Erano passati ormai tre lunghi mesi da quando Yoh e i suoi
compagni, dopo aver combattuto duramente contro i dieci ufficianti, avevano
raggiunto il plant dello Shaman King, trovandolo deserto. Non vi era alcuna
traccia né di Hao né dello Spirit King, i quali che sembrano essersi dissolti
nel nulla. Nemmeno i Pache stessi riuscirono a trovare una soluzione a quello
che pareva un enigma senza risposta; il potere di Hao, ora che era divenuto a
tutti gli effetti Re degli shamani, si era incrementato enormemente, perciò
sarebbe stato impossibile da nascondere; persino un comune essere umano avrebbe
potuto percepire la sua presenza. Anche inglobando lo Spirit King, Hao di certo
non sarebbe mai riuscito a contenere un furyoku così grande.
Per quanto sia gli shamani che i
Pache cercassero in ogni modo di trovare una spiegazione plausibile a tale
rompicapo, non poterono far altro che rassegnarsi e aspettare. Tuttavia aspettare
cosa, esattamente? Che Hao si
decidesse finalmente a tornare con l’unico scopo di sterminare la razza umana e
gli shamani che non si erano uniti a favore della sua folle impresa? Forse.
Così, attenti a guardarsi sempre le spalle, i giovani shamani
tornarono alla loro vita di tutti i giorni, con la certezza che si sarebbero
informati su una qualsiasi novità riguardante tale questione.
Fu allora che, a insaputa di tutti, le pedine iniziarono a
muoversi, assicurando la Vittoria a colei che nell’ombra faceva danzare i
balocchi.
Il
Teatro dei Tradimenti
Atto
primo: Novità.
-
Invidia -
- Yoh! - Urlò una biondina dal corpo minuto, facendo
sbattere fortemente la porta scorrevole della camera del ragazzo.
- Anna?! - Riuscì appena a rispondere il moretto che, preso
di sorpresa, si alzò rapidamente guardando la giovane di fronte a lui.
- Yoh, sono le sei del mattino, si può sapere perché non sei
ancora pronto?! - Sbraitò la ragazza, incenerendolo con lo sguardo.
- Allora è ancora presto! - Cercò di giustificarsi, notando
come l’espressione della fidanzata peggiorasse ogni secondo di più. Aveva detto
qualcosa di sbagliato ma ancora non avevo capito cosa, anche se non gli ci
volle molto per farlo.
- Tu proprio non mi ascolti quando parlo, eh? - Domandò
ironicamente lei, il viso privo d’emozione. . Credevo di essere stata chiara,
ieri sera, quando t’informai che questa settimana spettava a noi occuparci
della pulizia della classe! - Riprese a urlare, buttando addosso al ragazzo la
sua cartella. – Hai un minuto per cambiarti, guai a te se osi farmi attendere
un solo secondo più! - Lo minacciò sbattendo nuovamente ma stavolta con più
violenza, la porta.
Forse intimorito dalla reazione della ragazza, forse temendo
in cosa sarebbe consistita la punizione che avrebbe ricevuto o, molto
probabilmente per entrambe le ragioni, Yoh non si fece attendere e raggiunse
rapidamente la biondina. Giunti a scuola incontrarono Manta che, “convinto” da
Anna si era proposto di dar loro una mano. Circa un’ora dopo, quando Yoh e i
suoi due compagni avevano terminato le pulizie, la scuola iniziò rapidamente ad
affollarsi, divenendo così ben rumorosa. Pur essendo lunedì mattina, il fragore
provocato dai ragazzi era intenso ma non fastidioso, donava anzi vita a quella
scuola che solo poche ore fa poteva essere comparata a un mortorio.
Peccato però che gli unici a pensarla a questo modo erano
gli alunni.
- Ragazzini, adesso mi avete
stancato! - Urlò un uomo sui quarant’anni seduto su una comoda sedia rossa,
picchiando con un pugno la superficie della cattedra. - Se non volete uno zero
gratuito in pagella, state zitti! - Finì, ottenendo il silenzio richiesto. -
Possibile che con voi funzionino solo le minacce? - Stava per iniziare la
solita ramanzina quando qualcuno, bussando alla porta, lo interruppe.
- Professor Nekoyama, perdoni il disturbo ma è una questione
urgente. - Parlò una voce di donna senza entrare nell’aula, causando la
curiosità degli alunni.
- Dove sono richiesto?
- In presidenza.
- D’accordo. - Si alzò e, guardando gli alunni severo, li
intimò al silenzio assoluto; uscì quindi dall’aula lasciando la porta aperta.
- Che cosa credete sia successo? - Domandò entusiasta un
ragazzo seduto in terza fila di fianco alla finestra, appollaiandosi contro di
essa. - Pensate sia la buona volta che licenziano Nekoyama? - Rise, provocando
la stessa reazione nei compagni.
- Lo spero, anche se non ne avrebbero ragioni. - Concordò
una ragazza di fianco a lui.
- Non basta che è un rompiscatole come scusa? - S’intromise
un altro, stiracchiando le braccia.
- Magari! A proposito, per oggi... - Il ragazzo non ebbe
tempo di terminare la frase in quanto alcuni della prima fila lo avvisarono
dell’arrivo dell’insegnante.
- Spero il vostro brusio sia dovuto al fatto che state
ripassando Shakespeare. - Si sporse leggermente sulla porta giusto il
necessario per incutere loro il timore che stesse parlando sul serio. Poi si
voltò nuovamente all’uscita e sorrise, stuzzicando l’interesse dei suoi alunni.
A chi mai si stava rivolgendo con tanta educazione e gentilezza? Tornò
nuovamente in classe, fermandosi a due passi dalla cattedra.
- Ragazzi, oggi s’inserirà nel corpo studentesco una nuova
compagna. E’ di origini giapponesi ma è la prima volta che risiederà per un lungo
periodo nel nostro paese. Ho potuto costatare la sua ottima padronanza della
lingua giapponese perciò non avrete problemi a comunicare con lei. - Continuò.
- Conto su di voi perché la nuova arrivata abbia un piacevole soggiorno. -
Finì, allargando il braccio sinistro e sorridendo alla “novità”, invitandola a
entrare. - Venga, entri pure signorina.
E fu paradisiaca visione, un
Angelo nella bocca dell’Inferno.
Entrò con grazia tale da togliere il fiato al professore
stesso. Come se avessero visto una Principessa, si alzarono tutti in piedi e
ragazze e ragazzi aprirono inconsciamente la bocca, sbalorditi da tale
bellezza. Solamente Anna cercò di non mostrare il suo stupore, anche se ciò che
la sorprese di più fu vedere il proprio fidanzato guardare estasiato la moretta
appena entrata. La giovane sentì improvvisamente qualcosa bruciarle dentro,
poté udire chiaramente il momento in cui la sua anima si lacerò eppure non ne
comprendeva la ragione. Tornò con lo sguardo verso la nuova compagna e le sue
labbra si contorsero in una smorfia: era
la ragazza più bella che avesse mai visto.
I suoi lunghi e mossi capelli cioccolato ricadevano morbidi
qualche dita più in giù dei fianchi; sulle punte si poteva notare una tonalità
più chiara di castano che sfiorato dai raggi del sole,
prendeva dei riflessi rossicci, al contrario della parte superiore che era più
scura: nera dai riflessi blu. Delle piccole ciocche le circondavano il viso,
contornando due splendidi onici nere: i suoi occhi erano davvero bellissimi.
Non solo avevano un colore così intenso da donare una quiete quasi celestiale,
la forma dei suoi occhi, leggermente a mandorla, mostrava le sue origini
orientali. Il suo sguardo però era la parte più splendida: non esprimeva nulla,
eppure esprimeva tutto. Vi era della malizia in quegli occhi color caffè,
seppur celata da un velo d’innocenza. La sua pelle non era bianca, piuttosto
rivelava origine sudamericana.
Aveva ogni cosa si
potesse desiderare.
Il suo corpo sembrava rispecchiare la perfezione.
Il suo seno era grande, non eccessivo, giusto per la sua
corporatura, a occhio e croce vestiva una terza abbondante. La pancia piatta e
le formose curve che madre natura le aveva donato rendevano quella semplice
uniforme scolastica un abitino sexy, non volgare ma veramente provocante.
Risvegliatosi dall’estasi del momento, l’insegnante scosse
il capo e ordinò ai ragazzi di sedersi i quali obbedirono, seppur ancora
imbambolati dalla vista di quell’Angelo. La ragazza sorrise timidamente mentre
le sue guance assumevano un colore roseo: era proprio deliziosa.
- Vi presento la vostra nuova compagna: Kurohime Kyrie. -
Riprendendosi anche loro dallo shock del momento, annuirono all’unisono col
capo.
- Molto piace, io sono Kurohime Kyrie, ho sedici anni e spero
di potermi trovare bene all’interno della classe. So di essere arrivata circa
un quadrimestre in ritardo ma spero questo non sia questo di divergenze fra
noi. - Concluse inchinandosi leggermente come previsto dal tradizionale saluto
giapponese. La voce era calma e armoniosa seppur avente l’ovvia vivacità
caratteristica dell’età adolescenziale con l’aggiunta un pizzico di sensualità.
- Bene Kurohime, se ha bisogno di un qualsiasi aiuto per
quanto riguarda le materie scolastiche, gli sport, gli appunti e tutto il
resto, chieda pure alla capoclasse: Kyoyama Anna. - Intervenne il professore
indicando la ragazza che non appena sentì il suo nome, si alzò e la salutò.
- Molto piacere. - Rispose a sua volta la moretta
sorridendo, anche se ciò non fu gradito dalla compagna.
- Oggi Tujimawa è assente perciò si sieda pure lì, in ultima
fila, di fianco ad Asakura; questo pomeriggio provvederò personalmente per
l’aggiunta di un nuovo banco. - La ragazza annuì e, con la stessa grazia con la
quale era entrata pochi istanti prima, si diresse al banco segnalatogli
dall’insegnante.
- D’accordo ragazzi, ora veniamo alla nostra lezione.
Stavamo trattando Shakespeare, crede di poter seguire? - Le domandò l’uomo.
- Sì, certamente. Non si preoccupi Signor professore,
Shakespeare è uno dei miei drammaturghi preferiti. - Precisò, prendendo un
quaderno nero dallo zaino.
- Molto bene. - Sorrise: la nuova arrivata sarebbe
sicuramente stata fra i più brillanti della classe. - Ad ogni modo, non sia
così formale Kurohime; può semplicemente chiamarmi “professore” o “prof”.
- Senz’altro, professore.
La sua “troppa” buona educazione e il lessico ben ricercato
irritavano le orecchie della Kyoyama che si vide estirpare il titolo di miglior
alunna della scuola. Anna Kyoyama era, di fatti, l’alunna più dotata
dell’istituto scolastico. Il suo livello intellettuale, la grammatica sempre
coincisa e le conversazioni che proponeva erano sempre state causa di lode dei
professori, che in lei vedevano l’esempio dell’alunna perfetta. I suoi voti
erano i più alti mai registrati e la sua educazione era spesso migliore degli
stessi docenti. Molte volte era stata chiamata la “gemma” dell’istituto Shinra
e ciò le faceva indubbiamente molto piacere. L’ennesima prova che Anna Kyoyama
era la numero uno in tutto.
O per lo meno, fino ad ora.
- Piacere di conoscerti, Kurohime! Io sono Reinba Kahori,
quinta sezione del terzo anno; se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiedi pure a
me!
- Il piacere è tutto mio, Reinba-senpai. Sentiti pure libera
di chiamarmi col mio nome: Kyrie.
- Davvero, posso?
- Certo! Non sono abituata a sentirmi chiamare per cognome,
si sono sempre riferiti a me utilizzando il mio nome e
mi piacerebbe continuasse ad essere così. - Spiegò. - Ad ogni modo intendo
rispettare le vostre usanze e chiamarvi per cognome, non desidero scombussolare
la tradizione giapponese in alcun modo.
- Allora lascia che mi presenti, Kyrie: io sono Yamashita
Ishigawa, seconda sezione del quarto anno, mi occupo del club di nuoto. Se
t’interessa, fammi sapere!
- Ti ringrazio. - Rispose, mostrando nuovamente
quell’angelico sorriso di cui l’intero edificio scolastico si era innamorato.
Un grande gruppo di ragazzi e ragazze circondava il tavolo
dove la nuova arrivata pranzava. Era, infatti, corsa subito la notizia
dell’arrivo di una “bomba” di sensualità e bellezza nell’istituto Shinra e
questa era niente di meno che Kyrie Kurohime. Molto gentile e cordiale con
tutti, la moretta era sempre sorridente. Capitava che le fossero rivolte frasi
acide o con fare offensivo ma lei, senza mai arrabbiarsi, rispondeva
diligentemente e con intelligenza facendo pentire alla persona di aver aperto
bocca. Ciò la rese ancora più perfetta agli occhi dei suoi ammiratori che
pianificavo fondarne un fan club ma la rese più odiosa per una certa biondina
appoggiata all’ombra di un albero.
- Ragazzi, sono io o la nuova compagna ha delle sembianze
angelicali? - Parlò Manta sedendosi vicino all’amico disteso sull’erba. - Ha un
così bel sorriso... - Sospirò, guardando in direzione della ragazza.
- Oh oh, credo che Manta si stia
innamorando! - Canzonò Yoh, seguendo lo sguardo del piccoletto.
- Ma-ma... No!
C-che ti salta in mente amico! - Arrossì, cercando di
non balbettare. – E-e poi non sarei comunque l’unico!
Ha addosso metà istituto al momento!
- Calmati Manta, stavo solo scherzando. – Rise, accomodando
le braccia dietro la nuca.
- Non mi piace. - Si sentì improvvisamente la voce di Anna,
fredda e secca.
- Beh Anna, sai com’è, a meno che tu non sia... – Prima che
potesse finire, Manta si ritrovò fulminato dal suo sguardo glaciale. - Non mi
piace. Non mi piace per niente. - Disse nuovamente stringendo i pugni e
guardando in direzione della giovane in questione. - C’è qualcosa che non
quadra. - Finì e, al suono della campanella, seguì con gli occhi l’enorme
gruppo che, circondando la moretta, si dirigeva all’interno dell’edificio.- Nei
suoi occhi, c’è qualcosa che non mi piace. - Concluse, dirigendosi anche lei in
classe.
- Maledizione, maledizione,
maledizione! - Urlò furibonda Anna, tirando l’ennesimo pugno alla parete. -
Come ho potuto essere così stupida?! – Si rimproverò,
dandosi una leggera manata sulla fronte. . Perché non ho ragionato come mio
solito e ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente solo per contraddirla!
- Si buttò sul letto, guardando il soffitto. - Invece no! Dannazione a me! Per
voler difendere il mio titolo mi sono ritrovata ancora di più nella mera
spazzatura! - Sbraitò, ricordando gli avvenimenti di quella mattina.
Qualche ora prima in
classe.
- Nell’Orlando Furioso, Ariosto vuole perciò farci
comprendere quanto la natura umana sia flessibile di fronte alle passioni tanto
da rendere folle persino un uomo come il protagonista, Orlando, tanto che sarà solo grazie Astolfo stesso che, recuperandone il senno
sulla luna, lo riporterà sulla retta via. - Spiegò il professore appoggiato
alla finestra, un piccolo libro rosso fra le mani. - Possiamo quindi dedurre
che ciò che Ariosto voleva trasmetterci era l’inutilità e il dolore che un
sentimento come l’amore porti con sé agli innamorati, per non parlare della
debolezza fisica e mentale cui... - Al vedere una mano alzarsi, il professore
cessò la spiegazione. - Domande, signorina Kurohime?
- Mi scusi professore ma non credo sia giusto affermare che
vi sia una specie di morale nell’Orlando Furioso. - Disse con voce chiara e
priva di timore la moretta, attirando l’attenzione dei compagni che si
voltarono. Mai nessuno aveva osato contraddire l’insegnante.
- Se non sbaglio però, il titolo e la trama del poema è
Orlando Furioso. - Intervenne con la mano alzata e il viso rivolto verso
quest’ultima Anna, attirando anche lei l’attenzione dei ragazzi. - Perdoni
professore ma penso che la sua spiegazione non sia sbagliata, dopotutto si
parla di un Orlando innamorato che per amore ha perso la ragione, divenendo un
essere stolto. Senza dubbio ciò che vuole dirci Ariosto è di non innamorarci
follemente ma di amare utilizzando la ragione. - Finì, guardando nuova arrivata
con occhi di sfida e un mezzo sorriso dipinto sulle labbra mentre si voltava
nuovamente verso il professore.
- Sono le tue stesse parole a contraddirti quindi,
Kyoyama-san. - Ribatté la Kyrie, facendo voltare nuovamente la biondina. - Nel
poema, esattamente come dici tu, si tratta del suo folle amore per Angelica,
una donna che per altro mai sarà sua; però non è mai giudicato tale sentimento.
- Continuò. - Tutt’altro, se avrai letto la biografia di Ludovico Ariosto,
saprai che lui stesso s’innamorò di una donna sposata e aspettò che questa
divenisse vedova prima di potersi congiungere in matrimonio con lei. Inoltre
dovette agire in grande segretezza per la paura di perdere i benefici
ecclesiastici che gli erano stati concessi e anche con lo scopo di evitare che
alla donna fosse revocata l'eredità dell’ex-marito. Potremmo piuttosto dire che
egli scrisse tale poema per dar sfogo ai suoi più repressi sentimenti, fatto
sta che fu proprio l’anno successivo, nel 1516 che Ariosto pubblicò la prima
edizione dell’Orlando Furioso. Se poi riflettiamo sul periodo in questione, in
altre parole XV-XVI secolo, possiamo dedurre che ancora non era stata
introdotta la necessità di una morale; trattandosi inoltre di un poema, non v’è
n’è alcun bisogno. Credo che ciò che Ariosto piuttosto volesse comunicarci
fosse come l’uomo, almeno una volta nella sua vita, si ritrovi in balia di un
sentimento più forte di ogni male capace di rendere folle ma invincibile quando
si ha qualcuno da amare e proteggere. Non penso tuttavia egli volesse
insegnarci qualcosa di preciso né tanto meno giudicare l’amore poiché dobbiamo
ricordare che era un uomo assai legato alla Chiesa e di conseguenza alla Fede,
perciò non si sarebbe mai permesso di mettere in discussione la base della
religione cristiana, la parola più usata dal loro dio: l’amore. - Non vi fu un suono, non un singolo respiro. Pochi istanti dopo, il
professore sorrise e, dirigendosi alla cattedra, applaudì.
- Era da tanto che aspettavo qualcuno
del genere. - Confessò contento, aprendo il registro. – Signorina Kyoyama, otto
e mezzo per la sua partecipazione. - Questa sorrise, sentendo tutti gli sguardi
su di lei: Nekoyama non aveva mai dato più di otto né a lei né a nessuno. -
Signorina Kurohime, non ho parole. Dieci per la sua ottima
osservazione, per l’impeccabile esposizione e per la perfetta conoscenza della
vita di Ariosto.
- Cosa? - Riuscì appena a sussurrare Anna; con lo sguardo
rivolto al professore ma in realtà perso nel nulla, non udì nemmeno la classe
iniziare a sussultare per le valutazioni.
- Silenzio! - Li richiamò pochi istanti dopo l’insegnante
mentre la Kyoyama sprofondava in un mare d’Ira.
- Ma maledizione a lei che è così insopportabile! - Sbottò,
tirando un forte pugno al materasso. - Devo trovare il modo di vendicarmi, e
presto. - Ne concluse, alzandosi dal letto e dirigendosi alla finestra. - Di
numero una ce n’è solo una e quella... Sono io. -