Salve a tutti!!
Probabilmente leggendo questa ficcy penserete "piuttosto banale
trattare di questa scena". Avete pure ragione, ma non ho potuto
resistere: dovevo assolutamente scrivere una one-shot su questa parte
che penso sia la più bella e significativa dei due giochi!
Insomma...da qui si capisce il profondo legame affettivo tra i tre
protagonisti, e poi, dai...ammettiamolo...Sora è molto
puccio in questa scena *-*
Diciamo che mi scoccia molto fare scene d'inciuci tra Sora e Kairi,
perchè lei non mi sta per niente simpatica...ma mi tocca
ammettere che loro due stanno davvero bene assieme, e quindi mi arrendo
all'evidenza T.T
Spero vi piaccia e...BUONA LETTURA!! :D
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Il Mondo Che Non Esiste,
era quella la mia ultima meta: in
essa avevo riposto tutte le mie speranze di rincontrare un giorno le
persone a
me care, e di riuscire finalmente a tornare a casa con loro.
Era forse un desiderio
troppo egoista?
Per
loro avevo girato
mondi e dimensioni parallele, avevo affrontato nemici terribili e avevo
superato me stesso … ma tutto ciò non era stato
un peso per me. Era però giunto
il momento di smettere, di fermarsi, di non essere più lo
straniero di turno.
Erano questi i miei
pensieri poco prima di sentire la sua
voce.
“Sora!”
Mi sembrò di
aver avuto un’allucinazione, ma poi mi girai:
lei era là. Era cresciuta, ma l’avrei potuta
riconoscere tra mille, con quei
suoi bellissimi capelli rossi … era così vicina
che potevo quasi sentirle quel
buon profumo di fiori che aveva sempre addosso. Era passato solo un
anno, ma l’avevo
lasciata bambina e l’avevo ritrovata adulta: il suo stretto
vestito rosa metteva
ben in evidenza i segni della sua crescita. I suoi occhi, che pur
mantenevano
quello suo tipico sguardo dolce e innocente, ora avevano anche
un’aria sicura e
determinata.
“Kairi!”
Rimasi ancora un momento a
contemplarla, e solo un suo
avviso mi fece notare l’Heartless che stava per attaccarmi
alle spalle.
In quel momento,
l’unica cosa che mi importava era di
rivederla: senza perdere tempo, raccolsi tutte le mie forze per
sconfiggere nel
minor tempo possibile tutti i nemici che mi circondavano. Le gambe si
muovevano
da sole: dovevo correre da lei, dovevo proteggerla da ogni pericolo, ma
soprattutto
dovevo parlarle, chiederle di lei, sentirla pronunciare parole dalla
sue
candide labbra.
Salii le scale. Ormai ero
di fronte a lei, ma non riuscivo
ad aprir bocca. Avevo così tante cose da dirle che non
sapevo che parte
iniziare: volevo raccontarle i miei viaggi e le mie avventure, ma
volevo anche
sapere come se la fosse cavata sull’isola in mia assenza.
Alla fine fu lei a rompere
il silenzio.
“Tu e Riku non
siete più tornati a casa, così sono venuta a
cercarvi”
Non sembrava arrabbiata
mentre pronunciava queste parole, ma
nonostante ciò mi rattristai ricordandomi della promessa
fattale che non ero
riuscito a rispettare.
“Mi
dispia-“
Non feci in tempo a
terminare la frase che sentii un calore
contro il mio corpo, un piccolo corpicino stringersi a me. Kairi aveva
abbandonato ogni incertezza e si era lasciata andare tra le mie
braccia: le sue
mani mi stringevano dolcemente ma anche fermamente ai fianchi, e la sua
testa
era appoggiata alla mia spalla, nascondendo il viso in una cascata di
capelli.
“Questo
è reale”
Avrei voluto risponderle,
ma in quel momento non servivano parole. Ricambiai
l’abbraccio, cercando
di stringerla il più vicino a me senza farle male. Senza che
nemmeno me ne
accorgessi, le mie braccia stavano stringendo le sue spalle,e la mia
testa era
appoggiata alla sua: un naturale istinto protettivo e pure un
po’ egoistico,
come se avessi paura che qualcun altro all’infuori di me
potesse avere la
fortuna di ricevere un suo abbraccio.
Il momento venne
interrotto dall’Heartless di Xehanort, che
stava per andarsene aprendosi un varco nel regno
dell’oscurità. Certo, egli mi
aveva dato filo da torcere per molto tempo, e molte volte aveva cercato
di
uccidermi. Per un motivo inspiegabile però, aveva anche
salvato Kairi, e non
potevo non tenerne conto.
A malavoglia scostai
lentamente Kairi da me, pur sempre
mantenendo le mie mani sulle sue piccole e ossute spalle.
“Aspetta, Ansem!
O meglio, Heartless di Xehanort … non avrei
mai pensato di rivederti ancora. Il solo pensare a tutto quello che hai
fatto
mi fa davvero arrabbiare. Ma … ma hai salvato Kairi, giusto?
Devo esserti grato
per questo … grazie”
Mentre si allontanava,
sentii che Kairi si scostò da me
correndo verso di lui, e lo prese per mano per fermarlo.
“Riku, non
andare!”
Per un momento mi prese il
panico: Riku? Come poteva essere
possibile? Che avessi sentito male?
Cercai risposte nella mia
amica.
“K-Kairi,
cos’hai appena detto?”
Lei si girò
lentamente, la sua presa sempre stretta al
braccio di Xehanort.
“Riku”
La sicurezza con cui aveva
affermato questa verità servì
solo ad agitarmi ancora di più. Se davvero era Riku, come
aveva fatto a
ridursi così? Perché non aveva cercato il
mio aiuto quando ne aveva più bisogno?
Be’, certo,
questo semplicemente perché era Riku, quello che
non chiede mai aiuto a nessuno, che pensa sempre di poter fare tutto
senza il
supporto degli altri, il MIO supporto. Mi ha sempre dato fastidio
questo suo
aspetto, perché mi sono sempre sentito privato del mio
“compito” da migliore
amico quale sono.
La voce di Kairi mi
distrasse ancora una volta dai miei
pensieri.
“Sora, vieni
qui. Digli tu qualcosa”
Presi coraggio e, passo
dopo passo, mi avvicinai a colui che
da quando avevo iniziato la mia avventura era sempre stato mio nemico.
Mi
fermai di fronte a lui: non troppo vicino in modo da poter scappare ma
nemmeno
troppo lontano per evitare di lasciare Kairi da sola nelle sue grinfie.
Lei
però mi prese la mano, e l’appoggiò su
quella di Xehanort, sorridendo come per
farmi capire che non c’era pericolo.
“Ecco.
Così capirai: chiudi gli occhi”
Feci come mi disse, e
finalmente capii: davanti ai miei
occhi non c’era più quell’estraneo di
cui ero sfiducioso, ma c’era Riku. Sentii
il mio cuore aumentare il battito nel petto, la gola stringersi in un
nodo. Il
mio amico era lì, di fronte a me. Lo avevo cercato
dappertutto, e ora ce lo
avevo davanti agli occhi.
Non potrei descrivere a
parole le emozioni che provai in quel
momento: ero arrabbiato, arrabbiato perché come al solito
aveva fatto tutto di
testa sua, senza nemmeno pensare ai suoi amici preoccupati per lui; ero
anche
teso, poiché, dopo essere stati addirittura nemici, ci
eravamo congedati senza
nemmeno avere il tempo di parlare di quello che ci era successo. Ma
soprattutto
ero felice, e questo sentimento sopraffece tutti gli altri, e non
riuscii a
trattenere le lacrime che si erano già formate copiose nei
miei occhi.
Caddi ai suoi piedi, in
ginocchio, senza però mollare la
presa sulla sua mano, timoroso che, per non immischiarmi nei suoi
problemi, mi
lasciasse un’altra volta senza dirmi nulla.
Il mio sogno si era
avverato, eravamo di nuovo tutti e tre
assieme, come ai vecchi tempi, anche se ancora non mi sembrava vero.
“E’
Riku. Riku è qui”
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