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Attraverso il mio occhio
Il corpo riemerse dalla
palude a faccia in giù, con lentezza esasperante. A Rin sembrò di aver passato
ore tormentandosi le mani, prima di rilevare i capelli scuri e la corporatura
diversa da quella della persona che cercava.
Non era lui, dunque.
Il sollievo la fece quasi barcollare, finché non si rese conto che, però, il
secondo ninja non era riemerso dall’acquitrino.
«Kakashi!» gridò, con quanto
fiato aveva in gola. «Kakashi!»
Nessuna risposta. L’acqua
restava ferma, e la patina verdastra e maleodorante rendeva impossibile vedere
il fondo. Rin si impedì di cedere al panico: aveva visto il suo compagno di
squadra cavarsela in situazioni molto peggiori di quella. Il suo avversario era
uno shinobi piuttosto forte, e Kakashi aveva avuto qualche difficoltà a
sopraffarlo, soprattutto quando la lotta si era spostata in quello stagno
popolato da piante in vari stadi di putrefazione; ma... accidenti, lui era
Kakashi! Non esisteva possibilità alcuna che fosse... Rin non riuscì neppure a
pensare la parola.
Decise di agire: in quanto
ninja medico, non aveva partecipato attivamente alla lotta (Kakashi non
gliel’avrebbe mai permesso, del resto), ma adesso era il momento di entrare in
azione. Si gettò in acqua d’impeto, senza pensare a tutto quello che poteva
essere nascosto sotto la superficie limacciosa, andando a fondo e riemergendo
per la sua stessa spinta. Soffocò un brivido di freddo e disgusto, e si alzò in
piedi.
«Kakashi!» chiamò di nuovo,
setacciando la pozza con mani e piedi.
Trattenne il fiato e si
immerse, ma la visibilità era minima; tentò ugualmente di fendere l’acqua scura,
ma alla fine dovette arrendersi, e riemergere per respirare.
Davanti a lei, era comparso
Kakashi Hatake.
Trasalì per la sorpresa,
mentre lui, in piedi con l’acqua fino alla cintola, la osservava con sguardo
neutro.
«Cosa stai facendo?» le
chiese, la voce colma di accademico interesse.
«Ti-ti stavo cercando.»
balbettò lei, alzandosi a sua volta. «Non riemergevi. Temevo che fossi rimasto
impigliato in qualche pianta acquatica, o...»
«Mi ero nascosto in quel
canneto.» sottolineò il ragazzo, indicando qualcosa alle spalle di Rin. «Volevo
essere sicuro che il nostro avversario non avesse dei compagni, come ci ha
insegnato il maestro Minato. Però, con tutto il chiasso che hai già fatto, se
così fosse ci avrebbero già individuati.»
La giovane arrossì per la
vergogna. «Tu e le tue regole...» riuscì a borbottare. Istintivamente, controllò
con lo sguardo il compagno, per sincerarsi che stesse bene: aveva un grosso
taglio sulla fronte, che sarebbe stato bene disinfettare al più presto, e poi...
«Che c’è? Adesso perché
tremi?»
«Non... non sto tremando!»
negò Rin.
Era vero: stava cercando di
trattenere una risata. Kakashi Hatake, in infusione in una palude, se ne stava
davanti a lei con la sua aria da sfinge, gli occhi di due colori diversi sempre
minacciosi, ma testa e spalle coperte di alghe e chissà che altro – meglio non
scoprirlo. Sentì gli angoli delle labbra sollevarsi senza che potesse impedirlo,
e, alla fine, non riuscì più a controllarsi: scoppiò a ridere fragorosamente,
una mano a coprirsi la bocca e un dito dell’altra puntato verso di lui.
«Che c’è?» ripeté Kakashi,
offeso.
«Sembri molto più umano,
sai?» disse lei, a fatica, per la mancanza di fiato.
«Guarda che hai anche tu una
cosa tra i capelli...»
«Dove?» strillò Rin. «Oh,
che schifo...»
Kakashi allungò una mano,
infilando tranquillamente le dita tra le ciocche umide sulla tempia: la ragazza
si immobilizzò per la sorpresa e l’imbarazzo, ma il ragazzo sembrava totalmente
ignaro della tempesta che aveva provocato. Tirò fuori un’alga marroncina, e
gliela mostrò come se fosse stato un trofeo.
«Visto? Credevi forse di
poterti tuffare in una palude ed uscirne pulita?» le chiese, con la voce
paziente di un maestro che ripete per la centesima volta un concetto ad un
bambino scemo.
Un tono molto simile a
quello del sensei Minato, in effetti.
«I-idiota!» esalò Rin,
allontanandosi a passi svelti – per quanto le consentiva l’acqua torbida. «Vieni
fuori, devo medicarti quella ferita sulla fronte o come minimo ti beccherai il
tetano!»
Lui non si mosse: rimase a
guardare quel che aveva in mano, la testa reclinata su un lato.
«Rin...»
«Mh?»
«Credo di essermi innamorato
di te.»
Rin si voltò di scatto, e i
capelli ondeggiarono, sbattendo sulle spalle e il collo con un rumore di stracci
bagnati.
«Prego?» chiese, certa di
avere dell’acqua nelle orecchie che le comprometteva l’udito.
«Credo di essermi innamorato
di te. Anzi, ne sono abbastanza sicuro.» rettificò Kakashi, meticoloso a
scegliere le parole come lo era nello svolgimento delle missioni.
La giovane sbatté le
palpebre.
«Mi prendi in giro?»
«Non scherzo mai.» ribatté
lui, imperturbabile, senza uscire dall’acqua, ma ficcandosi le mani nelle tasche
fradice.
E dato che Rin lo fissava a
bocca aperta e occhi spalancati, senza riuscire a spiccicare parola, precisò:
«Me ne sono accorto un po’ di tempo fa, ma non ero sicuro. Sei una ragazza
dolce, Rin, sempre molto gentile, tanto più che hai già espresso quel che provi
per me; ma questo non dovrebbe automaticamente portarmi ad amarti, no?»
La giovane continuò a
guardarlo come se avesse avuto tre occhi e i piedi palmati, perciò Kakashi
continuò ad illustrare il suo punto di vista.
«Però cinque minuti fa,
quando ti ho vista nella palude, zuppa e coperta di sudiciume, mi è venuto
spontaneo pensare che sei anche una bella ragazza. È stata, secondo me,
la prova inconfutabile che sono innamorato di te: perché, scusa se te lo faccio
notare, ma nessuno è troppo gradevole dopo un tuffo in un acquitrino.»
«Nessuno.» pigolò lei,
ottusamente.
«Certo,» ammise lui,
«potrebbe essere solo un abbaglio. Per esempio, potrebbe essere colpa dello
Sharingan di Obito: lui non era capace di essere obiettivo nei tuoi confronti, e
forse ora ti sto in qualche modo vedendo attraverso i suoi... scusa, attraverso
il suo occhio. Tu che ne pensi, visto che sei un medico?»
Finalmente, Rin riprese il
controllo del suo corpo e della propria mente: si gettò in avanti, tornò
nell’acqua lurida incurante dell’immediata sensazione di gelo sulle gambe e si
parò di fronte a Kakashi.
Alzò la mano, e abbatté sul
volto del ragazzo lo schiaffo più forte che avesse mai tirato.
Forse lui non sentì neppure
troppo male, grazie alla maschera. Lei, però, sentì di essersi un po’ sfogata.
«Sei un cretino!» gridò,
alzandosi sulla punta dei piedi per potergli berciare in faccia. «E io lo sono
ancora di più, per essere innamorata di te!»
Gli diede le spalle e tornò
a riva, a passo di marcia. Batté frettolosamente i piedi per liberarsi della
mota e tentare di scaldarsi, ma continuava a tremare.
«Andiamo. Si sta facendo
buio.» sbottò. Non si voltò, per non fargli vedere le lacrime di frustrazione
che le scorrevano lungo le guance.
«... credo piangesse, quindi
devo averla offesa profondamente. Però non sono certo di aver capito come.»
Il maestro Minato ci mise
alcuni minuti a riprendersi. Guardò il ragazzo come se lo vedesse per la prima
volta, registrando distrattamente il leggero sentore di fango che emanava.
Kakashi fu stupito dal suo
silenzio: «Mi sono spiegato male, sensei?» chiese.
«Ti sei spiegato benissimo.»
replicò lui. «Forse è proprio questo il problema.»
«Come?»
L’uomo scosse la testa,
ancora sotto shock per quel che aveva sentito.
Si trovavano a casa del
maestro: l’unico posto in cui si potesse parlare con un minimo di riservatezza e
tranquillità, se si eccettuavano le urla belluine provenienti dalla stanza del
piccolo Naruto.
Quel bambino ha dei polmoni
d’acciaio, si disse Kakashi. Non capiva come si potesse vivere sotto lo stesso
tetto con una creatura così chiassosa.
«Kakashi...» iniziò Minato,
cercando le parole adatte, «non puoi andare da una ragazza – men che meno la
nostra Rin – e analizzare... come hai detto?... “i motivi che mi spingono a
credere di essere innamorato di lei”.»
«Ho detto “argomentazioni”,
ma è uguale.» lo corresse il giovane, puntiglioso. Minato soffocò il desiderio
(innaturale, per una persona pacata come lui) di sbattere la testa dell’allievo
contro il muro, per vedere cosa non andasse in quel cervello.
«E non puoi neppure andare
dalla suddetta ragazza e dirle che forse i tuoi sentimenti sono il risultato di
un errore! Il fatto è che o sei innamorato, o non lo sei. E se il
tuo è il primo caso, lo dici e basta, senza farne una trattazione approfondita.»
«Ma esiste la possibilità
che sia lo Sharingan?» insistette il ragazzo.
Oh, per la miseria!, pensò Minato, cercando di non alzare gli occhi al cielo.
«Ammetto che il tuo caso non
ha precedenti, che io sappia, ma io lo escluderei. La tua testa non dipende
dagli occhi con cui vedi il mondo. O Rin.» sottolineò.
Kakashi annuì, il volto
sempre impenetrabile, come lo era stato per tutta la chiacchierata.
«Capisco, sensei.» concluse.
«Grazie per avermi ascoltato, e per le spiegazioni. Ora, mi scusi, ma vorrei
andare a cercare Rin.»
«Sì, è meglio.» sentenziò
l’uomo, alzandosi in piedi. «Fila a scusarti con lei. Qualunque cosa tu pensi
dei tuoi sentimenti.»
«Ero abbastanza certo dei
miei sentimenti. Il problema è esprimerli ad alta voce, e a un’altra persona.»
«Hai colto il punto, Kakashi.»
Rin fu stupita di trovarsi
Kakashi sulla porta di casa: credeva fosse ancora da qualche parte a lambiccarsi
il cervello, cercando il motivo della sua reazione. Si arrabbiò con se stessa,
per non essere capace di arrabbiarsi con lui per troppo tempo. La furia di quel
pomeriggio si era già dissolta, e Rin aveva passato la sera nella confusione più
totale, chiedendosi come comportarsi.
«Posso entrare?» domandò il
ragazzo.
«Ti è venuto in mente
qualche ragionamento che non mi hai illustrato oggi?» ribatté lei, facendolo
passare. Si odiò istantaneamente per il tono acido che le era uscito.
«Volevo... scusarmi.» ammise
Kakashi.
Rin ne fu piacevolmente
stupita: che avesse capito che c’era qualcosa per cui scusarsi era già un passo
avanti.
«Mi sono espresso in modo
inappropriato.» continuò lui, fissando lo sguardo su un punto oltre la spalla
della giovane. «Non pensavo che fosse così difficile.»
«Sì, lo è.» convenne Rin,
ripensando a quando lei stessa gli aveva confessato di amarlo. Forse, se non
fosse stata così sconvolta dalla morte di Obito, non avrebbe mai trovato il
coraggio.
Anche Kakashi dovette
pensare al compagno di team, perché le sue sopracciglia si aggrottarono, e
subito dopo mormorò, a mezza voce: «Mi sembra di mettermi idealmente in
competizione con Obito. Lui ti amava quando io volevo lasciarti morire solo per
seguire le regole.»
«Ma ora sei cambiato.» disse
lei, con foga. «Fai di tutto per proteggermi, durante le missioni. Non so se lo
fai per tener fede alla promessa che gli facesti quel giorno, o per affetto nei
miei confronti, ma lo fai.»
«Per entrambi i motivi...
credo.» aggiunse subito Kakashi, passandosi una mano tra i capelli con fare
esitante.
Credo.
Quella continua indecisione infastidì Rin, finché non si ricordò che era
assolutamente estranea al carattere del ragazzo. Kakashi era sempre sicuro,
perché aveva già riflettuto sulle sue azioni.
Che stesse improvvisando?
«E, dunque,» chiese,
cercando di suonare divertita e disinvolta, «hai deciso se il problema è
l’occhio con lo Sharingan? Vuoi lamentarti con me delle mie scarse capacità
mediche?»
Lui si rianimò: era
l’argomento su cui aveva ragionato più a lungo, e si sentiva abbastanza
fiducioso. Indicò il suo coprifronte, sistemato storto per coprire lo Sharingan.
«Ora ti sto vedendo
attraverso il mio occhio.» sentenziò. «E non è cambiato nulla.»
Avrebbe aggiunto un
corollario finale, a conclusione della sua tesi, se Rin a quelle parole non gli
avesse dato bruscamente la schiena, le spalle che tremavano.
«Stavolta che ho detto?» si
preoccupò Kakashi, avvicinandosi. «Perché piangi, adesso?»
Rin si voltò di nuovo,
ridendo e piangendo allo stesso tempo. Lui piegò la testa, senza sapere come
interpretare quella che a lui sembrava una crisi isterica; sapeva solo che, in
casi del genere, bisogna schiaffeggiare violentemente il paziente, ma in qualche
modo capiva che era sbagliato, in quel momento.
«Vuoi un bicchier d’acqua?»
domandò.
La giovane scosse la testa,
in segno di diniego: si asciugò frettolosamente gli occhi, tirò su col naso e
prese un paio di profondi respiri per calmarsi.
«Scusa, ma è tutto assurdo.»
confessò, a capo chino. «Prima parli come un libro stampato, e poi te ne esci
con una cosa del genere... non sono preparata a tutto questo.»
«Non mi sono spiegato
bene...»
«Kakashi, per la prima volta
ti sei comportato da essere umano!» protestò Rin, appoggiando le mani su quelle
di lui per fermarlo. «Mi hai detto una cosa bellissima!»
«Oh... magnifico.» borbottò
lui, abbassando gli occhi sulle dita della ragazza.
Lei seguì il suo sguardo, e
si accorse di quel che aveva fatto. Arrossì e fece per spostarsi, ma Kakashi la
trattenne.
«Ci sarebbe un favore che
vorrei chiederti.» borbottò il ragazzo, con voce così bassa che Rin dovette
avvicinarsi al suo viso per non perdersi una parola. «È un po’ personale...»
Lei annuì, ormai pronta a
tutto. Aveva già deciso che quello sarebbe rimasto impresso nella sua mente come
il giorno più bello della sua vita, e nulla poteva più rovinarlo...
A parte qualche nuovo
dilemma filosofico di Kakashi, ovviamente.
«Dimmi.» gli concesse,
ignorando il fatto che le stava stritolando le dita in una morsa ansiosa.
«Si tratta di semplice
sicurezza: potresti non rivelare a nessuno com’è fatto il mio viso?»
Rin corrugò la fronte. Non
aveva mai visto quel che c’era sotto la maschera di Kakashi, visto che lui non
se l’era mai tolta, perciò anche volendo non avrebbe...
Oh.
Oh.
Sentì le guance bruciare per
l’afflusso di sangue.
«Certo.» balbettò.
E non si pentì mai della
promessa fatta.
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