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Le sue iridi trasparenti scrutavano attentamente ogni
lettera che avevano davanti mentre le sue dita affusolate scorrevano la pelle
che ricopriva quei libri più o meno antichi disposti in perfetto ordine sugli
scaffali impolverati di quella biblioteca. Non cercava un libro in particolare,
semplicemente era in attesa che uno di essi lo chiamasse, che un qualcosa lo
attraesse. Spesso si era trovato in quel luogo, in mezzo a quelle storie che
aspettavano soltanto di essere lette, in quel silenzio che lo circondava
completamente dandogli tempo di ascoltare i suoi pensieri. In quel luogo
nessuno gli stava tra i piedi, nessuno lo guardava, nessuno pensava a lui: ogni
tanto perfino il rampollo della famiglia Malfoy ha bisogno di starsene da solo.
Camminava lentamente, senza che alcun particolare di quel luogo perennemente
immerso nella penombra sfuggisse alla sua attenzione.
E solo il tuo nome
che m'è nemico, e tu sei te stessoanche senza chiamarti Montecchi. Cos'è Montecchi? Non è una mano, un piede,
un braccio, un volto, o qualunque parte
di un uomo. Prendi un altro nome! Cos'è
un nome? Ciò che chiamiamo rosa, con
qualsiasi altro nome avrebbe lo stesso profumo,
così Romeo, se non si chiamasse più Romeo, conserverebbe quella cara perfezione che
possiede anche senza quel nome. Romeo, getta via il tuo nome, e al suo posto, che non è parte di te, prendi
tutta me stessa.
Si
fermò d’improvviso: una voce proveniva da poco lontano. Rimase in ascolto di
quelle parole così soavi, del sentimento con cui chiunque stesse leggendo
metteva in ciò che faceva. Si stupì, chiedendosi chi mai aveva deciso di
interrompere il filo dei suoi pensieri con parole non sue, probabilmente lette
da uno di quei bellissimi libri dalle bordature dorate che si trovavano in
quell’ala della biblioteca. Si mosse lentamente, senza troppa convinzione, in
cerca dal luogo dal quale proveniva quella voce. Superò un paio di scaffali
cercando di fare meno rumore possibile, fino a che non raggiunse un paio di
tavoli allineati l’uno accanto all’altro. Non v’era nessuno, se non una figura
di spalle dai lunghi capelli ramati che si perdevano sulla sua schiena in
morbide onde impegnata a leggere ad alta voce le parole di un libro dalla
copertina di pelle nera. Il Serpeverde rimase in ascolto, pronto a cogliere
ancora le parole che si diffondevano per tutta la stanza come fiori in un campo
d’estate.
Con un nome non so dirti chi sono: il mio nome,
sacra creatura, mi è odioso in quanto
tuo nemico. L'avessi qui scritto, strapperei la parola.
Conosceva quella voce, l’aveva sentita così tante volte che
a malapena la sopportava; ma in quel posto tutto sembrava diverso e perfino
quella voce tanto odiosa risuonava leggiadra, come il canto di una sirena. Le parole
si increspavano, si accavallavano, scorrevano e si fermavano d’improvviso per
poi riprendere in una folle corsa. Era affascinante, era uno spettacolo che
aveva ormai completamente rapito il ragazzo dai capelli d’avorio che se ne
stava in silenzio, la mente offuscata da quei suoni tanto avvincenti. Poi, con
un tonfo, la ragazza chiuse il libro e si alzò, come se tutto fosse bruscamente
finito in pochi istanti. Draco si nascose dietro gli scaffali, sperando che lei
non lo vedesse, sperando che in quel modo avrebbe potuto dimenticare tutto. Lui
era così, rimaneva sempre turbato dalle cose più insignificanti: spesso era un
odore, un colore, un suono particolare; si creava una dipendenza dalla quale
non riusciva mai ad uscire. La ragazza gli passò accanto, quasi sfiorandolo
senza vederlo: lei correva, forse era in ritardo, forse qualcosa di importante
fuori da quella stanza la attendeva. Fatto sta che d’improvviso il ragazzo si
trovò solo in quella stanza troppo grande per lui e quando voltò lo sguardo
verso il posto dove fino a pochi istanti prima era seduta la ragazza notò che
un libro chiuso era rimasto lì, abbandonato. Si avvicinò, sfiorando la pelle
della copertina e leggendone il titolo: Romeo and Juliet. Lo aprì lentamente ed
il cuore gli sussultò. Un nome spiccava nella prima pagina, scritto in una
bella calligrafia a ridosso del bordo inferiore: Hermione Granger.
Sai che la maschera della notte è sul mio viso, altrimenti un rossore verginale tingerebbe le
mie guance per ciò che m'hai sentito
dire stanotte.
Davvero, vorrei rispettare le forme, davvero, davvero cancellare ciò che mi è
uscito di bocca, ma ormai, addio cerimonie!
Mi ami davvero? So che mi dirai di sì e che io ti crederò.