Road To Joy
1. I’m wide-awake,
it’s morning
L’uomo
è intriso dal male, si lascia sciogliere dai suoi
bramosi artigli e a volte, o molto spesso, si lascia inghiottire. Gli
occhi
diventano duri come pietra e la pelle
maschera marmorea mentre il cuore si sbriciola in finissima polvere che
poi
verrà spazzata via dal vento.
E non si è
mai in cerca di redenzione, fino in punto di
morte almeno. Solo in quel momento si spera di non pagare per il dolore
causato
e i cuori spezzati.
E questo lui lo
sapeva, ma era troppo giovane per
preoccuparsene.
Il ragazzo percorreva
la strada della sua vita con
lentezza e scivolando come un gatto tra le ringhiere del sontuoso
balcone.
Orange Country era
pane per i suoi denti.
Facendo leva con i
gomiti si issò sul balcone ed entrò
dalla finestra aperta decorata da tendaggi candidi. Dopo qualche passo
cercò di
mettere a fuoco l’ambiente buio strizzando leggermente gli
occhi. Cercò di
trattenere un ghigno quando i suoi occhi si imbatterono nella figura
addormentata nel letto.
Una signora dai lunghi
capelli biondi riposava distesa,
tranquillizzata dalla sicurezza della sua stabilità
economica, dalla gabbia
d’oro che costituiva la sua abitazione. Aveva comprato la
giovinezza dal
chirurgo, non aveva più nulla di cui preoccuparsi.
Con un balzo leggero
ed atono si trovò davanti al letto e
il tessuto del baldacchino gli solleticava la fronte.
Aspetta. Si
disse. Non
bisogna avere fretta.
Altrettanto
silenziosamente uscì dalla camera da letto
ritrovandosi catapultato in un lungo corridoio. Lo percorse
più volte
arraffando tutto quello che poteva. Apriva i mobili in cerca di
qualcosa che
brillasse o che comunque avrebbe fruttato qualcosa al mercato nero.
C’era fin
troppo da prendere in quella casa così simile a quella dei
suoi ricordi,
imbellettata alla stessa maniera e resa viva
dalla stessa
freddezza.
Quando fu certo di non
aver lasciato più nulla di
importante, tornò di nuovo nella stanza visitata per prima.
E la donna era ancora
lì, esattamente come l’aveva
lasciata.
Estrasse una
bomboletta che spruzzò su un fazzoletto di
cotone. Lo avvicinò al naso della vittima così
che respirasse il gas e quando
fu sicuro che avesse perso i sensi, si rilassò.
La fronte corrugata
perse tutte le sue pieghe e i muscoli
rilasciarono la tensione.
Quello era il momento
più bello e che pregustava durante
tutta la durata precedente del misfatto. La sensazione completa che il
mondo
fosse nelle sue mani lo accarezzava e inebriava, fino a possederlo.
Scoprì il
corpo che sorprendentemente era nudo. Accarezzò
i seni con dolcezza e sfiorò le labbra con le sue.
Sembrava un corpo di
plastica così simile a quello di
tanti altri.
Era un corpo vuoto,
che respirava semplici molecole
d’ossigeno e non vita.
Le stesse molecole che
respirava lui.
E la consapevolezza di
essere uguale a lei lo spiazzò.
Non si aspettava di sentirsi improvvisamente legato a qualcuno che non
aveva
mai visto prima, a una delle tante persone che sarebbero rimaste
vittime di una
mente folle e incontrollata.
Ebbe la sensazione che
il coltellino gli stesse vibrando
in tasca e che gridasse: Prendimi
Prendimi Prendimi.
Ovviamente non
poté fare a meno di obbedire a quella
richiesta priva di senso che nessuno avrebbe accolto e
infilò la mano per poi
tirare fuori la lama brillante alla luce lunare che filtrava dalla
finestra
aperta.
Colpire e aprire.
Esatto, aprire.
La sua follia non si
limitava ad un semplice omicidio.
No, sarebbe stato troppo poco per lui.
Doveva martoriare la
morte, togliendo la dignità anche ad
un pezzo di carne.
Eseguì le
azioni che erano ben stampate nella sua testa,
i fotogrammi che leggeva tutte le notti come un libretto di istruzioni.
Sangue rubino scorreva
lungo la pelle dallo squarcio che
partiva dal collo fino all’ombelico. L’odore di
morte era ormai nella camera da
letto e presto avrebbe svegliato anche gli altri abitanti della casa.
Una figlia si sarebbe
vestita di nero per versare lacrime
di vetro e un marito sarebbe uscito dalla chiesa con il volto
distrutto, prima
di chiamare la sua amante e gridarle la gioia della libertà.
Fece attenzione a non
toccare più nulla per non sporcare
i guanti di lattice.
Un altro omicidio era
stato compiuto e altra distruzione
si era aggiunta sulla sua coscienza.
Il giorno della sua
fine sarebbe arrivato presto. Gli pareva quasi di vederlo lo
sbirro,
sorridergli sornione mentre lo incatenava alle manette e gridarli lurido bastardo mentre lo trascinava
nella cella.
Nemmeno in quel
momento ci sarebbe stata una richiesta di
perdono.
Probabilmente non
sarebbe mai arrivata.
Ricordava ogni suo
gesto e non provava sdegno verso se stesso,
solo puro compiacimento. Non c’era nulla di sbagliato a
togliere agli altri ciò
che era stato tolto a lui.
Voleva prendersela con
il mondo, con quella gente
incantata che gli aveva tolto tutto.
Una goccia perlacea
gli bagnò lo zigomo. Sentiva i singhiozzi
strozzati rimbalzargli nel petto.
Non era colpa sua se
era malato, se la pazzia aveva preso
il posto della ragione. Non potevano rimproverargli nulla, men che meno
che non
ci avesse provato. Aveva provato a reagire e a superare tutto, ma
l’alienazione
era andata a trovarlo, l’aveva sedotto e non era riuscito a
sottrarsi.
Vi sbagliate, se
pensiate che stia chiedendo perdono.
Sta solo dando un
significato all’assassinio appena
compiuto.
Senza pensarci
salì a cavalcioni sul cadavere per poi
schiaffeggiarlo. Ormai piangeva irrefrenabilmente e ogni colpo
aumentava la sua
voglia di continuare. Non c’era gusto a picchiare carne che
non provava più
dolore però non desisteva, sperando di trovare presto la
gioia amara della
vittoria conquistata a cattivo gioco.
Stava quasi per
cominciare ad urlare dal dolore, quando
si fermò.
Si guardò
intorno.
Aveva esagerato
perdendo il controllo.
Passò il
braccio sugli occhi per asciugarli e poi tornò
sul balcone.
Non vedeva l'ora di tornare nel calore del suo letto e abbracciare il
suo giocattolo preferito: Brian.
Amava sfogare le sue passioni su di lui e ripetergli tutte le volte che
lo amava da impazzire e ascoltare le sue stesse parole cariche di
menzogne sfuggire nell'aria. L'arte del mentire era la sue
specialità, i suoi occhi da cucciolo erano la sua arma
migliore.
Un solo
salto nel buio e avrebbe raggiunto la salvezza.
Body
of water
Toxic
and timeless
Atlantic
Ocean
New
York skyline
I
always get lost when I leave the village
So I
couldn’t come meet you
In
Brooklyn last night.
Dominil’s corner:
Ecco
un’altra nuova follia, rimanendo in tema con la fic.
Sinceramente non so
come sia uscita, aveva il computer
davanti… e ho scritto. E’ una fan fiction molto
strana, ne sono consapevole,
come le ultime che sto scrivendo del resto però ne sono
molto soddisfatta. C’è
molta introspezione e spero che non sia la solita storiella.
Ah è
composta solo da due capitoli, il prossimo sarà
l’ultimo per l’appunto perché non avendo
completa disponibilità di un pc
preferisco finire tutto ciò che scrivo il prima possibile
così da non
aggiungere altre storie incomplete all’altro centinaio che ho.
Ultima cosa: il pezzo
di canzone alla fine è tratto da
Train Under Water dei Bright Eyes, band che tra l’altro
consiglio a tutti.
Siccome ho dimenticato di scrivere il disclaimer sopra, lo metto qui: i personaggi non mi appartengono, gli avvenimenti non sono mai accaduti e non scrivo a scopo di lucro!
Un grazie enorme a chi
ha letto e spero commenterà, I hope you’ve enjoyed.
Dominil.
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