“Ladieeeees
and gentlemann, vi lascio senza ulteriori aggiunte a questo ennesimo,
importante capitolo… l’ultimo!
Gidan era
stato posto in una sorta di enorme vasca di metallo verticale con un
vetro trasparente, immerso in una sorta di liquido di cura e collegato
a un respiratore, simile a quello dove si testavano e si controllavano
i corpi e i valori dei jenoma che aveva visto a Branbal. Stavolta
però si trovava al villaggio dei maghi neri, dove certe
strutture tipiche di Tera erano state ricostruite dai nuovi venuti,
seppur in dimensione ridotta, insieme ai maghi: e quel centro di cura
era uno di questi. Mikoto non volle correre rischi: decise di togliere
dal corpo del fratello ogni possibile traccia della presenza di Trivia,
anche se forse l’incremento della forza era già
avvenuto, com’era successo al soldato precedente impossessato
dal semidio malvagio.
«Sul serio, sto bene…» mugolò
lui da dentro la maschera.
«Questo lascialo decidere a me. Mancano ancora dieci minuti,
poi potrai uscire.» rispose la sorella laconica leggendo su
un macchinario i valori di reazione alla cura. Il Tantarus sbuffando
creò un sacco di bolle che lo fecero quasi sparire alla
vista dei presenti, cioè Daga, Eiko, Freija, Quina, Blank,
Amarant, Steiner, Beatrix, Quera, Flatrey e alcuni maghi neri di
vecchia conoscenza. Molti di loro non erano morti, quasi come se la
totale scomparsa della nebbia e dell’albero di Lifa gli
avesse giovato. I nuovi venuti, Lylith e Zerxex, aspettavano fuori dal
villaggio. Gidan risultava in forma fisica e in salute perfetta: le
tracce del vecchio coma magico erano scomparse del tutto, il sangue non
presentava irregolarità, il corpo era incredibilmente
più forte e con una nuova potenza magica non indifferente;
soprattutto, il cervello non era danneggiato dal controllo di Trivia,
anche Gidan se ricordava al massimo sprazzi di ciò che il
suo corpo aveva fatto prima di essere riuscito a riprenderne il
controllo. L’acqua curativa venne scaricata, e il Tantarus
nudo all’interno chiese:
«Potreste uscire grazie, così mi cambio?»
Tutti
uscirono. Anche Garnet stava per farlo, ma il ragazzo la
bloccò afferrandole il braccio e tirandosela a se. Erano
passati sì e no tre mesi dall’ultima volta in cui
si erano visti, ma per entrambi sembravano due o tre secoli. Si
abbracciarono a lungo, senza parlare ne fiatare: solo Daga ogni tanto
sussultava per evitare di piangere. Ma era abbastanza chiaro, e si
vedeva, che Gidan non volesse fermarsi all’abbraccio.
Cominciò a baciare voluttuosamente il collo della ragazza e
tra un bacio e l’altro disse:
«Potremo controllare se mi sono … completamente
ristabilito…»
«No…dai…non…»
cercò di fermarlo Garnet, anche se gli sarebbe alquanto
piaciuto continuare.
«Oh, nessuno oserà entrare, sono molto perspicaci
specie Beatrix. Sono ormai tre mesi che non stiamo insieme e vorrei
recuperare…» oltre che con le labbra e con la
lingua, Gidan passò all’azione con le sue mani da
ladro, toccando in posti dove non poteva esserci nulla da rubare.
Trattenendo un gemito che voleva dire l’esatto contrario,
Daga continuò:
«Sul serio…non possiamo…»
«Cos’è non ti va?» disse
Gidan, staccando la testa dal corpo di lei, che aveva iniziato a
spogliare, quasi curioso.
«No, mi andrebbe, solo che…»
«E allora, diamoci dentro!» disse riprendendo le
attività: sembrava perdere la testa al solo tastare le curve
della ragazza. Quest’ultima però tentando di non
sembrare né troppo rude né troppo
accondiscendente, si staccò da lui dicendo tutto di un fiato:
«Non ti sopporto quando fai così! Non è
che non voglio farlo, un motivo c’è: sono
incinta!»
Gidan si
bloccò nei movimenti, e rimase così. Daga si
girò di scatto, dandogli le spalle, e cercando di ricomporsi
continuò a parlare:
«È successo tutto così in
fretta… me ne sono resa conto il giorno prima di venire a
combattere contro di te… cioè, contro Trivia. Non
sapevo davvero cosa pensare…»
Gidan rimaneva
così: bloccato.
«Ero felice, ma al contempo… non lo so…
ancora non sapevo se era possibile liberarti da quel bruto senza
ucciderti. Di solito quando succede una cosa così
importante, uno ne discute, ma con te in quello
stato…»
E Gidan
rimaneva così: bloccato.
«Speravo davvero che ti salvassi, non volevo neanche
partecipare alla missione per paura che poteva succedere qualcosa al
bambino. Se non mi avesse convinto Hades…»
continuò Daga, senza freni pensando che il ragazzo volesse
farla sfogare. In realtà Gidan rimaneva così:
bloccato.
«Potremo stare insieme sì…ma preferisco
prima fare questa cosa. E voglio che tu rimanga al mio
fianco.» e dicendo quest’ultima frase si
voltò. E rimase interdetta: vide Gidan immobile, ancora
nella posa in cui era mentre la teneva abbracciata, con la faccia
pallida e gli occhi sgranati. Bloccato, appunto. Rimasero in silenzio
per diverso tempo, sullo sfondo ripassò il corvo di prima
facendo il suo solito “cra-cra”. Poi Daga si
avvicinò:
«Ehm…Gidan?» chiese. Ma rimaneva
bloccato. Poi vedendo che l’angolo destro della sua bocca si
piegava ritmicamente verso l’alto pensava stesse per dire
qualcosa. Invece non disse nulla. Pensando che fosse caduto in una
sorta di paralisi, lo toccò leggermente sulla spalla con la
punta di un dito. E Gidan crollò a terra, facendo un rumore
tutt’altro diverso da quello di un corpo caduto: ricordava di
più l’armatura di Steiner.
«C-c-c-chi è…i-i-l
p-p-padr-re…?» chiese la sua voce, non lui di
persona, che sembrava venisse dall’oltretomba.
«Scemo!» le rispose solamente Daga dandogli un
calcio all’inguine, facendolo d’improvviso
risorgere. Dopo aver capito che per qualche tempo forse non ci sarebbe
stata trippa per gatti, si fece spiegare dalla ragazza il
perché e il percome. Non riusciva a crederci: lui, Gidan
Tribal, ladro di media categoria, combattente niente male, jenoma
destinato a distruggere il mondo, cosa che stava involontariamente per
fare, idolo di migliaia e migliaia di fan in tutto il mondo stava per
diventare…padre?! In linea di massima, un’altra
creatura con il suo sangue e quello di Daga, avrebbe calcato Gaya e
l’avrebbe visto crescere. L’avrebbe fatto crescere:
gli avrebbe donato l’infanzia e i ricordi che lui non aveva
mai avuto; gli avrebbe parlato di come aveva conosciuto la madre, e
delle avventure che avevano fatto insieme, per metterlo a dormire la
sera; gli avrebbe insegnato a cavalcare il chocobo, magari.
È così che fanno i padri, no? Lui non lo sapeva.
Qualche mese dopo, quasi sicuramente con il figlio già nato,
avrebbe compiuto ventuno anni. E sarebbe divenuto re di una nazione.
Non sarà stato troppo giovane per entrambe? Mentre cercava
con fatica di alzarsi con la testa che gli girava
all’inverosimile per tante domande, venne colpito in viso da
un fagotto contenente i suoi vestiti.
«Forza,
vèstiti così possiamo parlare tutti insieme.
Abbiamo appuntamento nella casa di Mikoto. Non sei un bel vedere
così messo, dopotutto…»
cercò di sdrammatizzare Daga.
«Quattro mesi fa non la pensasti
così…» sorrise Gidan che ancora non
aveva smaltito la carica di testosterone. Ma provvide Garnet a
fargliela passare con un calcio volante. “Devono essere gli
ormoni” pensò il jenoma, più morto che
vivo.
Dopo qualche
minuto, Gidan uscì dalla camera di cura e chiese a Daga di
avviarsi: prima voleva indulgere in una cosa che non faceva da tanto
tempo. Passò attraverso il villaggio dei maghi neri,
composto da capanne di paglia e mattoni cotti ed edifici metallici di
strane forme, ma la sua struttura base rimaneva la stessa. Passando
oltre la locanda e a sinistra dell’officina “Gatto
nero” arrivò al punto desiderato: la tomba di
Vivi. Il cimitero era un piccolo campo spoglio in cui vi erano diverse
stecche di legno che sormontavano i cumuli di terra dove erano
sotterrati i maghi, con scritto il numero e la data di morte. Quella di
Vivi era riconoscibilissima: era l’unica in cui era stato
affisso oltre che la data di morte il nome, che ovviamente gli altri
maghi non avevano, e inchiodato alla stecca di legno c’era il
suo bastone magico. Era stato posto al centro del cimitero e nonostante
i compagni non volessero che la tomba dell’amico fosse
più lussuosa degli altri maghi, gli abitanti del villaggio
la curavano in ogni particolarità, cambiandone i fiori e
tenendo sempre un lume magico acceso sotto la
“lapide” di legno. Una volta arrivato, Gidan si
sedette vicino al cumulo di terra e cominciò a parlare
mentalmente con il suo piccolo amico:
«Ehi Vivi, eccomi di nuovo qua. Lo so, lo so, è
passato quasi un anno dalla mia ultima visita, ma ci sono stati davvero
tanti problemi. Forse tu già lo sai. Ma sono venuto a dirti
che ora non mi farò più coinvolgere in problemi
del genere: la mia continua ricerca di avventure mi ha precluso
l’affetto delle persone a cui voglio bene, facendole
soffrire. Ricordo quanto ti facesse soffrire il fatto che le persone
intorno a te stessero male per le tragedie che gli succedevano,
tragedie causate dalla tua gente, e ricordo quanto ti colpevolizzavi di
ciò. Se fossi stato un minimo come te, forse adesso non mi
ritroverei in questa situazione. Da un canto penso che se quella spada
fosse rimasta sotto il mare per altri secoli forse nessuno se ne
sarebbe accorto, e se Trivia si sarebbe ugualmente manifestato, non
avrebbe avuto uno strumento di morte di quel genere in mano. E se fossi
rimasto con Daga… non avrebbe affrontato la notizia di
essere incinta da sola. Quando l’ho sentito dire dalle sue
labbra sono rimasto pietrificato, tuttora non mi sento ancora
ristabilito. È stata più questa notizia che
rimanere sotto il controllo di Trivia ad avermi colpito. Ma ora che ci
ragiono, ho capito che nessuna gioia più grande
può avere un uomo di ricevere un figlio dalla donna che ama.
Gli farò conoscere i tuoi “figli” sai? A
proposito, stanno tutti bene si stanno già imprati-chendo
nell’arte magica e ora ce l’hanno tantissimo con
Mikoto e con Eiko per non avergli detto della rinascita di Trivia:
dicono che avrebbero combattuto anche loro. In questo sono totalmente
diversi da te. Non che siano precipitosi o attaccabrighe, forse hanno
quella sicurezza nelle loro possibilità che a te, come a me
mancava. Ma ora, credo che questa esperienza ci abbia cambiato in
meglio. E stai sicuro che tutti pensiamo ancora a te, e ci manchi
incredibilmente. Io forse ti avrò insegnato tanto, ma tu hai
spinto me ad andare avanti, e per questo ti sarò sempre
grato. Domani avrò una grande battaglia insieme a tutti gli
altri, e spero sia l’ultima. Spero che ci sarai anche tu.
Ciao Vivi.»
Si
alzò e si terse gli occhi diventati lucidi, come ogni volta
che veniva li. Poi si diresse verso il luogo dell’incontro.
In casa di
Mikoto c’era un piccolo tavolo ovale, tutto blu uguale alle
pareti: il pavimento era di legno e di un colore indecifrabile, una
sorta di verde palude. Non aveva effettivamente buon gusto, ma di
questo i presenti non si preoccuparono.
«Dunque, da quello che mi ricordo»
cominciò Gidan «ogni tanto Trivia perdeva
temporaneamente il controllo che aveva su di me: capitava come in un
sogno, di trovarmi in una sorta di cella enorme tutta bluastra e di
essere bloccato da delle maniglie. Poi lo vedevo. Cercavo inutilmente
di indurlo all’errore, di far breccia nella sua coscienza
riuscendo a riprendere il controllo. Fu allora che mi resi conto del
suo legame con l’Ultima: in ultima analisi, lui è
riuscito ad impossessarsi del mio corpo uno, per via della
contaminazione che avevo nel sangue, due, per via dell’Ultima
che avevo usato per trafiggerlo. L’arma è stata
costruita per lui e per manipolare le anime: invece di infliggergli
danno la spada gli ha dato linfa vitale e abbastanza potere da riuscire
ad “entrare” nella mia testa e nel mio corpo,
tramite un taglio che avevo sul braccio. Credo che gli sprazzi di
coscienza che avevo, e l’ho sentito dire da Hades, erano
dovuti alla scheggiatura che gli avevo fatto lanciandola contro Trivia.
A parte questi, non ricordo nulla di ciò che facevo, mi
capitava ogni tanto di vedere cosa avevo di fronte. L’ultima
volta che lo vidi, mi sembrava di notare che le maniglie erano
più deboli che prima, e non persi conoscenza. Mi concentrai
e mi concentrai, fino a riottenere la vista e almeno la
volontà delle mie azioni. E così ho visto Daga, e
grazie a lei e a voi che mi sono liberato.» e dicendo questo
gli prese la mano e lei ricambiò la presa guardandolo
sorridente. I presenti cercarono di distogliere con un po’
d’imbarazzo lo sguardo dai due. L’unico problema
è che rimasero a guardarsi sognanti per diverso tempo prima
che Blank disse:
«Ehi, innamorati, potreste scendere dalla luna e tornare con
noi?»
«Eh?! Ah, si scusate.» dissero entrambi
contemporaneamente arrossendo. Se l’amico non fosse
intervenuto, avrebbero incominciato a fare le fusa come i gatti.
«Concludendo (!), ho capito una cosa: Trivia era un
originario di Tera, uno di quelli che dormiva aspettando la fusione dei
due pianeti. Per un qualche motivo però, lui non dormiva e
per questo non aveva un’anima sua. Divenne aiutante di
Garland quando questi capì il flusso delle anime e
capì come usarlo per far rinascere Tera. Trivia
però grazie ad alcuni appunti del chiamiamolo maestro,
capì la natura dei ricordi che esistono nel mondo etereo che
abbiamo visto anche noi, e che tramite esso si può arrivare
all’origine di tutto: il Mondo di Cristallo. Nonostante
pensasse di agire su questi ultimi per cambiare il passato e far
rivivere la sua gente, Garland invece voleva continuare con la sua
opera di distruzione su Gaya. E allora, pensò di manipolare
il flusso delle anime alla radice di quello che pensava fosse la
sciagura di Tera, un tale dio oscuro. Capì che i due mondi
erano collegati dall’Isola Splendente, e quando
arrivò Hades combatterono insieme contro Chaos con le loro
armi basate sul flusso: poi Trivia comprese che voleva quel potere per
sé e ciò lo trasformò nella creatura
che conosciamo noi. Non comprendo perché fece questa scelta,
ma ciò lo portò addi-rittura a pensare di essere
il dio del nulla e della morte, e che questo ci avrebbe salvato. Se lo
sconfiggiamo, porteremo a termine questa storia, insieme alla sua
sofferenza.»
I presenti
iniziarono un applauso spontaneo per il loro
“leader”, quando con un gran baccano
entrò in casa Hades:
«Stavate parlando di me? No? Vabeh, uguale. Dunque Gidan,
posso dire con orgoglio che ho rimodellato l’Ultima per il
tuo utilizzo personale: ho utilizzato come catalizzatore il frammento
della spada originale. Ormai è diversissima
dall’arma che era un tempo. Le attrezzature dei maghi e dei
jenoma sono ottime!»
«Hai intenzione di usare ancora
quell’arma?» chiese meravigliato Steiner.
«Ma se a momenti è per colpa sua che hai rischiato
di morire!» rincarò Eiko.
«Buoni, buoni.» calmò le acque Hades
«In realtà la presenza di Trivia, come il potere
che la spada aveva di farlo diventare più forte e di
manipolare il flusso delle anime, è completamente sparito.
Ho usato il frammento di quella originale perché non vorrei
che sdoppiandola abbia ridotto il suo potere.»
«Sdoppiandola?!» saltò in piedi Gidan a
sentire quel verbo. Le armi a doppia lama erano la sua passione seconda
solo alle daghe, e ovviamente a Daga (“ok, questo gioco di
parole potevo risparmiarmelo…” N.d.A.). Il fabbro
fantomatico lo guidò verso il retro dell’officina
Gatto Nero, dove i maghi neri e i jenoma più forti erano
seduti sfiancati dal lavoro massacrante di 48 ore a cui il
professionista della metallurgia li aveva sottoposti. Su un ripiano di
pietra lavica vi era un telo bianco su cui sotto
s’intravedeva la sagoma dell’arma doppia.
«A te l’onore.» fece Hades con una punta
di orgoglio.
Gidan
sollevò il lenzuolo e rimase folgorato da ciò che
vide. L’arma ricordava l’Ultima solo per il colore
azzurro intenso, quasi blu, che avevano le due lame: erano
più corte e più larghe di quelle della spada
originale e sulle else vi erano applicate delle decorazioni dorate a
forma di sole raggiante; il manico era di lunghezza perfetta e con
forme ergonomiche fatte apposta per le dita e le mani del Tantarus; al
centro delle decorazioni a forma di sole vi erano due sfere entrambe
rosse: in una riluceva la granata che era stata applicata nella vecchia
daga di Gidan e a cui venne legato il sangue di Garnet, e
nell’altra il vecchio frammento dell’Ultima con il
suo sangue. Quando la prese in mano, provò delle sensazioni
totalmente diverse da quando aveva impugnato l’Ultima: era un
misto di forza, di coraggio ma anche di gentilezza e amore.
«Vi ho messo anche il sangue di Daga per via del vostro
legame. Dice che non vuole potenziare la sua “Pinna di
balena” perché sostiene che le basti il Sidereo
che gli ho saldato quattro anni fa. Sono sicuro che te ne sarai
accorto.»
«Già… non vedo l’ora di
usarla. Ah, vorrei cambiarle il nome.»
«In?» chiese il fabbro.
«In “Ultima Weapon”. Non è
solamente la tua ultima creazione: è anche la più
potente arma del mondo, non solo per la sua potenza ma
perché insieme vi sono la mia forza e la mia gentilezza, e
il coraggio e l’amore di Daga. E dubito che ci sia arma
più potente.»
Hades
assentì con la testa a quest’analisi del suo nuovo
cliente. Finalmente quella sua ultima e potente creazione era in mano
ad una persona pura e buona, con le migliori qualità che un
guerriero possa avere.
«Non vedo l’ora di provarla.»
ripeté Gidan.
La mattinata
seguente il gruppo si avviò verso l’abisso dei
cristalli, dove sopra ancora lievitava il palazzo monco di Zerxex. Il
re aveva deciso di accompagnarli poiché aveva intuito che le
creazioni di Trivia non si basavano solo sui draghi e ai mostri della
“nebbia”, e che molto probabilmente sarebbe
riuscito a creare qualcosa di più potente, poiché
gli aveva confidato che dopo aver ottenuto vendetta, avrebbe sparso
morte e distruzione, con un nuovo esercito di mostri. Infatti ci prese:
l’intero altopiano era ora popolato da migliaia di Behemoth e
Thythan. Nonostante l’esercito di Zerxex contava intorno ai
cinquemila uomini, gli enormi mostri erano parecchi di più.
A guidare i nuovi alleati vi erano i nostri: Beatrix, Eiko, Amarant,
Quina, Steiner, Freija, Daga, e di fronte a tutti Gidan con la sua
Ultima Weapon. Lo schieramento umano si fermò di fronte a
quello mostruoso. Da quest’ultimo uscì un Thythan
un po’ più grosso degli altri e stranamente dorato
che si avvicinò verso Gidan, che lo imitò: il
mostro e il Tantarus erano vicinissimi, guardandosi e comunicando con
un linguaggio molto più profondo di quello parlato. Dopo
qualche secondo il Thythan sferrò il suo classico colpo
verticale con l’enorme machete che impattando col nemico
sollevò una nube di polvere. I mostri esultarono per il
colpo andato a segno, ma i compagni di Gidan se la sghignazzavano: il
ragazzo infatti aveva parato con una mano sola il colpo e teneva ferma
l’arma grossa il triplo di lui, come se tenesse in mano un
pezzo di pane. Con un veloce scattò la troncò in due
e la scagliò contro il nemico trapassandolo, uccidendo
diversi mostri che erano dietro. Con un’insieme di urla e
versi terrificanti l’orda caricò e così
anche gli uomini di Zerxex. Le tecniche dei guerrieri erano
precisissime e sembravano non curarsi dei mostri ben più
grandi di loro, ma ci voleva davvero parecchio tempo per ucciderli, e
molti di loro caddero. Anche il gruppo dei nostri amici sentiva il peso
di quell’attacco spropositato in massa e riuscirono a
resistere solo grazie alle cure di Eiko e di Daga che non riuscivano ad
evocare. L’unico che sembrava non avvertire fatica
né tantomeno dolore, era Gidan: con le sue doppie lame
falciava e deviava ogni colpo e ogni morso dei Thythan e dei Behemoth
uccidendoli con colpi singoli e letali. Si muoveva rapidissimo saltando
spesso sopra e sotto i nemici che tentavano inutilmente di colpirlo e
aveva una faccia divertita come non mai. Da solo si stava lentamente
creando un varco lasciandosi dietro i compagni. Quando se ne avvide,
saltò sopra un gigante di ferro e facendo leva sulla testa
fece un lunghissimo salto all’indietro salendo
contemporaneamente di quota. Arrivato ad avere quasi completamente la
vista del campo di battaglia urlò:
«Ragazzi, a terra!»
Anche se
riluttanti i soldati di Zerxex, Daga e gli altri si abbassarono a
livello del suolo. Gidan piegò il braccio destro
all’altezza dell’orecchio sinistro e strinse la
mano caricando il colpo: la mano che teneva l’Ultima Weapon
cominciò a ruotarla abilmente, finché la luce
rossa dei due catalizzatori investì gli orli delle lame.
Gidan rilasciò il braccio verso i nemici e dalla doppia
spada partì un’enorme cerchio che impattando
contro i mostri li immobilizzò: approfittando di questo,
ricadde levitando verso di loro falciandoli ripetutamente in tutte le
direzioni rilasciando le sue classiche esplosioni violacee, facendone
strage. I pochi mostri che non erano stati uccisi
dall’attacco vennero isolati ai lati del territorio verso il
mare da Zerxex e i suoi uomini, lasciando un largo corridoio che andava
dritto l’Abisso dei Cristalli. Gidan con le sue solite
capriole atterrò spettacolarmente a terra alzando il pugno
in segno di vittoria al di sopra della testa, piegandolo leggermente.
Di fronte a lui c’erano Eiko e gli altri, che lo guardavano
sbalorditi: persino Amarant era sorpreso dall’immenso potere
dell’amico-rivale. Daga di fronte a tutti sorrideva gioiosa
di fronte al miracoloso recupero del ragazzo e riuscì a dire
solo una cosa che gli aveva detto altre massimo due volte:
«…ti amo.»
«Eh, lo so. Avanti, abbiamo un dio malvagio da prendere a
calci nel sedere!» e cominciando a correre arrivarono insieme
sotto il palazzo rudere che volteggiava minaccioso sui cristalli, che
continuavano a trasmettere la loro energia all’interno della
struttura, e stavano ormai per diventare tutti grigi. Improvvisamente
cominciò a tremare e ad avvilupparsi del ormai conosciuto
blu scuro di Trivia: la struttura fisica stessa di quella pietra e di
quei mattoni, cambiò radicalmente ed assunse la mostruosa
forma del semidio che pareva avesse perso le sembianze spettacolari e
autoritarie di un tempo: le braccia conserte erano allargate con dei
lunghi tentacoli che partivano dalle dita, quella sorta di aurora
girevole era spezzata in più parti e formava un collare, le
forme mostruose sembravano delle ali di pipistrello, il fisico quasi
umano era sconvolto da profondi solchi simili a cicatrici; il volto che
sembrava nobile aveva entrambi gli occhi sbarrati, e la bocca con denti
da vampiro digrignava versi irriconoscibili. L’intero corpo
enorme si stava lentamente scomponendo sotto i loro occhi, e al suo
centro vi era il Cristallo Originale Oscuro, ormai prossimo al
completamento. Poi parlò, ma la voce era irriconoscibile:
«Creature mortali… ancora una volta siete riuscite
a distogliermi dalla mia idea originale! Ma ora non potete far nulla!
Tutti i cattivi ricordi verranno conglomerati qui dentro, e presto io
ne farò parte e ricreerò il mondo senza vita
né morte che desiderate! La luce non esisterà
più, e il flusso delle anime verrà governato
secondo ogni mio capriccio! Provate a distruggere questo cristallo nero
se ne siete capaci!»
«È scoperto: un paio di magie possono
tranquillamente distruggerlo.» disse a voce bassa Amarant
indicando la spettrale gemma.
«Meglio di no. Anche se composto da energia negativa,
è pur sempre una copia del cristallo originale: anche i
brutti ricordi fanno parte del nostro presente. Se li cancelliamo
rischiamo di far sparire tutto come minacciò Kuja,
ricordate? È lui il nostro obiettivo, non facciamoci
ingannare.» lo corresse Gidan.
«Ah!» esclamò beffardo Trivia
«Avanti allora! Anche se mi avete estromesso dal corpo di
Gidan, ho comunque ottenuto un potere che supera molto quello di
quattro anni fa! Ora IO sono la vera incarnazione del male
dell’universo! E ora libererò la mia rabbia su di
voi!»
«’nvece, non farai gnente!»
esclamò Quina attivando la “trance
controllata”. Prese in mano la sua Gnamforchetta, e da essa
evocò sotto il semidio, il suo kraken che con gli enormi
tentacoli lo stritolò e lo mantenne fermo mentre con le
ventose gli iniettava grosse quantità di veleno che
lentamente paralizzava.
«Non basta tenermi fermo, per bloccare la mia
forza!» insistette cercando di liberarsi.
«Ora adesso assaggerai la mia!» esclamò
Freija entrandovi anche lei. Dalla sua lancia “Baffo di
Drago” prese forma lo spettro del drago nero Kokusho, che
lanciò un enorme getto magico simile a delle fiamme che
colpirono in pieno Trivia che incassò duramente il colpo.
Anche stavolta, il Cristallo Nero venne risparmiato dagli attacchi.
«…neanche gli attacchi sacri possono farmi nulla!
Come potete sconfiggermi?!» continuò nonostante il
dolore il semidio, e sembrava stesse cominciando a liberarsi dalle
enormi appendici del leviatano.
«Gli attacchi sacri, eh… che ne dici di provare
anche quelli di elemento buio?» disse Amarant trasformandosi
lentamente come se fosse la cosa più facile del mondo. I
suoi artigli scattarono in avanti, e mettendo le braccia a croce, dal
suo corpo si liberò una tempesta di lame bianche e nere che
si andarono a conficcare nel corpo imprigionato di Trivia. Quelle
bianche esplosero, e quelle nere si diffusero a macchia al suo interno
aumentando il processo di decomposizione. Questa volta
avvertì il colpo.
«Prima o poi mi libererò e proverete la vostra
stessa medicina!»
«Provaci, oscuro individuo!» esclamò
Steiner. Sguainando la sua spada “Laguna Rock”
venne ricoperto da una singolare armatura orientale e iniziò
a correre. Dietro di lui apparve la sagoma trasparente del guerriero
Genji, che sferrò un colpo da lontano, e poi altri,
comandato dall’attacco del cavaliere. Da ogni sciabolata
partivano dei colpi invisibili che sembrava non toccassero il nemico.
Quando lo spettro chiuse la spada nel fodero, sul corpo di Trivia
comparirono sette squarci a formare una stella da cui uscì
un liquido simile al catrame. Questa volta il malvagio urlò
di dolore.
«Rovy! Attacca!» ordinò Eiko alla sua
tigre illuminandosi di una luce gialla oro. Dalla bocca del felino
fuoriuscì un fortissimo vento gelato che si
compattò creando un’enorme
“Blizzaga” che inglobò completamente
l’enorme nemico. Disintegrandosi danneggiò
ulteriormente la struttura molecolare di Trivia che ormai perdeva veri
e propri pezzi di corpo: non era un bello spettacolo. Insieme a lui,
anche il Cristallo Nero stava lentamente cedendo l’energia
acquisita.
«Gli
attacchi di un semplice spirito non possono farmi nulla!»
mentì nuovamente.
«Ah
no? Allora che ne dici di provarne l’attacco di due combinati
insieme?» chiese Garnet beffarda entrando in quel bel
costumino attillato. Dal cielo comparì improvvisamente un
drago che sembrava di fatto la fusione del signore dei draghi Bahamuth,
con Arka, l’eone meccanico. Le forme somigliavano di
più a quelle del drago, ma era completamente ricoperto da
placche metalliche con le singolari decorazioni del robot. Dai suoi
occhi partirono due piccoli fari di luce che oltrepassarono il nemico e
scrissero sul terreno un’enorme cerchio alchemico simile a
quello dell’attacco di Arka: Neo-Bahamuth (così lo
evocò la sciamana), spiegò le ali e si vedeva
chiaramente che assorbiva parte dell’energia direttamente dal
sole, e tale energia arrivava direttamente a conglomerarsi nella sua
bocca. Vedendo tale spettacolo, Trivia provò un sentimento
che non provava da secoli: fottuta
paura. Il raggio partì e colpì in
pieno il semidio e nello stesso momento il cerchio alchemico produsse
la sua famosa esplosione rossa. Trivia quasi non si muoveva, il
Cristallo nero stava sparendo, e quelli sottostanti stavano tornando
alla normalità, ma occorreva il colpo di grazia. Gidan
partì con l’azione concordata in precedenza: tutti
si sarebbero elevati a diverse altezze per lanciarlo più
meno dove si trovava la testa del semidio per ucciderlo. Ad iniziare il
salto fu Quina che raccolse il Tantarus in piedi sul forchettone e
prima di lanciarlo gli urlò:
«Corcalo de botte!»
E
arrivò più o meno alla base del corpo del nemico
quando vide Steiner sorretto dal corpicino volante di Eiko che a fatica
lo teneva:
«Sarò sbrigativo, brigante: DIVIDI ET
IMPERA!» gli disse spingendolo in alto, dopo che Gidan aveva
fatto leva sulle sue mani messe a coppa. Eiko gli augurò
buona fortuna dal basso. Arrivato più o meno alla
“vita” di Trivia venne superato
dall’immane salto di Freija che trasportava sulla schiena,
con una forza muscolare invidiabile, l’enorme corpo di
Amarant che staccatosi da lei diede la mano al compagno e gli disse
insieme a Freija:
«Finiscilo e torniamo a casa. Ho gente che mi
aspetta.» e lo lanciò ancora più in
alto. Arrivato all’altezza del petto di Trivia vide Daga,
tenuta in volo da due ali d’angelo, che ben si confacevano
alla sua figura.
«Io ti ho aspettato, e tu sei arrivato. Vedi di atterrare
sano e salvo: siamo in due ad aspettarti.»
Forse era
meglio non ricordargli che stava per diventare padre. Il solo pensiero
lo fece andare in paralisi come quella che lo colse il giorno prima. Ma
prima di rendersene conto volò ancora, ma era ancora troppo
in basso e stava ormai per ricadere giù. Quando pensava di
aver fallito la manovra di gruppo, dai cristalli partì
improvvisamente un faro abbagliante che inondò la sua figura
e che lo oscurò alla vista dei presenti. In quella luce
abbagliante vide delle scene familiari: vide se stesso reggere una
manica di un vestito blu con un corpicino che era sul punto di cadere
da un idrovolante in corsa; vide la stessa persona correre con gli
occhi gialli sgranati per il villaggio dei maghi neri, suoi simili; lo
vide poi spaventarsi dei suoi stessi poteri, e pensare al destino dei
suoi simili e parlare con lui sul significato della sua vita. Alla fine
di quel velocissimo caleidoscopio lo vide: ma non era
un’immagine, un doppione, un miraggio. Era proprio Vivi
quello che gli tendeva la mano. In quei due lunghi secondi prima che
decidesse di prenderla, Gidan pensò che fossero passati anni
ed era felice di passare di nuovo così tanto tempo con il
suo piccolo grande amico. Lo sentì inspiegabilmente parlare:
«H-hai visto c-che sono venuto?»
Dopo averla
presa, e ne provò il tatto inconfondibilmente, il piccolo
mago lo issò delicatamente in alto e tramite la sua spinta
lo fece volare. Gidan fece tutto quello che poteva per muoversi verso
di lui, per poterlo di nuovo toccare e portarlo con sé, ma
non riusciva a spostarsi di un millimetro.
«Io s-stò in cielo con il mio n-nonnino, n-non
sono s-solo.» disse issando la testa, con uno volto che
sembrava sorridere nella sua mancanza di tratti «Gidan, f-fa
fuori quel brutto!»
Quando la
grande luce scomparve, il Tantarus si trovò di fronte al
viso devastato dai colpi di Trivia, che fece un ultimo collegamento
neurale con il suo vecchio organismo ospite:
«Non avevo…alcuna scelta.» disse
sconsolato e rassegnato all’imminente sconfitta.
«Io invece ho fatto una scelta: ma non la dirò
certo a te!» risponde caricando il colpo. Colpì
con entrambe le lame dall’alto verso il basso:
l’Ultima Weapon rilasciò un lampo di energia che
divise a metà l’intero corpo del semidio, che
esplose in uno spettacolare fuoco d’artificio. Gidan
riatterò a terra con due salti e altrettante capriole, e
venne immediatamente assalito dagli abbracci di tutti gli amici; a
fatica riuscì a chiedergli:
«Avete visto qualcosa di strano?»
«In che senso?» chiesero di rimando.
«Quando sono stato investito dalla luce, cosa avete
visto?»
«Ti abbiamo visto inspiegabilmente volare più in
alto quando pensavamo che stavi per perdere la spinta.»
rispose Daga «Perché?»
«No, nulla. Non riesco a spiegare cosa sia
successo» mentì. Forse glielo avrebbe rivelato un
giorno.
«Forse i ricordi ti hanno voluto dare una mano!»
esclamò Eiko.
«Forse. Che ne dite di una “posa di
vittoria”?»
E ancora una
volta, la “Fanfara della vittoria”
risuonò nelle orecchie dei vincitori.
“Piaciuto
eh? A me invece è piaciuto così tanto…
che ne scriverò un altro! Su, su non adiratevi, non avevo
intenzione di far finire così banalmente la storia. Mi
auguro dunque che mi seguiate anche nel prossimo capitolo, che
posterò appena potrò! Niente anticipazioni,
sorry!! Ed ora, passo alle risposte!
Psyker: come
tu hai giustamente detto, forse ho fatto finire troppo velocemente la
cosa, ma ho cercato di rendere un po’ di giustizia ad ambo i
personaggi secondari. Entrambi sono stati ingannati da Trivia, e io
avevo bisogno di una buona motivazione per immetterli anche in questo.
Poi, per la super-mossa, beh forse mi sono un attimo trattenuto, ma
credo che quella che ho messo in quest’ultimo ti
piacerà di più! Mi aspetto una tua recensione!
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