I mesi passarono…
Gidan si ritrovava in trepidante attesa nei corridoi del palazzo,
mentre aspettava il suo compare. L’ultima volta che
tentò di fare quest’operazione da solo si
rivelò un disastro: Garnet che si precipitò a
fionda sul luogo, Steiner che correndo con quell’armatura
rumorosa non faceva altro che aumentare il problema, e Beatrix che gli
inveiva nonostante le sue patetiche scuse. Erano le otto in punto, la
luce della luna che filtrava dalle finestre non sgarrava mai. A una di
queste rimasta aperta, aveva fissato sul corto davanzale una corda con
tanto di arpione fissato perfettamente. Pochi secondi dopo, con un
grande sforzo Blank s’issò sul davanzale e chiese
a voce bassa:
«Dammi una mano no?»
«Non vedi cos’ho nelle
mie?» gli rispose mostrandogli il piccolo fagotto che teneva
delicatamente con entrambe.
«Ah, pensavo che dovessimo prelevarlo
insieme, ma vedo che ti sei avvantaggiato con i tempi.»
«Dopo un’ora e mezza quasi di
osservazione e di ronda un momento favorevole lo trovi.»
«Ma hai usato l’erba sonnina
per caso?»
«Fortunatamente non
c’è stato bisogno. Adesso andiamo, procediamo con
l’operazione.»
«Nome in codice?» chiese Blank
che era fissato con queste stupidate da spionaggio.
«Chiamalo come vuoi.» gli
rispose scocciato facendogli strada. Il piano era arrivare
dall’altro lato del castello facendo un giro parecchio largo
per seminare possibili sospetti e rumori che potevano tradire la loro
presenza. Poiché Blank doveva avanzare per primo per dare il
via libera, era lui quello che rischiava di più nella
situazione, e non Gidan nonostante il suo prezioso carico. I due
Tantarus erano vestiti con dei leggerissimi vestiti di seta e di cuoio,
e non indossavano la benché minima decorazione di metallo.
Indossavano incrociate sul petto, due cinture che contenevano diversi
strumenti da scasso e due pugnali; sulle suole avevano delle
imbottiture di lana così da assicurare il minor rumore
possibile dei loro passi. Partì Blank per qualche passo fino
al primo incrocio e girò a destra, vedendo se nessuno
camminava verso la sua direzione: imboccò il corridoio e
poco dopo fece capolino dal muro dando il segnale di via libera. Fecero
così per altre quattro,cinque volte fino a che mentre faceva
capolino, vide la figura di Steiner avvicinarsi a loro.
«Sta arrivando il samurai!»
esclamò terrorizzato «Che possiamo fare?»
«Dobbiamo tornare indietro e aggirarlo.
Di corsa però, non possiamo farci scoprire.»
rispose risoluto. Tornarono indietro talmente velocemente da trovarsi
alle spalle del cavaliere che camminava anche lui con lentezza.
«Se gira a sinistra, siamo
fregati!» disse Blank, sapendo che la loro destinazione era
dalla parte dove il cavaliere sembrava stare per dirigersi.
«Tutto regolare a destra! A sinistra ho
già controllato, quindi dritto!» parlò
Steiner a se stesso per ricordarsi i giri di ronda che aveva fatto
precedentemente. I due ladri fecero un sonoro respiro di sollievo e
talmente era la loro liberazione che si sedettero a terra per
rifiatare. Gidan ne approfittò per sollevare un lembo del
fagotto per vedere il contenuto.
«Non è una
meraviglia?» disse sorridendo.
«Eh sì. Ora però
andiamo, sennò rischiamo di non incrociare Daga.»
I due ripresero il cammino con la stessa formula e lo stesso andamento
fino a che arrivarono alla porta dell’ufficio di Garnet, dove
stava lavorando da ore. La sorpresa doveva scattare prontamente: quando
si sentiva dall’interno lo stridere della sedia che veniva
riposta sotto la scrivania, era segno che la regina si era alzata.
«Che ora sarà?»
chiese Blank agitato.
«Saranno le otto e dieci. Siamo in
anticipo di qualche minuto. Troppa fretta. Tieni pronto il doppione
della chiave.» ordinò Gidan. Per tutta risposta il
compare si diede una pacca sulla fronte dicendo:
«Per la miseria! Mi sembrava di essermi
scordato qualcosa!»
«Se non avessi le mani occupate, ti
strangolerei: mi spieghi come facciamo ad aprire questa porta senza il
doppione?! Anche se non era perfetto, era l’unica garanzia
che riuscivamo ad entrare senza far rumore!»
«Il rumore lo stai facendo tu adesso,
parla piano!» lo avvisò Blank cercando di
abbassare ulteriormente il tono di voce «Dobbiamo usare gli
arnesi classici.»
«E come facciamo? Io ho in mano questo,
tu devi scassinare e io devo controllare che non arrivi nessuno? Ti
ricordo che se mi vedono scoppia un casino.»
«Ma ‘sta sorpresa a Daga devi
per forza farla entrando nel suo ufficio?»
«Lei l’ha fatto molte volte
quando stavo chiuso in camera io, e alla fine è sempre lei
che si occupa delle faccende del matrimonio. Se glielo faccio vedere
(non pensare a male) gli faccio un piacere. Ma devo aprire
questa porta, se mi esce trovandomi
davanti è capace di farmi una ramanzina per il solo fatto di
averla aspettata! Non le va che le stia esageratamente intorno. So
com’è fatta. Forza allora, mano agli
strumenti.»
Blank assentì e prese dalle due cinture alcuni accessori e
li infilò nella serratura armeggiando cercando di non fare
il benché minimo rumore. La tensione era palpabile, e il
ragazzo dai capelli rosso fuoco sudava da ogni poro. Gidan invece era
tranquillissimo e involontariamente si mise il fagotto
sull’incavo tra la spalla e il collo tenendolo sempre con le
mani e cominciò a mugugnare la canzone di Garnet. Passarono
diversi secondi, poiché Blank poteva sì aprire la
porta ma senza far rumore era quasi impossibile, difatti ci
rinunciò e si mise di lato sconfortato.
«Che diamine!»
imprecò Gidan con un tono di voce un po’
più alto del dovuto. Infatti pochi secondi dopo si
sentì all’interno la sedia spostarsi
più velocemente del solito, e contemporaneamente si
sentì uno strano urlo, acuto e ripetuto nell’aria.
«Maledizione!»
imprecò di nuovo. La porta si aprì di scatto,
colpendo in pieno volto Blank che non aveva fatto in tempo a spostarsi.
Daga fece una faccia apprensiva a sentire quel rumore assordante ma
quando vide davanti a se il ragazzo, si mise le braccia conserte e
assunse un’aria severa…da madre quasi.
«Quante volte ti ho detto che non voglio
che porti Alexander in giro di notte?»
«Volevo farti una sorpresa: sono giorni
che lavori ore e ore e poi ti prendi la briga di prenderlo e metterlo a
dormire. Oggi volevo farlo io.»
«Infatti, bel risultato!»
rispose lei prendendo dalle braccia di Gidan il figlio di un mese che
smise immediatamente di piangere facendo inevitabilmente ingelosire e
innervosire il padre: possibile che appena si accorgeva di essersi
svegliato tra le braccia di una persona che non era la madre, faceva
tutto quel chiasso e poi magicamente tra le braccia di Garnet si
zittiva? Ma ormai la frittata era fatta. Beatrix si era teletrasportata
immediatamente seguita da Lylith (Daga non ebbe il coraggio di
cacciarla via e la promosse shogun in seconda), il dottor Totto che
stava lavorando all’interno con la regina tirò
fuori il nasone curioso e da lontano si sentivano i metallici passi di
Steiner.
«Buoni ragazzi, non preoccupatevi: Gidan
mi voleva fare una sorpresa ma evidentemente qualcuno gli ha rotto le
uova nel paniere…» disse guardando il bimbo.
«Maestà, capisco che anche
lei vuole passare del tempo con il bambino, ma non è bene
portarlo in giro a quest’ora, rischia di allarmare mezzo
castello.» lo redarguì Beatrix.
«Esatto Re Gidan: e poi sarebbe meglio
che andaste anche voi a dormire, domani sarà
un’importantissima giornata!» rincarò
Lylith.
«Allora, uno, non chiamatemi
né maestà, né re perché
ancora non lo sono. E anche quando lo sarò, non voglio che
mi chiamate così. Due, Alex è il mio bambino e me
lo porto dove voglio! Vero amooore di papà?!» e
cominciò le classiche frasi col tono di voce da completo
stupido che hanno tutte le persone quando si rivolgono al proprio
figlio piccolo. Infatti Blank si dovette trattenere dal ridere, e
lentamente si defilò.
«A domani…sua maestà Gidan,
re di Alexandria!» disse infine.
Il giorno dopo la piazza del castello era piena di gente, e molti altri
si erano riversati nelle strade adiacenti. La vista spettacolare che
Gidan aveva dalla finestra, invece che meravigliarlo lo fece
rabbrividire: in pochi minuti di fronte a tutte quelle persone si
sarebbe sposato a ventuno anni appena compiuti. Sentì
bussare la porta, era Blank.
«Che figurino sei! Neanche alle nostre
opere più spettacolari ti ho mai visto così
elegante!»
Effettivamente, Gidan era molto più elegante del solito:
indossava un vestito intero, decorato con cinghie e alcuni smeraldi,
verde scuro e a tratti rosso; calzava le sue galosce, che non
c’era stato verso a convincerlo di fargliele cambiare, e una
leggera mantellina che già non vedeva l’ora di
togliersi. Era parecchio appariscente, ma faceva la sua figura vestito
così.
«Cos’è, cerchi una
via per battertela?» cercò di sdrammatizzare il
Tantarus.
«Cosa dovrei fare secondo te?»
gli chiese di rimando senza voltarsi.
«In che senso?» richiese Blank.
«Intendo dire, faccio bene a sposarmi?
Sarò in grado di sorreggere tutto questo peso, la corona, e
tutto il resto?»
«Gidan, avessi io le
possibilità che hai tu: stai per sposarti con una ragazza
fantastica sotto tutti i punti di vista, senza contare il reddito e la
stabilità finanziaria che ne consegue, hai un figlio da
crescere che adori, hai il favore del popolo. Il peso verrà
dopo, tu devi pensare ad essere felice. E in più hai un
posto dove tornare, amico.»
Fu quest’ultima frase a riscuoterlo: lui la usava spesso per
parlare di se stesso al passato, di quando cercava il suo luogo di
origine, o meglio un posto dove tornare chiamato casa. E dopo averlo
finalmente trovato, aveva rischiato di perderlo per via del primo
pazzoide venuto. Ora però, più che mai ne aveva
la certezza: quella era la sua casa, la sua famiglia, il suo posto dove
far ritorno un giorno.
«Ho un’idea: movimentiamo un
po’ questo posto.» disse girandosi
d’improvviso.
«Sono tutto orecchi.»
E Gidan gli spiegò.
Lo spazio designato per la cerimonia era relativamente piccolo: un
piccolo palco sopraelevato con due piccoli podi, il posto dei due
sposi, e un piccolo leggio dinanzi ad essi. Alle loro spalle vi erano
diverse sedie per i rappresentanti più importanti dei vari
regni, e ovviamente tutti gli amici: Beatrix, Steiner, Amarant, Quina,
Eiko, Freija, Flatrey, i Tantarus al gran completo e Hades che non
volle perdersi il divertimento, dopo secoli di noia. Lylith, ormai
redenta, non se la sentì di farsi vedere dalla classe
nobiliare del continente per via della vicenda accaduta anni prima e
quindi era in mezzo al pubblico; Zerxex e i suoi soldati si
guadagnarono il perdono e il loro meritato riposo grazie ad un
incantesimo di esorcizzazione congiunto di Eiko e Daga.
Garnet e Gidan dovevano uscire dal portone principale una dopo
l’altro accompagnati ciascuno da un testimone, Blank per lui,
Mikoto per lei. Mentre questi ultimi si avvicinavano ai lati dei due
podi, la jenoma, mandò un bacio col dito al ladro che rimase
di stucco. “La sorella del mio migliore amico?
Interessante…” pensò. E
ricambiò con un eloquente occhiolino.
Ad un segnale preciso il direttore d’orchestra
attaccò con un pezzo tutto fiati e ottoni per
l’entrata di Gidan che venne accolto dal solito applauso.
Appena mise piede sul suo podio, il pubblico recitò
automaticamente la sua frase:
«FINALMENTE!! RE GIDAN E’
TORNATO A CASA!!»
Dovette sforzarsi per non commuoversi, ma rimase estasiato
dall’entrata in piazza di Garnet: la regina era vestita con
abito bianco, scollato e attillato e con una gonna decorata da una rosa
bianca in vita che arrivava poco sopra i piedi, calzati da un paio di
bellissimi sandali con tacco. Non indossava un velo sul volto, ma dal
solito diadema che aveva in testa partiva un leggero strascico di media
lunghezza che toccava appena terra. In quella pura
semplicità, che risaltava comunque la sua persona, era
più bella che mai. Il forte “ooh!” di
meraviglia proveniente dal pubblico la fece visibilmente arrossire.
Arrivati entrambi sui loro podi ravvicinati si guardarono, e si
dovettero trattenere dall’abbracciarsi e baciarsi anzitempo.
Gidan le disse a mezza voce:
«Sei splendida: chi è il
fortunato?»
«Scemo…»
«Come “scemo”? Pure
adesso che divento re?»
Entrò per ultimo dinanzi il leggio il funzionario regio
incaricato di espletare la cerimonia: ovviamente, il dottor Totto. Fece
cenno ai due giovani di salire sulle loro postazioni. Daga
salì quasi tranquillamente, Gidan invece era
sull’orlo del collasso: era pallido, sudava freddo, e non si
sentiva le gambe. Difatti ci mise parecchio per salire sul podio,
incespicando sugli ultimi due gradini. Una volta in cima
inspirò ed espirò profondamente. Poi
calò il silenzio. Nella testa di Gidan passarono un sacco di
immagini di lui e di Daga durante le loro avventure, e Daga anche se
riusciva a contenersi per abitudine, era se possibile più
emozionata di lui. Totto parlò nello strumento simile ad un
microfono che era messo sul leggio, posto dinanzi ad alcuni fogli
contenenti il discorso della cerimonia nuziale:
«Cittadini e cittadine di Alexandria. Siamo riuniti oggi in
questa piazza, per celebrare le nozze della Regina dei Territori Uniti
di Alexandria, Garnet Til Alexandros XVII, eletta per volere del popolo
e per discendenza regale, e dell’eroe del conflitto della
nebbia, nominato in questa sede reggente della corona del Regno di
Alexandria, Gidan Tribal. Quest’uomo e questa donna, anzi,
questi due ragazzi hanno salvato il mondo confidando
nell’aiuto reciproco e nel loro affetto, consci che i loro
amici erano lì a supportarli in tutto.» aggiunse
Totto che evidentemente aveva aggiunto del suo alla cerimonia
«Ora, di fronte al popolo e per
l’autorità conferitami dalla Regina di Alexandria,
chiedo ai due di recitare la formula che li renderà marito e
moglie.»
Iniziò Garnet, mettendo al dito del ragazzo un modesto
anello d’oro, splendente come il sole:
«Gidan Tribal, io Garnet Til Alexandros,
giuro su quest’anello di esserti fedele e di amarti per tutti
i giorni della mia vita, finché morte non ci
separi.»
Gidan mise al dito della ragazza un anello identico e disse:
«Garnet Til… Daga, io Gidan
Tribal, giuro su quest’anello di esserti fedele e di amarti
per tutti i giorni della mia vita, finché morte non ci
separi.»
«Ed ora, per suggellare
l’unione, che i due sposi si bacino!» concluse
entusiasta Totto.
«Cosa?» chiese Gidan dal nulla
parlando nel suo microfono. Totto un po’ imbarazzato
ripeté:
«Ed ora, che i due sposi si
bacino!»
«Cosa?» richiese. Totto non
capiva. Lo aveva ripetuto forte e chiaro.
«Ed ora, che i…»
ripetè un po’ interdetto
«COSA?» lo interruppe
più forte. Daga intuì e si mise una mano sul
volto:
«Oddio, ora comincia col
“cosa”…» disse a voce bassa. I
due testimoni lo guardavano sorpresi.
«Tu vuoi che ci baciamo, cosa? Dici a
noi due che dobbiamo baciarci, cosa? Che dobbiamo suggellare la nostra
unione, cosa?» Totto era basito e non proferiva parola. Il
pubblico invece cominciava a scaldarsi e conoscendo le tipiche frasi ad
effetto del Tantarus, che amava condividere con la gente,
ripeté il “cosa” ogni volta che lo
diceva. Staccò il microfono e continuò.
«Sai che ti dico, cosa? Ho detto, sai
che ti dico?» ormai il pubblico urlava automaticamente
“cosa?” alla fine di ogni frase di Gidan, che
educatamente ripeteva.
«Ti dico che non
c’è bisogno di un anello o di una cerimonia per
siglare l’unione di due innamorati. Ho detto, che non
c’è ne bisogno. Che non serve. Che è
dannatamente inutile. Che non c’è bisogno,
perché la nostra unione l’abbiamo suggellata nove
mesi e mezzo fa!» il pubblico esplose. Daga invece di
imbarazzarsi si mise a ridere, tanto ormai tutti sapevano del loro
figlio, e tanto valeva godersi lo spettacolo improvvisato del ragazzo,
anzi del marito.
«Se proprio devo farlo lo
farò. Ma prima voglio raccontarti una storia. Hai tempo, che
ti racconti una storia? Avete tempo che vi racconto una
storia?» chiese volgendo al pubblico, che innalzò
un coro di “sì!”.
«È la storia di un uomo
chiamato Gidan Tribal. Un uomo che viveva di espedienti. Di espedienti.
E che si unì ad una banda. Un giorno questa banda decise di
andare ad Alexandria a rapire la principessa. Ho detto, per rapire la
principessa. Perché ci era stato detto che qualcosa non
andava. Allora l’ho rapita, l’abbiamo portata con
noi. Abbiamo vissuto insieme un sacco di avventure. Ho detto che
abbiamo vissuto un sacco di avventure. E abbiamo rotto il culo ad un
sacco di bastardi! Ho detto, abbiamo rotto il culo ad un sacco di
bastardi figli di puttana!» alla ripetizione il pubblico fece
un boato di approvazione. Totto era stravolto, invece gli amici se la
ridevano. Persino Steiner non sembrava scandalizzato dalla scenetta di
Gidan.
«Ma una volta mi sono fermato.
Sì, mi sono fermato. E mi sono detto, Gidan chi te lo fa
fare? Chi te lo fa fare? Servirà a qualcosa? È
questo il tuo compito? Sei solo un guscio vuoto,che non importa a
nessuno. E sapete chi mi riscosse dal torpore? Vi ho chiesto, sapete
chi mi riscosse dal torpore? È stata questa bellezza di
ragazza qui. Ho detto, questa bellezza di ragazza qui!» e
dicendolo la trasse a se col braccio. Lei lo guardava sorridendo
divertita non capendo bene dove volesse andare a parare.
«Perché questa ragazza qui,
mi ha fatto capire il mio ruolo in questo mondo. Mi ha fatto capire che
avevo un posto dove tornare. Mi ha fatto capire che avevo un posto dove
tornare. E sapete quando sono tornato? Due anni dopo. Ho detto, due
cavolo di anni dopo. Dio! E perché? Perché ho
voluto fare l’eroe, cosa? Ho voluto fare
l’eroe!» ridicendo la parola magica, fece
ricominciare il coro.
«E qualche mese fa,
cos’è successo? Qualche mese fa, ho fatto di nuovo
l’eroe e sapete cos’è successo?
È successo che stavo per morire. Stavo per schiattare. Stavo
per lasciare questa valle di lacrime. Stavo per lasciare sola questa
bella ragazza che sto abbracciando. Adesso voglio fare una promessa, a
lei, a voi qui presente e alle migliaia, e migliaia! dei miei fan, che
non farò mai più, e intendo MAI PIU’,
azioni che possano compromettere la mia vita. E questa è la
linea di massima, perché Gidan Tribal ha detto
così! E sapete come la prometto? Così.»
e la baciò. La tenne così per almeno dieci
secondi e ci mise tutto l’amore possibile e sentiva
che nelle sue labbra e la sua lingua, c’era tutto
l’amore possibile. Il pubblico riesplose, e
applaudì con fischi e urla. Staccatosi dalle labbra
dell’amata, Gidan si mise il pollice e il medio uniti in
bocca e fischiò. Da lontano si sentì un
lunghissimo “kueeeh” che man mano si avvicinava
diventava più forte.
«Reggiti forte Daga, che tra poco si vola!» le
disse.
La Regina, pur non capendo assicuro le braccia al collo di Gidan. Dopo
poco arrivò Choco planando a velocità incredibile
rasoterra. Il Tantarus si preparò e appena il chocobo si
presentò dinanzi a lui, spiccò un breve salto in
groppa al volatile, che s’innalzò verticalmente
verso le nuvole.
Passarono pochi secondi, prima che Gidan si rese conto di stare
oltrepassando le basse nuvolette dell’altopiano di
Alexandria. Daga non aveva ancora staccato le braccia dalla presa, e
per nulla l’avrebbe più fatto.
«Hai visto che alla fine sono venuto a
cavallo di chocobo?» le chiese ricordando la frase che lei
disse mesi addietro.
«Sei diventato anche poetico:
cos’è, un altro effetto della presenza di
Trivia?» chiese sarcastica.
«Ma quando mai! Non ho mai scritto roba
poetica, io!»
«E questa “roba
poetica”?» gli domandò estraendo dal
seno una lettera col simbolo dei Tantarus, e la sventolò in
faccia a Gidan: era quella che
l’aveva convinta a scendere in battaglia. Dopo
un’iniziale occhiata interrogativa, il viso di Gidan
cambiò in diverse tonalità del rosso: dal
pompeiano all’arancio aragosta.
«Ehm…beh…guh…»
cercò di spiccicare parola.
«Cosa?» fece Daga cercando di
fregargli la frase. Non ricevendo risposta chiese.
«E dove passeremo la luna di
miele?»
«Hai presente quel posto che sta al di
là delle nuvole, dove non ci sono mostri (“non
calcolate Ozma, please” N.d.A.), e dove solo i chocobo dorati
possono entrare? Il moguri Mene mi ha detto che ha organizzato
già tutto per la nostra permanenza.»
«Il Chocoareoparco…niente
male. Ma gli altri che abbiamo lasciato così? E Alexander
come farà a stare da solo?»
«Oh, il ragazzo se la caverà.
E se l’idea ti piace, quando torneremo potremo dirgli che
è in arrivo un po’ di
compagnia…» disse sornione.
E a Daga, l’idea, piacque.
"Con grande soddisfazione, vi ringrazio tutti per l'interesse e per
l'assiduità con cui ognuno di voi ha seguito il mio primo
lavoro, aggiungendo questa storia fra le preferite e le seguite, e chi
ha avuto tempo per lasciare un commento a cui ho praticamente risposto
a tutti. La vostra partecipazione mi ha convinto a proseguire la
pubblicazione di questa fan-fiction solo su questo sito, l'unico dove
ricevo apprezzamenti sulle mie opere. è stato con grande
coraggio che ho iniziato la pubblicazione di questa mia opera su un
sito dedicato a fan-fic su ogni tipo di cosa e di videogioco, e con
grande coraggio speravo di vederla fruttare considerando che parla di
"final fantasy 9", che è purtroppo il meno seguito.
Però al momento della pubblicazione di
quest’ultimo capitolo, mai mi sarei aspettato quasi 30
recensioni tutte positive e spronanti e un seguito che devo dire
è stato abbastanza costante. In quest’ultimo
capitolo, non ho potuto resistere dal prendermi la liberà di
inserire un’altro "tormentone" di un wrestler, Stone Cold
Steve Austin, che spesso nei suoi discorsi ed interviste amava far
ubriacare il proprio interlocutore dicendo spesso "cosa?" (what?).
Poiché all'inizio misi una frase di The Rock, mi
è sembrato logico concludere con un'altra presa dal mondo
del wrestling, mia grande passione. L'ho scritto facendo un
po’ all'inverso del final fantasy 9 originale, ovvero
mettendo l'effetto sorpresa spiazzante all'inizio e mettere la cosa
calma alla fine. Detto questo ringrazio chi ha messo questa mia storia
fra le preferite:
Dill, Linali san, Thaleron
e tra le seguite:
baby91, Dill, Psyker, Ventus
Ed ora, per l'ultima volta passo alle risposte ai commenti, cercando di
ringraziare tutti quelli che mi hanno supportato:
baby91: ti ringrazio particolarmente poiché sei stata la
prima a commentare e a sostenermi con simpatia e attenzione, anche se
poi sei improvvisamente sparita. Non facendotene una colpa, mi
piacerebbe ricevere una tua recensione finale a cui ti
risponderò personalmente.
psyker: anche a te devo sentitamente ringraziare per la costanza delle
recensioni (intervallate da problemi di rete se ho ben capito) con cui
mi proponevi le tue attente osservazioni sulla mia opera, il che mi ha
gratificato non poco dato che l'ho scritta appositamente per gli
appassionati del gioco quali noi siamo. E come quasi ogni capitolo, mi
auguro di leggere una tua recensione anche a quest'ultimo capitolo a
cui ti risponderò con una mail.
martykat96: beh, io e te ci conosciamo da un'altro diciamo "frangente",
da cui siamo riusciti fortunatamente a staccarci. Mi ha fatto molto
piacere rivederti qui su e.f.p. anche perché eri
effettivamente l'unica che speravo di rivedere. Spero che tu non voglia
fermarti dal continuare a pubblicare le tue storie su ff9, secondo le
regole che ti ho consegnato. Mi aspetto un tuo commento, a cui ti
risponderò al solito modo.
Linali San: ti ringrazio in special modo, perché i tuoi
commenti incoraggianti mi sono capitati in un momento in cui vedevo
poche recensioni e credevo di avere una sorta di "calo di pubblico". Mi
auguro che la principessa ti abbia combinato quello che ti aspettavi!
Aspetto un tuo commento finale, giusto per dirmi che ne pensi.
Dill: l'ultimo a commentare! Beh devo dire che la tua attenzione
è più che giusta: l'azione corale l'ho ripresa da
final fantasy 7 advent children, ed è stato un po’
uno sfogo verso quel ff che è da tutti considerato il
migliore senza conoscere il 9. Ho voluto dimostrare che anche in questo
caso, è possibile individuare un forte spirito di gruppo fra
personaggi diversissimi. Per quanto riguarda le mie storie, per ora ho
in cantiere un crossover, di cui ho già pubblicato un
episodio d'anteprima. Perché non mi dici che ne pensi?
Ovviamente ti risponderò tramite mail.
E A TUTTI, DI NUOVO, TANTE TANTE TANTE TANTE TANTE TANTE TANTE TANTE
TANTE GRAZIE!!! E SI VI E' PIACIUTA QUESTA FAN-FICTION, "GIVE ME A
"HELL YEAH!!!" (altra frase di Stone Cold...")!!!!!"
"The Alex" fflover89
FINE.
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