva con suo padre in una bella casa vicino al centro del suo
paesino. La ragazza, con degli innaturali, ma graziosi capelli rosa e
gli occhi verdi, era orfana di madre e suo padre si era risposato con
una donna che aveva già due figlie, Ino e Tenten. La prima
aveva dei lunghi capelli biondi legati in una coda alta con gli occhi
azzurri come il cielo mentre la seconda aveva i capelli mori legati in
due chignon e gli occhi marroni scuri. Entrambe erano avide e
capricciose e il padre di Sakura, essendo un ricco mercante e gli
affari andavano a gonfie vele, le accontentava in tutto. Un brutto
giorno, però, gli affari crollarono e il padre delle tre
ragazze fu obbligato a vendere la casa e a trasferirsi con la famiglia
in una piccola casetta in mezzo al nulla. Ino e Tenten non persero mai
un’occasione per lamentarsi e incolpare Sakura di quella
sfortuna. “Smettetela d’incolpare Sakura quando
sapete che in realtà è colpa delle vostre
pretese!” tuonò un giorno la matrigna di Sakura,
che l’aveva presa in grazia. La ragazza dai capelli rosa non
aveva preso bene il fatto che suo padre si fosse risposato con una
donna che per di più aveva già avuto due figlie,
ma con il tempo cambiò idea e fu felice nello scoprire che
era brava persona, diversamente da come venivano descritte le matrigne
nelle fiabe. “Ino, Tenten, Sakura!” disse il padre
un giorno “Andiamo al mercato a fare la spesa”. Le
tre ragazze accompagnarono il padre al mercato e stettero là
tutto il giorno e di sera, quando venne il momento di dover tornare a
casa, si persero e capitarono in mezzo alla foresta. “Ho
paura” mormorò Sakura attaccandosi al padre.
“Guardate là!” esclamò a un
tratto Tenten “C’è un
castello!” disse indicando un edificio nero come la pece.
“Tenten! Sai che posto è quello? E’ il
castello dei Sabaku” intervenne Ino guardandosi attorno.
“Quei Sabaku?” “Di cosa
parlate?” chiese Sakura “Quel castello è
stato maledetto e si dice che sia abitato dai mostri. Chiunque vi
è entrato non ne è più
uscito” spiegò Ino tentando di spaventare la
sorellastra “Se nessuno è mai tornato da quel
castello come sapete che è abitato da mostri?”
chiese di nuovo la ragazza dai capelli rosa “Nelle notti di
luna nuova e di luna piena si sentono grida agghiaccianti che gridano
il loro desiderio di sangue” disse Tenten per rendere
l’atmosfera ancora più spaventosa. “O
entriamo in quel castello oppure moriamo qua fuori di fame e di
freddo” sentenziò il padre. La famiglia si diresse
verso il castello e bussarono. Nessuno rispose. Entrarono e dentro
tutte era vuoto e polveroso. “Permesso? Potremmo rimanere per
la notte?” chiese Sakura. Nessuna risposta.
“Sarà disabitato” disse il padre
“Le camere saranno al piano di sopra”. Ino e Tenten
salirono al piano superiore e trovarono subito le camere. Erano due,
molto larghe con una finestra che dava sulla foresta. In ogni camera
c’era una scrivania e una sedia. I letti erano a baldacchino
e pieni di polvere. In una delle due camere c’era un armadio.
Le due sorellastre dormirono insieme al padre mentre Sakura fu
obbligata a dormire sulla poltrona vicina alla scrivania.
All’alba del mattino dopo la famiglia fece per andarsene, ma
una voce fredda e distaccata li bloccò. “Dove
andate? Voglio che ricambiate la mia ospitalità”
pretese la voce. “Mi dispiace, ma non ho nulla qui con
me” disse il padre “Voglio una delle tue figlie.
Quando penserò che tu ti sia sdebitato la lascerò
andare”. Il padre era sconvolto: abbandonare una sua figlia
per una notte di ospitalità? Giammai! “Abbiamo
dormito qui solo una notte!” “Vuoi
contraddirmi?” sibilò la voce “No, ma
vorrei vedere con chi sto parlando” “Ti basta
sapere che sono il signore del castello” “Non ti
preoccupare padre” disse Sakura “Rimarrò
io per tutto il tempo necessario. Tu vai pure con le mie
sorellastre”. Il padre tentò di far cambiare idea
alla figlia, ma non ci fu verso di farla cedere. “Torna
presto” “Certamente”. Le sorellastre e il
padre se ne andarono e Sakura si girò dal lato opposto della
porta. Di fronte a lei, a sei metri di distanza, c’era un
muro grigio con una grande entrata a volta senza porta. Sakura si
avvicinò, ma la voce la bloccò. “Non ti
avvicinare! Tu non devi assolutamente avvicinarti o oltrepassare questo
muro, sono stato chiaro?!” ordinò la voce.
“Certo, signore. Potrei sapere il vostro nome?”
domandò timorosa la ragazza. “Più
tardi” e la voce scomparve. Sakura salì al piano
superiore per guardare le altre stanze e vedere la visuale del castello
di giorno. Entrò nella camera dove aveva dormito e
guardò dalla finestra e vide il suo villaggio. “Ti
manca?” chiese qualcuno. Non era la voce di prima, ma Sakura
non vi badò. “Sì” rispose la
ragazza. Poi si chiese chi fosse il suo interlocutore. Si
voltò e vide un enorme ventaglio che la fissava con due
occhi azzurri spalancati nel vederla. Sakura aprì la bocca
per urlare, ma qualcosa gliela tappò. Sbirciò con
la coda dell’occhio chi c’era dietro di lei. Una
marionetta di legno di grosse dimensioni le teneva una mano sulla bocca
e le chiese:“Adesso ti lascio, ma tu prometti di non
urlare?” Sakura annuì. La marionetta
lasciò la presa e la ragazza riprese fiato. “Come
fate a muovervi e a parlare?” “E’ tutta
colpa della maledizione che ci ha lanciato una vecchia strega due anni
fa. Ma a parte questo” rispose il ventaglio “Io
sono Temari e lui è Kankuro. Tu come ti chiami?”
“Sakura, piacere” “Come mai sei
qui?” Sakura raccontò tutto quello che le era
successo. Dalla banca rotta al trasferimento, dalla notte precedente a
quella mattina.
Sasuke, figlio del capo del villaggio, era tornato da poco a casa sua e
aveva saputo da suo fratello Itachi ciò che era successo
alla famiglia di Sakura. Da sempre aveva avuto una cotta per la
ragazza, ma lei lo considerava un amico, ma ora era obbligata a
sposarlo, se non voleva vivere nella miseria per tutta la vita. Subito
si diresse verso la nuova abitazione della famiglia di Sakura, ma seppe
che non era lì. “Quando
tornerà?” chiese il ragazzo, impaziente di vedere
la sua amata. “Non lo so” rispose il padre
“E’ al castello dei Sabaku” “Il
vecchio castello? Com’è possibile?”
“Purtroppo ieri sera ci siamo persi e io e le mie
figlie ci siamo fermati nel castello pensando che fosse disabitato. Ma
stamattina il signore del castello mi ha chiesto qualcosa in cambio
della sua ospitalità. Non avendo nulla la mia Sakura si
è fermata al castello per far andar via me e le mie
figliastre” spiegò il padre di Sakura trattenendo
le lacrime mentre la matrigna piangeva sinceramente disperata. Sasuke
si mise a pensare a quella situazione. In un primo momento poteva
sembrare a suo svantaggio, ma pensandoci bene era a suo favore. Se
avesse riportato indietro Sakura si sarebbe creato
un’immagine del tutto nuova agli occhi della sua famiglia, di
quella della ragazza e di Sakura. Suo padre lo avrebbe fatto diventare
il capo del villaggio al posto di suo fratello Itachi,
perché già promesso a una certa Konan che avrebbe
potuto dare dei discendenti, avrebbe sposato la ragazza dei suoi sogni
e avrebbe per sempre abbattuto la leggenda del castello Sabaku passando
alla storia come un coraggioso principe che aveva liberato
un’innocente ragazza dalle grinfie di un mostro malefico.
“Sei portassi indietro sua figlia potrei avere poi la sua
mano?” chiese Sasuke dopo aver valutato bene la situazione.
“Dice sul serio? Certo che sì!”
esclamò il padre radioso. “Allora ci vediamo al
mio matrimonio, signore” Sasuke montò in groppa al
suo cavallo e tornò a casa sua a raccogliere più
informazioni possibili sulla famiglia Sabaku.
“E questo è tutto” concluse Sakura dopo
aver raccontato tutta la sua vicenda. “Anche tu non hai
passato una vita facile ultimamente” disse Temari.
“Già. Comunque non è che potrei
rendermi utile in qualche modo tipo pulendo il castello?”
chiese la ragazza. “Certo. Ci faresti un grandissimo favore
dando una pulita a questo vecchio maniero!”
esclamò Kankuro. La ragazza scese al piano inferiore e
disse:“Signore del castello” “Che
vuoi?” chiese la voce calma “Posso andare a
prendere dell’acqua per pulire tutto?”
“No. Scapperesti” “Vi giuro che non
scappo. Ho detto che sarei restata fino a che non lo deciderete voi
perciò voglio solo migliorare l’aspetto di questo
posto”. Non ci fu una risposta immediata. “Va bene,
ma fatti accompagnare” “Vi va bene se sono Kankuro
e Temari ad accompagnarmi?” “Sì. Ma non
stare via troppo. Ti verrò a cercare altrimenti”
“Non vi preoccupate vado e torno” disse felice la
ragazza mentre Kankuro prendeva un secchio dallo sgabuzzino del piano
superiore. I tre uscirono e si diressero verso il fiume non molto
distante dal castello. Sakura lavò il secchio e poi lo
riempì. Tornò al castello e iniziò a
pulire il pavimento del piano terra. “In tanto che il
pavimento qua sotto si asciuga vado a spolverare di sopra”
“Ti aiutiamo anche noi. Sono anni che non facciamo
qualcosa” “Grazie. Allora potreste spolverare le
camere. Io mi occuperò delle altre stanze” disse
Sakura andando a prendere uno straccio dallo sgabuzzino.
Metà mattinata passò alla svelta e, alle dieci, i
tre avevano finito il piano superiore. “Manca la cucina e poi
abbiamo fatto tutto” Sakura scese e si fece indicare
dov’era la cucina. “Qui sì che
c’è da lavorare!” disse Sakura mentre si
guardava attorno. “La cucina è di certo la parte
che si è degradata di più del castello”
intervenne Temari “Non sei obbligata a farlo”
“Ci sarebbe un metodo veloce per togliere la polvere, ma
occorrerebbe il tuo utilizzo” “Come?”
“Sei un ventaglio no?” “Se questo
può accelerare il tuo lavoro, mi farò utilizzare
volentieri” disse il ventaglio mentre Sakura
l’apriva e lo muoveva a destra e sinistra facendo muovere
grandi quantità di polvere. “Kankuro, apri la
finestra” la marionetta aprì la finestra e tutta
la polvere uscì. Sakura chiuse il ventaglio e
l’appoggiò a terra. “E’ stato
divertentissimo!” esclamò il ventaglio saltellando
un po’. “Scusami se ti ho sbattuto così
velocemente, ma era l’unico modo per far uscire la
polvere” “Figurati! Adesso manca la pulita
generale, giusto?” “Già. Forza al
lavoro!”. Sakura, Temari e Kankuro iniziarono pulire.
“Ragazzina” chiamò la voce del signore
del castello. “Cosa c’è
signore?” chiese Sakura “Vieni vicina al
muro” Sakura ubbidì e si fermò davanti
al muro. “Devi comprarmi una cosa” “Che
cosa?” “E’ una medicina. Devi chiederla
all’uomo che vive dall’altra parte della
foresta” “Impiegherò due giorni andando
a piedi” “Kankuro e Temari verranno con te. Sul
retro del castello c’è un cavallo. Se non tornerai
entro stasera considerati morta. ” “Grazie,
signore. Qual è la medicina?” ma la voce non
rispose. “Cosa voleva?” chiese Temari andando da
Sakura. “Vuole che gli compri una medicina” la
marionetta e il ventaglio si fissarono preoccupati e portarono Sakura
sul retro del castello. Lì c’era una piccola
stalla malridotta e dentro un cavallo marrone circondato di mosche
muoveva pigramente la coda. “Bè, se devo tornare
entro stasera credo che questo vecchio ronzino sia l’unico
mezzo” “Vecchio ronzino a chi?” disse il
cavallo fissando Sakura. “Ma quel cavallo parla!”
urlò Sakura. “Certo, che credevi? Io sono di un
paese molto lontano e i cavalli sono soggetti a delle magie. Io ho
avuto il dono della parola” “Che ne dici di
raccontarmi la tua storia mentre andiamo a prendere la medicina al
padrone?” chiese Sakura. “Ovviamente. Sali in
groppa” “Non sei legato?” “No e
ora muoviti!”. Sakura prese il cavallo e vi salì
in groppa. Kankuro si mise dentro una sacca attaccata alla sella e
Temari si mise dentro la fascia sottile dello yukata di Sakura
“Io sono, anzi no io ero il cavallo di un sultano”
iniziò il cavallo “Il mio manto era bianco ed ero
un bellissimo destriero. Però un giorno, mentre io e il
sultano eravamo in viaggio, nella patria si diffuse una potentissima
epidemia e tutti i cavalli ne morirono. Quando tornai mi presero per le
briglie e iniziarono a provare moltissimi incantesimi per farmi evitare
l’epidemia, ma mi diedero solo l’uso della
parola” “Come mai allora sei arrivato al castello
del padrone?” chiese Sakura “Scappai”
rispose il cavallo “Non dire sciocchezze”
intervenne Kankuro dentro la piccola sacca attaccata alla sella
“Dopo l’esperimento ti hanno baratto insieme a oro
e gioielli per poter restare una notte al castello! Il sultano ha detto
che eri un chiacchierone e da quel momento sei stato tutto il tempo
nella stalla!” “Senti cavallo” disse
Sakura precedendo la risposta del cavallo “Potresti correre?
Devo tornare al castello entro sera” “Vado come il
vento!” il cavallo s’impennò e poi
partì di corsa verso le montagne al limite con la foresta.
Sasuke si era documentato molto bene sulla famiglia Sabaku chiedendo in
giro e leggendo alcuni libri nella biblioteca di famiglia. La famiglia
Sabaku era composta da tre fratelli, due maschi e una femmina, e
possedeva, prima che cadesse in disgrazia, tutto il territorio della
foresta fino alle montagne e il villaggio in cui viveva la famiglia
Uchiha fino al fiume che distava qualche centinaio di metri dal piccolo
paesino. Secondo i vecchi che stavano tutto il giorno al bar il
castello sarebbe caduto in disgrazia per colpa della maledizione di un
demone maligno, per le vecchiette che spettegolavano in continuazione
su tutti e su tutto una vecchia aveva chiesto ospitalità, ma
il principe Gaara, il più piccolo dei tre fratelli Sabaku,
le aveva chiuso la porta in faccia e la vecchia aveva trasformato tutti
quelli nel castello in orribili mostri mentre per alcuni uomini e donne
più giovani, e un po’ più razionali,
pensavano ci fosse stato un crollo economico. Oltre a questo aveva
scoperto che la loro caduta era avvenuta due anni fa e tutte le ragazze
che per loro sfortuna si erano fermate al castello non era
più tornate. Il totale delle ragazze scomparse era solo
otto. E aggiungendo Sakura si arrivava a nove. Sasuke prese un cavallo
dalle stalle della sua reggia e partì al galoppo verso la
foresta, verso il castello della famiglia Sabaku. In poco tempo fu
davanti al castello. Anche se era il primo pomeriggio il maniero aveva
un’aria inquietante. Sasuke scese da cavallo e
entrò nel castello con la mano sull’elsa della
spada. “Sakura-chan dove sei?” chiese Sasuke
guardandosi intorno. Non ci fu nessuna risposta. “Che strano.
Credevo fosse qui. Magari il mostro che abita qui l’ha
già uccisa. No, è impossibile”
pensò Sasuke mentre si avvicinava a un muro con
un’entrata a volta. “Sei già
tornata?” chiese una voce. “Chi sei? Fatti
vedere!” urlò Sasuke. La voce non rispose.
“Sei un codardo! Mostra la tua faccia!”
“Cosa vuoi da me?” “Voglio indietro
Sakura-chan!” la voce non parlò più.
“Dannazione! Non risponde e Sakura qua non
c’è. Prima ha chiesto se era tornata a qualcuno.
Probabilmente ha mandato Sakura a fare qualche commissione e lei
tornerà di certo, è una ragazza d’onore
lei. Se ha detto che sarebbe rimasta fino a che il padrone del castello
non glielo avrebbe ordinato non c’è verso di farla
desistere dall’essere una serva. Conviene che torni
più tardi” pensò il principe
rinfoderando la spada. Uscì, ma quand’era sulla
porta disse:“Sakura-chan è mia” e se ne
andò sul suo cavallo.
Sakura starnutì un paio di volte. “Mi sto
prendendo il raffreddore” “Tutto a posto
Sakura?” chiese Temari. “Sì, sto bene.
Piuttosto che medicina devo prendere per il padrone?”
“Ai piedi delle montagne c’è una casa.
Devi bussare e dire solo che sei qui per la famiglia Sabaku. Ti daranno
la medicina giusta. Ti spiegherò poi che
cos’è” disse Temari cupa. Nemmeno il
cavallo aveva detto niente. Verso il tramonto arrivarono ai piedi delle
montagne. Come detto da Temari lì c’era una casa.
Era fatta di legno ed era piccola, ma graziosa. Sakura bussò
e una voce maschile chiese:“Chi è?”
“Sono qui per la famiglia Sabaku” un forte schiocco
precedette l’apertura della porta. Una mano grossa e callosa
diede a Sakura una bottiglietta contenente un liquido azzurro. La porta
si richiuse e Sakura stette a fissare un po’ la boccetta. Poi
mormorò un grazie poco convinto e tornò in groppa
al cavallo che riprese a correre per tornare al castello dei Sabaku.
Nonostante Temari avesse detto che avrebbe spiegato alla ragazza
cos’era quella medicina non lo aveva fatto, ma Sakura non
aveva chiesto niente. Aveva notato che quell’argomento era un
tasto dolente per Kankuro e Temari. La ragazza arrivò
proprio quando la chiesa del villaggio stava per suonare le nove.
Entrò di corsa nel castello con la boccetta in mano.
“Signore, scusi il ritardo. Ecco la medicina” disse
d’un fiato. “Nei hai impiegato di tempo.
Avvicinati” Sakura ubbidì anche se un
po’ titubante. Arrivò a pochi centimetri dal muro
a volta e allungò la mano con la medicina. L’unica
cosa che riuscì ad intravedere furono due tristi occhi
azzurri e una pallida mano che le prendeva la medicina di mano. Dopo
poco Sakura sentì il rumore di qualcosa di vetro che si
rompeva al suolo e poi solo il respiro affaticato del suo padrone.
“State bene padrone?” “Cosa
t’interessa? Se sto male per te è solo un
vantaggio” “Ma cosa dite? Se pensassi che il vostro
dolore sia un vantaggio per me vi avrei messo qualcosa nella medicina
non credete?” “Stai mentendo”
“No. Voi, anche se siete nascosto da queste parete, siete pur
sempre un essere umano, no?” la voce del padrone non rispose,
ma si sentì il rumore di passi che si allontanavano.
“E’ stato qui un ragazzo con gli occhi neri e i
capelli scuri. Ti stava cercando” disse il padrone calmo come
suo solito “Mi ha detto che tu sei sua”
“Sasuke è stato qui?” si chiese Sakura
“Come avrà fatto a sapere che io sono qui? Glielo
avrà detto papà” concluse Sakura
sorridendo. “Cos’hai da sorridere?”
“Niente” disse Sakura mettendosi sulla difensiva
“Ma sappiate che se avete bisogno di me potete chiamarmi a
qualunque ora” “Certo. Sei la mia serva”
“Non solo per questo. Vorrei che voi vi fidaste di me come
amica” “Gli amici sono inutili”
“Non importa. Ci tenevo che voi lo sapeste”. Sakura
andò verso il portone e la voce chiese:“Dove
vai?” “Metto il cavallo nella stalla poi vado a
dormire”. Sakura sorrise e uscì. Temari, fino a
quel momento rimasta nella fascia di Sakura si fece sfilare e mettere
per terra. La ragazza tolse anche Kankuro dalla sacca attaccata alla
sella e mise il cavallo nella stalla. “Buona notte
cavallo” disse la ragazza tornando nel castello.
“Buona notte padrone”. Salì in camera e
si addormentò.
Dietro il muro a volta c’era un corridoio scuro che portava
in una sola direzione e verso un’unica sala. Quella sala era
buia e polverosa con una finestra che dava sul giardino sul retro del
castello. Le ante della finestra erano chiuse ed era impossibile vedere
in che stato pietoso era ormai quello che all’inizio era un
bellissimo giardino. Il principe Gaara stava tutto il giorno rinchiuso
in quella stanza a pensare a come sarebbe in quel momento se non avesse
detto di no a quella vecchia. Poi gli venne un attimo della sua vita da
bambino .“Il sonno porta non solo pace e rinnovate energie,
ma anche un cambiamento fisico che può vedere solo chi
è sveglio. Anche la persona più terribile durante
il sonno diventa dolce e tenera” gli aveva detto suo padre
“E suo qualcuno è già dolce da
sveglio?” aveva chiesto lui “Diventa il
più incantevole degli angeli” gli aveva risposto
il padre. Non gli aveva mai creduto, credeva fosse impossibile che
qualcuno, solo perché dormisse, cambiasse così
tanto. “Ho l’occasione di poter controllare se
questo è vero. Quella ragazza, Sakura. Adesso
starà dormendo”. Gaara andò verso il
muro a volta e si bloccò davanti all’uscita.
“Se fosse sveglia ritirerà quello che ha detto.
Tanto che importanza ha? Non può scappare e non posso
permettermi degli amici” pensò Gaara per
incoraggiarsi ad oltrepassare quel limite che aveva da due anni.
Oltrepassò il muro e poi salì le scale.
Guardò nelle due camere e poi la trovò. Era
accoccolata in posizione fetale con la coperta fino al naso ed era
girata verso la finestra. Gaara si avvicinò facendo
scricchiolare un po’ il pavimento in legno ammuffito. Sakura
era beata nel sonno e il principe dovette confermare ciò che
aveva detto suo padre. “E’ la più bella
degli angeli” pensò Gaara. Poi scosse la testa per
cacciare quel pensiero. “Ma cosa sto pensando? Anche se
è bella non potrà aiutarmi a tornare
normale”. La ragazza si girò. Il principe ebbe
voglia di toccarla e allungò la mano sinistra, quella umana.
Le sfiorò i capelli. Erano morbidi come i petali dei
ciliegi. Dopo due anni rinchiuso dentro quel castello trovò
la forza per sorridere. “Cosa mi costa tentare con questa
ragazza?” si chiese il principe iniziando a trovarci gusto a
coccolare Sakura senza neanche aver un motivo. Dopo
l’ennesima carezza il principe si bloccò.
“Ma che sto facendo? Perché mai questa ragazza
dovrebbe amare me? Anche se io mi innamorassi devo venire ricambiato e
chi è disposta ad amarmi? Ormai sono per metà
Shukaku, non troverà nulla di bello in me”
pensò Gaara. Ritrasse la mano e uscì dalla stanza
dando un’occhiata veloce a Sakura prima di chiudere la porta.
Sakura aprì gli occhi quand’era ancora notte
fonda. Si mise a sedere sul letto e guardò fuori dalla
finestra. Aveva avuto una strana, ma piacevole sensazione. Era come
qualcosa di caldo e freddo contemporaneamente. Quella sensazione era
piacevole, ma era finita di colpo. “Chissà come
mai ho avuto questa sensazione. Era così piacevole. Forse il
padrone ne sa qualcosa. Glielo chiederò domani mattina. Ora
starà sicuramente dormendo”. La ragazza si
sdraiò e tentò di riaddormentarsi. Faceva molto
freddo e il lenzuolo era troppo leggero. Si alzò e
guardò nella camera accanto. Lì c’era
un armadio. Sakura lo aprì e dentro c’erano solo
vecchi vestiti. Cercò una coperta sul fondo
dell’armadio e ne trovò solo una vecchia e bucata.
“Meglio poco di niente, no?” sbuffò
Sakura tornando nella camera in cui dormiva. Quando si coprì
con la coperta si addormentò, ma non dormì bene
come quei minuti in cui aveva sentito quella sensazione di caldo e gelo.
La mattina dopo Sakura si era svegliata riposata e piena
d’energia. Scese dal letto e sentì qualcosa di
fine sotto i piedi. Guardò per terra e vide una poverina
giallastra. “Sabbia? Cosa ci fa della sabbia dentro a una
castello nel bel mezzo della foresta?” si chiese la ragazza
“Mah! Il padrone dovrebbe saperne qualcosa. Glielo
chiederò dopo colazione”. La ragazza scese al
piano inferiore e salutò Kankuro e Temari, già
svegli. “Buongiorno! Avete dormito bene?”
“Sì” rispose Temari “E
tu?” “Ho avuto un po’ di freddo, ma ho
dormito bene. Sapete dov’è la dispensa? Ho un
certo languorino” “Certo. Vieni con noi”
disse Kankuro facendosi seguire in cucina. La marionetta e il ventaglio
indicarono a Sakura alcuni armadietti in cucina. La ragazza
aprì le ante di un armadietto, ma il cibo che vi era dentro
era completamente avariato. “Morirò di fame se non
mangio. E’ da ieri che non metto qualcosa sotto i
denti!” “Ragazzina” disse il padrone
“Signore, vi dispiace chiamarmi Sakura?” disse la
ragazza andando verso il muro a volta. “Se hai
così fame vai al fiume a prenderti qualche pesce, ma ormai
sai quali sono gli avvertimenti. Se scappi sei morta” disse
Gaara ignorando quello che Sakura aveva detto “Grazie
signore! Ma posso chiedervi una cosa?” “Che cosa
vuoi?” “Stanotte è entrato qualcuno in
camera?” “Perché me lo
chiedi?” “Ho avuto una sensazione di freddo e di
caldo stanotte, inoltre ho trovato della sabbia”
“Non è entrato nessuno” rispose il
padrone “Quella sensazione ti ha infastidita?”
“No” rispose Sakura mentre andava verso porta
“E’ stata la cosa più piacevole che io
abbia mai sentito sulla mia pelle” la ragazza uscì
chiudendo la porta e il padrone si mise la mano sul cuore.
“Le è piaciuto” fu l’unica
cosa che riuscì a bisbigliare.
Sakura si era diretta verso il fiumiciattolo che tagliava la foresta.
Dentro c’erano pesci di piccole dimensioni, ma sufficienti
per una persona. La ragazza riuscì a prendere due o tre di
pesci e, dopo averli mangiati, tornò subito al castello.
“Devo cucire la coperta per stanotte” si disse
Sakura. Entrò nel vecchio maniero e chiese a Kankuro dove
fossero le cose per cucire. La marionetta accompagnò la
ragazza allo sgabuzzino. “Abbiamo spostato tutto qui dopo che
è arrivata la vecchia”. Kankuro se ne
andò mentre Sakura prendeva un vecchio cestino logoro.
Tornò nella camera da letto e iniziò a cucire la
coperta. “Non è il massimo, ma almeno stanotte non
avrò freddo” pensò la ragazza dopo aver
finito. Appoggiò la coperta sul letto e poi andò
nella camera affianco. Aprì l’armadio e vide tanti
vestiti come la notte prima, ma notò che erano sporchi.
“Saranno di Temari” pensò Sakura
prendendone uno. “Cosa stai facendo?” le chiese
Temari, che stava passando nel corridoio. “Niente. Stavo
guardando questi vestiti. Sono sporchi, ma sono stupendi”
“Erano i miei vestiti preferiti” disse il
ventaglio. “Erano?” “Sì, ora
non posso metterli” fece una pausa e poi disse:“E
non sono nemmeno in grado di lavarli!” “Se vuoi te
li lavo io. Così quando tornerai normale avrai i vestiti
puliti”. Quando avevano raccontato a Sakura della loro
maledizione sia lei che Kankuro avevano omesso il nome del loro
fratellino e che l’unico modo per tornare alla
normalità era che Gaara s’innamorasse e venisse
contraccambiato. Per questo Temari si rattristò e Sakura lo
notò. “Qualcosa non va?” “No,
nulla. Per quanto riguarda i vestiti puoi lavarli, se vuoi”
il ventaglio se ne andò. “Forse è
meglio che inizi a pulirli. Sono due anni che non li puliscono. Spero
di non trovare delle ragnatele” pensò la ragazza
prendendo i vestiti e scendendo al piano di sotto.
Nella sua camera buia Gaara era sdraiato sul suo divanetto per tentare
di riposare. A causa della sua maledizione non poteva dormire. E due
anni senza dormire ti stancavano. Ogni volta che poteva stava sdraiato
su quel divanetto per riuscire a dimenticare la sua sfortuna. Ma nella
sua sfortuna una consolazione c’era. E il suo nome era
Sakura. “Ha detto che le è piaciuto la sensazione
di calore e gelo. E se ci andassi anche stasera? Tanto lei dorme e
avrà solo una sensazione di calore e gelo. Io invece
potrò vederla di nuovo” pensò il
principe fissando la sua mano umana, anche se in realtà non
la vedeva essendo troppo scuro. Poi sentì la voce di Sakura.
“Pa-padrone” aveva detto. Gaara si era alzato dal
divanetto ed era andato davanti al muro a volta, rimanendo nella
penombra in modo da poter vedere la ragazza senza essere visto.
“Cosa c’è?” chiese il
principe. “Niente. E’ che non vi ho più
sentito da stamattina. Ero preoccupata” ammise lei stringendo
i vestiti che aveva in braccio. Solo in quel momento il principe li
notò. “Cosa ci fai con i vestiti di
Temari?” “Li voglio lavare. Sono bellissimi
è un peccato che siano così sporchi”
“Va bene” disse il principe ritornando nella sua
camera. Sakura corse verso la cucina “Sai, Ino mi aveva detto
che qui abitavano dei mostri che si nutrono del sangue delle persone.
Ma chiunque abbia messo in giro queste voci si sbagliava. Siete una
bravissima persona”. Quando Gaara si girò per
vedere se Sakura era sincera o voleva solo stordirlo con le sue parole
dolci la ragazza era già in cucina a lavare i vestiti di
Temari.
Sakura si era messa subito al lavoro. Aveva fatto scendere poca acqua
non molto pulita dai rubinetti e aveva iniziato a pulire i vestiti.
Sfregava e sciacquava più che poteva per far andar via la
polvere e intanto pensava a quello che aveva detto al suo padrone.
“Che mi è preso? Perché non ho
controllato la mia lingua e le mie parole? Sono qui solo da un giorno,
non dovrei avere tutta questa confidenza con il mio padrone. Adesso
penserà che io lo abbia detto solo per potermene andare
prima” pensò la ragazza continuando a lavare poi
una vocina nella sua testa iniziò a dirle che infondo il
principe aveva un certo fascino misterioso, sempre dietro quel muro
nell’ombra, con la voce così fredda, magari ce lo
poteva fare un pensierino. Ebbe un brivido lungo la schiena.
“Ma cosa sto pensando, è un principe e io una
povera ragazza figlia di un ex mercante. Non abbiamo né un
inizio né una fine. E poi non l’ho nemmeno visto
in faccia cosa dovrei trovarci in lui? Tranne la voce fredda, gli occhi
azzurri tristi, non ho visto nient’altro”
“Sakura!!” urlarono due voci in coro irrompendo
nella cucina. “Cosa c’è?”
chiese Sakura voltandosi verso Temari e Kankuro. I due le corsero
incontro e l’abbracciarono piangendo. “Cosa
c’è? Cosa ho fatto?” chiese la ragazza
preoccupata. “Grazie! Tu ci hai ridato la speranza! Grazie,
Sakura! Grazie!” “Figuratevi. Se sapessi cosa ho
fatto di speciale” “Sei riuscita a togliere uno
strato di ghiaccio dal cuore di Gaara! Rimani qui per sempre, ti
prego” disse Temari restando appoggiata a Sakura.
“Gaara? Il padrone si chiama Gaara?” chiese Sakura.
“Sì, si chiama così! E tu sei stata
capace di fare in due gironi quello che noi non siamo stati capaci di
fare in due anni! Sei una grazia del cielo, Sakura!” disse
Kankuro. “Non credo di aver capito bene, ma se siete felici,
lo sono anch’io” disse Sakura. “E
anch’io” pensò Gaara guardando Sakura
utilizzando i poteri dello Shukaku.
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