Historia
Avvertimenti:
Non per stomaci delicati, linguaggio esplicito, POV .
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale, Suspance .
Reating: Arancione .
Prima di Cominciare: Salve miei amatissimi lettori !
Dunque, questa
storia che vi vado a raccontare - o meglio, che Nadia vi
andrà a raccontare, visto che è in prima persona
- è un sunto della vita di questo personaggio .. Nadia della
Corte, creata per un GDR
live. Si, come sempre è carico di Suspance, scene di
violenza, sottintesi horror e cose del genere.
Ok, detto ciò .. spero vi piaccia !!
Disclamer: I personaggi sono tutti
maggiorenni e sono di mia
esclusiva creazione assieme ai fatti narrati (©
Juliet) (L)
Credits: Le icons sono opera mia . Il font usato per
il titolo è Holy
Empire .
Dedicato
a me stessa <3 .
HIstORIA
scritto e ideato da Shileen .
~ Storie di Vampiri ~
Salve.
Ho un vago presentimento, stanotte. Il sospetto che non abbiate bisogno
d'un qualche favore o servizio; almeno non oggi. E dunque,
cos'è che vi conduce qui ? Ah, certo. Voi cercate una
storia, voi cercate ciò che si nasconde dietro un nome, ed
un volto che non ha nulla da dirvi e tutto da nascondervi. Perfetto.
Farò come desiderate signori, risponderò ad ogni
domanda, ad ogni perplessità. Cos'è che vorreste
sapere, mh ? Chi fu a compiere questo scempio ? A condannare una
ragazza sbocciata solo a metà alla fulgida, eterna, perfetta
meraviglia di quest'attimo che durerà sino all'infinito ?
Che carini .. abbastanza banale, potreste fare di meglio, ne sono
assolutamente certa.
D'altra parte, potrei anche dirvelo. Potrei farvi sollevare lo sguardo
dal vostro banale stato di minorità ed elevarvi ad una
conoscenza ritenuta appannaggio di pochi. Potrei. Perchè no
? Oh, bhè.
D'altronde, se siete ancora qui a prestarmi ascolto, ho il sospetto di
aver colto almeno per un istante, per quanto piccolo, la vostra fugace
attenzione.
Mi chiamo Nadia della Corte.
Dunque, da che cominciare ? Dalle origini ? Lasciatemelo dire .. che
palle.
Allora: mio padre; ho scoperto chi fosse solo undici anni dopo che sono
scappata di casa. Di quello vi parlerò a suo tempo, non
temete. Mio padre, nonostante mia madre avesse fatto di tutto per farmi
scordare persino della sua esistenza, era l'ultimo erede di una casata
nobiliare napoletana caduta in disgrazia alla fine del secolo passato
(perdonatemi, alla fine dell'800, non del secolo scorso) che conserva
come ultime vestigia di quella nobiltà acquistata in modi,
oserei dire, quanto meno poco ortodossi, nella firma in calce che mi
è stata tramandata. Quel 'della' scritto in minuscolo; a
quanto sembra, viene considerato un segno di nobiltà. Che
grande stronzata. Lui invece, mio padre, in regalo a mia madre
lasciò vagonate di debiti - e me, naturalmente - prima di
decidere che aiutare gli ultimi residui delle forze naziste
sparpagliate per l'Italia sarebbe stato un buon modo per elevare
nuovamente il nome della famiglia ... vi ho già detto quanto
quell'uomo possa essere stato un'emerito idiota e mentecatto ?
Comunque, per continuare, non so che fine abbia fatto, nè
m'interessa a dire il vero. Poi c'era mia madre, per l'appunto, colei
che ha prima cercato di
lasciarmi impressa in testa come immagine di mio padre quella d'un uomo
tutto d'un pezzo, eroe di guerra morto in chissà quale
scontro per la sua Patria; e poi ha semplicemente deciso che parlarne
non era più il caso, bandendo da casa nostra il suo nome ed
il suo ricordo. Una sorta di damnatio
memoriae, insomma. Ho vissuto con
lei sola dal maggio 1949, quando nacqui - in quella che tutti amavano
ricordare come una caldissima giornata di sole, divertente no ? - sino
all'inverno di dodici anni dopo, quando lei pensò bene di
ammalarsi di tisi (che, per chi di voi non lo sapesse, è la
tubercolosi) e quando i servizi sociali decisero di mandarmi da una
delle due sorelle di mia madre, a Venezia. A proposito della tisi,
sapete che una credenza popolare ha lungamente attribuito questa
malattia al vampirismo ? D'altronde i sintomi più comuni
sono occhi rossi e gonfi, che a sua volta causano
sensibilità alla luce esterna, pallore ed espulsione di
sangue per via orale durante i colpi di tosse, cosa che suggeriva
l'idea di dover ripristinare questa perdita di sangue assumentone
altrettanto sempre per via orale ...
Ho parecchi ricordi del periodo che ho passato a Venezia e tutti, senza
alcuna eccezione, mi riportano alla mente quanto odio provassi per
quella dannata città e per i suoi abitanti. Non ce n'era uno
che non mi considerasse una povera, piccola, abbandonata, figlia di
'popolani' analfabeti, raccolta dalle braccia amorevoli di mia zia,
donna dai rigidi costumi e dalla fede incrollabile. Analfabeti ? Trovo
uno stronzo mio padre e solo una povera disgraziata mia madre, ma vi
assicuro che l'ultima cosa che si può dire su di loro
è che fossero analfabeti. Se non fosse per mia madre che
m'insegnò cose che normalmente non avrei potuto apprendere e
per mio padre la cui libreria, in futuro, si rivelò una
grande fonte di nozioni ed eventi, non avrei cumulato quella cultura e
conoscenza che forse è stato uno dei motivi per cui il mio
Sire decise che valeva la pena di uccidermi. Per poi ridarmi la vita,
ovviamente.
Quando a dodici anni mi ritrovai da sola, intrappolata in una casa e -
ancor peggio - in una città che non mi riconosceva come sua
leggittima abitante, ritrovai l'unica via di salvezza nei libri e nelle
magiche parole che man mano iniziarono ad acquisire un senso sulle
pagine stampate. Fino ad allora il mio rapporto con la lettura si era
limitato alle volte in cui le mie maestre prima, e le professoresse
poi, mi costringevano a leggere .. a studiare perchè era
necessario. A dire il vero, iniziai realmente a studiare solo quando mi
ritrovai spersa in quel di Venezia e trovai come migliore compagna di
giochi la Biblioteca Comunale, il cui bibliotecario e custode aveva
visto in quella mocciosa dall'aria spersa una pecorella sperduta sulla
via che porta alla conoscenza. Credo sia l'unico mortale cui devo
qualcosa, l'unico della cui morte mi rammaricai parecchio; forse avrei
dovuto dirgli quanto mi siano stati utili quei lunghi, interminabili
pomeriggi passati su Shakespeare, Cicerone, Machiavelli e Neruda. A
sedici anni mia zia aveva ormai perso ogni speranza di convincermi ad
iscrivermi ai corsi di catechesi per ragazzi, nè tantomeno
servirono a qualcosa le punizioni domenicali - un rituale - che
seguivano le nostre immancabili litigate sull'utilità di
recarsi a messa che, difatti, man mano smisero d'esserci; mi
lasciò vegetare nella camera che mi era stata assegnata da
quattro anni e che mi è rimasta fino al 1967, tra i libri, i
libri, i libri e dopo qualche tempo, dei dischi in vinile che riuscivo
a comprarmi con qualche lavoretto e che riuscivo a sentire grazie ad un
vecchio grammofono di mio nonno ritenuto 'ciarpame' dal resto della
famiglia. Poi, improvvisamente, tra i libri fecero la loro comparsa un
paio di guantoni da Boxe mezzi usati e sbrindellati che ho preso
ad usare sempre più spesso, sempre più spesso,
con sommo odio di mia zia ovviamente. Comunque sia, dopo le scuole
medie inferiori, mia zia decise che avrei dovuto proseguire la mia
istruzione in un liceo Magistrale e che sarei diventata insegnante alle
elementari .. quasi posso sentire ancora la sua voce perforarmi la
testa con quel forte, insolente accento veneto che mi dava la nausea:
« Almeno potrai smetterla di sistemare gli scaffali della
Biblioteca Pubblica per 5'000 lire al mese e prenderti a botte come un
maschiaccio di strada con quei .. 'tizi' che chiami amici !
»
Naturalmente di quella scuola ricordo a stento le poche cose che ci
chiedevano di imparare, in vista del temuto esame di
maturità mentre ricordo con viva perfezione tutte le nozioni
che appresi nei pomeriggi passati clandestinamente nell'Archivio della
Biblioteca a far finta di sistemare gli scaffali impolverati e
disseminati di tarme. Conclusi quel dannato liceo con il massimo dei
voti, e non certo per quel che quella sottospecie di insegnanti
avrebbero dovuto darmi come istruzione superiore, e me ne scappai di
casa, andando a vivere in un buco di qualche mq a poca distanza dal
centro cittadino. Mia zia smise di cercarmi solo quando il suo figlio
maggiore, Roberto, cercò di convincermi con la forza a
tornare a 'casa' .. lui naturalmente ci tornò da solo, dopo
un giorno in ospedale a causa di alcune ferite da spranga causate
chissà da quale malvivente grezzo e brutale incontrato per
la via .. eh si.
Nel 1968 scoppiarono le rivolte studentesche, e credo voi lo sappiate
senza che ci sia bisogno che ve lo dica io. Avevo diciannove anni e
frequentavo il primo anno di Lettere Classiche
all'Università degli Studi di Venezia, mi mantenevo facendo
due lavori e andando a suonare poche volte nei pub del centro con un
paio di studenti del mio corso per raccimolare una manciata di lire in
più; fu con loro che, per la prima volta, scesi in piazza a
lottare per i miei diritti di studentessa. Da lì fu un
continuo rincorrersi di scontri, manifestazioni, slogan, striscioni
fatti alla bell'e meglio, foulard davanti alla faccia, fumogeni e
spranghe. E mani menate contro quelli che cercavano di imporre le
proprie idee a nostro discapito.
Poi un giorno, alla Biblioteca fece il suo ingresso tale Dante
Nervinus, sedicente storico, studioso di simboli e amante
dell'esoterismo; almeno questo è il modo in cui si
presentò a me tre settimane dopo che le sue visite
giornaliere mi avevano incuriosita e spinta a chiedergli qualcosa di
lui e del suo lavoro. Era come se un estraneo avesse profanato il mio
sacro tempio della cultura, ed era un estraneo tutt'altro che normale.
Era alto e ben piazzato, una massa di muscoli in giacca e cravatta che
leggeva di antiche città e storie medievali; era pallido, no
non solo pallido, proprio BIANCO, e poi i suoi occhi erano
costantemente cerchiati di viola ed arrivava sempre all'ora in cui il
sole scompariva dietro le colline dei Colli Eugànei per
andarsene solo a tarda notte, un'ora dopo che il biblotecario iniziava
a dirgli di andarsene perchè doveva chiudere. E mi studiava.
Io lo so; perchè naturalmente presi a studiarlo a mia volta
dopo i primi tempi e non chiedetemi perchè, dannazione ! So
solo che trovavo incredibilmente difficile cercare di non guardare
nella sua direzione e so che mi faceva uno strano effetto, che ogni
giorno mi sentivo richiamare dalla libreria con l'ossessione del suo
volto e mi ritrovavo sempre più spesso con un libro in mano
che nemmeno stavo leggendo, con lo sguardo fisso sulla porta della
Biblioteca in attesa del Signor Nervinus.
Solo qualche tempo dopo scoprii che era tutta una menzogna, una
finzione dettata dalla forza della sua mente che contrastava la mia,
debole e mortale. Una menzogna che mi costò caro.
Fu in una sera come tante passate a bere a canna con quei pochi amici
stretti di cui mi circondavo per sfuggire alla realtà di una
città che odiavo e con i quali condividevo ogni interesse
che successe il fattaccio. Certo, eravamo mezzi fatti e brilli - dire
addirittura sbronzi mi sembra esagerato - ma non avevamo iniziato noi
quel casino; certi tipi del quartiere accanto al nostro - naziskin di
merda - hanno preso a lanciarci insulti addosso, e noi che avremmo
dovuto fare, eh ? Fatto sta che si avvicinarono con l'intenzione di
menare le mani ed ottennero solo che fummo noi a fargli cacciare i
primi guaiti di dolore - donnette che non erano altro! Poi,
così, tutt'un tratto, nuovamente quella sensazione di
attrazione mi spinse a guardarmi attorno, fu come se quella rissa non
ci fosse mai stata, sentivo gli occhi di qualcuno addosso e sapevo
anche perfettamente di chi potessero essere. Così, quando
incrociai due occhi nocciola scuro che mi fissavano intensamente, non
me ne stupii affatto. Naturalmente uno di quei gran bastardi si
approfittò della mia distrazione per afferrarmi di spalle,
bloccandomi le braccia e suscitando in me non poca ira, guardai gli
arti grossi di quel ragazzo senza nemmeno che ci fosse bisogno di
riconoscerlo: era un nemico e basta. Feci la prima cosa che mi venne in
mente di fare: mordergli le braccia finchè non avesse ceduto
e non fossi stata di nuovo libera, cosa che avvenne solo quando iniziai
a sentire il sapore del suo sangue in bocca, che sputai riluttante. E'
l'ultimo sapore di cui ricordo perfettamente il gusto, metallico e
nauseante; pensai tra me e me alle leggende sui vampiri e mi
dissi « Che schifo ! »
Sfortunatamente divenne il mio cibo quotidiano da lì a
breve, molto breve.
I ragazzi fuggirono, ma io non mi unii ai festeggiamenti dei miei
compagni, non risposi ai loro richiami, mi voltai e diressi i miei
passi verso il Signor Nervinus che ancora stava lì a
guardarmi, con quel sorrisetto insistente sulle labbra.
No. Non vi racconterò com'è finita quella serata.
Non vi racconterò come sono diventata quello che sono
perchè non vi piacerebbe, sarebbe solo un altro dei tanti
discorsi disgustosi che si sentono sul sangue e suoi poteri che ad esso
si riconducono. Vi lascerò semplicemente immaginare quanto
il mio Abbraccio - il Bacio Oscuro che mi ha resa quella che sono - sia
stato languido e memorabile; vi lascerò credere quello che
normalmente si fa credere alla gente quando si parla di queste cose:
una scena indimenticabile, il sensuale invito di quello che sarebbe
divenuto il mio Sire e poi la morte, e il nuovo dono della vita
gentilmente offertomi da un uomo da cui ogni donna si sarebbe sentita
attratta.
Non è andata affatto così, ma chissenefrega.
Tanto vale che vi limitiate a credere a quel che vi fanno normalmente
credere.
Le mie primissime notti passarono nell'odio, nella rabbia e nel
terrore. Avevo paura di quel mondo oscuro che si aprì
tutt'un tratto, magicamente, avanti ai miei occhi, come la scenografia
maestrosa di un teatro che appare allo spettatore solo quando
finalmente tutto è pronto per iniziare, e il Direttore di
Scena decide che è il momento di aprire il sipario.
Bastò il primo morso che quella sete incessante che
è diventata mia instancabile compagna, mi ha costretta a
dare ad uno di quelli che fino ad un paio di giorni prima avrei
considerato miei amici, sotto lo sguardo del mio Sire nascosto in
chissà quale anfratto. Allora capii che non ci sarebbe stata
decisione che avrei più potuto prendere davvero come donna
libera, e la rabbia si trasformò in frustrazione. Trascorsi
i primi anni con il mio Sire, a capire cosa potevo o non potevo fare,
come dovevo o non dovevo muovermi durante le notti di caccia che si
sarebbero susseguite da quel momento sino all'Eternità .. un
tempo molto esteso a dire il vero. M'istruì sul significato
della parola Masquerade e su tutto quello che comportava, sulle
Tradizioni, sulle Sette e sui Clan, il nostro in particolar modo.
C'erano così tante cose da imparare, leggi, scritte o meno,
leggende, vicende storiche che io volevo e non volevo apprendere. Mi
sentivo un bambino che viene imboccato dal suo genitore amorevole, un
bambino che non riesce ad imporre i suoi bisogni su quelli del genitore
che lo fa mangiare quando gli è comodo, non quando il
bambino ne ha voglia o ne ha il bisogno. Ero arrabbiata, costantemente
arrabbiata, e Dante dovette capirlo presto, perchè la mia
prima, vera e propria, caccia me la lasciò compiere da sola.
< Una sorta di punizione. > come preferì
definirla. < Se domani si parla di qualche morte o avvenimento
insolito riverserò tutto il mio .. disappunto, su di te.
>
Mi disse così, semplicemente, e poi mi lasciò
andare nella notte. Andò bene, questo è poco ma
sicuro, e lui si dimostrò abbastanza soddisfatto del mio
operato, tanto da concedermi di riprendere gli studi, dopo un
pò, e terminarli, rapidamente. Rimasi a Venezia per i dieci
anni seguenti quando iniziarono le prime rivolte femminili. Mi sentivo
totalmente estranea a quella lotta, stranamente, e preferii rimanerne
fuori, continuare i miei allenamenti, e le mie ricerche che non
servirono ad altro che a farmi mezzo sbeffeggiare dall'altro infante
del mio sire, una sorta di fratellastro ? Mhà .. se
preferite chiamarlo così. Me lo ripeteva sempre, quel
dannato ignorante buono solo a dare mazzate a destra e a manca:
< Che saresti tu, eh ? Una fottuta Brujah intellettuale del
cazzo ? >
E poi si metteva a ridere, suscitando tutto il mio sconcerto,
almeno considerato che, per quanto ne potevo sapere, il nostro Sire era
perfettamente identico a me. Forse meno bisognoso di usare la forza per
affermare le proprie ragioni. Ho vissuto con loro finchè non
mi resi effettivamente conto di essere ormai abbastanza grande da
cavarmela da sola, e decisi di tornare nella mia terra natale. Non
Napoli, che mi vide venire al mondo, ma Ceppaloni, posticino sperduto
nel Beneventano dove ebbe origine la casata di mio padre e dove ancora
era conservata una magione abbandonata di proprietà della
mia famiglia.
M'intrufolai nella proprietà della mia famiglia come fossi
una ladruncola da quattro soldi e non l'arma assetata di sangue in cui
mi stavo trasformando, e feci sorgere tutto dalle ceneri, ricostruendo
un santuario, ove collezioni di opere artistico-letterarie esposte in
ampie sale luminose - le cui finestre sbarrai all'istante - si
fondevano perfettamente con la raccolta di armi storiche che prendeva
diverse gallerie. Passai qualche anno in una discreta solitudine,
ignorando le voci che iniziarono a circolare in quel paesino davvero,
davvero troppo piccolo, che parlavano di fantasmi venuti a riprendersi
il vecchio Maniero della Corte, poi vennero loro, a dirmi che quel
posto era loro proprietà di diritto. Erano due uomini
coperti da lunghi spolverini neri dal bavero alto e dagli occhi chiari
e perforanti, quasi fossero gemelli e, fortunatamente, preferirono
continuare a minacciarmi che passare alle mani, forse credendo di farmi
paura così com'erano. Dal canto mio stavo solo sistemando la
collezione di armi di mio padre .. non è certo stata colpa
mia se il balestrino era carico e funzionante .. stranamente quando di
loro rimasero solo due mucchietti di cenere scura, la stanza sembro
illuminarsi vagamente. Non me n'ero accorta, ma la loro presenza aveva
oscurato in qualche modo casa mia, e non era affatto una cosa positiva.
Ne sarebbero arrivati altri, era ovvio, così feci l'unica
cosa che mi venne in mente di fare e chiamai ancora il Signor Nervinus
invitandolo a prendersi una vacanza dalla vita frenetica di una
città come Venezia e venirsi a fare un giro nel Beneventano.
Il mio Sire si presentò con quattro Fratelli al seguito, di
cui uno era l'alto e grosso coso biondo che mi trovavo Fratello per
Progenie. Stranamente mi trovavo a mio agio con l'ammuina che
riuscirono a creare a casa mia, forse la solitudine non mi si addiceva
come pensavo.
Si susseguirono identici a se stessi anni e anni in cui la routine
monotona di una vita infinita si alternava a sporadici scontri con i
sabbatici che mi spinsero tempo addietro a chiamare il mio Sire. Erano
alcune sparse e disorganizzate decine di Lasombra il cui operato era
spesso e volentieri coadiuvato da pochissimi Tzimisce dalle origini
ignote. Li ho sempre odiati, i primi viscidi come le ombre di cui erano
manipolatori, i secondi riluttanti come i mostri di carne ed ossa che
le loro menti contorte creavano e allevavano. Passarono altri dieci,
lunghissimi, anni. Era il 1989. Il mio Sire morì
nell'ultimo, colossale, scontro contro i sabbatici, assieme ad altri
due Fratelli. Enzo - il coso biondo - si diede alla fuga assieme a
Caterina, altro membro della nostra dolcissima famigliola, preferendo
lasciarmi sola, in un posto dove la mia salvaguardia era messa del
tutto in discussione. Nuovamente mi trovai a viaggiare. Il mio Sire era
morto.
Non illudetevi, non ho provato pena per la sua fine ! Nè
dolore ! Non ho sofferto per la perdita dell'unica persona che
considerassi la mia famiglia ! Umana non ero e non sono signori !
Quindi fatevi un pò i cazzi vostri e non indagate
più a fondo di quanto io non voglia farvi indagare !
Presi il primo notturno per Napoli e lì rimasi per qualche
tempo, nascondendomi dalla luce del giorno in un ostello per la
gioventù, chiedendo in giro, cercando di capire che si
diceva, chi fosse il Principe e se ci fossero abbastanza Brujah in
città da formare un Consiglio di Clan a cui appellarsi. Ma
un Principe ancora non c'era, la città non sembrava godere
del suo periodo di massimo splendore da quel punto di vista, e
l'abbandonai nuovamente, trovandomi una casetta sperduta del dominio
meno incasinato che ci fosse - almeno secondo le voci che mi giungevano
all'orecchie - .. Caserta. Dormivo, mi svegliavo, mi cibavo di puttane
lesbiche come di piccoli signorotti alla ricerca di una notte di
passioni e poi passavo il resto della notte a prendermi a botte con
gente più o meno di malaffare in una palestra abbandonata a
pochi passi da quella che chiamavo 'casa'. I libri che mi ero portata
dietro li sapevo ormai a memoria, aprivo le pagine e guardavo il vuoto,
già conoscendo le parole ch'è come se mi
danzassero innanzi agli occhi. Vegetavo insomma. Nemmeno troppo tempo
dopo, ho saputo che un nuovo Principe dominava su Napoli, e forse avrei
dovuto capire che era il momento di tornare alla non-vita, piuttosto
che lasciarmi andare ad una vita di merda, che davvero non poteva
essere la conclusione di un percorso iniziato da schifo.
Mi sono data una svegliata quando la solitudine è tornata a
farsi spazio nella mia testa, quando nemmeno nella caccia riuscivo a
trovare uno svago e men che mai nelle lotte clandestine con avversari
difficilmente alla mia altezza, non che sia un vanto, è
chiaro, di solito le ragazzine di oggi fanno tutto per nasconderlo ..
quando riescono a stendere un omaccione di due metri. Io lo trovo
abbastanza stupido.
Ecco. Direi che ora è sufficiente. Avete tanto di quel
materiale sulla mia vita che potreste quasi metterci su un film.
Già me l'immagino .. che idiozia. Ora non rompetemi ancora i
coglioni, vi ho detto quel che volevate sapere. Erano questi i patti no
? Ottimo.
.. nulla in contrario se v'invito per cena,
mh' ?
Note dell'Autrice:
°__°
non lo so .. sincero .. mi andava di postarlo su EFP perchè
effettivamente è una storia narrata da uno dei personaggi
frutto
della mia mente contorta, dunque .. perchè no ? Se vi
è
piaciuto - anche solo un pochino - recensite *___* (al narratore sommo
- zio Tom xD - non serve .. già commentò a suo
tempo
x°DD) <3
Ringraziamenti:
Ago _ per
avermi fatto cambiare idee sul look di Nadia, danke .
Zio Tom _
perchè
è l'unico che mi sostiene !!
Tutti coloro che hanno
letto e apprezzato
anche solo poco, poco, poco .. e a dire il vero anche quelli a cui non
è piaciuto per nulla, sono il miglior incitamento a darmi da
fare per scrivere sempre cose migliori =) grazie anche a voi !!
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