Stavo
disteso nella minuscola
caffetteria, sul divano, guardando con poco interesse il monitor del TV
che
trasmetteva uno speciale sul nostro zoo e sul nuovissimo animale che
avevamo
accolto e di cui ci stavamo occupando. Non c’erano
però immagini di questo
animale, ma solo quelle del direttore e di qualche altro dirigente.
Qualche Tg
più informato aveva anche le foto dell’immensa
gabbia dove avevamo rinchiuso il
nuovo arrivato ma la gabbia era sempre vuota o coperta da un telo rosso
-Tu
l’hai visto?- mi chiese Max,
seduto in bilico sulla sedia con una tazza di caffè fumante
in mano
-L’animale?-
gli chiesi e lui
annuì senza staccare gli occhi dello schermo –No-
Sullo schermo passarono le
immagini degli operai che si affollavano davanti alla gabbia, come
tante
formiche, sistemando la scenografia per quella sera, quando
l’animale sarebbe
stato presentato al mondo intero
-Tu
però pulisci la sua gabbia
tutti i giorni! Come puoi non averlo visto?-
-E
tu pulisci la gabbia dei leoni
ma immagino che tu non sia mai stato dentro con loro- sbuffai io
seccato, Max
annuì e stette in silenzio a lungo facendomi sperare che la
conversazione fosse
finalmente finita
-Stasera
tireranno giù il telo-
disse –rimani a vederlo?- mi chiese e io lo guardai stupito
-Ma
sei matto? Perché dovrei
rimanere in questo pulcioso zoo più a lungo del dovuto? Ho
un famiglia io a
casa che mia aspetta! E comunque manderanno le immagini in anteprima
per il
telegiornale della sera e nei prossimi giorni lo faranno vedere
migliaia di volte!
No signore, io stasera me ne torno a casa e magari mia moglie mi
troverà
qualcosa di più divertente da fare che stare a guardare la TV-
risi ma Max non fece
altrettanto, ancora concentrato sullo schermo sperando di vedere magari
l’ombra
della creatura. Sbuffai irritato, ragazzino idiota!
Sam
timbrò il cartellino e io lo
salutai per poi tornare dentro. Lui era sempre stato una persona poco
interessata al resto del mondo ma pensavo che la scoperta di una nuova
specie
lo avrebbe interessato almeno un po’ e invece…
bhè, tanto peggio per lui! Si
sarebbe perso l’anteprima. Mi avviai verso la gabbia e mi
sedetti in disparte
ad aspettare e sentì un paio di persone parlare del
ritrovamento dell’animale.
Dicevano che era stato trovato da un ragazzo e da suo padre nel loro
giardino
una mattina come le altre, era impigliato nella rete di protezione di
un albero
da frutto e non ne riusciva ad uscire. Si diceva che poi la famiglia
fosse
stata ricompensata lautamente per quella scoperta e che avesse donato
l’animale
allo zoo solo perché era stato quello disposto a pagare di
più, e poi non avevamo
i soldi per dei nuovi scoponi! Era poi ovvio che li avessero pagati
anche per
non rivelare nulla della fisionomia dell’essere ma qualcosa
era trapelato: si
sapeva che aveva le ali e che sapeva volare perché era stato
ritrovato su un
albero piuttosto alto ma era trapelato anche che avesse le mammelle,
come un
mammifero, e che in alcuni punti era coperto di pelliccia. Alcuni
dicevano che
avesse artigli, altri lo smentivano, e altri ancora dicevano che avesse
denti
molto affilati e lunghi ma molte erano soltanto supposizione campate in
aria.
Era
ora rinchiuso in una grande
gabbia simile alla voliera di un canarino, di quelle con la base
circolare e
che culminava in una specie di cupola, questo probabilmente significava
che era
un uccello. Nello spiazzo davanti a questa grande gabbia era stato
allestito un
buffet a base di champagne e caviale, soltanto le persone
più ricche del paese
sarebbero riuscite a prendere parte a quest’importante
avvenimento. E io.
Ad
un certo punto, non so bene a
che ora della notte, un uomo vestito i giacca e cravatta si mise
davanti alla
gabbia e annunciò che presto il drappo che copriva quella
gabbia sarebbe stato
tolto ma prima presentò alcuni uomini notabili e pieni di
soldi “che avevano
reso possibile quell’avvenimento”. Alla fine,
finalmente, tutti si fecero da
parte e il telo venne tolto e tutti poterono vedere l’interno
della gabbia,
dove c’era soltanto un alberello scheletrico sopra a della
ghiaia fine e quello
che sembrava una gigantesca palla fatta di rami e lasciata in parte
incompleta
però si intravedeva appena che all’interno
c’era una figura, leggermente più
scura del resto e dai contorno non definiti. C’era anche un
inserviente dello
zoo nella gabbia, con la nostra divisa blu smorto addosso. Il
presentatore lo
esortò a recuperare l’animale e quello
eseguì infilandosi nel nido dell’animale
e, sbuffando e sbraitando a mezza voce, riuscì a tirarlo
fuori. Davanti agli
occhi di tutti i presenti e di tutte le persone che stavano guardando
in
diretta la
Tv
apparve una ragazzina che non doveva avere più di sedici
anni. La folla rimase
completamente in silenzio a guardare quell’esserino
trattenuto rudemente
dall’inserviente che tentava di liberarsi, lentamente
però la folla iniziò a
mormorare e non era per nulla contenta di quello che vedeva: pensavano
di
essere stati presi in giro, di essersi messi il loro vestito migliore
per nulla
e che quelli dello zoo li avessero ingannati facendogli fare la figura
degli
scemi. Sarebbero presto tutti insorti se la ragazzina non fosse
finalmente
riuscita a liberarsi e non fosse caduta a terra mostrando a tutto il
mondo le
sue ali, grandi ali nere e iridescenti, con piume simili a quelle di un
corvo.
E poi quando alzò il viso e tentò di tornare nel
suo nido tutti poterono vedere
anche i suoi occhi biondi, da rapace e che sembravano penetrarti
l’anima, per
nulla umani. L’inserviente la riprese e la ritirò
in piedi per mostrarla di
nuovo a tutto il mondo che ora era confuso e spaventato e guardava
quella
ragazzina con macabro interesse, ora era una stranezza qualcosa di
unico e
forse anche divertente, ora non era più una ragazzina ma una
bestia da fiera,
un fenomeno da baraccone. L’inserviente la
trascinò fino ad una catena piantata
a terra e la legò al guinzaglio che la ragazza aveva al
collo, allontanandosi
poi per lasciare che tutti la osservassero. Era una cosina piccola e
dava un
grande senso di fragilità, accentuato soprattutto dalla
fasciatura e dal
sostegno di ferro che le teneva bloccata la gamba destra ma i gestori
dello zoo
l’avevano fatta vestire in maniera decisamente oscena, aveva
solo alcuni lacci
di cuoio sopra e sotto il seno, che però non lo coprivano e
un'altra striscia di
cuoio sui fianchi e sembrava essere stata tirata fuori da un qualche
pessimo
film di bondage e che sembravano così estranei alla sua
figura, con quella
pelle candida, gli occhi dorati sotto lunghissime e folte ciglia nere
come i
capelli ricci e lunghi che le arrivavano a metà schiena. Le
sue ali erano come
quelle di un corvo ma lei era bella come un angelo, ed era spaventata
da tutte
quelle persone che la guardavano avide, stupite e, alcuni uomini,
eccitati.
Io
non sapevo come mi sentivo,
era stupito, certo, ma non sapevo se considerare quella ragazzina come
un
animale, come un essere umano oppure soltanto uno strano scherzo della
natura.
Nei
giorni successivi la
Tv mandò in onda un mucchio di
reportages su Angel, come l’avevano chiamata quelli dello
zoo. I giornali
mettevano la sua faccia in prima pagina già da un mucchio di
giorni di fila e
alla radio trasmettevano solo canzoni che parlavano di angeli.
C’erano anche
dei ragazzi che si erano inventati una nuova moda tutta stringhe di
cuoio e
piume finte, con la costante di avere ali finte sulla schiena e pezzi
di ferro
sulle gambe. Erano assolutamente osceni.
Degli scienziati però
iniziarono a fere degli esperimenti su
di Angel e presto venne tolta allo zoo per essere rinchiusa in un'altra
gabbia
dentro un laboratorio che nessuno sapeva dove fosse, mentre le nazioni
si
combattevano per averla o trovare dei suoi simili e gli scienziati
facevano a
gara per poterla studiare, lei rimaneva chiusa nella sua gabbia in
silenzio,
triste. Emetteva dei suoni soltanto quando provava dolore e non erano
nulla di
umano. Tutti cercavano di capire cosa fosse perché sembrava
un essere umano ma
aveva le ali e aveva anche delle branchie dietro le orecchie e la sua
pelle era
strana, diversa da quella di ogni altra specie vivente conosciuta.
L’opinione
pubblica non accettava però che fosse umana, era troppo
diversa, troppo strana
e quindi gli scienziati cercarono un modo per guarirla. Per prima cosa
le
tagliarono le ali ma quando lo fecero le lacerarono anche alcuni
muscoli molto
importanti e lei non riuscì più ad usare le
braccia e persino alcuni altri
movimenti le divennero dolorosi. Tentatono allora di cambiare il colore
dei
suoi occhi e la forma della pupilla con il solo risultato di renderla
cieca.
Poi le ricucirono le branchie e sembrò che per la prima
volta non ci fossero
danni collaterali ma presto le branchie si infettarono e lei
faticò sempre ogni
giorno di più a respirare. Tentarono anche di vestirla come
un essere umano
mentre cercavano un modo per cambiare la sua pelle senza scuoiarla ma i
vestiti
la irritarono a tal punto la pelle da scorticarla quasi completamente.
Alla
fine gli scienziati capirono che non avrebbero potuto fare nulla per
aiutarla a
diventare umana e la rinchiusero in un ospedale, era ancora viva ma era
storpia,
cieca e denutrita. Le diedero anche un infermiera che si occupasse di
lei per
tutta la sua degenza, probabilmente fino alla sua morte ma quella era
una donna
inutile e per nulla interessata alla sua paziente. Ogni tanto si
dimenticava di
darle la morfina per il dolore, di darle da mangiare e lasciava sempre
che il
catetere fosse pieno fino all’orlo prima di cambiarglielo, e
alle volte stava
così per giorni. Ogni giorno che passava Angel stava sempre
peggio e si
avvicinava sempre di più alla morte.
Un
giorno però l’infermiera
rovesciò il suo catetere e, visto che non si voleva sporcare
le mani, andò a
chiamare un altro inserviente perché pulisse quel macello ma
prima di uscire
aprì la finestra della stanza perché la puzza
uscisse. Una brezza leggera, quasi
impercettibile, entrò nella stanza e Angel aprì
per la prima volta dopo tanto
tempo i suoi occhi ciechi, si alzò e si diresse verso la
finestra, pestando i
suoi escrementi vecchi di giorni. Arrivò alla finestra e
lasciò che il vento
giocasse con i suoi capelli e che le ricordasse com’era bello
volare, cantò per
la prima volta dopo tanto tempo per la felicità di sentirsi
di nuovo libera ma
durò poco. Sentì la voce dell’odiata
infermiera che si avvicinava dal corridoio
e allora decise, sempre cantando e sorridendo si buttò
giù dalla finestra. Non
aveva più ali per far volare il suo corpo ma la sensazione
del vento sulla sua
pelle, solo per pochi istanti, la fece sentire di nuovo libera.
Poche
ore dopo esplose lo
scandalo e molti chiesero che l’infermiera che si occupava di
Angel fosse
incarcerata per non aver svolto bene il suo lavoro ma nessuno
riuscì mai a
sentire il canto di gioia di Angel che ringraziava la donna per averla
lasciata
libera di volare un ultima volta mentre tutti gli altri
l’avevano segregata.
Pochi si accorsero che nelle foto della sua morte lei stava sorridendo.
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