TB1
PRIMA DELL’ALBA
Non sapevo darmi una risposta precisa sul perché dopo otto
ore di lavoro, io non stessi tornando a casa. Finalmente seduta sulla mia
macchina, dopo una serata d’incessante avanti e indietro dai tavoli, avevo solo
le gambe distrutte e il desiderio di evadere da tutto. Ma non mi stavo
dirigendo a casa. Quella sera non avevo proprio voglia di andarmene a dormire o
di appisolarmi davanti alla tv. Il cartello “arrivederci da Bontemps” mi
sfrecciò davanti agli occhi. Non
conoscevo molti altri posti oltre Bontemps. Conoscevo Shreveport, per via del
Fangtasia, e conoscevo anche il proprietario. Così, pensando al fatto che la
mattina seguente sarei dovuta tornare al lavoro, e al fatto che non potevo permettermi
il tempo e la benzina di guidare tutta la notte, mi diressi là. Era l’unico
locale, a parte il Merlotte’s, dove non avrei dovuto pagare per bere un gin
tonic!
Il parcheggio era occupato da poche macchine, tra cui la
Corvette scarlatta di Eric, il proprietario del locale, l’essere più grosso e
più biondo che avessi mai visto. Parcheggiai la mia macchina vicino alla sua,
facendo impallidire la mia Honda Civic. Il locale, come suggeriva il
parcheggio, era mezzo vuoto, e i pochi clienti che lo riempivano erano vampiri.
Non si trovavano umani in locali del genere la domenica sera. La musica heavy
metal colmava il vuoto del locale, ma nemmeno le cubiste che di solito facevano
da scenografia erano presenti quella sera. Eric la domenica andava sul risparmio,
anche il palco dove di solito stava seduto era vuoto. I pochi vampiri presenti
erano tutti seduti al bancone a bere sangue sintetico. Alcuni mi lanciarono
qualche occhiata, ma non ci feci caso.
Mi guardai in giro, un paio di coppie di vampiri annoiati
ballavano in pista, e in fondo, proprio nell’angolo più isolato della sala, se
ne stava Eric, seduto ad un tavolino a sistemare il suo solito ammasso di
carte. Per avvicinarsi a lui bisognava chiedere il permesso. Era lo sceriffo
dell’area cinque della Louisiana, e nel suo mondo, lui era il capo. Bhe, non
nel mio. A Eric dava fastidio il così poco rispetto che davo a questi loro
rituali, ma a me divertiva dargli fastidio, così mi avvicinai senza farmi
problemi, e precipitosamente mi sedetti di fronte a lui.
“Ciao Sookie…” disse con voce strascicata senza nemmeno
alzare la testa dai suoi fogli pieni di numeri.
“Questa sera non c’è un cane! Stai qui anziché nel tuo
studio per fare compagnia ai tuoi pochi clienti?!”
Non alzò la testa dai fogli, ma alzò lo sguardo, per
guardarmi torvo. Io gli sorridevo. Capì che era inutile guardarmi storto, così
tornò ai fogli.
“Non c’è un cane, perché voi umani domani mattina dovete
andare al lavoro. Ma non sono ancora riuscito a capire perché mi popolate il
locale il martedì, il mercoledì e il giovedì sera… dato che comunque il giorno
dopo dovete andare a lavorare. Perché gli altri giorni si, e la domenica no?!
Voi e il vostro trauma del lunedì…”
“Vanno male gli affari?!” chiesi dando una martellata al tallone d’Achille di Eric.
Lanciò le carte sul tavolo, poi di colpo sollevò il suo
sopracciglio biondo. “Cosa ci fai qui?!”
Appoggiai sgraziatamente i gomiti al tavolino. “Ho appena
finito il mio turno di lavoro, e sono stanca morta. Così ho pensato di venire a
farmi un giretto da te per farmi offrire da bere!”
Eric si stiracchiò allungando le gambe sotto la mia sedia, e
appoggiò le braccia conserte allo stomaco. “Perché, Sam ti ha sequestrato le
bevande?!”
“Sam è fuori città, e comunque non avevo voglia di stare al
Merlotte’s un minuto di più. E non avevo nemmeno voglia di starmene a casa da
sola…” questa volta alzai io il sopracciglio “se il mio gin e tonic ti può
compromettere la cassa, me lo pago da sola. Vuoi un tru:blood Eric? Offro io…”
mi offrii sarcasticamente, ma pronta a fare sul serio.
Eric scoppiò in una fragorosa risata, ma dallo sguardo
glaciale si vedeva chiaramente che aveva una gran voglia di strozzarmi. Scrocchiò
in alto le dita un paio di volte. Al tavolo si presentò subito il nuovo barista.
Questo non l’avevo ancora conosciuto: al Fangtasia la posizione del barista
causava facile mortalità a chi la impiegava, mortalità di quelle definitive. Al
Fangtasia c’era sempre un nuovo barista.
“Ralph, saresti così gentile da portare a questa simpatica
signorina un gin e tonic?” ordinò mantenendo lo sguardo fisso su di me.
“Ma certo Padrone” si chinò Ralph-il-barista. Come tutti i
baristi precedenti, era un tipo molto pittoresco: tanti tatuaggi, denti marci,
pelle butterata e capelli lunghi e unti. Un pirata, come tutti gli altri.
“Ah Ralph, voglio che tu faccia il gin e tonic migliore
della tua non-vita, e per l’occasione prenderai la tonica più fresca che
abbiamo e aprirai una bottiglia nuova di gin” disse scandendo bene le parole,
con ancora gli occhi saldi ai miei.
“Addirittura?!” sorrisi.
Ralph-il-barista ovviamente lo guardò accigliato, ma non
fece una piega, e dopo nemmeno un minuto mi ritrovai davanti un bel bicchierone
di gin tonic.
“Davvero molto gentile da parte tua Eric” gli sorrisi sorseggiando
lentamente il mio cocktail.
“Non cantare vittoria, lo faccio solo perché adoro vedere la
tua giugulare muoversi mentre deglutisci” disse sorridendo con voce melliflua,
avvicinando il busto al tavolo.
Il drink mi andò di traverso, e questo lo fece ridere di
gusto. Adoravo vederlo ridere, era una qualità rara in un vampiro, ma rideva
sempre per le ragioni sbagliate, e questo mi dava ai nervi.
“Te l’ha mai detto nessuno che non è carino ridere mentre
qualcuno si sta soffocando?!”
“Oh, tranquilla… ti avrei salvato io” sorrideva ancora. Era
inutile andargli contro, puntava ad avere l’ultima parola, sempre. Io ero
troppo stanca e non in vena di discutere. Normalmente l’avrei fatto, fino allo
sfinimento, ma quella sera avevo solo voglia di stare in compagnia con
qualcuno, tranquillamente.
Se ne stava lì seduto, spaparanzato sulla sedia ad osservarmi.
Ormai aveva il sorriso stampato in volto. Sapevo che era ridicolo pensarlo, ma
Eric era tra le persone più solari che conoscessi. Quando rideva gli si formavano
delle piccole pieghe ai lati della bocca e alle estremità degli occhi, che
rendevano il suo viso molto espressivo e l’umore contagioso. Lo stesso, però,
valeva anche per quando si arrabbiava.
“Vedo che ti è tornato il buon umore”
“Tu mi servi a questo” disse appoggiando le gambe sulle mie
ginocchia.
“Io ti servo?!”
dissi incrinando la voce sull’ultima parola.
“Non farla grave, io ti sono servito per riempirti la
serata, tu mi hai reso di buon umore. Se fossi in te lo prenderei come un
complimento”
“Già sarà meglio vederla così. Non ti unisci a me? Non mi
piace bere da sola, prenditi un tru:blood” gli suggerii.
“Il tru:blood è robaccia, preferisco di gran lunga il
sangue di maiale a quella porcheria in bottiglia piena di conservanti. Non fare
quella faccia schifata. Tu lo mangi, io lo bevo. Perché giudichi il tuo metodo
migliore del mio?” sul suo volto si leggeva chiaramente uno a zero per Eric.
“Bevi quello che ti pare, stasera non ho voglia di
discutere”
“Mi deludi Sookie, tu adori discutere con me, e detto in
confidenza, è per questo che non disdegno la tua compagnia. Così mi togli il
divertimento, e se la tua presenza non mi diverte più dovrò tornare a
controllare le carte, e ti ritroveresti a bere da sola” due a zero per Eric.
“Oggi ho litigato con Arlene… è per questo che sono di giù
di morale” mi arresi.
“La rossa”
“Lei. Ha un nuovo ragazzo, molto più giovane di lei”
“E questo è un problema?”
“Avrà si e no la mia età”
“Forse sarà l’effetto collaterale di avere più di mille
anni, ma non la trovo una cosa così scandalosa. Di sicuro non hanno nemmeno
cento anni di differenza”
Non potei fare a meno di sorridere. “Si, fosse un'altra
donna, ma si tratta di Arlene, e lei si invaghisce del primo che si trova sotto
mano, e con tutte le brutte esperienze passate dovrebbe stare più attenta. So
che dovrei farmi gli affari miei, ma non potevo non dirle come la pensavo. E
poi per voi vampiri è diverso, avrai anche tutti gli anni che vuoi, ma comunque
hai l’aspetto di un… trentenne?!”
“Si, ma ai miei tempi io ero già vecchio”
“Ma davvero?” non potevo credere che un uomo così bello ed
avvenente fosse considerato vecchio!
“A sedici anni avevo già una famiglia” disse facendo
spallucce.
Non riuscivo ad immaginare Eric ragazzo e Eric padre
assieme. Vidi il suo volto farsi poco a poco più assente e lo immaginai tuffarsi
in fiumi di ricordi di mille anni addietro. Il solo pensiero mi fece
rabbrividire, così cercai di cambiare discorso.
“Bhe in effetti non è così grave, è adulta e saprà cavarsela
da sola. Dubito che possa avere tanta sfortuna da avere un secondo fidanzato
killer” dissi tornando alla svelta a sorseggiare il mio drink.
Dondolò le gambe avanti e indietro, cullando anche me. “Ti
preoccupi troppo di ciò che pensa la gente di te, non hai fatto nulla di male,
se si è arrabbiata tanto con te vuol dire che in fondo pensa che tu abbia
ragione”
Non pensavo che mi stesse ad ascoltare sul serio, e tanto
meno che ci tenesse a tranquillizzarmi; istintivamente gli sorrisi, dolcemente,
e appoggiai la mia mano sulla sua caviglia, accarezzandogliela. Si distese
sulla sedia allungando maggiormente le gambe su di me.
“Tra poco devo chiudere il locale”
“Quindi me ne devo andare?”
“No, se non vuoi. Ti va di andare a fare un giro da qualche
parte?” mi chiese alla sprovvista.
“Domani mattina ho un altro turno di lavoro…” dissi
giustificando la mia diffidenza.
“Bhe, sicuramente sarai a casa prima che sorga il sole”
riprese a dondolarmi, come se mi stesse spingendo ad accettare. “Andiamo, sono
chiuso qui tutte le sere, voglio solo uscire un po’, fammi compagnia”.
Mi guardava, facendo brillare gli occhi azzurri con aria
speranzosa.
“Va bene” mi arresi.
Mi sorrise, tolse le sue gambe dalle mie, e si alzò di
scatto. “Lo sai vero che in teoria non dovresti accettare proposte del genere
da vampiri assetati di sangue?”
“Si, la nonna me l’aveva accennato un paio di volte” dissi
maledicendomi.
Eric si mise al centro della sala battendo le mani. “Fuori
signori!”
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