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8. It’s All about Trust
La casa era tetramente vuota, e
Dawn insolitamente silenziosa e irritabile. Aveva ricominciato a passare i
pomeriggi dalla sua amica Janice, e i suoi voti si erano abbassati. Il
professore di storia aveva addirittura convocato Buffy a scuola, per un
colloquio.
“Aveva fatto un tema brillante
sulla I Guerra Mondiale! Molte cose che ha scritto le ignoravo perfino io! Ma
ora sembra aver perso interesse per la materia.” aveva scosso la testa l’uomo,
abbattuto. “Cerchi di parlarle, signorina Summers.”
Beh, a Buffy sarebbe tanto
piaciuto poterlo fare, ma Dawn era sempre più taciturna, e lei aveva sempre meno
tempo, con Glory che le stava col fiato sul collo.
Sospirò e salì in camera sua.
Come ogni volta che entrava, lanciò un’occhiata al vaso, dove ormai rinsecchite
e morte stavano le sue rose. Avrebbe dovuto buttarle già da tempo, ma non
riusciva mai a trovare il coraggio, non sapeva perché.
Non aveva più visto Spike da
quella mattina all’ospedale, ed ormai era passata una settimana. In passato, e
in particolare subito dopo che lui le aveva dichiarato per la prima volta il suo
amore, aveva pregato giorno e notte perché una cosa del genere avvenisse. Ora
invece, ogni volta che andava a fare la ronda si ritrovava senza accorgersene a
guardarsi intorno nella speranza di scorgerlo dietro qualche lapide, magari a
osservarla di nascosto come faceva prima, e faceva tappa fissa davanti alla sua
cripta, senza mai entrare, però. Perché cavoli, era lui quello che doveva
cercarla, che doveva ronzarle intorno sempre e comunque, non lei! Era arrabbiata
con lui per questa dimostrazione di disinteresse nei suoi confronti, e non
gliel’avrebbe data vinta andando lei a trovarlo nella sua cripta. Sarebbe stato
come ammettere che sentiva la sua mancanza…e non aveva alcuna voglia di dargli
quella soddisfazione. Tanto sarebbe venuto lui, prima o poi, lo sapeva. Anche se
più i giorni passavano, più la certezza si trasformava in speranza.
Sbuffò, si guardò allo specchio
e notò per l’ennesima volta la cicatrice antiestetica sul lato del collo. Ce
l’aveva da un sacco di tempo, ma ultimamente ci faceva più caso del solito. La
fissò per qualche attimo, accarezzandola con le dita. Aveva avuto paura che lui
non si fermasse, che la uccidesse. Aveva temuto il peggio, mentre cominciava a
perdere energie, a sentirsi debole, senza che lui accennasse a smettere. Ma alla
fine Spike, il suo amore, erano riusciti a controllare il demone e a staccarsi.
Le aveva dimostrato non solo di
amarla, ma anche che poteva fidarsi di lui.
Fiducia…
Era quella la parola chiave, no?
Lei aveva bisogno di fidarsi, delle persone che faceva entrare nella sua
vita. Tanti l’avevano delusa, abbandonata, in passato e Buffy aveva accumulato
dentro di sé la paura costante che le persone la ferissero, se entrava in
contatto troppo stretto con loro. Mantenendo le distanze fin dall’inizio,
attutiva i colpi che poi riceveva quando loro, con gli occhi lucidi, le dicevano
frasi e frasi cariche di pathos che si potevano riassumere in: “Qui con
te non ce la faccio più. Devo andarmene”. Suo padre, Angel, Riley. Con Riley
aveva mantenuto le distanze, non si era lasciata andare, e questo le aveva
permesso di sopportare, anche se con dolore, la sua partenza. Suo padre e Angel
le avevano spezzato il cuore, perché di loro si era fidata. Aveva
mostrato loro la vera Buffy, senza maschere, senza barriere di protezione,
fragile, emotiva, e l’avevano ferita a morte, anche se non con intenzione,
doveva ammetterlo. Eh sì, Angel l’aveva fatto per il suo bene, con i migliori
propositi; ma se era stato per il suo bene, perché le aveva fatto così
male?
Come sarebbe andata a finire con
Spike? Come con Riley o come con Angel?
Piantala di paragonarmi a
Angel
Risentì la sua voce stizzita
nella testa e le scappò una risatina, poi ridivenne seria. Spike l’avrebbe
lasciata, sarebbe partito lasciandosela alle spalle come tutti, se lei gli
avesse permesso di entrare nella sua vita? Non lo sapeva, e ne era spaventata.
Non voleva soffrire di nuovo. Eppure, lui le aveva dimostrato di amarla
profondamente…e lui non era il tipo da lasciare una donna, se l’amava. Era il
tipo che si farebbe sbattere su una sedia a rotelle, pur di guarire la sua amata
da una malattia, il tipo che si farebbe chiudere a chiave in un rifugio
antiatomico pur di non vedere uccisa la sua bella, che affronterebbe una
Cacciatrice, per lei.
Il tipo che nell’amore gettava
tutto se stesso, senza riserve, nonostante le sofferenze ricevute in passato. In
questo senso, lui era molto più forte di lei.
Buffy sospirò. Quella fase di
stallo la irritava non poco, era il momento di smuovere la scacchiera. E se
Spike non voleva farlo, doveva pensarci lei.
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Entrò decisa nella sua cripta,
spalancando la porta con un calcio. Spike stava dormendo fino ad un secondo
prima, ma il rumore lo svegliò di soprassalto, e la guardò inarcando un
sopracciglio.
“È sempre un piacere vederti,
tesoro….ma potresti anche evitare di farmi venire un infarto.”
“Tu non puoi avere un infarto.”
replicò lei, spiccia.
Spike sorrise, mettendosi a
sedere. Che tenerezza, la sua Buffy.
“Che posso fare per te,
passerotto?”
La Cacciatrice rimase in
silenzio per un lungo istante, poi chiese:
“Perché non ti sei fatto più
vedere?”. Aveva parlato con distacco e sufficienza, ma lui poteva vedere
attraverso i suoi occhi quanto fosse importante per lei la questione. Poteva
dirle molte cose: che aveva voluto che le ustioni guarissero, e in quel modo
sarebbero caduti in un discorso in cui lui, con falsa modestia e altrettanto
falsa riluttanza, le avrebbe raccontato il sacrificio che aveva fatto per lei,
facendosi bello ai suoi occhi; poteva dirle che non se l’era sentita di tornare
da lei dopo quello che le aveva fatto, ma non sarebbe stato del tutto sincero:
aveva affrontato lei, insieme al suo senso di colpa, all’ospedale, quando il
rimorso era ancora fresco e paradossalmente bruciava da morire; avrebbe potuto
dirle una bugia, per esempio che aveva avuto da fare. Ma Buffy lo stava
guardando intensamente con quei suoi bellissimi occhi, il verde vulnerabile,
bisognoso di una risposta che la rassicurasse e allora lui capì che doveva
essere onesto, fino in fondo.
Era ciò che gli occhi di lei gli
chiedevano.
“Volevo che lo facessi tu.”
sussurrò, e riconobbe non la voce di Spike, ma quella del William che era stato,
e che ostinato continuava a vivere in lui. “Dopo tutto quello che è successo fra
noi negli ultimi giorni, non sono certo che tu mi voglia ancora nella tua vita.”
Buffy restò ammutolita per un
tempo che gli parve infinito, fissandolo stupita. Poi sorrise, allentando un po’
la tensione che lui aveva accumulato durante il discorso.
“Spike, tu sei nella mia
vita, che ci piaccia o no.” rispose, riecheggiando un discorso che le aveva
fatto lui stesso secoli prima. Spike ricambiò il suo sorriso, senza ombra
di strafottenza, solo sincera gioia. E improvvisamente, capì cosa era stato quel
qualcosa passato fra loro quando i loro sguardi si erano incatenati nella
cripta, capì perché si era sentito così vicino a Buffy.
A passare fra loro era stata la
consapevolezza del loro legame. Intenso, profondo, imprescindibile.
“Noi due ci apparteniamo.”
mormorò a Buffy, che stranamente non obiettò. Lo guardò per un po’ con i suoi
splendidi occhi, senza parlare, poi ridivenne seria, e la frase seguente la
disse con tono autoritario e sbrigativo:
“Dovranno esserci delle regole.”
“Uh?”. Spike, non capiva a che
cosa si riferisse. Buffy distolse gli occhi, cominciando a girare per la cripta
con grandi falcate.
“Se vuoi tornare a casa mia.”
spiegò, distaccata, e prima che lui potesse ribattere alcunché, enumerò sulle
dita: “Primo, il sangue ammesso sarà solo animale, e te lo compri da solo.
Secondo, niente sigarette. Non mi va che intossichi me e Dawn con il tuo veleno,
se vuoi fumare, vai fuori. Terzo, niente parolacce e bestemmie o qualunque altra
volgarità. Quarto-”
“Frena, frena, Cacciatrice!” la
interruppe lui, cercando di bloccare il sorriso compiaciuto che tentava di
stirargli le labbra. Buffy era disposta ad ammetterlo a casa sua, con lei e
Dawn. Se era un sogno, avrebbe ucciso chiunque l’avesse svegliato. Lentamente.
A costo di farsi friggere il cervello dal chip.
“Che vuoi?” ribatté lei,
scontrosa, fermandosi e mettendosi le mani sui fianchi. Spike poteva vedere il
rossore sulle sue guance.
“Beh, vedi…se mi vieti tutte
quelle cose…”, si avvicinò come un predatore, lento e aggraziato, finché non fu
a pochi centimetri da lei. “…dovrò trovare un altro modo per tenere occupata la
mia bocca.”
Prima che lei potesse replicare,
la prese per le spalle e la baciò. Buffy, dopo un attimo di sorpresa, rispose al
bacio, con altrettanta passione. Quando si staccarono, le disse:
“Affare fatto, Cacciatrice?”
Buffy finse di pensarci su, poi
risolse, con un sorrisetto.
“Okay. Questo ti sarà concesso.”
Spike fece per baciarla di
nuovo, ma lei gli mise un dito sulle labbra, fermandolo, e continuò:
“Ma solo quando lo decido io,
Spike.”
“Bastarda dittatrice.” la
insultò lui, poi sorrise e unirono di nuovo le labbra.
In fondo, pensò Buffy mentre si
perdeva nei suoi baci, poteva provare a fidarsi di Spike; e se non si fossero
uccisi a vicenda dopo la prima settimana, sarebbe già stato un buon segno.
Fine
Note dell’Autrice:
Prima di tutto mi scuso con i
lettori: il ritardo è stato mostruoso, lo so bene. In realtà il capitolo è stato
scritto molto tempo fa, ma ero riluttante a postarlo perché non mi convinceva.
Ancora oggi non mi soddisfa a pieno, però ho pensato che chi ha seguito questa
storia meritasse di poterne leggere il finale e mi sono risolta a postarlo.
Grazie a tutti coloro che hanno
commentato, aggiunto la storia tra le seguite/preferite o semplicemente letto.
Un ringraziamento sentito anche ai recensori del capitolo sette: Ardespuffy,
Clariceangel147, Dragon88, Topy, Chloe88, Annachan
(e Me91), ReaderNotViewer, Eka e Ezrebet.
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