(Zitta zitta
si intrufola nello spazio bianco del foglio) Ehm. Salv-
(SBADABAM!!! Centinaia di mobili ed oggetti di materiale non propriamente
morbido si abbattono su di lei, sommergendola) Sob.
So di meritarmelo, non ho obiezioni. Passiamo alla storia. Le risposte alle
recensioni le ho messe in fondo stavolta. Perdonatemi se potete, mi sento una
persona orribile. (angolino e si mette a fare cerchietti per terra).
Buona
lettura!
Capitolo 24:
Verso il baratro
Sentì la
porta della stanza di Kakashi-sensei richiudersi
dietro di le sue spalle e le venne spontaneo tirare un sospiro di sollievo,
mentre si asciugava con il polso gli occhi umidi. Ora che aveva detto come
stavano le cose a Kakashi, si sentiva in qualche modo
alleggerita nell’animo. Sì, le aveva fatto bene sfogarsi con qualcuno di
fidato.
Dopo la
scioccante scoperta il sensei era rimasto in silenzio
per qualche minuto per poi fargli un altro paio di domande, giusto per capire
se stesse mentendo. Poi le aveva chiesto scusa, dicendole che gli dispiaceva.
[“Daijobu, Kakashi-sensei.”]
aveva risposto sorridendogli serena, non volendo provare ulteriormente il
fisico debilitato del jonin con sensi di colpa
inutili.
Di certo le cose
sarebbero andate per il verso giusto, da quel momento in poi. Ne era certa.
Senza
accorgersene cominciò a camminare contenta verso casa, saltellando qualche
volta sentiva il proprio umore toccare i vertici della felicità. Il suo cuore
era nuovamente pieno di fiducia.
Kakashi-sensei non avrebbe permesso che Moriko
venisse cacciata e avrebbe dato più tempo sia a lei che alla cugina. In più Naruto era partito con Jiraya-sama
alla ricerca del prossimo Hokage.
Arrivò alla
porta di casa propria con il sorriso sulle labbra.
E anche
quando Riiki l’accolse con la solita dose di insulti
il suo buon’umore non scomparve.
Intanto…
“Stupido
fratellino.”
Il sussurro
che gli arrivò alle orecchie da parte del fratello che in quel momento lo
teneva schiacciato al muro sostenendolo per la gola, fece lo stesso effetto di
tanti aghi ghiacciati piantati in petto. In lontananza le urla di un amico
confuso e preoccupato, ma ignorate anche dalle sue orecchie che ora non
sentivano altro che quella voce. La sua.
“Non puoi
ancora sperare di uccidermi.”
Dove aveva
sbagliato? Cosa gli mancava?! Cosa doveva fare per riuscire a cancellare la sua
esistenza alla faccia della terra?!
Dimmelo maledetto!! Dimmelo!!!!
“Nel tuo
cuore non c’è…” un sussurro strisciante come quello
di un serpente ed oscuro come le ali nere di un corvo. Presagio d’inganno,
presagio di morte.
“Abbastanza
odio.”
Io ti odio già! Ti odio con tutto me
stesso!!
Due occhi
color sangue si incrociarono ed uno di essi ricadde nel vuoto. Il vuoto di un
pozzo oscuro fatto di immagini riflesse nelle tre falci del sonno eterno.
Immagini di una famiglia sterminata senza pietà. Immagini di un ventaglio rosso
e bianco macchiato di sangue e colpito dritto al cuore.
ITACHIII!
Nell’ospedale
di Konoha il reparto di terapia intensiva venne
riempito dai passi affrettati di una ragazza in preda al panico. Le infermiere
che passarono in quel momento nel corridoio si guardarono con disapprovazione,
scuotendo la testa alla vista di un’ennesima mancanza di rispetto da parte di
una giovincella che come al solito, non afferrava il semplice fatto che in
ospedale il regolamento vietava di correre nei corridoi.
Ma come si
poteva d’altronde criticare una ragazza di agire in modo “irrazionale” quando
il suo unico pensiero viene rivolto alle condizioni disperate di una delle
persone più importanti della sua vita?
Sakura
spalancò di botto la porta della stanza, fortunatamente occupata solo
dall’oggetto delle sue ansie, buttandosi a capofitto sul letto dalle lenzuola
candide, ritrovandosi ad osservare inorridita il viso pallido del proprio
compagno di squadra.
Sentì gli
occhi annebbiarsi vedendolo respirare a fatica.
“Sasuke…” sussurrò, sentendo le gambe farsi deboli e
tremanti, poggiando la fronte sul letto.
Dietro di lei,
rimanendo ferma sulla soglia, Moriko osservava la
scena con sguardo sofferente.
“Sasuke-san… ”
Un ultimo
richiamo disperato precedette il pianto della rosa.
“Sasuke! Svegliati!”
E più avanti
Sakura, tornando indietro con la mente, avrebbe visto in quel preciso istante
della propria vita l’inizio della caduta verso il baratro. La loro caduta.
Il cielo era
stranamente sereno quella mattina. Era passata quasi una settimana da quando Sasuke era stato riportato a Konoha
in stato di incoscienza.
Sakura sistemò
nel vaso pieno di acqua fresca un nuovo mazzolino di fiori appena colti,
poggiandolo con cura sul comodino accanto al letto. Si sedette sullo sgabello
cominciando ad osservare con sorriso tirato il volto ancora pallido di Sasuke. Sembrava stesse dormendo, ma, da quello che le
aveva detto Kakashi, quelli in cui Sasuke era immerso non erano affatto bei sogni, ma
terribili incubi.
Incubi,
provocati da un’arte oculare, che avrebbero a poco a poco consumato la sua
mente se entro domani non fosse arrivato il nuovo Hokage,
un ninja medico che a detta di tutto il mondo era l’unica in grado di fare
qualcosa per l’Uchiha. Strinse i pugni sulle
ginocchia.
E pensare
che le cose avevano cominciato a girare per il verso giusto…
pensò corrugando la fronte.
Si stupì quando
sentì una mano poggiarsi delicatamente sulla sua spalla, non avendo sentito
alcuna presenza entrare dalla porta lasciata da lei stessa aperta per far
circolare un po’ d’aria.
Si voltò
incontrando lo sguardo monoculare del suo sensei
sorriderle incoraggiante, nonostante si sorreggesse a fatica su una stampella.
Lei rispose
al gesto, voltandosi poi di nuovo verso il ricoverato.
“Kakashi-sensei…” sussurrò “… ci sono notizie?”
Un momento
di silenzio.
“No, ancora
niente.”
Il peso
dello sconforto tornò a farsi sentire.
“Sakura…” la richiamò prontamente la voce del jonin “… andrà tutto bene vedrai.”
La rosa ci
volle credere a quelle parole, dal più profondo del cuore.
Il suono dei
fringuelli al di fuori della finestra riempì il vuoto della stanza, dando la
breve parvenza di un’atmosfera serena.
Una risata
amara.
“Kakashi-sensei.” La voce calma, ma leggermente incerta
della rosa arrivò stranamente ovattata alle orecchie del copia ninja.
“È stato
davvero il fratello di Sasuke a…?”
Kakashi guardò stupito la giovane allieva, non aspettandosi
una domanda simile, ma non trovando motivo per non risponderle, prendendo un
secondo sgabello accostato alla parete e sedendo visi, le si mise affianco.
“Suo
fratello ha…”
“Sterminato il
suo stesso clan.” Lo interruppe con voce leggermente tagliente “Lo so.”
Di nuovo il sensei la guardò sorpreso, avrebbe voluto chiederle come
faceva a conoscere un fatto così strettamente riservato, ma non lo fece: dopo
quello che gli aveva svelato pochi giorni fa, non sentiva più il bisogno di
forzare Sakura a parlargli. Sentiva che sarebbe stata lei a venire da lui al
momento giusto.
“Sì.” ammise
dopo un po’ “È stato suo fratello a ridurlo in questo stato.”
“Come si fa
ad essere così spietati?!” disse quasi urlando la rosa abbassando di un po’ la
testa, smorzando il tono di voce che sarebbe potuto sfociare in un vero e
proprio grido, se non si fosse controllata, ma questo non turbò più di tanto Kakashi, che rimase ad osservarla impassibile. Era una
reazione normale in fondo. Specie per lei che aveva perso la propria famiglia
in modo molto simile.
“Come si fa
anche solo a pensare ad uccidere un proprio famigliare?!” continuò la giovane Haruno coprendosi il volto con le mani.
Una mano del
jonin scattò d’istinto verso la schiena
dell’adolescente strofinandola rassicurante.
“Avevi dei
fratelli, nel … tuo clan?” sorse spontanea la domanda. Forse Kakashi voleva solo cambiare argomento, distraendo Sakura
dal dolore del proprio compagno, ma non fu molto convinto di aver fatto la
scelta giusta quando incrociò gli occhi color giada ed umidi della più giovane.
Sakura si
asciugò gli occhi con una mano, ritornando dritta sullo schienale e lasciò che
il suo sguardo cominciasse a vagare fuori dalla finestra, dove un albero
verdeggiante ondeggiava lievemente al soffio del vento. Era in quei momenti che
a Kakashi la sua piccola Sakura assumeva ai suoi
occhi l’aspetto di una ragazza prossima a diventare una donna matura.
“Avevo una
sorella.” Disse poi “Una gemella.”
Questo lasciò
di sasso l’uomo che cominciò ad immaginarsi due Sakura perfettamente uguali.
“Ah…” sussurrò, ritrovandosi con pochissimi argomenti “E… come si chiamava..?”
“Kuki.”
La risposta
arrivò talmente veloce da far venire un brutto presentimento al jonin.
“Si chiama Kuki.”
Furono le
ultime tre parole però a fargli capire che il suo presentimento era più che
fondato.
“E mi odia.”
“Shikamaru nii-san~?!” lo chiamò Moriko,
scendendo compostamente dalle scale a piedi ancora nudi.
Il giovane Nara, con la guancia sostenuta da una mano mentre aspettava
assonnato, come di consueto, che la colazione fosse servita in tavola, vide la
folta ed intricata capigliatura della sorella adottiva spuntare dallo stipite
della porta. Nella cucina tutti, compresa Yoshino
ancora intenta ad armeggiare ai fornelli, sorrisero inteneriti all’espressione
dolce ed innocente della ragazza.
Shikamaru sbadigliò un attimo, facendo grugnire la madre
per la sua solita mancanza di educazione, per poi sorridere alla testolina di Moriko, unica parte ancora visibile della ragazza.
“Sì, … Moriko-chan?” al giovane Nara
sembrava ancora un po’ strano chiamare Moriko in quel
modo, ma ci stava facendo pian piano la sua abitudine. Di certo il fatto di
averla baciata pochi giorni fa non aiutava, ma era certo di poterci riuscire.
“Non trovo Kuroneko-chan. L’hai visto?”
Al signor Nara non sfuggì il lieve gesto di disappunto che passò sul
volto del figlio.
Quello a cui
si riferiva Moriko era niente meno che il peluche
regalatole da Kiba, da lei ribattezzato, non molto
fantasiosamente, Kuroneko-chan.
Ora, il
fatto che Moriko adorasse il proprio peluche era una
cosa tanto grave di per sé, ma era da un po’ di giorni che per Shikamaru quel fastidioso animaletto imbottito era
diventato quasi un sinonimo della parola Kiba.
E qui la cosa diventava complicata, visto che recentemente il suddetto Inuzuka non faceva che bazzicare continuamente in casa Nara con la scusa di vedere i suoi ‘altri compagni di
squadra’ per ‘parlare degli allenamenti’. L’ironia della cosa stava nel fatto
che Kiba non faceva che parlare e scherzare con Moriko, estraniando completamente Shikamaru
dalla conversazione, dacché entrava dalla porta finché non ne veniva buttato
fuori a calci, o quasi, dallo stesso giovane Nara.
La cosa era
diventata talmente frequente che ormai sua madre, Yoshino
Nara, aveva già cominciato a figurarsi uno splendido
matrimonio tra i due adolescenti, definendoli, con suo enorme ribrezzo “una
splendida coppietta”.
Ovviamente
la signora Nara era ben lungi dal sospettare un
possibile triangolo amoroso tra la sua novella figlia, Kiba
Inuzuka e suo figlio.
Shikamaru si era ben premurato di non far nemmeno
immaginare una cosa simile a sua madre.
Pena la più
tragica delle morti.
Tuttavia suo
padre, da buon uomo di famiglia, pareva non essere tanto distratto come la
moglie sulla situazione.
“No.”
Rispose il moro dal codino “Non l’ho visto.” Terminò lanciando un’occhiata
furtiva al padre che, voltatosi verso di lui, lo osservava con un mezzo sorrisetto,
tipico di quelli che la sanno lunga ma non dicono niente.
Moriko si rattristò, assumendo un espressione da cucciolo
che Shikamaru non ebbe paura di definire “adorabile”.
“Ah, Kuroneko-chan?” chiese improvvisamente sua madre dall’altra
parte della cucina, mentre sistemava nelle varie ciotole la giusta quantità di
cibo per ognuno di loro.
L’espressione
di tutti, e in particolare della ragazza dalla treccia, si illuminò
interessata.
“L’ho messo
a lavare proprio ieri.” ammise volgendo un sorriso verso tutti, uno di quelli
che non ammettono né critiche né commenti di alcun genere.
“Adesso sarà
ad asciugare.” Terminò dedicandosi a servire quello che aveva preparato in
tavola.
Shikamaru adorò sua madre, nell’immaginarsi quell’odioso
gattaccio nero vene sbatacchiato e strizzato impietosamente dalle “docili” braccine della donna di casa.
“Adesso
siediti e mangia.” Disse premurosa Yoshino, pulendosi
poi le mani con il lembo del grembiulino che stava indossando, mentre tornava
un attimo in cucina.
Detto fatto Moriko si affrettò ad ubbidire alla madre, sedendosi
proprio sul lato sinistro di Shikamaru, mostrando a
tutti un sorriso sollevato: evidentemente aveva temuto di perdere il suo
adorato gatto-peluche.
Il giovane Nara non poté non notare con un certo rammarico che la
sorella acquisita fosse ancora in pigiama, indice del fatto che per cercare il
pupazzo non si era nemmeno preoccupata di vestirsi.
Dopo aver
fatto i dovuti ringraziamenti, si misero a mangiare, iniziando così la prima
parte della giornata.
“Shikamaru nii-san, tu e too-san oggi dovete andare da qualche parte?” chiese la
ragazza masticando lentamente un boccone del proprio gohan.
“Sì, oggi
andranno al Palazzo dell’Hokage a fare una cosa
importante.” La informò Yoshino sedendosi opposta a Moriko e alla destra di Shikamaru.
“Se vuoi
puoi andare con loro. Tanto oggi non avete allenamenti, o sbaglio?”
Il giovane Nara rimase un poco sorpreso nel vedere l’espressione della
ragazza dai capelli verdi farsi combattuta, mentre mangiucchiava nervosamente
la punta delle bacchette.
“Eto…” sussurrò “…
veramente…”
I due
coniugi rizzarono le orecchie e a Shikamaru gli si
fermò quasi il riso in gola.
“Hinata e io dovevamo andare a trovare Lee-san
oggi.”
Il giovane shinobi delle ombre sospirò quasi di sollievo: quando
ribadiva che le donne erano una vera seccatura non esagerava.
Ma Moriko fin’ora si era dimostrata capace di essere la sua
seccatura più grande.
“Hai preso
molto a cuore il tuo ruolo di fratello maggiore, eh?”
La domanda
si Shikaku lo prese totalmente alla sprovvista, tanto
che per un attimo non seppe come rispondere.
Sia padre
che figlio in quel momento stavano salendo le scale che conducevano al piano
superiore del palazzo dell’Hokage, attualmente
sprovvisto della sua più alta carica, anche se per poco ancora.
“In che
senso?” chiese di rimando Shikamaru apparentemente
disinteressato, facendo sì che un sorriso divertito si formasse sul volto
segnato da antiche cicatrici del padre.
“Nel senso
che lo odi.”
Si bloccò su
uno scalino, aspettando che il più grande si fermasse per poi guardarlo
intensamente. Sapeva che il padre aveva intuito cosa gli frullasse per la
testa, ma non avrebbe vuotato il sacco così velocemente.
“E perché
dovrei?” domandò simulando stupore nella voce “Non odio Moriko.”
“Infatti.”
Sorrise il più grande inarcando un sopracciglio.
Rimasero per
un po’ ad osservarsi senza mai voltare lo sguardo, né battere ciglio, padre e
figlio, in attesa l’uno della resa dell’altro.
Poi Shikamaru, intuendo l’inutilità di continuare quella farsa,
sospirò, abbassando la testa sconsolato.
“Quando
l’hai capito?” fu la sola domanda che ebbe la forza di pronunciare al genitore,
che di rimando allargò di più il proprio sorriso.
Lentamente
ricominciarono a salire la gradinata.
“Più o meno
da quando abbiamo fatto la festa di benvenuto.” Rispose Shikaku.
Al giovane Nara sfuggì quasi un singhiozzo: che deficiente, avrebbe
dovuto immaginare che l’occhio attento del padre non si sarebbe fatto sfuggire
i suoi strani comportamenti.
“È così
evidente?”
“Abbastanza.
Devo ammettere che comunque mi hai stupito, figliolo.”
Il ragazzo
alzò lo sguardo verso il padre, che continuava imperterrito a dargli la schiena
nell’atto di camminare con calma davanti a lui.
Ciononostante
non rispose, desiderando che la conversazione finisse lì, ma, a quanto pareva Shikaku non era della stessa opinione.
“Allora,
come ti appaiono adesso le donne?” chiese con una leggera punta di divertimento
il genitore.
Shikamaru ci pensò un po’ su ed erano già arrivati in cima
alle scale quando si decise a rispondere.
“Una grandissima seccatura.” Disse marcando
con particolare enfasi l’aggettivo.
Una risata
sfuggì all’uomo, mentre si voltava con espressione soddisfatta verso il figlio
e gli scompigliava affettuosamente il ciuffo con una mano, senza curarsi delle
obiezioni appena ringhiate da parte del più giovane.
“Allora sei proprio cotto, figliolo.”
Shikamaru spostò con una mano quella del genitore, senza
lasciar trasparire il proprio sollievo nell’aver potuto dichiarare, per lo meno
abbastanza implicitamente, al padre la propria situazione. Almeno avrebbe
potuto contare sul suo aiuto nel caso la madre, sventura delle sventure, avesse
mai scoperto i suoi sentimenti per Moriko.
Ci stava
ancora rimuginando sopra, quando, svoltando un angolo del corridoio, un paio di
seni gli coprirono la visuale.
Correzione,
due enormi seni.
Poi la sua
attenzione fu attirata da una zazzera spinosa e bionda a lui ben conosciuta.
“Ehi Naruto, che ci fai qui?”
Da dietro la
donna in piedi di fronte a lui, il biondo in questione non perse tempo a fare
la sua apparizione, scostando la signora da una parte,facendo a meno di pensare
alla galanteria. In effetti non sarebbe stato Naruto
altrimenti.
“Ti stavo
per chiedere la stessa cosa!” Gli ribatté con sguardo sottile Naruto portandosi una mano sopra gli occhi come se volesse
ripararseli dal sole per riuscire a vederlo meglio “Gli edifici qui intorno
sono solo quelli adibiti all’amministrazione dei ninja”
“Niente di
speciale, mi sto solo occupando di cose terribilmente noiose.” Li venne
naturale rispondere, evitando di sbuffare scocciato.
Vide l’Uzumaki fare per chiedergli di che cosa si dovesse occupare
nei dettagli, quando suo padre fece inavvertitamente un passo avanti,
sovrastando la loro conversazione.
“Tsunade-sama. Jiraya-sama.” Disse
con tono di ossequio chinando la testa in segno di rispetto.
Shikamaru alzò un sopracciglio incuriosito: suo padre
sembrava essersi irrigidito.
Tornò a guardare
la donna in questione, tralasciando la scollatura, ovvio, notando che era molto
giovane, bionda e con un simbolo rosso al centro della fronte.
Che strano, dovrebbe avere si è no
vent’anni. Come mai papà le da ha tanti riguardi? Si chiese mentalmente
imbronciandosi, per poi però aguzzare le orecchie non appena vide le labbra
rosse della donna cominciare a muoversi per rispondere al saluto del padre,
allargando gli occhi color nocciola in segno di interessamento.
“Ehi, ma non
siete della famiglia Nara?” chiese la bionda
spostando poi lo sguardo su Shikamaru, che intanto
aveva spostato stupito lo sguardo sul padre “E quel ragazzino chi è?”
Ok, dopo
l’ultima domanda Shikamaru si sentì in dovere di
levare cortesemente le tende, spostandosi come se nulla fosse da una parte,
seguito da Naruto.
“Ehi, Naruto.” Attirò la sua attenzione coprendosi la bocca con
una mano per non farsi vedere da quell’altra che intanto stava facendo una
specie di interrogatorio al padre.
“Chi è
quella donna che si dà tante arie?”
“È il nuovo Hokage.” Gli rispose subito Naruto
imitandolo“Ah, e anche se sembra molto giovane, ti assicuro che ha ben 50
anni.”
Il giovane Nara ci rimase a dir poco di stucco. Cinquant’anni? Come
faceva una donna avere cinquant’anni e portarseli appresso in quel modo? Non
aveva nemmeno una ruga! E inoltre… hokage? Una donna hokage?
Un attimo.
Gli stava
forse dicendo che si sarebbe dovuto sorbire la presenza di una donna anche
dalla carica più alta di Konoha?
Ma cosa
volevano gli anziani? La sua morte?!
Continuava a
guardare il volto di Sasuke sdraiato sulla branda,
mentre nella mente continuava a ripercorrere il discorso avvenuto tra lei e Kakashi, prima che lui uscisse dalla stanza dopo averle
accarezzato la testa e posato un bacio affettuoso sulla tempia.
Ma lei aveva
ancora la testa altrove.
[“Tua sorella?”
Sakura si limitò ad annuire per far capire a
Kakashi-sensei che aveva capito bene.
Sua sorella la odiava ed era ancora viva.
Viva e vegeta, come le aveva detto Coco la
prima volta che si erano riviste.
“Perché?” fu l’unico quesito che si sentì
porre dall’adulto, facendole scattare le sopracciglia in un’espressione quasi
infastidita.
Perché? Che cosa ne sapeva lei del perché?
Se soltanto l’avesse saputo non avrebbe avuto così tanto paura di Kuki. Avrebbe saputo come affrontarla. E invece nulla.
Niente. Assolutamente nulla che potesse spiegare quello spropositato odio che
aveva verso di lei! Otto anni erano rimaste separate in quel dannatissimo
laboratorio, condividendo dolori e paure, come avevano sempre fatto.
Eppure Kuki la
odiava, aveva mirato alla sua vita fin dal primo giorno in cui aveva visto i
suoi occhi disperati cambiare in un’espressione omicida diretta proprio a lei.
Aveva visto da allora il suo sguardo trapassare giorno dopo giorno il vetro
trasparente della prigione che le divideva, quasi volesse lanciarle mille
coltelli invisibili.
“Non lo so. Sensei.”
Scandì trattenendo a stento un tono di voce arrabbiato. “Davvero. Non lo so.”]
Sua sorella
la odiava e la voleva morta. Era questa la dura realtà. Per quel motivo, quando
aveva saputo che era stato Itachi, suo fratello, a
ridurre Sasuke-kun in fin di vita, aveva sentito
l’urgenza di esprimere la propria rabbia ed indignazione che le esplodeva in
petto.
Sapeva cosa
significava trovarsi in una situazione simile. Capiva perfettamente come Sasuke doveva essersi sentito la notte che aveva scoperto
lo sterminio della sua intera famiglia da parte del fratello.
Come minimo
doveva aver creduto… sperato di star facendo un brutto sogno.
Proprio come
lei il giorno in cui sua madre spirò davanti a lei in una pozza di sangue,
sussurrandole di vivere con il suo ultimo respiro.
Proprio come
quando vide Kuki odiarla con gli occhi per la prima
volta e muovere le labbra in modo tale da formare la parola “Muori”.
Quel giorno
Sakura era certa che avrebbe barattato la propria anima, anche i propri occhi
solo per poter risentire la voce cristallina di Kuki
sussurrarle ancora una volta: “Nee-chan, suki desu.”.
I suoi
pensieri vennero interrotti da dei passi rumorosi che la portarono a guardare
la porta della stanza proprio mentre le tende del lettino si scostavano,
facendo entrare una donna bionda e sorridente a lei sconosciuta che le rivolse
un caloroso ed allegro sorriso.
“Posso
entrare?” disse nonostante si fosse già accomodata accanto al letto.
Lei sbarrò
gli occhi, non capendo da dove spuntasse quella donna mai vista.
“C-chi sei?” chiese, rimanendo al contempo colpita dalla
bellezza della donna: era assolutamente stupenda, praticamente rappresentava il
suo ideale di donna che sarebbe voluta diventare da grande.
Di colpo,
saltellando da dietro la nuova arrivata, sbucò come dal nulla Naruto sorridente e pimpate come
non mai.
Era tornato!
“Tranquilla
Sakura! Presto Sasuke starà bene! Ti ho portato un grande
dottore!”
A quelle
parole la donna, che poi scoprì chiamarsi Tsunade,
sorrise seguita da un’altra dai capelli neri e dal vecchio Jiraya-sama
che chiudeva la fila.
Sakura
sorrise rilassandosi improvvisamente nel vedere il largo sorriso del compagno
di squadra.
Ce l’aveva
fatta. Aveva portato il ninja medico appena in tempo.
Assottigliò
gli occhi per un attimo in un sorriso per poi guardare intenerita l’Uzumaki.
Avrebbe
tanto voluto dirgli grazie eppure, c’era qualcosa che la fermava, anche se la
vista di quel volto sincero le infondeva una sicurezza pari a quella che si
percepisce stando stesi alla tiepida luce del sole.
Era come se
nel suo cuore permanesse un soffio freddo che le bloccava il respiro.
Per questo,
anche se il suo cuore urlava grazie al biondo, optò per non dire niente e
lasciare Sasuke nelle mani della donna, per poi
successivamente buttarsi al collo del moro non appena, con le lacrime agli
occhi per il sollievo, lo vide riemergere da quello che sarebbe potuto
diventare un sonno eterno.
Era stato
come rinascere una seconda volta.
La stretta
delle sottili braccia di Sakura al suo collo e le ciocche rosa che gli
solleticavano il viso, accompagnate da quell’inconfondibile profumo leggero e
floreale gli fecero tirare interiormente un sospiro di sollievo.
Quell’incubo
… quell’orrendo sogno dove Itachi l’aveva spinto per
una seconda volta nella sua vita l’aveva totalmente annientato nel fisico.
Nelle sue
condizioni sentì di non poter neppure alzare le braccia per rispondere
dovutamente a quella dolce stretta tanto agognata ed attesa, tanto le sue ossa
erano pesanti.
Spostò gli
occhi neri sul viso, nascosto nell’incavo del suo collo, di Sakura, morendo al
solo pensiero di non riuscire a fare nulla per lei.
Le sue
braccia tremavano dalla spalla alla punta delle dita al solo ricordo di quelle
orrende immagini sanguinose.
Inconsciamente
spostò la guancia più vicino a quella di Sakura, facendole sfiorare appena solo
per potersi beare ancora un po’ di quei capelli fastidiosi contro la tempia e
del loro profumo di fiori campestri.
Devo… pensò socchiudendo appena le palpebre,
vedendovi apparire davanti l’odioso viso del fratello, il suo ostacolo, la sua
ragione di vita che con la sua scomparsa l’avrebbe non solo liberato da
quell’orrendo peso all’altezza del cuore, che sentiva in quel momento più
gravoso che mai, ma anche reso capace di poter proteggere lei che in quel
momento l’abbracciava e piangeva sulle sue spalle.
… diventare più forte! ... A qualsiasi
costo!
“Lee-san?” chiese timidamente Moriko,
sporgendosi dalla porta della stanza dello shinobi,
ancora ricoverato. Gli occhietti tondi e vispi di Rock Lee si illuminarono, nel
vedere apparire sulla soglia della sua prigione bianca le figure composte ed un
poco incerte nei movimenti di Hinata e di Moriko, venute a fargli visita.
“Moriko-chan! Hinata-chan!”
esclamò sorridendo radioso, facendo sorridere serenamente le due kunoichi che entrarono della stanza.
“Che bella
sorpresa! Non pensavo sareste venute anche oggi!” esclamò l’allievo della
Bestia Verde, ricordando quante volte alla settimana Moriko
e Hinata venissero periodicamente a fargli visita,
puntuali come un orologio e sempre con qualcosa di buono da mangiare per lui.
Le manine
delicate e pallide della ragazza dai capelli verdi poggiarono sul comodino
accanto al letto una vaschetta di pranzo al sacco, avvolto da un lenzuolino di cotone azzurro legato con un fiocchetto sopra
per renderlo trasportabile.
“Si sente
meglio oggi, Lee-san?” chiese intanto Hinata, accostandosi al letto con le mani giunte
decorosamente in grembo.
A quella
domanda il ragazzo si grattò la testa, girando lo sguardo un po’ imbarazzato da
una parte.
“Bene… bene.” Disse non molto convinto, attirando su di sé
l’occhietto vigile di Moriko.
Non le
serviva richiamare il Kiishimugan per capire che in
realtà Lee-san stava dicendo una bugia per non farle
preoccupare, anche Hinata era riuscita ad intuirlo,
imbronciandosi ed abbassando lo sguardo a terra, pentendosi della propria domanda indiscreta.
Non fecero
in tempo però a spostare il tema della conversazione a quello che il bento sul comodino conteneva che dalla porta,
provvidenzialmente spalancata, fece la propria entrata in scena una figura
piroettante, visibilmente atletica e … verde.
“ROCK
LEEEE!!!” piagnucolò Gai-sensei con fiumi di lacrime
che gli fuoriuscivano dagli occhi, mentre con le mani stringeva quelle del
proprio allievo, ancora un poco sorpreso dell’inaspettata apparizione del
maestro.
“Sensei!” esclamò stupito il moro, mentre alle spalle
dell’adulto Hinata e Moriko
osservavano la scena in un silenzio più che altro dettato dallo stupore di
vedere un uomo fiero e spesso spaccone come Gai-sensei,
sciogliersi davanti ad altre persone in quelle che parevano essere lacrime di
commozione.
Le due
ragazze videro l’uomo tirare su col naso un paio di volte prima di spalancare
la bocca ne solito sorriso smagliante, seguito al contempo dal pollice ben
rivolto verso il soffitto.
A Moriko venne in mente che nemmeno il suo papà era mai
riuscito a fare una cosa simile con le proprie dita, ma in fondo, pensò
scuotendo appena la testa, non era il momento di pensare a cose simili.
“Tutto bene
Rock Lee, ti ho portato una dottoressa strabiliante! La migliore del mondo!”
esclamò tutto agitato lo shinobi dalla tuta verde,
schiarendosi poi la voce con fare solenne e facendo scattare una mano in
direzione della porta, proprio mentre Tsunade, con
aria più scocciata che solenne, fece il suo ingresso sotto gli occhi stupiti
dei tre giovani.
Gli
occhietti di entrambe le ragazze vennero sbattuti un paio di volte alla vista
di quella donna bellissima, tutta presa a rimproverare Gai-sensei
della propria irruenza.
“Hinata-san?” chiese con un sussurro Moriko,
inclinando la testa verso l’amica, che rispose facendo altrettanto.
“Lei la
conosce?” chiese infine la ragazza dai capelli verdi, spostando completamente
l’attenzione su Hinata, da cui però ricevette solo un
segno di diniego con la testa.
“No, Moriko-chan.”
“Non sta
bene parlare delle altre persone, mentre queste non ascoltano, signorine.”
Le due
ragazze si irrigidirono, scattando prontamente sull’attenti alla voce della
donna, ritrovandosela davanti con le mani impuntate sui fianchi e un sorriso
furbesco sulle labbra.
“Sumimasen! Risposero all’unisono Moriko
e Hinata allo stesso tempo chinandosi leggermente in
avanti, l’una con la solita espressione
innocente e sorpresa, l’altra completamente rossa in volto.
“Tu devi
essere Hinata Hyuuga,
bene?”
A quelle
parole il rossore si dissolse dal volto della ragazza dagli occhi perlacei, che
si rimise di nuovo dritta sulla schiena stupita di essere stata riconosciuta da
un’estranea che a quanto pareva, era una persona abbastanza importante, a
giudicare da come l’aveva introdotta Gai-sensei.
“S-sì signora, s-sono la figlia di Hiashi
Hyuuga.” Balbettò impacciata, facendo sorridere
intenerita Tsunade per un istante, prima che questa
spostasse la propria attenzione su Moriko, tornata di
nuovo ad osservare con infantile curiosità la giovane donna che le stava di
fronte.
Non aveva
mai visto un petto tanto gonfio… o sì?
“E tu? Come
ti chiami?”
Quella
domanda la fece sobbalzare per la sorpresa, tanto era immersa nelle proprie
riflessioni sulle prepotenti e famigliari forme di quella signora bionda.
“Moriko Nara, ojousan1.” Rispose educatamente, vedendo però gli occhi
nocciola della donna allargarsi leggermente per la sorpresa, cosa che la fece
un poco preoccupare e corrugare la fronte.
“Una Nara…?” fu tutto quello che la Sannin
delle lumache riuscì a dire prima che le lamentele di Gai-sensei
la disturbassero a tal punto da farla accigliare e rivoltarsi verso Rock Lee,
ansioso, a parere del suo sensei, di venire visitato
e curato.
Ne seguì un
rapido controllo alla quale anche la giovane Hyuuga e
la giovane Nara assistettero, anche se, quando il
loro coetaneo fu costretto a togliersi la parte superiore del kimono per
scoprirsi la schiena, Hinata si premurò di girarsi,
spinta dal pudore, dall’altra parte arrossendo appena sulle guance.
L’occhietto
color giada di Moriko invece rimase ben aperto ed attento,
studiando nei minimi particolari ogni gesto della donna, curiosa di vedere come
avrebbe guarito il suo amico.
Quella donna
dal petto grande le ricordava qualcosa. Assomigliava stranamente a qualcuno di
cui però non le veniva in mente né il nome né l’aspetto fisico.
Ci stava
ancora rimuginando sopra quando vide il viso di Tsunade
sbiancare e decretare con tono dispiaciuto nei confronti di Rock Lee, qualcosa
che lasciò tutti, compresa lei ed Hinata,
completamente spiazzati.
“Mi
dispiace, … ma non potrai più essere … uno Shinobi.”
Era ormai
sera per le due kunoichi. Il vento sospirava tra i
loro capelli, facendo apparire le loro figure più malinconiche di quanto già
non fossero, dopo aver visto, poche ore prima, Rock Lee accettare con una
determinazione quasi disperata l’operazione rischiosissima proposta da Tsunade, il nuovo Hokage, che
avrebbe potuto o donargli la completa guarigione delle proprie gambe … o la
morte.
Moriko strinse le labbra, torturandosele con i dentini,
fermandosi un istante per poi venire imitata dalla giovane Hyuuga,
sorpresa, ma non più di tanto, di vedere l’amica fermarsi così di botto.
In fondo
anche lei era più o meno nel suo stesso stato d’animo.
“Hinata-san…” cominciò la ragazza dai capelli verdi,
incrociando le iridi perlacee dell’altra quasi supplicandola “Lee-san non morirà, vero?”
A quelle
parole la mora, sbarrò gli occhi, non sapendo proprio cosa risponderle. Aveva
come l’impressione che, qualunque fosse stata la sua risposta, avrebbe finito
col dire o una bugia o una verità troppo dura da accettare.
Moriko era pur sempre una bambina in fin dei conti. Agli
occhi di Hinata sarebbe stato troppo rischioso
metterla di fronte la possibilità, non tanto remota che il compagno di squadra
di suo cugino finisse col morire, pur di seguire il proprio sogno di diventare shinobi.
La ragazza
non rispose, biascicando qualche parola sconnessa e priva di significato,
guardando da una parte. Non sapeva davvero cosa dirle.
“Io non
voglio che Lee-san muoia.” Affermò ancora Moriko con lo stesso tono infantile e lamentoso di prima “Lui non lo merita.”
A Hinata parve un attimo, ma era stato come se con quel “Lui”
avesse voluto sottintendere qualcos’altro. E le ritornarono alla mente le
parole di Sakura quando aveva svelato loro una parte fondamentale del carattere
di Moriko:
[…non mirerebbe mai ad uccidere. Mai. Nemmeno se ci fosse di mezzo la propria
vita. Il modo in cui valuta la propria vita… è una
cosa che si porta dietro fin da quando era bambina.]
Un brivido
percorse ogni singola vertebra della sua schiena al ricordo di quelle parole
che solo in quel momento le parvero prendere pieno significato.
Sembrava
proprio che Moriko si ritenesse veramente meritevole
di morire. La storia del suo occhio doveva averla segnata davvero nel profondo.
“Moriko-chan…” cominciò Hinata,
dopo essersi data forza con un respiro profondo “Nemmeno tu lo meriti.”
L’occhietto
verde giada dell’altra si allargò di stupore, colta alla sprovvista da quella
strana risposta che mai nessuno le aveva rivolto, a parte la sua Itokosan.
Le fronde
degli alberi che delimitavano con le proprie fronde sempreverdi frusciarono al
respiro della sera che pian piano stava colorando di porpora il cielo, dando a Moriko l’avvisaglia di tornare subito a casa dal suo Kuroneko-chan, prima che dei brutti ricordi ritornassero ad
assillarla.
Velocemente
assunse un sorriso sereno, atto solamente a tranquillizzare la giovane Hyuuga che, a quell’espressione, parve rilassarsi,
sorridendo a sua volta.
“Andiamo a
casa, Moriko-chan.” Propose Hinata,
ricominciando pian piano a percorrere il sentiero che conduceva al centro del
villaggi e così avrebbe fatto anche la ragazza dalla treccia, sennonché …
L’espressione
della ragazza dai capelli verdi si congelò, avvertendo qualcosa di strano.
Un
solletichino. Qualcosa di sottile. Attorno al suo collo.
Le labbra
pallide si dischiusero in una muta esclamazione di stupore, per poi serrarsi
nuovamente, rivolgendosi all’ingiù in una espressione seria.
La mora,
accorgendosene, le rivolse un’occhiata interrogativa, ritrovandosi però davanti
solo uno sguardo rivolto verso il basso.
“Moriko-chan?”
Di nuovo il
volto pallido di Moriko si rialzò, sorridente come
prima.
“Gomenasai, Hinata-san.
Mi sono ricordata di dover fare una cosa prima. Lei vada pure avanti. La raggiungo
tra poco.”
“Ma-…”
“Kudasai2.”
“Uh-Uhm.”
Annuì alla fine la ragazza, voltandosi non molto convinta e ricominciando a
camminare.
Qualche
metro più avanti, quando osò lanciare un’occhiata all’indietro, vide la folta
ed indomabile chioma di Moriko scomparire oltre un
paio di alberi lì vicino.
Quei fili la
stavano conducendo tra gli alberi, guidandola con gentilezza nel profondo di
quel piccolo boschetto, dove la luce stentava ad arrivare, rendendo stranamente
tutto più lugubre di quanto già non fosse.
Uno scoiattolino si mosse sopra un ramo, sporgendosi
incuriosito alla vista di quella figura dalla pelle alabastrina, molto simile
ad una leggiadro fantasma, fermarsi proprio in mezzo ad una piazzuola cosparsa
di aghetti di pino ed erbetta umida e fredda.
Moriko sentì la pressione quasi tagliente di quei filamenti
trasparenti scivolarle via dal collo e dai polsi, permettendole finalmente di
respirare a pieni polmoni.
Alzò lo
sguardo con assoluta calma, studiando per bene i rami circostanti, senza esternare
alcun tipo di emozione né timore.
Perché mai
avrebbe dovuto? In fondo, conosceva una sola persona in grado di fare una cosa
simile.
“Moriko-chan~!!”
urlò graziosamente una figura scura dietro di lei, piombandole quasi addosso.
Moriko, si spostò semplicente di
lato con un saltino aggraziato, assistendo poi alla capitombolata della sua
assalitrice, finita inevitabilmente con la faccia immersa tra gli aghetti morti
di pino.
Una serie di
singhiozzi e piagnucolii infantili precedette la comparsa dei vestiti scuri
della ragazza dal fitto strato di foglie morte, un kimono di seta ricamato di
fiori viola e neri con una bella sottoveste di pizzo nero a sbuffo che sbucava
da sotto di essa, dando agli stivali ninja oltre ginocchio, anch’essi neri,
un’aria più elegante.
“Ueeeee!!!”
Moriko sbattè un paio di volte la
palpebra sinistra nel veder la ragazza davanti a lei cacciare all’indietro la
testa, cominciando a far sgorgare senza ritegno fiumi di lacrime dagli occhi
come una bambina, dando sfoggio della sua inconfondibile acconciatura,
ulteriore prova della sua identità: lunghi capelli neri, lucidi, dai riflessi
violetti, tirati indietro in un elegante chignon tenuto fermo da un nastro di
seta nera, con una frangia incorniciava davanti il vis, il quale non tardò a farsi
vedere.
Un paio di
occhi dal taglio orientale e felino quasi quanto quelli di Coco si voltarono
accusatori ed indifesi verso la ragazza dai capelli verdi, facendo incontrare
le loro iridi del medesimo colore per un istante, prima che il pianto aumentasse
d’improvviso, costringendola a serrare le palpebre per lo sforzo.
“Cattiva Moriko-chan! Cattiva!” singhiozzò quella sempre
strofinandosi gli occhi con le mani, storcendo la bocca dipinta di rossetto
nero, in netto contrasto con la sua pelle pallida, in una smorfia poco fine.
Moriko sospirò, sinceramente dispiaciuta di quello che
aveva combinato, accovacciandosi poi accanto alla ragazza dark, con le mani
sulle ginocchia.
“Ayame-san…”
“Perché mi
tratti così?! Io volevo solo farti un salutino! Non ci vedevamo da tanto! Sei
cattiva Moriko-chan! Non mi vuoi più bene! Ueeee!”
“Ayame-san.”
“Ti ho visto
con quella ragazza prima! Tu mi tradisci! Perché Moriko-chan?!
Io ti amo tanto! Farei di tutto per te!”
“Ayame-san.”
“E pensare
che sono venuta a trovarti passando anche per la sorveglianza del villaggio!
Hai idea di che fatica abbia fatto? Non ho riposato nemmeno un istante per
arrivare il prima possibile!”
“Ayame-san!”
Gli
sproloqui della ragazza vestita di nero vennero finalmente interrotti e gli occhi
color giada di Ayame si spalancarono stupiti a
guardare il faccino sinceramente dispiaciuto di Moriko.
Tutta rannicchiata su sé stessa, Moriko, abbassò lo
sguardo a terra, incavando la testa tra le spalle.
“Come sta?”
Il viso
pallido di Ayame si illuminò ed in un lampo le sue
mani smaltate di nero circondarono le spalle dell'altra cominciando a
strapazzarla come un pupazzo.
“Moriko-chan~!”
disse con tono mieloso “Lo sapevo che mi amavi anche tuu~!”
Tutta
confusa a causa delle attenzioni che l’altra le stava riservando, la ragazza
dalla treccia, stette in silenzio per un istante, lasciando fare alla cugina i
propri comodi, anche se quando sentì una leggera pressione al petto, avvertì
l’urgenza di scostarla da sé senza pensarci troppo.
“Ayame-san, avete già incontrato Itokosan?”
chiese sorridendo serena, come se nulla fosse successo.
Un’espressione
confusa e sorpresa percorse il viso delicatamente truccato della mora, ed un
dito venne posato decorosamente sotto il mento, seguendo la direzione degli
occhi che pensierosi scrutarono l’aria cercando di mettere insieme dei pezzi
immaginari.
“Ah! Quella Itokosan!” esclamò poi, battendo un pugno su una mano.
Sulla testa
di Moriko apparve una minuscola gocciolina: lei
poteva essere una smemorata, ma Ayame la batteva su
tutta la linea. Era così da quando erano bambine: bastavano 5 minuti che già si
scordava quello che diceva.
“No. Sono
venuta direttamente da te Moriko-chan~!” esclamò allargando le braccia e
sorridendo radiosa, quasi aspettandosi che Moriko si
buttasse a capofitto su di lei, cosa che non avvenne, anzi, la mora vide
l’altra alzarsi tranquillamente e rivolgerle un sorriso che sapeva un po’ di
rimprovero.
“Dovreste
andarla a trovare invece.” Disse, guardando gli occhi di Ayame
allargarsi stupiti “A Itokosan farà piacere.”
Fu tutto
quello che disse prima di voltarsi e dirigersi lungo la via che aveva percorso
in precedenza sotto la guida di Ayame.
Quest’ultima
alzò per un attimo un braccio e le su iridi si dilatarono appena, mentre
invisibili, sottili fili attraversati da chakra,
partendo dal retro del suo obi si diressero come
serpenti verso la schiena della ragazza dalla treccia, arrivando fino a
sfiorarle una spalla, ma …
“Ayame-san. Non mi faccia arrabbiare.”
La voce di Moriko la scosse a tal punto da farle ritirare di getto i
suoi fili.
“Io non
posso volere bene solo a lei.”
Questo disse
prima di scomparire definitivamente dalla vista di Ayame
che, rimasta nuovamente sola, stese le labbra scure in un sorriso autoironico,
rialzandosi da terra e scrollandosi quei fastidiosi aghetti di pino dai vestiti
e dai capelli.
“Uffa.”
Sbuffò imbronciandosi, puntellando
entrambe le mani sui fianchi “E io che speravo in qualcosa di più…” aggiunse con tono affranto.
“E va be’.” Fece poi cominciando a camminare tranquillamente,
risalendo la corteccia dell’albero dalla quale si era lanciata “Vorrà dire che
mi rifarò gli occhi su qualche bel ragazzo o ragazza del villaggio.”
Arrivata,
dopo svariati cambi di direzione, in cima all’albero i suoi occhi scrutarono
impenetrabili il paesaggio del villaggio.
Un sorriso
enigmatico si dipinse sulle sue labbra nere, mentre alzava fluidamente una mano
all’altezza degli occhi, allungandone l’indice, dove zampettante riposava un ragnetto, delle dimensioni di un sassolino, e dalle zampe tanto
sottili da sembrare invisibili.
I mille
occhietti dell’aracnide incontrarono in un istante l’iride acquosa della
ragazza, venendo immediatamente investito da qualcosa che lo intorpidì da chele
a zampe, prima di sentirsi trascinare da una forza sconosciuta in direzione del
villaggio, alla ricerca di qualcosa.
“Bene.”
Sussurrò soddisfatta Ayame, stirando le braccia
all’indietro, per poi assumere l’espressione più estasiata ed ansiosa mai
esistita.
“E ora … a caccia~!”
“Di cosa
volevi parlarci Tsunade?”
“Ormai
abbiamo già discusso sulla tua carica di Hokage, non
vedo altri motivi per convocarci in riunione.”
Tsunade osservò con malcelato scontento le lamentele
strascicate dei vecchi capo villaggio, intrecciando le mani davanti al mento.
Non avrebbe voluto doverne parlare. Specialmente non a così poche ore dalla sua
investitura ufficiale, ma non poteva farne a meno. Doveva sapere.
Aveva fatto
le dovute ricerche subito dopo aver parlato con la ragazza di nome Moriko Nara. Si ricordava di lei,
o almeno, di una persona uguale a lei, scomparsa tempo addietro, e di certo non
si trattava di una Nara.
“Volevo
parlarvi di una questione delicata.” Rispose semplicemente abbassando le lunghe
ciglia al ricordo di quella donna collegata a quanto pare più che dall’aspetto
fisico, a quella ragazza dai capelli verdi.
Ne era
certa.
“Ti
ascoltiamo.” La incitò Homura, dissimulando un tono
di voce scocciato.
“Riguarda i Ninigi.”
Fu quella
semplice frase a far cadere nella stanza un silenzio tombale.
E Tsunade seppe di aver scoperchiato un pozzo infinitamente
profondo e pericoloso. Ora doveva solo vedere quanto sarebbe stata in grado di
sopportare la sensazione di cadere in quel baratro.
Continua….
Note di
TRADUZIONE
¹Ojousan: significa “Signora”, modo formale per rivolgersi
ad una donna o di evidente classe sociale elevata o che non si conosce.
²Kudasai: per favore
ANTICIPAZIONI:
Moriko! Si può sapere che ci fa LEI qui?!
“Ayame-san, che cos’ha combinato stavolta?”
“Io? Nulla!
Giuro!”
Fa lo
stesso! Tu ora torni a Iwa! E di corsa! Ehi! Mi
ascolti, ma… che centra adesso Shino?
“Presentamelo!!!”
Scordatelo!
Non ho tempo da perdere con te! La situazione è critica! Non rovinerai tutto
sul più bello!
“Ehi Moriko, chi è quella strana tipa?”
“Piacere~!”
Torna ad Iwa!!
“E così ora
sai tutta la storia, Tsunade.”
“Siete dei
dannati bastardi!”
Kakashi-sensei! Allora Moriko
potrà restare qui al villaggio?
“Promossa a
pieni voti.”
“Evviva!”
No, tu te ne
torni ad Iwa! Adesso!!
Il prossimo
capitolo di Nanaban Hana: I sette
fiori insanguinati- il risveglio, s’intitolerà “I mille volti del dolore”
Non perdetevelo!
Itokosan … non vedo
Sasuke-san.
RISPOSTE
ALLE RECENSIONI:
Rinoagirl89: E io cosa sono? Y-Y in
fatto di ritardi batto chiunque, ma alla fine ce l’ho fatta! Spero tu abbia
gradito l’entrata in scena della nuova e ultima cugina citata di Sakura! Eh sì.
Dopo di lei non arriveranno nuovi cugini mai citati prima di adesso!
Dici che non avremmo dovuto saperlo? Io invece ci ho fatto dei castelli in aria
stupefacenti sull’identità della nostra rosa, anche se alla fine sono scesa nel
drammatico, ma si sa: sasuke ha avuto un’esistenza
drammatica, naruto pure, e per dare più spicco alla
nostra sakurina non ho potuto fare altro! X(
Kisame e Itachi sono i miei
miti! Su Moriko non ti preoccupare! Se sue capacità
verranno spiegate! Ehehe. (si sfrega le mani).Ok e
adesso ti mando un bacione! Kiss! E spero di
risentirti presto! Augurami buona fortuna con l’uni! ^___^
debbyuchiha:
E
qui ti ho messo un’altra scena sasusaku! Piaciuta? Spero di sì. Sasuke
proteggere Sakura… uuhm vedrò cosa posso fare, non sarebbe per niente male!
Davvero sono così brava? Io mi ritengo una principiante ancora, comunque fa
sempre piacere sentirselo dire! Baci e spero di sentirci presto!
Junkochan:
(si
nasconde, per evitare il martello da 50 tonnellate)
Ehehe, Lo sapevo che avrebbe sconvolto un po’ di persone, ma alla fine, sì,
Ryuuchi è uomo! Almeno in corpo, alla fine è un animo sensibile! XD Eh sì,
sasuke farà meglio a non cercare di scoprire altro su sakurina o finirà in
terapia a scaricare la rabbia su un tamburo. -__-
Ehehe non dico nulla sulla parte di sakura e il suo rapporto con il kyuubi, per
quello bisognerà aspettare un altro capitolo!
Domando anche a te scusa per l’attesa. Se vuoi mi auto flagello! Y_Y Baci!
kry333: Mi
dispiace per averti rovinato il momento clu di sakura e sasuke nella foresta
della morte, ma è proprio da quella scena che è nata la fan fiction. Immaginati
me davanti alla tv che mi si illumina lo sguardo così *___* mentre mi comincio
a costruire quest’intricatissima trama. Mamma mia a volte mi ritengo seriamente
squilibrata mentalmente.
Gloglo_96: Contenta
che ti sia piaciuto il nuovo titolo della ff! ^^
A chi non sta simpatico Ryuuchi! Ehehe! È inutile io i miei pg li amo dal primo
all’ultimo! Non c’è scampo.
Coco per un po’ non la vedremo a causa della new entry, ma non per molto,
tranquilla.
Moriko adesso invece comincerà ad avere un ruolo sempre più fondamentale,
specie nel suo triangolo amoroso *_* ehm. Meglio non farsi prendere da fantasie
sceme, per ora almeno.
Sì sì, Sakura è indubbiamente molto forte, anche se ci sono ancora molte cose
da scoprire su suo conto. Gnehehe, come sono cattiva a dire queste cose. >:)
Ci vediamo al prossimo capitolo! Spero
di risentirvi tutte presto! Ciao!