Aveva resistito finché aveva potuto, ma verso le 3:00 del
mattino aveva ceduto.
"Chiuderò gli occhi solo per un secondo" aveva pensato fra sé, "li
riposerò soltanto..." aveva cercato di convincersi, ma dopo pochi
secondi, Katy Patterson era caduta addormentata in un sonno profondo.
Aprì gli occhi, e dovette immediatamente socchiuderli per via
dell'intensa luce emanata dal sole, alto in cielo, proprio sopra di
essa, che stava stesa a pancia all'insù su un verde praticello di
campagna, cosparso di un mantello di fiori, ognuno di un colore
diverso. L'aria era calda e l'atmosfera era tranquilla, serena ed
ovattata, come quelle dei cartoni animati per i bambini. Sembrava uno
scenario del tutto sicuro, e non da incubo, ma era proprio questa la
cosa più sospetta.
Katy si era portata una mano sugli occhi per ripararsi dai raggi del
sole e lentamente si era alzata da terra. Si guardò intorno, spaesata,
confusa, sentiva la mente un po' annebbiata ed ovviamente, come in ogni
sogno, non riusciva a ragionare con lucidità. Ma riusciva comunque a
riflettere sul pericolo che incombeva.
Aspettava che da un momento all'altro succedesse qualcosa di terribile,
nascondeva dentro di sé un pessimo presentimento e cercava con lo
sguardo una qualche forma di essere umano, ma attorno a lei c'era
solamente la natura. Cominciò, istintivamente, a camminare per il prato
rigoglioso, in modo lento e cauto.
Mentre camminava, improvvisamente il sole venne oscurato dalle nubi, e
senza rendersene conto, Katy cominciò ad affrettare il passo. Non
sapeva dove fosse diretta, ma sentiva che rimanersene immobile non era
una grande idea, per cui camminava svelta verso non si sa dove.
Dopo qualche minuto il cielo si era tinto di un grigio tetro, l'aria
era diventata pesante, il prato non era più di quel colore verde
brillante, ma si era scurito sempre di più e non ci volle molto perché
anche i fiori perdessero la loro bellezza, appassendo e diventando
tutti di un colore marrone per niente sereno.
"Brutto presentimento, brutto presentimento, brutto presentimento...".
Non si era resa conto che ormai camminava da un bel po' di tempo,
quando improvvisamente, istintivamente, si voltò a guardare dietro di
sé. Solo allora si rese conto che lo scenario attorno a lei era
completamente cambiato, o meglio, solo una parte di esso. Davanti a lei
c'era ancora il prato con i fiori, mentre dietro di lei era apparsa
inspiegabilmente casa sua, e sopra di questa si ergeva una densa nube
nera, come a voler suggerire che dentro la casa non vi si celasse nulla
di buono.
Katy guardò casa sua, quel luogo prima di allora le aveva sempre
ispirato sicurezza e tranquillità, ma ora non ne era più tanto sicura.
Per cui, se quello non fosse stato un sogno, di certo avrebbe avuto il
buon senso di scappare via ancor più velocemente, ma quella non era la
realtà, quello era un sogno, e per una volta nella vita, Katy avrebbe
ardentemente desiderato di trovarsi nella realtà anziché in un sogno.
Katy cominciò a muoversi verso casa sua, con la convinzione che
nonostante l'apparenza quello fosse ancora il luogo nel quale sarebbe
sempre stata protetta, il luogo nel quale avrebbe trovato i suoi
genitori, pronti a consolarla e ad aiutarla, e magari anche a
combattere per lei in caso le cose fossero andate male. In caso Freddy
sarebbe ricomparso.
Aprì il cancelletto e salì i gradini che portavano all'entrata. Era
strano, ma più si avvicinava, più la casa sembrava essere inquietante,
ma Katy cercò di non farci caso, voleva credere che quella fosse davvero
casa sua, voleva che il suo desiderio prendesse il sopravvento sulle
sue fantasie. Quando arrivò alla porta, cercò di guardare all'interno
per scorgere una traccia dei suoi genitori, ma non vide nulla. Cercò di
autoconvincersi che la aspettassero nel salotto, o in cucina, o da
qualche altra parte, qualsiasi cosa pur di rivederli.
Appoggiò la mano sulla maniglia e spalancò la porta.
Non c'era nessuno.
Entrò cauta, a passo lento, guardandosi attentamente intorno.
- Mamma? Papà? - chiamò, ma nessuno rispose.
Si diresse pian piano nel salotto, ma neanche lì vide nessuno.
"Brutto presentimento, brutto presentimento, brutto presentimento...".
Percorse l'intera stanza, attenta a guardarsi dietro le spalle, alle
finestre, alle altre porte, alle altre stanze, ogni tre secondi. Non
voleva ammetterlo a sé stessa, ma cominciava ad avere seriamente paura.
Se non ci fossero stati i suoi genitori, cosa avrebbe fatto? Sarebbe
stata sola, e Freddy Krueger sarebbe potuto arrivare da un momento
all'altro ed ucciderla, così come aveva fatto con Debby.
Continuava a camminare per la stanza, fino a che non si trovò davanti
la scalinata che conduceva al piano superiore e alle camere da letto.
Chiamò di nuovo:
- Mamma? Papà? Ci siete? - ed un'altra volta, nessuno le rispose.
Mise il piede sul primo gradino, incerta e preoccupata. Doveva farsi
forza, doveva trovare il coraggio anche in quella disperata situazione.
- Mamma, papà... devo... devo dirvi una cosa... m-mamma... io... -
borbottò Katy. Non aveva idea di cosa stesse dicendo o di cosa volesse
dire, ma non voleva smettere di parlare. Sentiva nel suono della
propria voce qualcosa di rassicurante, sentiva che se avesse continuato
a parlare, in qualche modo i suoi l'avrebbero sentita, e magari
sarebbero arrivati, ovunque si trovassero adesso.
In pochi secondi si ritrovò al piano superiore, ma anche questo era
vuoto, e non c'era anima viva.
Katy si guardava attorno sospettosa, tesa, non sapeva cosa fare, non
sapeva cosa pensare, voleva solo disperatamente che i suoi genitori
arrivassero lì, da lei, pronti a difenderla e a lottare perché
sopravvivesse a quell'orribile esperienza.
D'un tratto, un mormorio echeggiò dal nulla, in principio lieve e quasi
impercettibile, poi sempre più forte, fino a che non divenne chiaro che
si trattasse di un canto, di una specie di filastrocca, intonata da una
voce rauca e spaventosa....
" ...l’uomo nero non è morto, ha gli
artigli come un corvo... ...fa paura la sua voce, prendi subito la
croce... ...apri gli occhi, resta sveglio, non dormire questa notte..."
A Katy si serrò la gola per la paura. "No, no, no... NO!" pensò
velocemente, mentre la paura si impossessava di ogni parte del suo
corpo ed anche della sua mente, impedendole di muoversi o pensare a una
qualunque via di fuga. Ormai era in trappola, lo sentiva, lui l'avrebbe
uccisa, come aveva ucciso Debby. L'avrebbe trapassata e graffiata e
l'avrebbe tagliata ed avrebbe fatto a pezzi la sua carcassa, e il
giorno dopo i suoi genitori l'avrebbero trovata morta, uccisa da
coltelli e lame invisibili, nel suo letto, con i segni indelebili della
paura sul suo volto...
E come poteva salvarsi? Come poteva sottrarsi a questo suo destino? Non
aveva scampo, non aveva un'arma con sé, l'unica cosa che aveva erano le
sue gambe e l'impulso di scappare, e non sarebbe bastato.
To be continued.
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