mis
Hello a tutti :).
Una
volta ogni tanto, voglio cambiare sezione e scrivervi qualcosa sugli X-
Men! E' una piccolissima storia, che spero gradirete, e per realizzarla
mi sono ispirata al personaggio di Mariko Yashida (non la conoscete?
Seguite l'asterisco -*- in fondo alla pagina, prima
di leggere la storia, mi raccomando!) e ho "creato" sua sorella,
Misaki, che nell'universo degli X-Men non esiste, ma nel mio sì
:). Voglio farvela conoscere...
REMEMBER
Remember,
when your dreams have ended
Time can be transcended
Just remember me…
Man mano che l’ora si
avvicinava, il suo nervosismo diventava sempre più difficile da nascondere.
Peraltro, quel tempo da
lupi non la tranquillizzava: pioggia a catinelle, lampi che coglievano di
sorpresa il suo sguardo, l’umidità che sollevava un’inquietante nebbiolina…
Sentiva un po’ di freddo
nonostante la stagione mite, ma i suoi brividi erano dovuti anche all’ansia
dell’attesa, lo sapeva bene.
Sotto quella pioggia
battente e nel suo stato emotivo così precario, però, si sentiva quasi al
sicuro sotto il suo ombrello; inoltre, la sua fede era irremovibile, viva e
costante nel suo animo.
Andrà tutto bene, si
disse, perché si ricorderà di te, oh, sì, deve ricordarsi di te, perché tu non
l’hai mai dimenticato.
Aveva insistito così tanto
per vedersi con lui, e successivamente se ne era pentita più e più volte,
rimproverandosi.
“Ma che cosa stavi
pensando?”
Si era anche chiesta che
cosa lui avesse avuto in testa nel momento in cui le aveva fatto sapere che sì,
l’avrebbe incontrata.
Alle sue lettere aveva risposto
con una telefonata, breve, brevissima, lei non aveva neanche avuto il tempo di replicare…
“Pronto?”
“Camera 79, Miss Yashida?”
“Sì?”
“Una telefonata per lei”
“Può passarmela?”
“…”
“Pronto?”
“Va bene. Sarò lì. Appena
potrò.”
“… Come?... Pronto?...
Pronto…?...”
In fondo, non sapeva
niente di lui. Non lo aveva mai veramente conosciuto, se non un’unica volta,
quando era solo una bambina di tre anni.
E poi, attraverso le
parole di Mariko.
Sua sorella era una donna
d’onore e di lui aveva sempre parlato in tono quasi solenne, a tutti, anche a
lei, che all’epoca non poteva certo capire. Si limitava ad annuire e a
sorridere, vagamente perplessa, ogni volta che l’altra decantava quella sorta
di eroe così imperfetto.
Di lui aveva anche letto,
sempre cercando riferimento nelle parole che Mariko aveva confidato ai suoi
diari: un uomo solitario, duro come la roccia, arguto e lungimirante come la
più maestosa delle aquile. Feroce, sì, molto, e anche spietato. Ma buono. Molto
buono.
La vita gli aveva
riservato tante, forse troppe disgrazie. Un po’ come a sua sorella.
Forse era anche per questo
che si erano amati, senza considerare l’intesa che si creava tra di loro grazie
anche ad un solo sguardo.
Dopo la morte di Mariko,
non lo aveva più rivisto.
I suoi occhi di donna
avevano ancora impressa quell’immagine di lui che risaliva all’infanzia, però
lei era cresciuta, chissà se e quanto lo avrebbe visto cambiato.
Non sapeva come avrebbe
fatto a riconoscerlo, ma tendeva bene l’orecchio, sperando di sentire al più
presto il rombo di una motocicletta, l’unico mezzo su cui l’aveva mai visto
spostarsi, per quel che riusciva ancora a ricordare…
E se non verrà, Misaki…
Capirai che ha ancora il
cuore spezzato…
Perse i propri pensieri
nella pioggia ed il suo sguardo divenne assente. Continuò a non fare caso alle
sue scarpine di tela, ormai fradice, e scostò una nerissima ciocca di capelli
dal viso.
Decise di mantenere la
calma e di accettare qualunque cosa fosse successa, come, in fondo, aveva
sempre fatto.
Per Mariko, per rendere
omaggio al piccolo ma intenso ricordo che aveva di lei.
Per lui, perché potesse
venire a conoscenza del fatto che non era l’unico a piangerla.
E per se stessa.
Perché quell’uomo aveva
dato una degna morte a Mariko, e lei voleva ringraziarlo. Soltanto questo.
Ricordami, ti prego…
Ricordati di lei…
Dei passi, un rumore
distinto in mezzo al brusio delle gocce di pioggia, la fecero voltare.
A dispetto
dell’espressione di lui, poco amichevole, proprio come la ricordava, un sorriso
le increspò le labbra, lieve ma spontaneo.
“Logan” disse, la voce rotta
per l’emozione, andandogli incontro.
Davanti a lei, sembrava
quasi un gigante, nonostante fossero quasi della stessa altezza.
Non si dissero niente,
semplicemente si guardarono negli occhi.
Misaki fu la prima a
cedere e ad abbracciarlo, lasciando andare il proprio ombrello a terra.
Logan, dopo un attimo di
esitazione, la strinse delicatamente a sé, fradicio fino al midollo e lieto di
esserlo, dato che in questo modo le lacrime sul suo viso diventavano
invisibili.
A lungo si guardarono e si
mossero nel più assoluto silenzio.
Lei gli allungò
gentilmente un asciugamano per tamponarsi almeno il viso e la testa, e lui la
attese con pazienza mentre lei si cambiava il vestito bagnato in bagno.
Una volta faccia a faccia
nella stanza d’albergo della ragazza, Misaki si alzò dalla poltrona su cui si
era appena seduta e si avvicinò a Logan, seduto sul bordo del letto.
Le lasciò prendere la mano
destra nelle sue, piccole e bianche. E se la lasciò scrutare, vagamente
incuriosito. Poi la ragazza alzò lo sguardo…
“Le tue mani. Sono come
allora” affermò, stringendo l’arto con calore.
Logan abbozzò un sorriso e
commentò: “Non si può dire lo stesso di te…”
“Non credevo che non
saresti cambiato affatto. Perdonami. I miei ricordi sono pochi e quel che so,
lo so perché è stata Mariko a scriverlo o a dirmelo…”
“Perché mi hai voluto
vedere?”
La domanda arrivò diretta,
quasi secca, e stridette contro i suoi toni pacati.
Ma Misaki se lo aspettava.
Puntò i propri occhi nei
suoi e rispose con decisione: “L’ultima volta che ti ho visto avevo tre anni.
Ne sono passati venti. E io non ho più saputo niente di te da quando mia
sorella è morta. Non ho più saputo niente del mondo intero, sono stata
confinata in un istituto finché c’è stato chi riteneva che era per il mio bene!
Appena sono uscita, mi sono messa a cercarti e solo adesso ti ho trovato… per
dirti grazie…”
Si interruppe, vinta dal
groppo in gola che da qualche minuto minacciava di trasformarsi in pianto, e
abbassò lo sguardo.
Logan, mosso a
compassione, le accarezzò una mano e la incitò a continuare.
“Vai avanti… Ti ascolto.”
Quando Misaki tornò a
guardarlo con occhi lucidi, per un attimo gli parve di rivedere Mariko.
“… Se non ci fossi stato
tu… Mariko sarebbe morta senza onore e tra le più atroci sofferenze. Tu le hai
evitato tutto questo, pur non avendo nessun tipo di dovere nei suoi confronti.
Tu hai amato mia sorella, nonostante tutto quello che vi è successo. E se
adesso io posso essere fiera di essere una Yashida, la sorella di Mariko
Yashida… è anche grazie a te.”
Logan avrebbe voluto
rispondere, dire qualcosa di carino, di spontaneo, ma non ce la fece.
Troppe emozioni, troppo
forti.
Mariko, Mariko, Mariko,
improvvisamente tutto era tornato a ricordargli Mariko.
E il dolore non era così
facile da cancellare, non lo era mai stato, nonostante le sue innumerevoli
esperienze di vita.
Come si fa a dimenticare
qualcuno che abbiamo ucciso?
Come si fa a dimenticare,
quando c’è sempre quel qualcosa che ti ricorda ciò che hai fatto?
“Logan…” lo chiamò Misaki,
che lo aveva visto scosso mentre si allontanava da lei, alzandosi in piedi.
“Sì…” le rispose,
laconico.
“Volevo anche sentirmi
meno sola in mezzo ai miei ricordi…” gli spiegò la ragazza, alzandosi alle sue
spalle “Io non ho potuto amare Mariko come e quanto l’hai amata tu, ma… mi
manca lo stesso. Mi manca moltissimo. E condividere il suo ricordo con un uomo
che è stato così importante nella sua vita… per me è un onore. Spero che questo
possa farti stare meno male…”
Logan sospirò
profondamente prima di voltarsi nuovamente verso la ragazza; le tese la mano
destra e le disse: “Prima hai detto che le mie mani non sono cambiate…”
“E’ così…” confermò lei,
prendendo la mano tra le sue.
Un istante dopo, il
mutante fece fuoriuscire gli artigli, lentamente, senza volerle fare del male.
Misaki li osservò per poi
tornare su Logan con uno sguardo che chiedeva spiegazioni.
“Te li ricordi?” le
domandò.
“Certo”
“Dunque non c’è bisogno
che ti spieghi che cosa ho fatto…”
“Logan, non devi né
spiegarmelo, né ricordarmelo, né prenderti nessuna colpa!”
“Tu come la chiami una
cosa del genere, eh?”
La chiamo liberazione…
La chiamo salvezza…
La chiamo Amore…
Misaki lasciò che alcune
lacrime le rigassero il viso.
Appoggiò la mano di Logan
sulla propria guancia sinistra, noncurante degli artigli, e sussurrò: “Oggi
sono riuscita a rendere più reali e più vicini a me tutti i ricordi di Mariko.
Adesso tu devi cercare di accettare ciò che hai dovuto fare. Forse ci metterai
più di quanto non ci abbia messo io a ricostruire il mio mosaico… Però ce la
farai, ne sono sicura. Non voglio forzarti a credermi in questo momento. Ci
arriverai da solo… Basterà che tu tenga vivo il ricordo più bello che hai di
lei. Hai capito, Wolverine?”
Logan ritirò gli artigli,
così come li aveva estratti, e lasciò che la ragazza lo stringesse a sé ancora
una volta, come una volta, tempo fa, aveva fatto lui con lei, minuscola tra le
sue braccia.
“Adesso che non siamo più
soli, sarà meno difficile percorrere le nostre strade, ne sono sicura…” affermò,
felice e commossa.
“Allora… Forse anche io
dovrei ringraziarti” ribatté Logan.
Lei si staccò
dall’abbraccio, gli sorrise prendendogli le mani.
E lui ricambiò sia la
stretta che il sorriso, sentendo un pezzo del suo cuore cominciare a diventare
più leggero, come se gli fosse stato tolto un grande peso inutile.
“Promettimi che non mi
dimenticherai un’altra volta”
“Non mi ero dimenticato di
te…”
“Lo so. Ma per molto tempo
ho creduto che fosse così. Ed è stato orrendo…”
“Stavolta sarà diverso.
L’hai detto anche tu, no?”
“Già… Trova la giusta
strada, Logan. E ricorda l’amore di mia sorella.”
“E tu? Tu cosa farai?”
“Tornerò a casa… Dal mio
fidanzato…”
“Certo, il Giappone è
lontano da New York o dal Canada…”
“Ma tu conosci già la
strada. No?”
“A volte avrei voglia di
non conoscerla…”
“Verrai solo quando sarai
pronto a ricordare serenamente e con il cuore in pace. E nel frattempo, potrai
avere il mio sostegno. Io ti aspetto…”
Si salutarono come due
vecchi amici uniti da una vita.
Logan spettinò con fare
paterno i capelli di Misaki, che sorrise divertita per poi salutarlo con la
mano mentre lo vedeva allontanarsi, dalla finestra della sua stanza.
Aveva smesso di piovere.
Il sole stava timidamente facendo capolino dalle nubi grigio scuro.
Impugnando il manubrio
della sua moto, Logan lanciò un’occhiata alla propria mano destra, sospirò e
sorrise lievemente, forse rinfrancato.
I
am the one star that keeps burning, so brightly,
It is the last light to fade into the rising sun…
***
Prima di tutto, le dediche!
A
Jo! Se non mi avesse fatto apprezzare la varietà e la bellezza
dei nomi giapponesi, probabilmente a quest'ora non avrei scritto questa
one shot!
Al mio ragazzo, per i consigli :).
I
credits: i versi usati all'inizio e alla fine della shot fanno parte
della canzone "Remember" di Josh Groban, quindi non mi appartiene nel
modo più assoluto, esattamente come non mi appartengono
né Wolverine, né Mariko, "figli" della Marvel Comics.
E
ora, un paio di spiegazioni per i "profani" di X-Men... Non sarò
forse la più esaudiente delle fonti, ma ci proverò! Le
correzioni e/o aggiunte sono più che benvenute dagli esperti,
dato che io sono una povera principiante nel campo X- Meniaco :).
*
Mariko Yashida è un personaggio Marvel ("nata" graficamente nel
1979 e "morta" nel 1992, se non erro) , uno dei grandi amori di
Wolverine, con cui è stata fidanzata per qualche tempo (galeotto
fu il loro primo incontro, avvenuto grazie alla cugina mutante di
Mariko!), tra alti e bassi. La relazione è risultata da subito
molto difficile per una lunga serie di fattori, primo tra tutti la
famiglia di Mariko, un importante clan della malavita giapponese... In
principio, Mariko doveva sposarsi con un "associato" criminale della
famiglia Yashida, salvo poi mettersi contro quest'ultima a causa
dell'orrore e del ribrezzo da lei provati per gli orrendi crimini
(molto subdoli, tra l'altro) dei suoi parenti, che a lungo andare
avrebbero fatto cadere profondo disonore sul suo cognome.
Quando
parte della famiglia di Mariko verrà uccisa da Wolverine e altri
complici, la ragazza diventerà il capo del clan famigliare e
annuncerà il proprio fidanzamento con Logan. A questo punto
però, Mastermind, il mega-ultra-cattivo di turno, capace di
manipolare le menti altrui, farà il lavaggio del cervello alla
giovane, facendole rafforzare i legami del clan Yashida con il
crimine e facendola rinunciare al matrimonio con Wolverine.
Fortunatamente, questa sorta di "incantesimo" si spezzerà alla
sconfitta di Mastermind, e Mariko correrà subito ai ripari,
vergognandosi per tutto ciò che la sua mente deviata aveva
causato al clan Yashida (e naturalmente, continuando a stare con
Wolverine, ma senza sposarlo finché tutto ciò che ancora
c'è di criminoso nel clan di famiglia non verrà
definitivamente debellato, per una questione di onore).
Successivamente
sfidata dal leader del clan ninja Hand (Matsu'o Tsurayaba) e dal
fratellastro (Silver Samurai), Mariko tenterà una risoluzione
pacifica con il primo, che però la avvelenerà. Per
evitare una morte lenta, dolorosa e quindi, disonorevole, la ragazza
supplicherà Wolverine di ucciderla subito, e lui esaudirà
questo suo desiderio, ponendo fine alle sue sofferenze con i propri
artigli.
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