NB: le parti in corsivo sono flashback.
Ti saresti dovuta abituare.
Sì, esatto, saresti.
"Amore" senti la sua voce che si stiracchia insieme a lui. "Hai fatto
tardi."
Per te, che sapevi cosa volesse dire avere tra le mani la gestione di
un ospedale, non era mai tardi.
"Sei stanca?"
Tu ancora non gli avevi risposto, forse perché ritenevi
quella domanda sin troppo superflua.
"Vieni qui, dai."
Ti fa segno di sdraiarti a letto con lui, ma termini in silenzio di
riporre i vestiti sull'appendiabiti.
"Stasera dormo sul divano."
"Perché?" gliela dovevi almeno una spiegazione, eppure la
tua affermazione era così limitata che sembrava ti seccasse
adoperare qualche termine in più per rendere meno spinosa la
già troppo tesa atmosfera.
"Abbiamo tra le mani un caso particolare" e preghi che non ti chiedesse
chi stava dietro a quella prima persona plurale, "e ho chiesto che mi
contattassero per ogni sviluppo significativo."
"C'è il rischio che tu debba tornare al Plainsboro anche
stanotte?" chiede chiarificazioni.
"Se la situazione diventa insostenibile, sì."
Ti avvicini al letto e prendi tra le mani il tuo cuscino. Non hai il
tempo per allontanarti prima che un tuo polso fosse fatto prigioniero.
"Dammi la buonanotte, almeno" esige. Ha tutte le ragioni del mondo, ma
tu non gliene daresti nemmeno una.
Ti sbilanci su di lui, per fare incontrare le vostre labbra in rapido e
casto bacio.
E quando incontri gli occhi che non sono i suoi, i lineamenti
del viso sconosciuti al tuo tatto, le labbra di un diverso sapore...
"Sii paziente, House:
qualche ora di ambulatorio in più non ha mai fatto male a
nessuno."
Ti getta addosso
un'espressione mostruosa.
"Signorina" parla poi
con la donna seduta sul lettino, "cosa si sente?"
"Un forte peso qui" si
indica la zona del cuore. "E' grave, dottore?"
Ridacchia.
"Se è grave o
no, dobbiamo prima visitarla."
"Mi devo spogliare?"
House ti guarda come per
commentare l'imbarazzante ma allo stesso tempo divertente - almeno dal
suo punto di vista - situazione.
"Oooh. Mi sembra ov-vio"
sillaba. "Devo ascoltare il cuoricino!"
"Smettila" gli parli in
labiale.
"Anche il reggiseno?"
ingenuamente continua il gioco del medico.
"Oh sì"
annuisce svelto, con lo sguardo sempre rivolto verso di te.
Spazientita, irritata,
infastidita, afferri la maniglia della porta dalla quale esci, non
mancando di sbatterla adeguatamente forte.
Sfruttando al massimo il
tuo accumulo di creatina, raggiungi l'ascensore in pochi attimi.
Occupato, mi sembra
ovvio.
"Non prendertela col
pulsante, lui non ti ha fatto niente." Eviti persino di girarti.
"Qualcun altro invece sì, presumo."
Le porte si aprono
più lente del solito, come se avessero capito anche loro che
non avevi
fretta.
"House, ne parliamo
un'altra volta, eh."
Un passo e sei dentro, a
pigiare il pulsante numericamente più altro del tastierino:
il tetto ti sembrava un'ottima ambientazione di sfogo.
"Finisci il tuo giro di
visite, è per quello che ti pago."
Porte chiudetevi,
porte chiudetevi,
porte...
Una mano oscura le
fotocellule.
"Cuddy, lo sai che
è difficile mascherare la gelosia?"
Ti blocca l'uscita,
così sei costretta a fissare le porte che si chiudono dietro
la sua schiena con il rimpianto di non aver scelto un'altra meta per la
tua fuga.
"A chi ti riferisci?"
L'ascensore inizia a
muoversi.
"Alla bella ventenne che
mi sta aspettando nuda sdraiata sul lettino dell'ambulatorio dove tu mi
hai costretto a passare le ore della mia vita."
Socchiudi le labbra, in
afasia.
"Hai il senso
dell'umorismo pari ad un gatto morto, lo sai? A chi mi posso riferire
se non a te?"
"Stai insinuando che io
sono gelosa?"
"Non lo sto insinuando,
ne sono certo."
"E di chi, poi?" fai
l'indifferente.
"Di una bella ventenne
che mi sta aspettando nuda sdraiata sul lettino dell'ambulatorio dove
tu mi hai costretto a passare le ore della mia vita, forse?"
"Ti sbagli."
Ti appoggi alla parete
dell'ascensore, le braccia conserte.
"Perché sei
gelosa?" chiede, come se l'ultima tua dichiarazione fosse
così palesemente falsa da non essere stata considerata
minimamente.
"Io non-"
"Non sei gelosa, certo.
Allora, perché lo sei?"
Paradossalmente assurdo.
Dio quanto erano belli i
suoi occhi.
"Di solito la gente
è gelosa di qualcuno quando ama quel qualcuno. Io non amo
quel qualcuno, quindi non posso essere gelosa. Al massimo posso esserlo
di Lucas" tesi confutata.
Ora dovevi solo
aspettare che l'ascensore si fermasse.
"Tu non ami Lucas."
"Ma come ti permetti?"
"Ti serve solo qualcuno
che si addormenti accanto a te dopo un'intensa giornata di lavoro; un
uomo che coccoli tua figlia quando tu sei troppo impegnata a tenere
sotto controllo uno scorbutico diagnosta; un uomo che ti faccia
dimenticare colui per il quale davvero batte il tuo cuore,
perché ti batte, il cuore, non è vero?"
"Il cuore batte a
prescindere."
Allunga un braccio e
trattiene tra due dita il tuo polso destro.
Non opponi resistenza.
"Mi reputi davvero un
così poco valido medico?"
"Ma che dici..."
Un campanello suona.
Le porte dell'ascensore
slittano.
Una folata di vento fa
ondeggiare i tuoi capelli sciolti.
Il brusio lontano del
traffico cittadino si perde nel cinguettio degli uccelli.
E voi eravati perduti
nel mondo dimenticato della follia di un bacio.
"Buonanotte Lucas."
Ti eri ben guardata dal farlo partecipe dei flash di eventi passati che
ti apparivano davanti agli occhi come miraggi in un'assolata giornata
in un deserto. Quello a cui poteva essere ora paragonata la tua vita.
"Ti senti bene?"
"Mi gira solo un po' la testa."
Stringi a te il cuscino che emanava un fresco profumo di rose.
"Vuoi che ti prepari qualc-"
Agiti una mano a mezz'aria per dissuaderlo dal continuare l'operazione
crocerossina.
Un altro flash.
Di nuovo ancora.
"Lisa, è meglio se vai a riposare, ti vedo strana..."
Una figura sempre più nitida ti seguiva nel buio del
corridoio che conduceva al salotto.
Ti sorrideva. Tentava un abbraccio, ma la sua incorporeità
non glielo permetteva.
Lucas ti appoggia una coperta sulle gambe.
House appoggia la
cartella clinica del paziente sulla scrivania del tuo ufficio, sopra
alcune carte che stavi compilando, che così si scompigliano.
"Ha il raffreddore"
esordisce in una smorfia.
Spiazzata, gli chiedi se
ne era sicuro.
"Non ti fidi di me? Oh,
il mio capo non si fida di me!" agita il bastone per aria, simulando un
bambino capriccioso.
Ti porti una mano sulla
fronte.
Ci risiamo.
"House, mi fido di te,
ma-"
"Trovami un caso per cui
sia degno lavorare sotto la supervisione della strega cattiva" si
appoggia alla tua scrivania, sporgendosi verso di te. "Ricordati che mi
hai assunto perché sei-"
"Perché sei
il migliore, House" ammetti. Anche se eri ben consapevole che il motivo
non era limitato a quello.
Ride.
Forse l'aveva capito
anche lui, che sarebbe stato meglio evitare l'argomento.
"Come va con Lucas?"
gioca con le matite contenute nel portapenne, creando un disordine
ancor più vistoso di prima.
"Rapporto soddisfacente"
allunghi una mano per colpire la sua. "Lo trovi divertente?"
"Cosa, curiosare nella
tua vita o sulla tua scrivania?" volta il quadretto della tua foto da
universitaria che tenevi accanto al pc.
"Mi spieghi in che senso
intendi soddisfacente?"
"In un senso generale"
sbuffi.
"Avevi questo sorriso
perché mi avevi appena conosciuto, non è
così?" ride di nuovo.
"Avevo quel sorriso
perché mi stavo per laureare" spieghi solerte.
E House, quel giorno,
non c'era.
"Strano. Mi pareva di
averlo intravisto anche ieri."
L'unico argomento che
non avevi intenzione di toccare in quella conversazione.
"Ieri è ieri.
E' passato" liquidi la questione.
"Come siamo drastici."
"E' inevitabile esserlo"
riponi le tre matite colorate al loro posto, dopo averle sbrancate di
mano al bimbo cresciutello.
"Cuddy" ti blocca il
polso.
E stavolta non
è per sentirne il battito, probabilmente lo stesso del
giorno prima.
"Perché voi
donne pensate sempre che tutto ciò che fate avventatamente
sia un errore?"
"Perché, per
te non lo è stato?"
Lucas ti bacia sulla fronte.
"Allora buonanotte."
"Buonanotte."
Ti giri su un fianco e stringi in una mano il tuo BlackBerry.
Non hai tempo di appoggiare la testa sul cuscino, perché il
display si illumina.
"Stavi dormendo?"
"Ci siamo visti mezz'ora fa, House!" abbassi subito il tono, sperando
che il tuo fidanzato fosse già caduto tra le grinfie di
Morfeo.
"Oh, scusami tanto se non ho aspettato qualche ora per dirti che il
nostro paziente ha avuto un infarto!"
"Ch-che cosa!?" ti drizzi a sedere, scostando la coperta ai piedi.
"Devo venire?"
"Fai un po' tu... al Princeton è rimasto solo Chase."
"Irresponsabile! Te ne sei tornato a casa sapendo che il paziente era
in condizioni critiche, e poi telefoni a me per dirmelo! Sei un
incosciente!"
"Piano con le parole. Muoviti, sono davanti a casa tua."
Ti ci vuole un po' per focalizzare la faccenda.
Con il paziente c'era Chase, e questo era assodato.
Se House non era a casa sua, ma davanti alla tua, significava che... ti
stava telefonando da una decina di metri di distanza.
E che avevi fatto la tua ennesima figuraccia.
"Sono in vestaglia."
"Tranquilla, basta che te la togli."
"Idiota. Sul serio, dammi tempo di entrare in camera senza svegliare
Lucas, di trovare qualcosa da mettermi, di sistemarmi un po'..."
"Hai venti secondi. Ciò vuol dire che hai tutto il tempo che
vuoi per infilarti un paio di scarpe e un cappotto" interrompe la
conversazione.
Diamine!
L'aveva sempre vinta lui!
---
"Ne sono passati quarantasei" si lamenta all'apertura della porta.
"Ritieniti fortunato!" sussurri richiudendola con due opportuni giri di
chiave.
Controlli meglio la sua figura, illuminata dai lampioncini
dell'ingresso.
Giubbotto da moto.
Due caschi.
"House..."
"Guarda il lato positivo: i tuoi capelli sono già
spettinati."
---
"Tieniti stretta."
"Vai piano."
"Qui" le prendi le mani e gliele intrecci a livello del tuo stomaco.
"Stretta!"
Ti appoggi alla sua schiena, dopo avergli raccomandato la seconda volta
di attenersi ai limiti.
Non ti ascolta, no, era ovvio.
Una rapida accelerazione e il conseguente strappo alla forza d'inerzia
ti spinge indietro, così sei costretta a schiacciarti ancora
di più addosso a lui.
"Vai piano!" ma il rombo del motore copriva i pochi decibel della tua
voce.
---
Meno male che era notte, che in giro non c'era nessuno, che alla
velocità che manteneva sareste arrivati in poco
più di dieci minuti, che era House e ti fidavi, anche
più di te, che dopo esserti venuto a prendere non avresti
potuto rifiutare il passaggio e che avevi già i capelli
spettinati - soprattutto.
Una frenata brusca, tanto quanto l'accelerata iniziale, ti riporta sul
mondo umano.
Scende dalla moto prima lui, e ti porge una mano per aiutare te.
Tocchi terra con un piede, poi con l'altro, ma le gambe ti sembravano
molli, ti tremavano, come se ancora stessi viaggiando su quel bolide.
Ti reggi a lui.
"House, ti avevo detto di andare più piano!" sollevi il capo
implorandolo di fare smettere quell'orribile sensazione di vuoto sotto
i piedi.
"Se fossi andato più piano forse ora..."
"Non mi sento bene, sul serio" gli fai presente. "Nausea, giramento di
testa, la vista un po' offuscata..." gli elenchi i sintomi.
"La nausea è provocata dalla presenza di quell'essere
antropomorfo denominato Lucas, lo conosci? Ti gira la testa per il
semplice fatto che davanti hai il figo House; e hai la vista annebbiata
perché è notte, ci hai pensato?"
Scuoti la testa.
"No."
Ti appoggi al suo petto.
"Dottor House, saprebbe curarmi?"
"No, e sai perché?"
Un velo di tristezza ti ricopre.
Scuoti il capo.
"Perché non riesci a fare a meno di Lucas, quel punto di
riferimento che io non sono. Perché non riesci a non
guardarmi come quel ragazzo di cui ti sei innamorata millenni fa."
"E per i problemi alla vista?"
"Basta aspettare il giorno. Oppure chiudere gli occhi. Ma ti assicuro
che in quest'ultimo modo il secondo sintomo peggiorerà."
"E perché?"
"Prova."
Spaventata ma curiosa, ansiosa di scoprire dove voleva arrivare,
sorridevi ora con gli occhi chiusi.
"Non è vero, è uguale a-"
Il miglior modo per interrompere il flusso delle parole è
chiudere la bocca con un bacio.
E' come un stai zitta
velato, una richiesta di silenzio altrettanto silenziosa.
E' come un ti amo
nascosto, un ti voglio
per metà, l'inizio di un sogno che mai si sa come
andrà a finire, e che forse verrà dimenticato.
Non sapevi più fare a meno del suo abbraccio delicato e
della sua lingua nella tua bocca; credevi si potesse cancellare il
ricordo di una sensazione, ma, se un fortuito caso te l'avesse fatta
riscoprire, niente più sarebbe stato in grado di
allontanarti dalla sua ricerca.
"Lucas è un uomo perfetto" farfuglia staccandosi da te. "E'
buono, generoso, ordinato. In una parola, è normale."
"Io non mi voglio accontentare del normale, House."
Perché gli occhi che volevi erano i suoi.
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