EVASIONE
Le dita
scivolano rapide sulla tastiera premendo tasti, componendo frasi,
registrando sull’hard-disk un flusso infinito di dati.
Una moltitudine di nozioni che, come piccole tessere di un puzzle, andranno
a sciogliere l’arcano di quel caso criptico che va
oltre ogni umana comprensione.
Ma in questo momento i gesti sono guidati più
dall’abitudine che da un concreto impegno. La mente naviga
altrove.
- Aizawa-san, potrebbe per favore… -.
La frase, pronunciata con poca convinzione e lasciata cadere a
metà, si dissolve nel salone della lussuosa suite pervasa
dall’apatia della sera inoltrata, dallo scoramento scaturito
da giorni di indagini ininterrotte che sembrano non portare a nulla.
- Hai detto qualcosa, Ryuzaki? – chiede il poliziotto
interpellato, emergendo da dietro una pila di scartoffie.
- No, non importa -.
Già, meglio lasciare perdere. A cosa servirebbe persistere
in quel vano tentativo di ingannare sé stesso fingendo di
riuscire a dedicarsi al lavoro?
La verità è che la concentrazione si è
presa una vacanza, oggi. E i suoi ragionamenti fanno cilecca. A quanto
pare, una cosa del genere può capitare anche a lui.
Forse è a causa della singolarità del caso Kira.
Questa volta non basta analizzare la situazione dall’esterno
come è sua abitudine fare, ben protetto nella sua corazza di
anonimato, manovrando dall’alto i fili dei suoi collaboratori
come se fossero burattini. Le circostanze, per la prima volta,
l’hanno costretto a scendere in campo personalmente e ad
esporsi mettendo in pericolo la propria vita…
Le circostanze? E’ andata proprio così?
No, non può liquidare la faccenda dando la colpa al destino.
Si è trattato di libero arbitrio; è stata una sua
decisione anticipare il proprio avversario, prendendolo di sorpresa per
non rischiare di perdere. Ma forse ha osato troppo, e la conseguenza
é l’impressione che la situazione gli stia
sfuggendo di mano. Ora il paragone con l’essere diventato lui
stesso una pedina, al pari di tutti gli altri, è fin troppo
calzante. E, come tale, può essere sacrificato per
proseguire la partita.
Ha paura? E’ la paura che blocca il filo dei suoi
ragionamenti? Sarebbe un motivo valido, ma la sensazione di L
è che sia tutto l’opposto: è
l’eccitazione di aver finalmente trovato un avversario alla
sua altezza, per il quale è disposto a rischiare il tutto
per tutto. Questo caso non si può ridurre a un mero
assemblaggio di indizi. Kira gli sta stravolgendo tutte le certezze e i
metodi di indagine. Avere un antagonista che riesce a metterlo in
difficoltà fino a questo punto è stimolante. E
lui per batterlo dovrà mettercela tutta, per soddisfazione
personale e per un singolare, bizzarro senso di reciproco rispetto
verso quell’assassino che gli sta dando del filo da torcere.
Sotto questo punto di vista anche la paura della morte, assurdamente,
diventa un elemento nuovo ed entusiasmante. Un fattore indispensabile
per dare ancora maggior risalto alla partita.
E qui gli si presenta un paradosso: se è Kira la fonte di
tanta eccitazione, allora la causa della distrazione odierna scaturisce
dal fatto stesso di lavorare a quel caso. Le due cose vanno di pari
passo.
Se così é, come farà a tornare a
ragionare con la consueta freddezza e non rischiare di venire ucciso
per un passo falso?
Inutile approfondire, ha la mente troppo confusa perfino per analizzare
il proprio stato d’animo. Non si sta facendo
nient’altro che un mucchio di inutili seghe mentali,
sprecando tempo prezioso. Forse avrebbe davvero bisogno di concedersi
qualche ora di sonno.
O forse...ha solo bisogno di lei.
Dannazione, non doveva pensarci! Questo era proprio
l’unico pensiero da evitare.
Ecco, ora non riuscirà più a togliersi dalla
mente quel corpo sinuoso, la testolina scura, il nasino piccolo e ben
disegnato, gli occhi misteriosi e impenetrabili che ogni volta sembrano
canzonarlo, quegli atteggiamenti pretenziosi da primadonna che tuttavia
riescono a stregarlo...
L si guarda intorno; troppo preso dai propri ragionamenti, solo ora
realizza che ormai è notte fonda. Nel soggiorno buio della
suite rischiarata dalla luce statica dei monitor non sono rimasti che
lui e Matsuda-san, addormentato sul divano nel bel mezzo del tentativo
di portare a termine la lettura di un interminabile tabulato.
Ha bisogno
di vederla. Un bisogno fisico.
Se approfitta di questo momento per andare da lei, ha l’85%
di possibilità che nessuno si accorga della sua momentanea
assenza. E, dopo qualche momento passato in sua compagnia,
potrà sicuramente tornare a dedicarsi al lavoro con la mente
di nuovo lucida.
Si alza dalla sedia girevole e, avvantaggiato dai piedi nudi, si avvia
silenziosamente verso la camera da letto che non ha mai utilizzato.
Almeno, non per dormire.
Chissà se lei starà dormendo? No, impossibile.
Era solita bighellonare per tutta la notte, e le abitudini non
scompaiono da un giorno all’altro. Nemmeno quando si affronta
il cambiamento del passaggio da una squallida vita di strada a un hotel
a cinque stelle.
La breve distanza che separa la postazione di lavoro dalla camera da
letto gli dà il tempo di ricordare come l’ha incontrata.
E’ stata una pura casualità.
Quando quella sera,
proprio come questa, ha sentito il bisogno di staccare momentaneamente
dalle indagini e si è preso la libertà di vagare
nei dintorni, non si era assolutamente preparato a
quell’incontro. L’aveva scorta nei pressi di una
viuzza secondaria priva di lampioni, illuminata fiocamente
dall’insegna di uno dei piccoli negozi di alimentari aperti
24 ore su 24 che si trovavano praticamene ad ogni isolato di Tokyo.
Nient’altro che una figuretta smilza, ma dagli occhietti
svegli e furbi. Si capiva che avrebbe voluto entrare nel negozio, ma i
suoi movimenti incerti facevano intuire che probabilmente era
già stata scacciata in precedenza. Non c’era da
stupirsi; così sporca e spettinata, vissuta
chissà dove per chissà quanto tempo, di sicuro
avrebbe potuto permettersi del cibo solo rubandolo.
E, di fame, doveva
averne parecchia perché dopo un po’, nonostante il
timore di essere scoperta, si era avvicinata ancora, titubante, alla
vetrina del piccolo supermarket esponendosi alla luce del neon
dell’insegna. Aveva cominciato a camminare cautamente avanti
e indietro, dando di tanto in tanto un’occhiata
all’interno del negozio, aspettando il momento opportuno per
sgattaiolare di nascosto all’interno.
L aveva potuto studiarla
con comodo. Nonostante l’aspetto emaciato, quella creatura
conservava un’innata eleganza che la vita di strada non era
riuscita a cancellare. Qualcosa di nobile nel suo aspetto
l’aveva irrimediabilmente attirato. Forse era stato catturato
dal suo modo di fare, uno strano connubio di innocenza e malizia. Forse
dalla sua giovane età. O forse dal pensiero un po’
meschino del fatto che, ai suoi occhi, anche il poco che le avrebbe
offerto sarebbe stato allettante come il paradiso, in confronto alle
stradine sudicie in cui era costretta a vivere.
L’aveva
osservata attentamente. Ripulita a dovere, avrebbe potuto essere
perfino graziosa.
Eh?
A cosa aveva appena
pensato? Aveva sentito crescere dentro uno strano desiderio
di…possesso. Portarla con sé, farla sua. E la
cosa più assurda era che aveva assecondato quel desiderio.
Non poteva crederci,
l’aveva fatto davvero!
Si era avvicinato,
allungando cautamente una mano e sfiorandola da dietro per attirare la
sua attenzione. Forse non era stata una mossa azzeccata. Lei, troppo
presa dal profumo di cibo che proveniva dall’interno del
negozio, colta alla sprovvista aveva fatto un balzo voltandosi come una
vipera verso di lui, sulla difensiva. Ma si era ripresa subito. Lui non
aveva un aspetto pericoloso, era abituata a trovare ben di peggio. Le
era bastato guardarlo, ed aveva capito: ecco un altro dei tanti. La
portavano con loro, si divertivano con lei per un po’, e poi
la risbattevano in strada. Qualcuno tentava perfino di farle un bagno o
di metterle uno stupido fiocco. Ma almeno ci guadagnava qualche ora di
calore e un po’ di cibo.
E la fame era tanta.
Aveva studiato
maggiormente l’uomo davanti a sé; dopo tutto, la
mano con cui l’aveva sfiorata aveva un buon odore e non
c’era nulla di brusco nei suoi movimenti. Il suo
atteggiamento era diverso da quello degli individui con cui aveva a che
fare di solito; non tentava di allettarla con false moine, se ne stava
semplicemente lì a guardarla come se fosse stata
lei a dover fare la prima mossa… Forse era
un’esperienza nuova, per lui.
Alla fine, senza
emettere un suono, l’aveva seguito.
L l’aveva
accompagnata al proprio albergo, facendo bene attenzione che gli
addetti al turno di notte non notassero il passaggio
dell’intruso. Sarebbe stato imbarazzante dover dare delle
spiegazioni, anche perché un certo tipo di compagnia era
espressamente vietato in quel posto. Ma il momento peggiore era stato
affrontare l’occhiata sorpresa di Watari, venuto
premurosamente ad accoglierlo all’ingresso della suite. A
quell’occhiata era sprofondato, e contemporaneamente si era
dato dello stupido per il disagio provato in presenza del suo
collaboratore. Dopo tutto cosa c’era di strano, non era
autorizzato a provare anche lui certi impulsi?
Dopo lo stupore del
primo impatto, l’anziano signore aveva sorriso sotto i baffi,
facendosi da parte per farli entrare.
- Potresti ordinare il
servizio in camera? Vorremmo mangiare - aveva chiesto avviandosi con la
sua ospite verso la stanza da letto. - Credo che dei piatti a base di
carne siano più adatti –.
L richiude alle spalle la porta della camera. Qui, il buio è
quasi totale. Non c’è nessuna luce azzurrina di
apparecchi elettronici a fendere l’oscurità della
notte senza luna. Solo il riverbero delle luci artificiali della
metropoli riesce a rischiarare debolmente la stanza, giungendo dal
basso fin lassù, al quarantesimo piano.
Il ragazzo si siede sul letto, cercando di sciogliere la tensione
respirando profondamente. Non può assumere la sua abituale
posizione, non adesso. Non sarebbe comodo per lei, che ama
sedersi sulle sue ginocchia. Ma in fondo non è un gran
problema se le sue capacità deduttive diminuiranno
momentaneamente del 40%. Dopo tutto è venuto qui per
rilassarsi, no?
In quell’oscurità riesce a scorgere appena i
contorni dei mobili, ma la flebile luce probabilmente è
più che sufficiente per la sua ospite. Dove sarà?
E’ sicuro che in quel momento lo stia osservando, magari
compiacendosi del fatto di non essere vista e preparandosi a tendergli
un’imboscata. Anche se a volte sembra altera e distaccata, in
fondo è ancora così infantile…
E l’agguato non tarda ad arrivare. Improvvisamente L si sente
afferrare la caviglia nuda da due zampette vellutate, mentre i dentini
aguzzi prendono a masticare la stoffa dei jeans.
- Eccoti qui! – esclama il detective, mentre uno dei suoi
rari sorrisi gli incurva le labbra.
Tenta di afferrare alla cieca il gattino che, entusiasta di aver
trovato un compagno di giochi, prontamente ingaggia una lotta
all’ultimo sangue con le sue mani, finchè non
riesce ad acchiapparlo e a posarselo sulle cosce. Si stupisce sempre di
quanto sia leggera quella creaturina. Fa scorrere le dita sulla schiena
della micia, soffice e inconsistente come un piumino da cipria. Le
solletica il nasino con la punta di un dito, e le piccole fauci si
spalancano mordicchiandogli allegramente la falange.
Da qualche parte deve aver letto che fare le coccole a un gatto
è un’ottima tecnica di relax. Deve esserci un
fondo di verità, perché già sente la
mente distendersi e le idee tornare al loro posto. Però chi
ha ideato quella teoria doveva avere a portata di mano un gatto adulto;
con un cucciolo che non ne vuole sapere di stare fermo è
tutta un’altra cosa. Infatti, con uno scatto repentino il
gattino è sulla sua spalla, poi sulla sua testa. Sembra che
trovi estremamente interessanti le ciocche corvine del padrone,
più che le sue carezze.
Il ragazzo riesce a districarsela dai capelli e a posarla sulla coperta.
- Ma non hai sonno? E’ tardi! – le dice in un tono
che vorrebbe essere di rimprovero.
Inutile. Quella pallina di pelo nero riesce sempre a scioglierlo.
La micia lo guarda interrogativa per poi lanciarsi
all’attacco della sua manica, avvinghiandovisi felice con
tutte e quattro le zampe.
Ha un sacco di energie, quella pulce! Eppure deve essere stanca:
durante il pomeriggio non è stata ferma un attimo. Per tutto
il tempo il detective ha sentito un tramestio di sottofondo provenire
dalla camera da letto; probabilmente i poliziotti l’hanno
scambiato per i rumori prodotti dalle donne delle pulizie nel corridoio
o nelle stanze attigue, ma lui sa che la causa di quei tonfi sommessi
era la lotta furiosa di un gatto che gioca a fare la pantera con il
topo di pezza.
Afferra la micia per la collottola separandola dalla manica e posandola
nuovamente sulla coperta. Dopo qualche zampata data per gioco alla mano
che cerca di tenerla ferma, finalmente cede alle carezze sedendosi
composta e arrotolando la codina intorno alle zampe. L la gratterella
sotto il mento, e il piccolo felino, socchiudendo gli occhi, gli regala
un ronfare soddisfatto di ringraziamento.
E’ incredibile come la compagnia di quella bestiola riesca a
farlo stare bene.
Il ragazzo si sdraia su un fianco, tirandosela vicino e circondandola
con le braccia. Quel ronfare ritmico contro il petto è
rilassante. Ha il potere di allontanare le preoccupazioni e svuotare la
mente. Con un sospiro beato, L si abbandona finalmente al riposo.
Spazio autrice
Ecco cosa succede quando comincio a farmi delle domande sui personaggi
di Death Note: saltano fuori queste one-shot assurde XD E’
solo che mi sono chiesta: “ma L riposerà qualche
volta? E in che modo?”. E, complici una vignetta di
un manga che sto leggendo in questi giorni e una fanart di cui mi sono
innamorata, sono giunta alla conclusione che avete appena letto (ed
alla quale ho aggiunto, un po’ troppo presuntuosamente,
l’attributo “introspettivo”; ma credevo
davvero di poter entrare nella mente di L? XD ).
I pensieri di L che costituiscono la parte iniziale della storia sono
volutamente un po’ confusi e OOC; ho voluto dare
l’idea di una temporanea “uscita dai
binari” di L per giustificare la sua scelta di prendersi una
pausa. Per come la vedo io, né quei pensieri né
la conclusione sono in sintonia con il carattere di questo personaggio.
Però mi piacerebbe sapere come la pensate : )
Penso che sia scontato, ma a scanso di equivoci tengo a precisare che
questa fanfiction non contiene ASSOLUTAMENTE pairing con animali!!!!
Curiosità: in Death Note il gattino di L esiste veramente.
Non si vede mai per il semplice fatto che è nascosto bene!
Comunque, dopo la morte di L il gattino è stato adottato da
Sachiko ^^
Visto che ultimamente scrivo solo one-shots e non posso ringraziare chi
le recensisce/aggiunge tra i preferiti, lo faccio ora:
grazie a tutti quelli che hanno lasciato una traccia di sé
in “Destino” e “Riflessione”.
Siete stati davvero carini ^^
P.S: accetto lezioni di grammatica e ortografia : )
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