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RESTA CON ME -
Water for Elephants
“Marlena…”
Il mio nome,
Jacob. Il mio nome pronunciato da te ha tutto un altro suono. Il mio
nome, con
la tua voce gentile, acquista perfino un sapore. Prima di te, il mio
nome non
aveva senso, era solo una parola. “Marlena, che ne diresti di apportare
una
modifica al tuo numero?” diceva Zio Al, nel suo modo gentile di
impartirmi
ordini. “Marlena, tesoro, sei incantevole, una stella, la mia piccola stella” diceva August,
facendomi rabbrividire per il
modo in cui pronunciava la parola mia.
“Sposa quell’ebreo e non sei più mia figlia, Marlena!” ha urlato mio
padre
l’ultima volta che l’ho visto. Il mio nome non serviva a nulla. Nessuna
di
quelle voci mi ha mai dato un’identità che fosse davvero la mia. Ero
solo
Marlena l’acrobata. Marlena la moglie. Marlena la figlia. Nessuna di
quelle
voci mi ha mai fatta sentire solo Marlena. E poi sei arrivato tu,
Jacob…Mi hai
guardata ed hai visto solo me. Mi hai chiamata e mi hai fatta sentire
solo me.
Perché tu, dai sapore a tutto.
“Marlena, ti
prego, dobbiamo trovare un albergo più lontano”
Me ne sto
affacciata alla finestra, dandoti le spalle, ma riesco a vedere il tuo
riflesso
nel vetro. Te ne stai in piedi davanti alla porta di questa camera,
agitato e
rispettoso. Forse vorresti venirmi vicino, ma rimani lontano. Come per
lasciarmi libera. Come se ti rifiutassi di invadere il mio spazio. Ma
non lo
sai, che tu hai già invaso tutto? Sei come l’acqua che riesce ad
intrufolarsi
in qualunque pertugio. Sei come l’aria di cui è fatto il cielo, azzurro
come i
tuoi occhi. Perché è lui ad essere azzurro come i tuoi occhi, e non il
contrario.
Sei come
l’aria che respiro. Ed il mio respiro, dipende solamente da te. Sei la
mia
aria. Lo sei dal primo momento che ti ho visto.
“No, Jacob.
Resterò qui.”
“Perché?”
“Perché
August pensa che io sia in qualche altro albergo. E comunque domani c’è
il mio
spettacolo, perciò sarò costretta a rivederlo…”
Non
rispondi, ma so che mi stai dando silenziosamente ragione. Non mi piace
l’idea
di rivedere August, così come non piace a te. So che non sopporti che
mi abbia
picchiata. So che ti terrorizza il pensiero che possa farlo di nuovo.
Ma tutto
questo è stata anche colpa mia. E’ vero, August ha sbagliato a credere
che lo
avessi tradito, ma in fondo non era molto lontano dalla verità. Per
quanto
cercassi con tutta me stessa di nasconderlo, lui sentiva quanto io
fossi
attratta da te. Perché una cosa così forte, così improvvisa, così
violenta, non
la si può celare.
E mi volto,
perché non ha senso essere nella stessa stanza con te senza guardarti.
Non ci
riuscirei…sei peggio di una calamita per me, Jacob Jankowski. Ed ogni
volta che
ti guardo, il mio cuore sussulta. Sei bello, Jacob. Sei bello, e non lo
sai.
Sei bello anche per Barbara, che di uomini ne ha visti ed assaggiati a
bizzeffe. L’ho sentita, mentre spettegolava con la sua amica Nell su
quanto tu
fossi “un verginello carino e appetitoso” e tanti altri commenti
volgari e
ripugnanti, parole che non meriterebbero di essere associate ad una
creatura
come te.
Mi guardi
negli occhi, e mi piace il modo in cui lo fai. E’ come se mi stessi
chiedendo
il permesso per scrutarmi dentro. Vorresti e potresti leggermi l’anima
senza
alcuno sforzo, eppure non lo fai. Sei troppo buono, Jacob. Così giovane
ed
innocente…Abbiamo la stessa età, eppure io mi sento invecchiata e
sporcata
dalla mia ingenua ipocrisia. Ho finto di amare un uomo per anni,
mentendo più a
me stessa che a lui nella convinzione che sarei stata abbastanza forte
da
sopportare la sua follia. E ci sarei riuscita, sai? Avrei continuato a
reggere, se non fossi arrivato tu. Come un
uragano, hai spazzato via tutte quelle fragili fondamenta su cui si
reggeva il
mio matrimonio. Dovrei odiarti per questo…Eppure, non ci riesco. Per
odiarti,
dovrei essere capace di stare lontana da te, ma non ne ho la forza. Non
più.
Forse non l’ho mai avuta davvero.
Attraverso
la stanza e mi siedo sulla poltrona accanto al letto. Improvvisamente,
le mie
gambe non reggono più il mio peso. Abbandono la testa sullo schienale e
chiudo
gli occhi. Mi sento così stanca…
“Prima
voleva farmi le sue scuse” dici.
“E tu le hai
accettate?” domando, tornando a guardarti e perdendomi di nuovo in quel
mare
dei tuoi occhi.
“Diamine,
no!” esclami, come se la mia domanda ti avesse in qualche modo offeso.
Perdonami,
Jacob, ma è solo di te che mi preoccupo. Ti devo sembrare così stupida
ed
ingenua. Mentre tu sei così deciso, così coerente con te stesso da
farmi
sentire ancora più insignificante.
Mi stringo
nelle spalle, cercando di diventare più piccola. Vorrei che si aprisse
una voragine
sotto di me e che mi inghiottisse, almeno smetterei di sentirmi così in
colpa.
Almeno smetterei di essere così dipendente dal tuo profumo.
“E invece
dovresti, Jacob. Zio Al sarebbe capace di licenziarti…”
“Non
m’importa niente. Ti ha picchiato!”
Chiudo gli
occhi, nello sforzo di trattenere le lacrime. Vorrei cancellare con un
colpo di
spugna tutto quello che è stato, ma non posso. Il passato ci rimane
appiccicato
come le locandine dei circhi, che col tempo sbiadiscono, ma le loro
tracce
permangono attaccate al muro.
“Lo aveva
già fatto?”
Nella tua
voce, sento ansia, preoccupazione, dolore. Merito davvero il tuo
ardore, la tua
rabbia, la tua paura?
“No, lui…lui
non mi ha mai messo le mani addosso. Però i suoi sbalzi d’umore erano
più che
sufficienti…”
“Zio Al mi
ha detto che è uno schizofrenico paranoide”
Annuisco
lentamente. E’ la verità: mio marito è malato ed io non posso fargliene
una
colpa. Non ha scelto lui di essere così. Sono io che ho continuato a
scegliere
lui ogni giorno per quattro anni.
“Perché…perché
non lo hai lasciato?”
Ah, Jacob,
Jacob…per te il mondo è ancora un posto di scelte facili. Hai capito
che non lo
amo, non più. Forse lo hai sempre saputo, ed è anche per questo che mi
hai
baciata, quella notte turbolenta a Chicago. Le tue labbra…ne sento
ancora il
sapore. Mi è rimasto dentro, confuso con il sangue che mi scorre nelle
vene.
Come il calore delle tue mani attorno al mio viso. Come il tuo respiro
affannato che si mescolava al mio. Come la sensazione della tua pelle
sotto la
punta delle mie dita, quando non sono più riuscita a resisterti e ti ho
accarezzato il volto. E’ stato il momento più bello di tutta la mia
vita,
Jacob. Tu non lo sai, perché sono fuggita da quel bacio, perché ti ho
chiesto
di dimenticarlo pur sapendo che sarebbe stato impossibile. Per
entrambi.
“E come
potevo, Jacob? Quando l’ho sposato, io non ne sapevo nulla. E poi, lo
vedi
anche tu che quando è di buon umore è straordinario…Ma quando si
arrabbia,
lui…”
Ripensarci,
mi fa male. E’ come se i lividi sul mio viso prendessero a pulsare. E
la vista
del sangue sul tuo volto mentre August ti colpiva torna a perseguitarmi
come il
peggiore degli incubi. Che schiaffeggiasse me, era un conto. Ma non te,
Jacob…non te. Mai.
Nella
stanza, cala un lungo silenzio, talmente intenso da poterlo toccare.
Aspetti
che io dica qualcosa, come hai sempre fatto. Hai sempre aspettato che
io ti
dicessi qualcosa…Sei così dolce, Jacob. E’ bella la sensazione che mi
fai
provare quando ti parlo: mi guardi e mi ascolti come se al mondo non
esistesse
nessun altro, anche se l’argomento di conversazione è il mangime per i
miei
cavalli. Ma ora che stiamo parlando di me, della mia vita, di August, è
bene
che tu sappia tutto. Voglio che tu sappia tutto.
“Tre
settimane dopo il matrimonio, ha fatto perdere un occhio ad uno degli
operai.
L’ho visto picchiarlo in un modo così brutale che…Ho avuto paura. Così
tanta
che ho telefonato ai miei genitori e gli ho supplicati di permettermi
di
tornare a casa…ma dopo aver sposato August, un ebreo che per di più
lavorava in
un circo, io ero morta.”
Non ti
guardo. Stavolta non ne ho proprio il coraggio, tanto mi sento indegna
e
svuotata. Ho perso la mia famiglia per August, ed ora ho perso anche
lui. Anche
se, a pensarci bene, l’unica cosa che avevo davvero di lui era
l’illusione dei
suoi momenti positivi. Ma ora non mi rimangono nemmeno quelli.
Sento i tuoi
passi rapidi, ed immagino la tua andatura che è un miscuglio perfetto
di
spavalderia americana e di riservatezza polacca. Nemmeno quando
t’inginocchi di
fronte a me oso guardarti, perché i tuoi occhi mi ucciderebbero o mi
costringerebbero ad una resa senza speranza di salvezza. E mi sento
ridicola,
perché ormai lottare è inutile: già ti appartengo, Jacob, da molto
tempo prima
di adesso.
La tua
vicinanza mi confonde. Il profumo della tua presenza mi annebbia il
cervello
come se fosse fumo. Non vedo nulla, tranne la tua immagine. Non sento
nulla,
tranne il tuo respiro caldo. E non desidero altro che rimanere qui, per
sempre,
con te.
Prendo fiato
e parlo di nuovo, anche se la mia voce trema come una foglia al vento.
“Giorni dopo
un altro operaio è morto dissanguato per i morsi di una tigre mentre le
dava da
mangiare insieme ad August. Poi ho scoperto che i cavalli da esibizione
erano
stati affidati a me perché l’acrobata precedente si è lanciata dal
treno in
corsa dopo una notte trascorsa con lui. Sono successe altre cose, altri
incidenti…ma…ma…non se l’era mai presa con me…”
E la pioggia
di ricordi mi fa perdere il controllo. A nulla servono le mani sulla
faccia per
nascondere la lacrime che violente iniziano a sgorgare dai miei occhi
stanchi.
Tutto il mio corpo è scosso dai singhiozzi, in uno sfogo che non sono
in grado
di fermare né acquietare. E’ come se quello di gettare fuori tutto
fosse un
bisogno primario quanto respirare.
“Non
piangere, Marlena. Non lo sopporto…Ti prego. Guardami.”
Gettare
fuori tutto. Respirare. Bisogni primari, si…Ma ascoltare la tua voce,
guardarti, tutto questo è vitale. Ti obbedisco. Mi asciugo gli occhi
con il
dorso delle mani, perché non sopporto l’idea di non essere al meglio in
tua
presenza. E ti guardo. Ritrovo i tuoi occhi, che non mi sono mai
sembrati così
azzurri, così limpidi. Da chi hai preso questi occhi, Jacob? Forse da
tua
madre…o da tuo padre? E questi capelli rossi? E le orecchie, ed il
naso, e le
labbra? Da nessuno…quello che sto vedendo appartiene a te e solamente a
te. E
così, anch’io. A che serve negarlo? Forse perché ho deciso di lasciare
mio
marito, ora mi sento più libera di ammettere la verità. Ma anche se mi
considerassi
ancora la signora Rosenbluth, non potrei continuare a nascondermi
ancora per
molto…Quello che provo per te è così forte che sfugge al mio stesso
controllo.
“Resta con
me, Jacob…” il mio è un sussurro, ma dentro sto gridando.
I tuoi occhi
si spalancano, in un guizzo che non nasconde la tua sorpresa di fronte
alla mia
preghiera. Perché ti stupisci tanto Jacob? Vuoi farmi credere che un
ragazzo
intelligente come te non aveva capito una cosa così evidente?
“Marlena,
io…”
Incauta e
irrazionale, ti poso un dito su quelle labbra così perfettamente
disegnate e
scivolo a terra, per inginocchiarmi davanti a te. La distanza tra i
nostri
corpi è troppo poca perché il mio corpo non riprenda a rabbrividire.
“Ho bisogno
di te, Jacob. Per favore…non lasciarmi.”
I gesti che
seguono le mie parole mostrano la caduta di tutte le mie barriere. Non
voglio
più difendermi. Voglio che tu mi colpisca, voglio farmi male per quanto
è forte
il mio amore. Perché è questo, quello che sento per te. Amore. Ho
respinto
questa parola troppo a lungo, come ho respinto te in quel vicolo, dopo
quel
bacio che mi ha portato via l’anima per sempre. Ma ora sono pronta ad
accogliere tutto, tutto di te.
Una mia mano
si posa sulla tua guancia, sulla tua pelle candida irruvidita dalle
tracce di
barba. Ed il tuo calore è quanto di più vicino ad una scossa elettrica,
solo
che non provo dolore. Tutto il contrario. Non respiri più, ed io ti
imito. Sei
immobile, ad eccezione delle tue palpebre che si chiudono a coprire i
tuoi
occhi languidi.
“Marlena…”
sussurri roco.
“Shh”
Non dire
niente, Jacob. Non voglio sentirti rispondere un “si” mosso da pietà. E
soprattutto, non voglio sentirti rispondere un “no” perché la
situazione ti
sembra sconveniente.
Tieni gli
occhi chiusi anche quando ti accarezza la nuca ed i capelli, che
immaginavo
morbidi, ma non così. Li riapri solamente quando mi faccio più audace,
forse
troppo, ed inizio a sbottonarti la
camicia.
Non dovrei
farlo, perché per la legge sono ancora sposata. Eppure, man mano che il
tuo
petto si rivela al mio sguardo, sento che non potrei mai pentirmi di
quello che
sto facendo. Mi pento di tante cose. Mi pento di aver abbandonato la
mia
famiglia per un capriccio. Mi pento di aver sposato un uomo che nemmeno
conoscevo. Mi pento di aver continuato a restargli accanto pur avendone
paura.
Mi pento di aver represso il mio sentimento nei tuoi confronti per non
sentirmi
in colpa.
Ma
adesso…adesso è cambiato tutto. Ho bisogno di te, Jacob. Ho bisogno di
sentirti
mio e di sentirmi tua. Completamente. E
ne avrò bisogno domani. E dopo domani. Ed il giorno dopo. E tra un
anno. E tra
un secolo. Perché ti amo, Jacob. Ti amo come non ho mai amato niente e
nessuno
da quando sono venuta al mondo.
Rimani
incerto, quando tiro fuori i lembi della camicia dai pantaloni. Lo
sento nella
tua immobilità e lo vedo nei tuoi occhi che torno a guardare. Ti
conosco, e so
che sei abbastanza leale da non essere sicuro di quello che stiamo
facendo.
Però lo vuoi…vero che lo vuoi, Jacob? Lo vuoi almeno la metà di quanto
lo
voglio io?
Prendo di
nuovo coraggio ed avvicino il viso al tuo. Sfioro le tue labbra giusto
quello
che serve per sentirne il sapore, più dolce ed inebriante di quanto mi
ricordassi. Indugi a non respirare. Peccato, perché di te amo anche il
respiro.
Esito un secondo, per concederti la possibilità di respingermi. Non ti
voglio
sedurre, perché implicherebbe indurti a fare una cosa che non vuoi e
questo non
potrei mai accettarlo. Ma le tue labbra rimangono dischiuse, in
silenziosa
attesa di ritrovare le mie, le loro compagne. Ed io obbedisco a quel
richiamo,
baciandoti. Ti bacio con incalzante decisione e tutto diviene perfetto
nel
momento in cui sento le tue mani attorno al mio viso. Lo trattieni, per
non
perdere il contatto tra le nostre bocche e le nostre lingue gaie e
giocose,
mentre le mie dita scoprono ogni centimetro del tuo petto forte. Non
distinguo
più a chi appartengano i respiri che si diffondono nell’aria.
La bramosia
di appartenerci ci sta bruciando lentamente. Lo sento nella mia mano
che
scivola in basso fino ai pantaloni e si insinua tra le tue gambe, dove
il
desiderio è pulsante ed ha una forma tangibile. Separi le nostre
bocche,
incapace di trattenere un gemito, e torni a guardarmi come se non ti
fossi
aspettato una cosa del genere. Mi fissi con adorazione, mi veneri con
lo
sguardo e con il respiro affannato. Nessuno mi ha mai guardato così.
Nessuna
donna è mai stata guardata così. Nemmeno Barbara nei suoi volgari
spettacoli.
Solo ora mi
ricordo che non hai mai posseduto una donna e che forse non sai cosa
fare.
Percepisco la tua paura di fare qualcosa di sbagliato e la necessità di
essere
guidato. Senza distogliere lo sguardo dai tuoi occhi celesti, ti prendo
le
mani. Ne bacio i palmi, e poi li porto sui miei seni. E di fronte alla
tua
incertezza, ti chiedo, ti supplico di toccarmi. Vorrei essere formosa
ed
eccitante come Barbara, ma i tuoi occhi ed il tuo tocco mi dicono che
ti basto
così come sono. Mi accarezzi il petto attraverso il cotone, e solo la
tua bocca
soffoca il mio gemere.
Quando le
tue mani prendono confidenza con tutte le forme del mio corpo, ti
slaccio i
pantaloni per incontrare la tua eccitazione. Ma la tua mano mi ferma,
stringendomi delicatamente il polso.
“Voglio…voglio
entrare dentro di te...ti prego…Marlena…”
Mi preghi. Mi preghi? Non
devi pregare per
qualcosa che è già tuo, Jacob. Aspettavo questo momento dal giorno in
cui ti ho
visto, quando timidamente hai sbirciato all’interno della tenda. Già lì
mi sei
entrato dentro. E voglio che tu lo faccia, di nuovo, con il mio corpo,
con il
tuo corpo.
Mi alzo e ti
tendo una mano. La afferri, continuando a fissarmi negli occhi. Quando
giungiamo davanti al letto, ti sfilo completamente la camicia e faccio
scivolare in basso i tuoi pantaloni. Dio…quanto sei bello, Jacob. Sei
più un
dio che un uomo. Dovresti essere tu, l’attrazione principale del nostro
circo.
Tu saresti sufficiente a rendere davvero lo spettacolo dei Fratelli
Benzini il
più strabiliante del mondo. E stento a credere che tutta questa
bellezza sia
mia e solamente mia.
Ti stringo
le spalle e chiudo gli occhi, mentre slacci la cerniera del mio
vestito,
tenendo le labbra premute contro i miei capelli. Tu sei troppo bello
per me, ma
quando da sola mi spoglio di tutto il resto, e guardo i tuoi occhi
percorrere
tutto il mio corpo, mi chiedo se io lo sia abbastanza per te…La verità
è che mi
stai guardando esattamente come io sto guardando te, e questo mi dà
forza, e mi fa sentire bene, e
bellissima.
Allora mi
siedo sul materasso e mi spingo indietro, in modo da poterci sdraiare.
Allungo
le braccia, per incoraggiarti a raggiungermi, perché il tuo calore già
mi
manca. Mentre gattoni sul letto, dischiudo le gambe per accogliere il
tuo
corpo. Le mie braccia si stringono attorno al tuo collo. Ti sento
tremare, come
se avessi freddo. Hai lo sguardo impaurito, come se non sapessi cosa
sta per
succedere, o come se non sapessi in che modo farlo succedere. La
tenerezza del
tuo sguardo m’invoglia a spiegartelo, ma non saprei come fare. Ti
accarezzo di
nuovo una guancia, per cercare di tranquillizzarti. Andrà tutto bene,
amore
mio. Non mi farai del male. Tu non mi farai mai del male.
Ed
improvvisamente, ti sento. Affondi dentro di me, senza nemmeno sapere
come. E
quasi gridi, mentre io sorrido. Ed inizia a muoverti. Ed io accolgo
ogni tua
spinta. E sei bravissimo. E ti senti un uomo. E mi sento una donna. E
sei mio.
Ed io sono tua. Ed è bellissimo. E sei
bellissimo. E vieni dentro di me. E vengo attorno a te. E mi stringi. E
ti
stringo. Più forte, sempre più forte, come se volessimo ingoiarci a
vicenda.
Resti steso
sopra di me, con il viso affondato nell’incavo tra il mio collo e la
mia
spalla. Ti accarezzo i capelli e ti bacio la nuca. Respiri a fatica, e
sento il
tuo cuore battere impazzito proprio sopra il mio. E’ stata la tua prima
volta,
amore. Vorrei poter dire lo stesso per me, anche se con te è stato
talmente
bello da farmi dimenticare tutte quelle volte che mi sono concessa ad
August esclusivamente
per dovere coniugale e per paura delle sue reazioni.
Quando il
tuo respiro si fa regolare, il tuo corpo scivola accanto al mio. Mi
guardi
dolcemente, mentre le tue braccia mi tengono stretta, al sicuro.
Perché,
nonostante i lividi e le ferite sui nostri volti, ho la sensazione che
accanto
a te non potrebbe succedermi nulla di male?
Intreccio le
dita della mia mano alle tue, e ne bacio i polpastrelli. Mi sorridi e
ti
sorrido. Restiamo così in silenzio finché non cala il buio. Incrocio le
mie
gambe con le tue e senza preavviso inizio a raccontarti ogni cosa dei
miei
ultimi quattro anni di vita. E i ricordi non mi spaventano, perché
sento le tue
mani tra i miei capelli, sulle mie spalle, lungo le mie braccia. Le tue
carezze
dolci mi danno conforto e protezione. Ed un amore che non pensavo
potesse
esistere. Ti confesso ogni cosa, di quanto è stata dura, di quanto ho
sofferto
e di come mi sono abituata. E di come il tuo arrivo mi abbia costretta
ad
ammettere che non potevo andare avanti così.
Quando alla
fine non ho praticamente più fiato, premi le labbra contro la mia
fronte e
cominci a parlarmi. Mi racconti di quando eri bambino e di quanto
adoravi il
dolce alle albicocche di tua madre, ed immediatamente decido che devo
assolutamente imparare a cucinarlo. Mi racconti di quando hai iniziato
ad
accompagnare tuo padre a visitare gli animali e di quanto lui fosse
orgoglioso
della tua ammissione alla Cornell. Mi racconti di quando hai creduto di
essere
innamorato della tua compagna di studi Catherine, senza nemmeno
lasciarmi il
tempo per ingelosirmi, perché subito puntualizzi che quando mi hai
incontrata
hai capito che lei non era niente. Mi racconti del signor McPherson che
ha
sventuratamente causato l’incidente dei tuoi genitori, della banca che
ti ha
lasciato senza casa, della crisi che hai avuto durante l’esame e di
come sei
scappato via.
Ci
addormentiamo l’uno nelle braccia dell’altro, e per la prima volta dopo
tanto
tempo, riesco a dormire sonni tranquilli.
Il mattino
dopo, appena svegli, ti prendo la mano e guido le tue dita nella mia
intimità.
T’insegno ad amarmi e sei un allievo eccezionale ed intraprendente, ed
impari
talmente in fretta che a tratti dubito che io sia la prima donna con
cui fai
l’amore. Mi lasci senza fiato, quando con le labbra percorri tutto il
mio
corpo, il mio collo, il mio seno, la mia pancia, tra le mie gambe,
arrivando a
darmi una forma di piacere che non avevo mai provato. Poi entri ancora
dentro
di me, stavolta con più sicurezza e decisione, ma sempre con una
dolcezza che
mi toglie il respiro. Invochi il mio nome, mentre insieme raggiungiamo
l’apice.
E quasi mi spaventa il fatto che amarti diventi ogni volta più bello.
Mi
accoccolo contro di te, desiderando di essere più piccola solo perché
le tue
braccia possano stringere tutto il mio corpo e non solo la vita.
Esausta e
felice, mi addormento ancora con il ritmo lento del tuo respiro tra i
miei
capelli.
Mi sveglio
di soprassalto, come se nel sonno mi fossi resa conto che avrei dovuto
aprire
gli occhi subito. Vengo invasa immediatamente da una forte ansia,
l’ansia del
ritardo. Sento il tuo braccio che mi circonda la vita, e perdonami se
non mi
curo di svegliarti quando bruscamente mi alzo a sedere. Afferro il tuo
orologio
sul comodino e le mie paure si rivelano fondate quando scopro che da lì
a un
ora sarei dovuto entrare in scena.
“Oh no!”
grido, balzando fuori dal letto.
“Che c’è?
Che succede?” domandi con la voce arrochita dal sonno, mentre ti
strofini gli
occhi con il dorso della mano come il più dolce dei bambini.
“E’ già
mezzogiorno! Devo tornare al treno…fra un’ora inizia lo spettacolo!”
Corro in bagno
e chiudo la porta, ma solo quando apro il rubinetto del lavandino mi
accorgo di
aver lasciato tutti i vestiti di là. Torno in camera e raccolgo tutto
frettolosamente. “Marlena,
fermati un secondo” mi chiedi, mentre ti infili i pantaloni.
“Non posso
Jacob, devo andare in scena!”
Indosso il
vestito alla bell’e meglio ed inizio a lottare con le calze. Mi fermo
solamente
quando sento la vicinanza del tuo corpo e le tue mani posarsi
delicatamente
sulle mie spalle.
“Marlena,
per favore”
La tua voce
è perfettamente rilassata, in contrasto con la mia agitazione. Eppure
il tuo
tocco è sufficiente a infondermi calma. Ma cosa mi hai fatto, Jacob
Jankowski?
Sono totalmente dipendente da te.
Mi volto
lentamente, e non riesco a guardarti negli occhi perché mi sento
stupida e
ridicola. Fisso il pavimento, concentrandomi sullo spettacolo dei
nostri piedi
così vicini. Ti sento sospirare, come se ti stessi preparando per un
discorso
importante.
“Marlena,
ascoltami…ieri…ieri hai detto che hai bisogno di me. Non…non hai mai
parlato di
amore, perciò io posso sapere solo quello che sento io…”
Fai una
pausa, ed il mio cuore è come se precipitasse. Non lo sento più. Solo
la tua
voce potrebbe farlo tornare a funzionare correttamente. Perché, come
tutto il
resto, il mio cuore è tuo, e mai come in questo momento, è in mano tua.
“Ti amo,
Marlena. Ti amo con tutto me stesso e voglio stare con te.”
Continuo a
fissare il pavimento, i nostri piedi. Mi hai detto tutto ciò che avevo
bisogno
di sentire, ed io imperterrita continuo a fissare il pavimento.
Perdonami
Jacob, è che tu, oltre al respiro, mi togli anche le parole ed ho la
sensazione
che nessuna di queste sia appropriata a risponderti.
“Marlena?”
Mentre mi
chiami, i miei occhi si inumidiscono ancora. Ma stavolta non è il
dolore. No.
Stavolta è la felicità, straripante come un fiume in piena. E non posso
trattenermi ancora, trovo il coraggio e sollevo il mento. Il tuo viso è
sempre
la cosa più bella che io abbia mai visto.
“Anche io ti
amo, Jacob. Ti amo dal primo momento in cui ti ho visto...”
Le tue
labbra si tendono in un sorriso meraviglioso, un sorriso che ricorda
tanto il
sole d’estate, forte, luminoso e caldo. E mi dispiace dover rovinare
questo
momento, ma l’essere ansiosa fa parte integrante del mio essere.
“Ma
Jacob…non capisci? Io sono sposata.”
“Rimedieremo.”
“Ma…”
“Ma niente,
Marlena. Ti amo, voglio stare con te. Se anche tu lo vuoi, troveremo
una
soluzione.”
Nei tuoi
occhi c’è una tale decisione, un tale amore che non posso fare a meno
che
arrendermi. E ciò che mi stupisce, è che ancora tu abbia dei dubbi su
quello
che voglio.
“Jacob…non
c’è niente che ho desiderato di più in tutta la mia vita.”
Stavolta non
sorridi. Stavolta dischiudi le labbra, mi prendi il viso tra le mani e
mi baci.
E nelle tue
labbra, io lo so, che troveremo il modo.
Io lo so,
che tutto si aggiusterà.
Io lo so,
che noi due staremo insieme, che ci sposeremo, che avremo dei bambini,
dei
nipoti.
Io lo so,
che invecchieremo insieme e moriremo insieme.
E
soprattutto io lo so, che vivremo insieme.
Perché senza
di te, Jacob, io non posso più esistere. |