Me and the dragon can chase all
the pain away.
So before I end my day,
remember…
My sweet prince, you are
the one
My sweet prince
you are the one
Placebo, My Sweet Prince
Conosceva quel luogo, ne era certo...
Sotto i suoi piedi, il suolo era duro e freddo, come camminare sulla
pelle di un gigantesco serpente. Poteva sentire l'eco dei suoi passi
echeggiare da un capo all'altro della radura, spettrale e
malinconico…come se il paesaggio non fosse già
stato abbastanza spaventoso di suo...
Con una mano si strinse il bavero della camicia, mentre attorno a lui
gli alberi – ma erano davvero alberi? – si
contorcevano immobili verso il cielo verdognolo e malato.
Deglutì, e per l’ennesima volta si
ritrovò a considerare una ritirata strategica.
Ma sapeva che non se ne sarebbe andato. Qualcosa dentro di lui lo
spingeva ad addentrarsi sempre più tra gli alberi,
là dove la luce di quel sole pallido non entrava, oltre
quelle spaventose statue di draghi crollate l’una
sull’altra, a formare una specie di arco…
D’un tratto l’aria attorno a lui si fece
così gelida che potè scorgere il proprio fiato
uscirgli dalla bocca. Si avvolse il petto con le braccia, cercando di
mantenere la calma mentre si riscaldava con movimenti febbrili delle
mani.
Non sapeva come era finito lì, né
perché, e il freddo gli si insinuava nel corpo come mille,
invisibili aghi…ma doveva andare avanti, superare le statue
e poi…
E poi lo vide.
Una specie di enorme bozzolo, non dissimile da altri che aveva visto
tante volte durante i suoi viaggi. Solo che questo non era fatto di
ragnatele… piuttosto era simile a vetro opalescente,
pulsante di una luce azzurrognola.
Si avvicinò con cautela al bozzolo, mentre il freddo si
faceva sempre più pungente ad ogni passo…o era la
paura a farlo tremare a quel modo? Chissà…
Da vicino, si rese conto che non era vetro, ma una sostanza appiccicosa
e viscida, come una pelle trasparente, ricoperta di brina. Tra un
bagliore e l’altro, riusciva a scorgere una figura
all’interno…
Una figura umana.
Ubbidendo ad un istinto non suo, allungò una mano verso il
bozzolo, cercando di rimuovere dalla superficie un po’ di
ghiaccio, per vedere di chi si trattasse…
Con un grido soffocato, si gettò all’indietro,
terrorizzato, cadendo di peso sul suolo verdognolo.
Ogni fibra del suo essere vacillò, nel scorgere il volto di
suo fratello.
Ma no, non poteva essere…
L’uomo all’interno del bozzolo era magro e
macilento, più uno spettro che una persona…privo
di forze, esausto e sofferente…
No, non poteva essere Prometheus!
Non il grande, potente, inarrestabile mago Prometheus.
D’un tratto, l’essere spalancò un
occhio, l’altra metà del volto ancora coperta
dalla brina.
“A…Ali…stair…”
Quella voce…
Il cavaliere scattò in piedi, impalato lì come
una statua, incapace di proferir parola, cosa che di solito gli
riusciva anche troppo bene.
Creatore, quanto era debole e roca quella voce…ma era la
sua, non c’era dubbio…
“Ti…ti prego…”
Cosa? Cosa devo fare?
Le parole gli morirono in gola mentre si sentiva trascinare
via…
Con un’ultima smorfia di dolore, la creatura nel bozzolo
biascicò un:
“Uc…ci…di…mi…”
“PROMETHEUS!”
Si svegliò di soprassalto, cadendo dal letto con un tonfo.
La testa gli doleva da morire, e il pavimento non era certo il luogo
migliore su cui sbattere la faccia, così di primo
mattino…ma ormai doveva esserci abituato.
Si tirò a sedere sul letto, scalciando via le coperte con
rabbia. Si prese la testa tra le mani, cercando di riordinare le idee.
No, non poteva andare avanti così.
Era passato circa un anno da quell’orribile notte.
Oh certo, era stata una liberazione, tutto quello che
volete…l’Arcidemone era morto, il mondo era salvo,
e lui aveva evitato per un soffio di diventare re, quindi
hurrà, evviva la monumentale botta di culo…
Ma, alla fine dei conti, lui e i suoi compagni avevano perso
più di quanto avessero guadagnato.
Prometheus non c’era più, e tutti loro avevano
perso la strada…
Zevran se n’era tornato ad Antiva, furioso e addolorato (come
poteva essere in collera con un morto? Oh, in fondo lo capiva, lo era
anche lui…un pochino), deciso a sterminare i Corvi nella
loro tana prima che loro sterminassero lui. Si era anche offerto di
accompagnarlo (sapeva quanto Zevran e Prometheus fossero stati legati,
e in fondo non se la sentiva di restare a Denerim dopo…tutto
quello che era successo), ma l’elfo l’aveva
bellamente mandato a quel paese, per usare un eufemismo. Non aveva
insistito, conosceva Zevran abbastanza da sapere che un
“no” detto da lui era davvero un
“no”.
Wynne aveva accettato una posizione a corte, come consigliera della
casa reale riguardo le questioni magiche, ma ben presto sarebbe partita
alla volta di Tevinter, per aiutare Shale a riacquistare la sua
mortalità…non l’avrebbe mai creduto
possibile, ma a quanto pare qualcuno aveva toccato quel cuore di pietra
nel profondo.
Sorrise a fiori di labbra, mentre si lasciava cadere sul letto.
Già, Prometheus faceva quell’effetto…
Leliana era tutta presa a scrivere una ballata eroica sulle loro
imprese, ma Alistair sospettava che fosse solo un altro modo per non
pensare ad un futuro in cui tutti loro sarebbero stati di nuovo da
soli…inoltre, disgrazia delle disgrazie, la giovane aveva
preso alla lettera la richiesta formulata da Prometheus, nella sua
ultima lettera…
Già, la
lettera…
…e non aveva mai smesso di cantare. Ormai rispondeva persino
cantando, come fosse stata un Cantore…solo che lei non
ripeteva il Canto della Luce, ma musicava frasi di tutti i giorni, tipo
“Volete cortesemente passarmi il pane, Alistair?”.
Parola, le avrebbe tanto volentieri strappato le corde vocali!
Oghren fortunatamente non aveva preso il consiglio alla lettera. Dopo
essersi elevato nei massimi gradi dell’esercito del Ferelden,
ed aver rinunciato (o almeno così diceva)
all’alcool per sempre, stava per diventare
padre…voci di corridoio nelle caserme sostenevano che
avrebbe chiamato il bambino come “l’uomo che gli
aveva cambiato la vita”… Scherzando, spesso
Alistair gli chiedeva se “Zevran” non fosse un nome
troppo esotico per un piccolo nano. Si era quasi beccato una martellata
in testa, e un paio di volte ne era uscito con un occhio nero, ma la
faccia che aveva fatto Oghren era valsa il rischio.
“Oghren, se
vuoi portarmi a letto devi solo chiedere…”
“Cosa?!
Sfodera la tua arma e ripetilo, se hai il coraggio!”
Ah, i bei vecchi tempi! Lui e Prometheus avevano riso fino
alle…
Comunque, Sten se ne era tornato tra la sua gente, senza salutare
né niente…il cane lo aveva seguito, e Alistair
non sapeva se sentirsi offeso o sollevato. Beh, c’era di
buono che la sua armatura non avrebbe più rischiato di
essere ridotta a brandelli da quel botolo bavoso e dai suoi denti
pericolosamente aguzzi…
“Il tuo botolo
mi ha morso, guarda!”
“Bravo cane!
Dai una lezione a quello sciocco di Alistair!”
“Hey!”
…come già era successo in passato.
E, dulcis in fundo, c’era lui.
Dopo aver incontrato gli altri Custodi da Orlais, aveva deciso di non
seguirli alla tomba di Prometheus…faceva ancora troppo male
vederlo così, immobile e freddo…
“Lascia che
sia io…”
“Non posso
lasciartelo fare, amico mio… mi
dispiace…”
Scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri, e
guardò fuori dalla finestra accanto al letto.
Una fitta coltre di neve ammantava di bianco il mercato di Denerim,
mentre i passanti si affrettavano verso la chiesa per la funzione del
mattino. I mercanti, avvolti in pesanti mantelli, stillavano al vento
le loro merci, incuranti del freddo pungente e degli sguardi torvi dei
templari fuori dalla chiesa (in teoria, commerciare nel giorno dedicato
al Creatore era considerato alla stregua di una bestemmia, ma uno
stomaco vuoto non sente ragioni…o meglio, religioni!).
Dopo essersi dato mentalmente del cretino per quell’orribile
battuta, Alistair si alzò e prese a vestirsi.
Il quartier generale gli aveva offerto la carica di Comandante Custode
presso la nuova fortezza di Amaranthine, e sebbene dapprincipio avesse
rifiutato, alla fine si era deciso ad accettare l’incarico.
Sarebbe partito da lì a qualche mese, per diventare il nuovo
arl. Nel frattempo, Anora gli aveva concesso (di malavoglia) di restare
alla reggia, giusto per far vedere che la regina del Ferelden non
portava rancore a nessuno, nemmeno all’assassino di suo padre
(per quanto l’uomo fosse stato un bastardo assoluto).
Sbuffò piano, mentre s’infilava la camicia.
Lui non era tipo da comandare…odiava l’enorme
responsabilità delle vite di altri (a mala pena riusciva a
prendersi cura di sé stesso!), e il terrore di fare le
scelte sbagliate lo attanagliava alla gola ogni volta che ci pensava.
Ma…
…sii il
Custode Grigio che io non ho potuto essere…
Già.
Sempre quella maledetta lettera.
Dopo essersi infilato i pantaloni, si diresse alla scrivania, e
aprì il primo cassetto, estraendone una pergamena
spiegazzata e ingiallita.
Ancora sentiva il petto farsi pesante, ogni volta che la toccava, e le
lacrime premevano prepotenti per uscire. Si fece forza, e la
dispiegò davanti agli occhi.
Ormai l’inchiostro era quasi del tutto sbavato…a
dispetto di tutto, su quella lettera ci aveva pianto più di
quanto non potesse ammettere, perfino a sé stesso.
L’occhio gli cadde sulle maiuscole, ricordandogli nomi,
luoghi, frasi…
…persone…
Sentì ogni muscolo del corpo contrarsi d’ira nel
leggere il nome di una certa persona.
Morrigan.
Dovette fare un enorme sforzo su sé stesso per non strappare
la pergamena.
E dire che era trascorso un anno…ormai gli doveva essere
passata.
Ma no, non questo…questo non passa.
Questa è una ferita troppo profonda.
Sospirando, aprì il palmo della mano destra, dove ancora,
nonostante le cure di Wynne, si stagliava la famosa cicatrice. La
cicatrice che gli aveva procurato un fratello, in tutti i sensi.
Sorrise a fior di labbra.
Fratello…
“Uc…ci…di…mi…”
No, davvero non poteva andare avanti così.
Da sei mesi quel sogno – sempre lo stesso, dannato sogno
– tormentava le sue notti. L’Oblio, quel luogo
orribile nel quale aveva rischiato di perdersi senza ritorno, era
tornato a torturarlo. E si era portato dietro un’immagine
più terrificante di qualunque sorella demoniaca.
Quella di un fratello in trappola.
Perché lui poteva sentirlo.
Avvertiva la sua disperazione, sentiva il suo dolore, come se fosse
reale…
Un pensiero gli attraversò il cervello come un fulmine.
E se fosse reale?
Sei mesi…diamine, non poteva essere una coincidenza! Non
poteva essere il senso di colpa…
Beh, non poteva essere solo il senso di colpa…
E se…
E se Prometheus fosse stato davvero…
Scosse il capo. Era ridicolo! Prometheus era morto, e niente avrebbe
potuto riportarlo in vita, né tutte le preghiere del mondo,
né tutti i sogni allucinati sull’Oblio.
Raccolse la sua camicia da notte dal pavimento, cercando di scacciare
quei pensieri sciocchi e futili…Ah, Alistair,
perché non riesci a cresc…
Si fermò di colpo, reggendo la camicia a mezz’aria.
Dietro, all’altezza del sedere, un’enorme macchia
di terra verdastra insozzava la stoffa altrimenti bianca.
La gettò via come se scottasse, indietreggiando in preda
alla confusione più nera.
Quella macchia non c’era la notte prima, poteva
giurarlo…ma in teoria niente dell’Oblio dovrebbe
restare nel mondo reale…
Prese la spada di Duncan accanto al letto, e con la punta smosse con
cautela la camicia da notte, come se avesse potuto animarsi e
attaccarlo di sorpresa.
Niente.
La macchia restava.
Si mise una mano tra i capelli, scoprendosi sudato fradicio.
Ma allora…
Rinfoderò in fretta la spada, e uscì dalla stanza
come una furia, senza nemmeno infilarsi gli stivali.
Mentre percorreva gli stretti corridoi che separavano le stanze degli
ospiti dai quartieri dei funzionari reali, un solo pensiero gli
rimbombava in testa come un tamburo di guerra.
Non era solo un sogno.
Arrivato avanti alla porta che cercava, la tempestò con una
gragnola di colpi, finchè una voce impastata dal sonno e
palesemente irritata gli strillò un:
“Arrivo! Arrivo! Chiunque sia là fuori,
farà bene ad avere un buon motivo per disturbarmi a
quest’ora, altrimenti mi vedrò costretta a
trasformagli la faccia in un…!”
Wynne, con addosso solo la camicia da notte e uno scialle consunto
sulle spalle, spalancò la porta con malagrazia. Alistair
indietreggiò con uno strillo, spaventato.
L’anziana signora aveva una faccia che la faceva sembrare
più un Abominio che una persona, impiastricciata
com’era da uno strano unguento color malva.
“Maker’s breath! Cos’è quella
roba?” esclamò il giovane, facendo di tutto per
non scoppiare a ridere in faccia alla maga.
“Alistair? – grugnì Wynne, cercando di
focalizzare – Giovanotto, sono le 5 del mattino! Cosa vi
salta in mente di…”
“Wynne – ansimò lui, entrando di
prepotenza nella stanza – mi sono macchiato il
pigiama!”
“E tu mi hai svegliato a quest’ora improponibile
per farmi LAVARE LA TUA BIANCHERIA DA NOTTE!?”
Avvertendo come imminente una palla di fuoco contro la nuca, Alistair
si corresse.
“No! Non avete capito! Ieri notte non c’era! E poi
ho sognato l’Oblio! E Prometheus mi ha chiesto di
ucciderlo!”
A quelle parole, la donna si allarmò. Dopo essersi pulita il
viso con un panno, invitò il giovane a sedersi.
“Calma, Alistair, calma…ditemi che cosa
è successo, con ordine stavolta…”
Alistair prese un lungo respiro, e cominciò a raccontare il
sogno. La supplica di Prometheus, il pigiama macchiato, e le statue dei
draghi. Era così preso, che non si accorse subito dello
sguardo condiscendente che gli stava rivolgendo l’amica.
“Pensate che io sia pazzo, vero? –
sospirò in un sorriso amaro – Non vi do
torto…”
“Alistair, non penso che siate pazzo – disse la
maga, prendendogli le mani tra le sue – Quello che
è successo…ha lasciato un segno indelebile in
tutti noi…e soprattutto in voi, che lo amavate
più di tutti…”
“Hey hey hey, ‘amare’ una parola un
po’ forte, non credete? Non so se ve ne siete accorta, ma io
non sono Morrigan…”
La maga lo fulminò con lo sguardo, e sussurrò a
labbra strette:
“Vi ho detto più e più volte di non
pronunciare quel nome in mia presenza”
Si rese conto di essere andato troppo oltre. Troppo spesso dava fiato
alla bocca senza prima interpellare il cervello. Chinò il
capo, e mormorò una scusa a fior di labbra.
Come se non fosse successo niente, Wynne gli sorrise, materna. Si
alzò, e prese dal comò il bricco della tisana che
abitualmente beveva per conciliare il sonno, e ne versò una
tazza per il giovane. Gliela porse, badando che non gli sfuggisse dalle
mani ancora tremanti.
“A volte…il senso di colpa, i rimpianti, il lutto,
ci portano a pensare…”
“Io non penso niente, Wynne, io so! –
sbottò Alistair, sbattendosi la tazza sulle ginocchia forte
abbastanza da versarsene il contenuto sui pantaloni – Io so
che da qualche parte, Prometheus mi sta chiamando! Lo sento, capite?
Come sento la vostra presenza accanto a me in questo
momento…”
Scattò in piedi, compiendo un ampio gesto a braccia
spalancate.
“…come so di essere qui, ora! Non posso
sbagliarmi, non su questo!”
La donna si limitò a scuotere il capo, costernata.
Alistair abbassò le braccia.
“Forse quello che dite è vero –
concesse, il volto mortalmente serio – Forse è la
colpa che mi guida, forse semplicemente non posso accettare che se ne
sia andato…così…”
Strinse i pugni lungo i fianchi, mentre si mordeva il labbro per
cercare di non piangere.
“…ma anche se così fosse, io ho bisogno
di chiudere questa storia, una volta per tutte.”
Ah, ora poteva dirlo…finalmente saltava fuori.
“Non ne posso più di sentirmi in
colpa…non ne posso più di sentirmi
così…dannatamente…inutile…”
Ti prego, non
piangere…
“…solo…”
L’ho lasciato
solo…
Stavolta no.
Si avvicinò alla donna, sfoderando i suoi migliori occhioni
da cucciolo, (quelli che per tutto il loro viaggio erano stati la sua
arma segreta, infallibili per farsi rammendare ogni singolo abito del
suo guardaroba).
“E per farlo, ho bisogno del vostro aiuto –
piagnucolò con la voce più infantile ed indifesa
che riuscì a fare – per favore, Wynne?”
Seppe di avere la vittoria in tasca, non appena vide la maschera di
perfetta compostura sul volto di Wynne sciogliersi davanti alle
richieste del suo adorato bambinone. Dentro di sé
scoppiò in una risata malvagia. Eccellente!
“Alistair, caro, non so se…”
Il labbro tremulo fu il colpo di grazia. Tutti i consigli che la maga
stava per proferire riguardo alla gestione del dolore e tisane
d’erbe medicinali vennero spazzati via da quel faccino (di un
uomo sulla trentina e con la barba, precisiamo) sull’orlo del
pianto. Rassegnata, si arrese.
“Cosa posso fare per aiutarvi?”
Un sorriso di trionfo si allargò sul volto del cavaliere.
“Fatemi entrare nell’Oblio”
“COSA?!”
Ah, il farabutto!
“Oh no no no no, assolutamente no!”
“Perché nooo?”
“Attento, giovanotto, non ci casco due volte!”
“Ok, ma la domanda resta! Ora il Circolo è
indipendente, non dovrebbe essere difficile per voi organizzare la
cosa…”
“Proprio per questo! – protestò la maga,
assumendo il suo solito piglio da maestrina – Ora che il
Circolo non è più sotto il controllo della
Chiesa, dobbiamo essere più cauti che mai! Questo
è un dono che ci è stato fatto, e se i templari
dovessero venire a sapere che autorizziamo arbitrariamente viaggi
nell’Oblio da parte di non-maghi, ci piomberebbero addosso
col Diritto di Annullamento così in fretta che non faremmo
nemmeno in tempo a dire ‘lyrium’!”
“Basta che i templari non lo scoprano, no?”
“Oh certo, una cosa da niente! Siamo circondati dalle spie,
per esempio quella Keily…insopportabile ottusa
bigotta…”
Alistair ricordava la ragazza…Prometheus la chiamava
“la tizia pazza con la Chiesa su per il didietro”.
“…ci sono un sacco di maghi convinti che stiamo
sbagliando ad allontanarci dall’occhio vigile della Chiesa, e
non aspettano altro che un nostro passo falso per…”
“Ok ok, il concetto mi è chiaro – la
fermò Alistair, passandosi una mano dietro alla nuca in
preda allo sconforto – Ma io devo farlo,
Wynne…”
La donna lo guardò. Era davvero deciso. Aveva una luce negli
occhi che non gli aveva più visto da un anno a quella
parte…aveva quasi creduto che si fosse spenta per sempre.
La speranza.
“…glielo devo…”
“E forse anche io glielo devo – ammise la donna
– lo devo ad entrambi i miei Custodi
Grigi…”
Alistair sollevò il capo, sbigottito.
“Allora… - sorrise, raggiante – allora
mi aiuterete?”
Wynne d’un tratto si fece attenta. Si accostò alla
porta e l’aprì, per controllare che non ci fosse
nessuno ad ascoltarli. Poi rientrò nella stanza, e gli si
avvicinò.
“Non posso chiedere ad Irving di correre un simile rischio, e
d’altro canto dubito che accetterebbe – gli
sussurrò all’orecchio – soprattutto da
quando ci siamo trasferiti nella nuova Torre…”
E, ancora più piano, tanto che Alistair dovette fare uno
sforzo per sentire:
“…ma la vecchia Torre del Circolo è
ancora lì…”
Il volto di Alistair si illuminò di colpo.
“…e ci sono ancora tutti gli
strumenti…”
“Oh, non siate sciocco, certo che no! Ma ho sentito che
alcuni maghi del Collettivo, in gran segreto, ne hanno fatto la loro
nuova base delle operazioni…”
Il Collettivo dei Maghi.
Non si fidava di loro. Li avevano aiutati durante la campagna militare,
ma alcuni di quegli incarichi…non erano stati esattamente
edificanti.
Inoltre, aveva imparato fin troppo bene quanto fossero pericolosi ed
infidi gli apostati.
“Lo so, non è soluzione ideale –
aggiunse in fretta Wynne, scorgendo la disapprovazione del giovane
– ma non ci sono segni di maleficarum nella
Torre…ed è l’unica
possibilità che hai di entrare
nell’Oblio.”
“Beh, meglio che niente – ammise il giovane,
dirigendosi a grandi passi verso la porta – Una
possibilità è meglio che
nessuna…è un rischio che sono disposto a
correre…”
…non smettere
mai di sorridere…
Sulla soglia si fermò.
Si voltò verso Wynne, e le sorrise.
“Auguratemi buona fortuna, Wynne.”
Detto ciò, se ne andò, chiudendosi la porta alle
spalle.
La donna si lasciò cadere sulla sedia.
Fu felice di scoprire che il sorriso contagioso di Alistair viveva
ancora.
“Buona fortuna, Custode Grigio”
Eccoci qua! ^_^
Sono rimasta estasiata dalle recensioni alla mia prima one-shot, non
credevo che una robetta scritta di getto potesse essere
apprezzata…ringrazio tutte le deliziose fanciulle che hanno
avuto la pazienza di leggerla (e che non si sono fatte venire la
depressione cronica nel farlo XD). Così, ho deciso di
riprendere le fila del discorso, portando avanti una fic incentrata su
Alistair e il suo rapporto col mio Custode (NON E' SLASH NE' YAOI, la canzone serviva a rendere l'atmosfera, e inoltre vi segnalo che le canzoni con cui apro i capitoli aiutano a dedurre lo sviluppo narrativo, se non il finale). Scusate se ogni tanto
troverete dei termini in inglese, ma ho sempre giocato senza
sottotitoli e mi sono abituata alla terminologia, spero che mi farete
della critica costruttiva se qualcosa non dovesse andare (mica mi
offendo, eh? Io allevo i bronto in cantina mica per aizzarli contro ai
critici…ehm… XD). Ho ritenuto di doverlo fare
prima di introdurre la mia innamoratissima Anya, e prima di elaborare
il mio testo teatrale/musical sugli avvenimenti di Awakening
(sì, sono pazza, MWAHAHAHAHA)…
Ah, il titolo! È preso da una canzone che ho sempre trovato
perfetta per Alistair, soprattutto mi sono ispirata a questo stralcio:
Perchè è in questo tuo vagare
Che risposte troverai
Sarai tu sulla montagna
E tu che in cima andrai
Phil Collins, Son of Man, Disney's Tarzan Original Soundtrack
Già, sono una fan della Disney, spero che non vi crei dei
problemi (occhio al bronto, eh?)
Alla prossima! ^_^
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