La ragazza guarda il foglio
protocollo preoccupata e rilegge
per la centesima volta il titolo assegnato credendo di non aver letto
bene, o
di non aver afferrato bene il concetto. Sbatte più volte le ciglia
fissando la
sottile linea d’inchiostro nero ben delineata. È li, nero su bianco.
Tema: “Chi sei
veramente?”
Un dito va a grattare con fare
pensieroso il capo. Gira il
foglio tra le mani ma, no, il bianco clorato della cellulosa non le da
una
risposta. Fissa il muro davanti a sè concentrandosi, sembra una domanda
sciocca
eppure non lo è.
“Chi sono veramente? Io sono io!”
pensa, ovviamente. La
frase vuol dire tutto e non vuol dire niente. Sorride. Non è mai stata
brava
con le parole, ma da qualche parte deve pur cominciare. S’inumidisce le
labbra e
crocchia le dita. Un’idea iniziale, serve solo un’idea iniziale.
Riprendendo il
filo dei suoi precedenti pensieri scrive due lettere. “io” e aggiunge
un punto.
“Io.”
Io punto e basta. Il punto che vuol
dire stop, fermati. Non
c’è più niente. Io sono io. Punto, non c’è altro da aggiungere.
Semplice, no?
No…
Ma la mano, o forse la penna,
birichina, va a segnare un
altro punto quasi invisibile vicino al primo.
“Io..”
Io seguito da due punti. Il secondo
non vuol dire niente. Ma
già la ragazza è indecisa. È come se volesse aggiungere qualcosa. Un
“ma” che
cambia tutto.
“Io sono io, punto e basta…
…ma io… chi sono?”. Cerca di darsi
una definizione che
assomigli alla realtà ma che non ricordi una stupida presentazione di
una
ragazzina ad un concorso di bellezza. Lei odia questo genere di cose.
Si morde il labbro e viene colta dal
panico. Come può un
semplice tema farla penare così tanto?
Infondo dovrebbe essere semplice. Chi
la conosce meglio di
se stessa? Dovrebbe essere facile. Dovrebbe...
Aggiunge un terzo punto, trasformando
quell’io in un “io”
seguito da tre puntini di sospensione
“Io…"
E i tre punti vogliono significare
pausa di riflessione, o
silenzio, o vuoto, volendo. Perché è proprio un vuoto mentale quello
che la
assale
Perché la ragazza si rende conto che
quel “Chi sei
veramente?” l’ha messa in crisi. E che non lo sa, non lo sa proprio
Lei è tutti e nessuno, è unica ma
allo stesso tempo comune,
e non riesce a scrivere un'altra riga.
Il suono della campanella della fine
della prima ora la coglie
impreparata e lei ha ancora sul suo immacolato foglio soltanto due
lettere e
tre puntini.
Due vocali che vogliono dire tutto e
non vogliono dire
niente.
E allora l’illuminazione.
Probabilmente sarà un tema lungo e
piuttosto sconclusionato
e pieno di riflessioni, probabilmente il suo tema assomiglierà molto a
questo
scritto, probabilmente dopo questo tema si conoscerà un po’ meglio.
Ma adesso sa cosa scrivere. Ed è una
sensazione strana,
forte.
Scrive veloce, di getto, con
l’immensa paura di dimenticare
quei pensieri che, seguendo una via a noi sconosciuta, nella mente, si
trasformano in parole, che guidano la mano come silenziosi comandi, e
la penna
lascia la sua fine scia, e il bianco si sporca. E il vuoto si riempie.
E il
testo prende forma. Una… due… tre… mille lettere, parole, righe. E il
foglio
protocollo ha sempre meno spazio a disposizione. E il problema non è
più cosa
scrivere, ma dove. E il foglio, da solo, non basta più a definire
l’identità di
una persona, né il banco. Dovrebbe scrivere anche sulle pareti, sulle
rocce,
sulle montagne, sul cielo. Sulle nuvole. Perché ogni persona è tutto il
mondo,
e lei si sente un piccolo pianeta ricco di luoghi meravigliosi,
nascosti oppure
lì, alla portata di tutti. E altri inospitali e inquietanti. Bui. E non
bastano
i colori dell’arcobaleno a definire una persona. Né tutti i profumi del
mondo a
definirne l’essenza. E scrive e scrive e scrive… finché...
Il suono della sveglia la desta
all’improvviso e si accorge
di aver sognato. Che sogno strano poi!
Si dirige a scuola pensando alla
stranezza della cosa.
Arrivata scopre che c’è davvero un
tema e quando la
professoressa d’italiano detta il titolo, ringrazia il cielo che la
traccia,
questa volta, sia solo un noioso e semplice tema storico…
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