capitolo 48
Inizio con lo scusarmi infinitamente del ritardo, ma come
sapete era dovuto ai miei impegni universitari. Le tante cose da fare sempre
rimandate invece mi impongono di essere davvero svelta nel postare il capitolo e
purtroppo senza risposta alle recensioni.
Mi dispiace infinitamente non aver trovato il tempo di
farlo, ma ho pensato che avreste preferito l’aggiornamento.
Il prossimo post sarà sicuramente più veloce, anche perché credo
che il capitolo conclusivo (ebbene si, siamo arrivati alla fine) sarà un po’ più
corto degli altri. Prometto che recupererò le recensioni e sarò molto molto
diffusa nel rispondervi. Vi ringrazio infinitamente per i commenti e anche per
le letture silenziose. Più di tutto vi ringrazio per l’attesa.
Questo capitolo ci tengo in particolar modo a dedicarlo a
una persona, ossia mia MOGLIE! La mia migliore
amica, la mia metà.
Tante volte mi sono trovata a pensare alla migliore amica
come a una persona con cui ti puoi confidare, con cui puoi ridere, puoi
scherzare, con qui puoi essere te stessa più che con gli altri. Tante persone
vanno e vengono nelle nostre vite, e solo con il tempo vedi chi resta davvero. Non
è una colpa sbagliare nell’aver dato questo titolo a tante ragazze che hanno
condiviso momenti particolari con noi. Chi più, chi meno, sono tutte
importanti. Ma è solo una quella che ti prende il cuore, quella che quando dici
“ti voglio bene”, “sono felice per te” lo pensi davvero. È solo una quela
persona che quando piange, tu non puoi fare a meno di piangere con lei, quella
che basta uno sguardo per capire tutto quello che ha dentro. Quella che ti
manca quando non c’è e che quando è con te non puoi fare a meno di abbracciarla
e tenertela stretta stretta.
Trovarla è come innamorarsi. Trovarla ti fa dire che abbiamo
sbagliato tutto, abbiamo sbagliato a pensare che quando ci si riferisce all’anima
gemella si pensi ad un ragazzo che ci porta via il cuore. La vera anima
gemella, la vera anima affine è lei.
Ti voglio un bene dell’anima Moglie! Questo capitolo è per
te! Sono fiera, davvero fiera di te, mia laureanda!
Bene, dopo la mia dedica, le scuse per ritardo e recensioni,
chiedo venia per un ultimo motivo e poi vi lascio alla lettura. Il capitolo non
è betato, quindi chiedo scusa per eventuali errori. Lo rimetterò a posto il più
presto possibile! Grazie a tutte per non avermi abbandonato!
Ricordo come sempre il blog e metto qui il link della mia ultima one shot, nel caso voleste leggerla.
il sondaggio sul titolo della serie è stato vinto da "ubi tu
gaius, ubi ego gaia" con 7 voti espressi sul blog e altri due qui sul
sito. al secondo posto ono arrivate a pari merito "the wave" e
"baciata da un angelo". tempo di scrivere una presentazione e PLVK
diventerà una serie!
seconda parte....
Ci sono cose che la mente umana, per quanto si sforzi, non
può concepire.
Ci sono cose che occhi, questa volta umani e non, possono
solo immaginare.
Ci sono eventi a cui sarebbe meglio non assistere. E questo
vale per tutte le forme di vita esistenti che abbiano una minima attività
cerebrale funzionante.
E poi c’è Kellan: inconcepibile, inimmaginabile,
inguardabile.
Kellan il fisicato, il mister Ck 2010, il sex symbol… è letteralmente
inguardabile in questo momento, oserei dire raccapricciante.
Con la maglietta sulla testa a coprirsi i capelli gettata
dietro le spalle a simulare la cosa più vicina a un velo da suora che ho mai
visto, con due baffi arricciati azzurro cielo disegnati sulla faccia, è quanto
di più agghiacciante si possa avere la sfortuna di concepire.
- Kell, lì non hai passato- lo riprende Alessia seduta a
gambe incrociate su una cassettiera coperta da un vecchio lenzuolo indicando
con il pennello un punto sulla parete a Kellan che sta passando il rullo.
- dove? qui?- chiede il bestione allungandosi con un braccio
nel punto presumibilmente indicato.
- no, più su-
- qui?- saltella il bestione su un piede solo, allungandosi
tipo ballerina di danza classica con tanto di gamba tesa a ridosso del muro.
- si - gli risponde Ale non trattenendo un sorriso e
tornando a dipingere ghirigori di una tonalità di azzurro più scuro là dove
avremmo sistemato il lettino che io e Jack stiamo montando.
- I come from Alabama
with the banjo on my knee, I’m going to Lousiana, my true love for to see...-
inizia a canticchiare Kell intingendo il rullo nel secchio di vernice prima di
riprendere a lavorare.
- e io che pensavo avesse iniziato ad essere una persona
seria- commenta Jack a mezza bocca togliendosi una vite dalle labbra.
- mi sa che il giorno in cui lo vedremo diventare una
persona seria sarà il momento del giudizio universale- rispondo piatto cercando
il cacciavite giusto tra gli attrezzi seminati tutti attorno a me.
-... It rained all night the day I left. The
weather it was dry, the sun so hot, I froze to death...-
- ok... forse nemmeno il giorno del giudizio universale- rettifico
alzando gli occhi al cielo.
- io pensavo che la storia con Megan gli avesse dato un pò
di senno. Insomma, lei sembra intenzionata a metter su famiglia- continua Jack
avvitando la sua vite.
- perché dovrebbe metter su famiglia? Ha casa, ha un
bambino…- inizio accennando a Kellan con la testa - ha già famiglia. Scommetto
che si alza tutte le notti a scaldargli il biberon-
- Oh Susanna, oh don't you cry for meeeeeeeeee!!!!!!!!!
I've come from Alabama with my banjo on my knee!!!!!!-
- Dio, giuro che non riesco a capire come quella gran
sventola della Fox se lo sia preso- sbuffa rifacendosi il codino. - E dire che
mi sforzo!-
- te lo dico io perché se l’è preso- gli rispondo con
un’occhiata eloquente, tipica del maschio saggio che rivela una verità
inconfutabile a un maschio un po’ meno saggio, ma comunque maschio, che sta
prendendo parte al momento “chiacchiere da veri uomini”. Beh… è bello sapere che
a trentanni io riesca ancora a prendermi per il culo così! Forse nemmeno io
sono riuscito a diventare una persona seria… famiglia o non famiglia.
- ah dici che…?-
- a no? Da quando sta con lei non dorme nemmeno più con
l’orsetto-
- no! Sul serio?-
- Già. L’ha piazzato sul mio letto circa un mesetto fa
dicendo che era ora che passasse a Matt-
- non ci credo!-
- va a vedere! È di sopra nella mia valigia-
- quella Fox deve avergli dato un diversivo bello forte!-
- talmente forte che da quando sta con lei ha le occhiaie perenni-
- a guardarlo bene si è anche smagrito… devo dire però che è
una magrezza sana, non pensi anche tu? Quando si dava al fai da te oltre che
magro era anche pallido-… E nemmeno Jack è riuscito a superare la fase
adolescenziale, a quanto pare.
- I thought I saw Susanna coming down the
hill. The buckwheat cake was in her mouth, the tear was in her eye. Says I, I'm
coming from the south Susanna, don't you cry!!!!-
- Kellan!!!! Un’altra strofa ancora e qui l’unico a piangere
sarai tu!- ringhia Ale minacciandolo con il secchio di vernice in mano.
- ma è una canzone così carina! Ed è bene che Matthew impari
queste filastrocche, così quando andrà a scuola sarà già un passo avanti!-
piagnucola Kell giustificandosi.
- più che smagrito mi sembra solo più scemo di prima-
sospiro allungandomi a prendere un altro pezzo di mobile. Si, lo so che dare
dello scemo a Kellan è come sparare sulla Croce Rossa, ma vorrete mica negarmi
la consolazione di non essere il “più scemo” tra noi tre scemi?
- Ah perché c’è stato forse un momento della sua vita in cui
non era così?- domanda retoricamente Jack alzandosi in piedi per far combaciare
il suo pezzo di lettino montato al mio.
- però cazzo, la Fox!- sospira con occhi sognanti dando una
botta secca alla sponda per incastrarla alla testiera.
- la Fox…- gli faccio eco con il medesimo sorrisino
sardonico.
- giuro che se non fosse la sua ragazza un pensierino…-
- ma anche due!-
- ha un sedere che…-
- la Fox…-
- cosa “la Fox”?- interviene Ale con gli occhi ridotti a due
fessure, voltando verso di noi il secchio di vernice che prima teneva puntato
su Kellan.
- niente, amore. Niente- tossicchio tornando ad essere molto
interessato al lettino di Matt che stava prendendo forma.
Fantasticare su Megan, la “ragazza seria”, di Kellan non era
fondamentalmente una delle mie attività abituali, al massimo di Jack, ma c’è da
dire che in genere sono una persona piuttosto obbiettiva e in tutta
obbiettività non si può negare che sia una grandissima gnocca.
Certo che il mio concetto di “gnocca” può variare di molto
se mia moglie minaccia di farmi diventare dello stesso intenso azzurro puffo
delle pareti.
- niente, eh?- mi scruta ancora con gli occhi sempre più
piccoli ormai a pochi centimetri dal mio viso, dando una scossa al secchio.
- certo, amore. Niente. Ho forse la faccia di uno che ti sta
dicendo una bugia?-
Un colpo di tosse di Jack, razza di infame, suona
stranamente come “cazzata”. Tuttavia, sortisce almeno l’effetto di dirottare
l’attenzione di mia moglie sulla sua persona, che prontamente gli tira uno
schiaffetto di rimprovero sulla testa prima di poggiare la vernice a terra e
squadrarlo con aria di rimprovero.
- poi dici che le cose con Ashley vanno male! Mi
meraviglierei del contrario!- sbotta severa incrociando le braccia al seno ed
ergendosi in tutta la sua altezza.
- Ahia! Ale fai male!- grida Jack massaggiandosi il punto
dolente assumendo un cipiglio decisamente irritato. Strano… non è da lui.
- bene, almeno ti ricorderai di non fare più commenti sulle
ragazze dei tuoi amici!-
- ma perché? L’abbiamo sempre fatto! Perché quella di Kellan
non si deve toccare? Se ha un bel culo, è giusto rendergli giustizia e dire che
ha un bel culo! Da donna, seriamente, dimmi che non è vero!- sbotta Jack
riprendendo il suo lavoro tornando di nuovo quasi calmo.
Scruto il suo viso e
non trovo altra traccia se non la mascella serrata a testimoniarmi
che il lampo di furia che ho visto attraversare i suoi occhi c’è stato davvero.
Che Ale gli abbia fatto davvero male? In tutta onestà, per quanto io sia a
conoscenza di quanto la mia consorte picchi duro e meni botte da orbi quando è
in vena, non mi sembrava che quello schiaffetto sulla nuca potesse avergli
provocato seriamente del dolore.
Riguardo il volto di Jack, concentrato mentre ricontrolla di
aver avvitato bene alcuni tasselli, e lo trovo di nuovo sereno.
È sempre stato un po’ lunatico, soprattutto quando ha fame
e, guardando l’ora, non posso nemmeno dargli torto.
- da donna, seriamente Jack, ti dico che dovresti evitare di
commentare il fondoschiena di Megan-
- e certo! Abbiamo commentato il culo di Ash, quello di
Kristen, il tuo, e Megan la dobbiamo lasciare da parte. Non si fa così! Non
vorrai mica lasciarla da parte? Voi si e lei no! Non è educato!- borbotta
ancora il mio amico, facendomi sbarrare gli occhi davanti al tifone che sarebbe
sicuramente conseguito a quel’ammissione di colpa.
Vi dirò, Jack è sempre stato un mostro di sagacia, un
concentrato di perfidia, astuzia, cinismo e sarcasmo, ma pecca un po’ di sano
istinto di sopravvivenza.
Ci sono momenti in cui la sua intelligenza fa a gara con
quella di Einstein e momenti in cui somiglia in maniera quasi impressionante
alla iena scema del Re leone. Mi pare si chiamasse Ed.
In questo momento, Jack è decisamente una Ed!
- te lo dico io cos’è educato! Sarebbe educato… - sbotta Ale
esasperata prima di interrompersi e sgranare gli occhi, facendo oscillare il
suo sguardo da me a Jack, da Jack a me con aria smarrita e sicuramente
scioccata - aspetta, che vuol dire “abbiamo commentato il tuo”?-
Ecco. Questo è il momento in cui inizio a chiedermi se il
mio amico, in realtà, non sia in qualche modo imparentato con Harry Potter.
Sicuramente deve avere doti magiche notevoli per far
evanescere il suo cervello senza lasciare traccia di una sua benchè minima precedente
esistenza. Evidentemente spesso gli pesa portarselo dietro e preferisce
lasciarlo sul comodino, oppure a volte lo spegne per questioni di risparmio
energetico (a volte ha delle idee talmente strampalate che non escluderei
l’ipotesi di una sua conversione allo sviluppo delle energie ecosostenibili
anche per le sue attività cerebrali).
Qualunque sia la verità sulle sorti della sua massa grigia,
il fatto è che Jack è un completo imbecille.
- Rob, mi avete commentato il sedere?-
- emmm… è capitato… ma poche volte amore. I ragazzi non si
sognerebbero mai di… però è capitato- rispondo imbarazzato, trovando molto
interessante il manico del cacciavite che continuo a rigirarmi tra le mani.
Cercare di negare con Ale è una pessima mossa. L’unica strategia adottabile è
sempre quella di contenere le esplosioni, anche se questa mi sa che farà il
botto. E pure bello grosso. Se dovessi scegliere tra lei incazzata e il tifone,
sceglierei il tifone.
- Ah… e… beh…e il verdetto?-
Cosa???? Che fine ha fatto il tifone??
Strabuzzo gli occhi e li punto su mia moglie che… è
arrossita. Non di rabbia. Sembra sia arrossita di timidezza! Guarda il
pavimento e si tortura le mani, come una ragazzina che abbia fatto una domanda
imbarazzante e si vergogni della sua audacia nel porla. Beh… diaciamo che è una
ragazzina un po’ cresciuta.
- hai sempre avuto un bel sedere Ale, davvero. Da amico,
credimi. Kellan ti aveva soprannominata “miss gambe chilometriche e bel culetto”
mica a caso- interviene Jack parlandole con tono sinceramente accorato,
appoggiandosi addirittura una mano aperta sul cuore e ostentando sincerità da
tutti i pori, tornato ormai del tutto alla normalità.
- e ti posso assicurare che non li ho mai lasciati andare
oltre!- ringhio riprendendomi dallo shock di non essere stato investito dagli
insulti di Ale. Va bene la sincerità, ma insomma… è pur sempre mia moglie!
- beh, io lo penso ancora-
- si ma è meglio se ti occupi di quello di Ash a questo
punto, eh?- rispondo secco lanciando un’occhiata fulminante all’indirizzo di
Jackson traducibile in un “tagliatela!”. Per un attimo un ennesimo lampo gli
passa negli occhi, ma non mi lascia il tempo di soffermarmici per più di un
secondo prima di farlo sparire.
- ma se lo penso perché non dirlo?-
- perché no!-
- perché? Adesso cos’ha che non va? È troppo grosso?- quasi
piagnucola Alessia interrompendo il nostro battibecco e non nascondendo una
certa qual nota di preoccupazione nella voce.
- ma no amore, che vai dicendo?- le rispondo avvicinandomi
per abbracciarla.
- e allora perché dici così?-
- beh perché…-
- è la gravidanza, vero? Mi si è ingrossato il sedere e
adesso non ti piace più perché non è come quello di Megan!- mugola prima di
scoppiare in lacrime e nascondere il viso nella mia maglietta.
- amore, ma che dici? Tu sei incinta!- cerco di consolarla
sfregandole le mani sulle braccia e cercando di incenerire Jack con lo sguardo.
Razza di cretino, ma non sa che l’ultima cosa da fare quando
una donna è in dolce attesa è trattare di argomenti che riguardino anche solo da
lontano il suo aspetto fisico? È la regola numero uno del manuale di
sopravvivenza “donne in gravidanza, istruzioni per l’uso. Come arrivare vivi e
incolumi fino al parto”!
Lo so, ha un titolo scemo. L’ho trovato su internet
girovagando per siti di ebook per… si, insomma… essere un minimo ferrato in
materia di parto e gestione della gravidanza. Tra tutti i titoli, come “mamma
in nove mesi”, “il papà incinto”, “che cosa aspettarsi quando si aspetta” e “il
bello del pancione” (per un attimo a furia di leggere sta roba ho creduto di
avere gli estrogeni!)… è saltato fuori questo titolo davvero interessante. Non
credo nemmeno sia in commercio in versione cartacea ma chi l’ha scritto,
lasciatemelo dire, è un vero genio. Mai 450 pagine Pdf hanno avuto il pregio di
dispensare tanta saggezza in una volta sola, sul serio. Si può dire che, per il
tempo che ho avuto a che fare con Ale in versione futura mamma incazzata e
suscettibile tra un impegno di lavoro e l’altro, questo “libro” mi ha salvato
la vita. È stata la luce alla fine del tunnel nel momento in cui la mia amata
moglie faceva una concorrenza spietata a Green Goblin, un faro acceso nella
notte degli sbalzi d’umore e la prospettiva di un attracco nel bel mezzo della
valle di lacrime in cui mi trovavo ogni giorno alle ore e nei luoghi più
disparati.
Forse dovrebbe leggerselo anche Jack se vuole arrivare vivo
alla fine di questa giornata.
- si ma tu ti immagini il sedere di Megan perché il mio non
ti piace più!-
- tesoro, non mi immagino il sedere di Megan. A me piace
solo il tuo anche adesso, amore-
Regola 1, comma 2 del manuale: “se accidentalmente si scivola sul discorso fisico, rassicurare sempre
la propria donna (magari dicendo anche una cazzata) e dirgli che è bellissima
sempre e comunque…”
- sul serio?-
- amore, hai ancora il sedere più bello del mondo, te lo
posso garantire- “… mentire se necessario”
- e prima che stavi facendo?-
- davo un giudizio complessivo- “… minimizzare lo scivolone. Ricordate: quello che conta è restare
VIVI!”
- e complessivamente hai detto che Megan ha un bel culo- .
Oh cazzo!
Sempre per restare nel generale, se io adesso, per ipotesi,
accecassi Jackson Rathbone con il cacciavite che tengo in tasca, legalmente… a
cosa andrei incontro?
Insomma… con quanto me la caverei, anche approssimativamente?
Certamente avrei Kellan dalla mia, non mi testimonierebbe
mai contro, quindi l’idea di chiudergli gli occhi per sempre potrebbe anche
essere buona… ma in fondo sono un uomo che sprizza tollerenza da tutti i pori,
per cui mi limito a un - zitto tu!- ma detto con l’aria più minacciosa di cui
sono capace. Regola numero tre del manuale: “cercare di essere tolleranti e ripetersi costantemente che è solo una
fase”. Ma varrà anche per Jackson?? Forse per estensione… d’altra parte
anche lui molto spesso ha degli sbalzi di umore degni della più gravida delle
donne gravide!
- oh insomma! Non siamo ipocriti! Ale ha ancora il più bel
culo che ho mai visto, specialmente per una donna incinta e quello di Megan è
una poesia al pari del suo. Dico, si assomigliano pure! È plausibile che anche
a culi siano messe più o meno alla pari!- sbotta Jack non accorgendosi del
fatto che Kellan si fosse spostato alle sue spalle brandendo il rullo come una
casalinga grassa con tanto di senalino terrebbe in mano un cucchiaio di legno
sporco di sugo.
- non sono mica parenti!- rispondo facendo finta di niente.
Non voglio mica togliere il divertimento al mio amico!
- si, ma il concetto è quello. Ale ha un bel culo e Megan ha
un bel culo!-
- ti sento!- tuona il vocione di Kellan alle sue spalle
facendolo sobbalzare dallo spavento.
- a davvero?- gli risponde Jack voltandosi con aria
strafottente.
- si -
- e perché ti svegli ora?-
- perché con questa hai raggiunto il numero massimo di volte
in cui puoi dire quello che hai detto-
- detto cosa? Che Megan ha un bel culo?-
- Jack…-
- si, dolcezza?-
- ne ho taldonde di siffatte ciufole-
- cioè?-
- ne ho le palle piene! -
Ora, qualcuno potrebbe anche dire che Kellan sia un tipo un
po’ impulsivo che pecca di quella cosa che spesso viene definita “santa”: la
pazienza.
Oppure si potrebbe dire che ha dei metodi un po’ rozzi e
infantili per esternare il suo disappunto. Senz’altro ha un rapporto distorto
con il concetto di virilità, perché vendicarsi dell’insolenza di Jack
passandogli il rullo pieno di colore sulla faccia e sulla maglietta è una
ripicca decisamente femminile. E io che avevo riposto in lui tutte le mie
speranze di vendetta per aver minato il delicato equilibrio emotivo di mia
moglie! Proprio vero che non si sa più di chi fidarsi al giorno d’oggi!
- ti dona l’azzurro, lo sai?- dice ancora mettendo il rullo
nel secchio e pulendosi tranquillamente le mani su uno straccio che portava
appeso al passante del jeans.
Mossa femminile ma decisamente azzardata. Nel tempo esatto
che ci vorrebbe alla Torcia umana per accendersi e raggiungere la temperatura
di una supernova, Jack ha solletavo da terra il secchio di vernice e l’ha
rovesciato in testa a Kellan, per poi raccogliere un altro straccio e pulirsi
le mani canzonando la tranquillità ostentata prima dall’altro.
- questo non lo dovevi fare- ringhia l’orso lanciandosi
contro Jack e buttandolo a terra.
- sei tu che dovevi startene zitto!- grida Jack ribaltando
la sua posizione di svantaggio salendo in groppa al suo avversario per
costringerlo a terra.
- e tu dovevi tenere la boccaccia chiusa!-
- quando lo farai anche tu!-
- sai qual è il tuo problema Jack? Che tu ti senti un grande
ma sei fondamentalmente scemo!-
- rimangiati quello che hai detto! Ora!-
- giammai!-
- fantastico. Un attimo prima parlavamo di culi e ora
giocano alla lotta nella vernice manco fossero due pornostar al provino per uno
scatch di lotta nel fango. Mi sa che è il caso che io vada a mettere su la
pasta- sospira Ale dandomi un colpetto al braccio prima di uscire dalla stanza.
Nemmeno lei fa più caso a questi siparietti. Se una volta si
preoccupava che si potessero o ci potessimo (le volte che anche io mi davo al
wrestling) far male, ora prende le nostre amichevoli scazzottate come routine.
La guardo allontanarsi e sparire nello specchio della porta
e senza che me ne renda davvero conto mi trovo a pensare al manuale di
sopravvivenza. “Mentite se necessario…”.
Altro che mentire, mia moglie ha davvero ancora un gran bel sedere! Mi
complimento sinceramente con me stesso e mi batto da solo una pacca sulla
spalla per averle chiesto di sposarmi.
Sempre con il mio sorriso soddisfatto, mi volto verso i miei
amici.
Non sono cambiati di una virgola, nessuno dei due. Sono
ancora gli stessi ragazzi che ho incontrato il mio primo giorno sul set di
Twilight, solo con quanlche anno in più e una foto diversa sulla patente di
guida.
Non sono mai stato molto fortunato nelle amicizie da
ragazzo. Con Matt è andata come è andata, e con Tom… si, insomma siamo amici,
per un certo periodo siamo stati anche migliori amici, ma… non era Matt.
Nessuno è mai stato Matt. Gli impegni di lavoro l’hanno allontanato così come
l’hanno fatto i miei e ci si è persi di vista. Ora se va bene ci incontriamo
per strada quando torno a casa e coincidenza vuole che l’abbia fatto anche lui.
Con Jack e Kellan è stato diverso, completamente diverso.
Sono passati da semplici colleghi a compagni di birra la sera davanti alla wii,
fino a diventare dei veri e propri fratelli per me.
- ritira quello che hai detto!- ringhia Jack premendo con
entrambe le mani sulle spalle di Kell per tenerlo costretto a terra.
Jack, la mia spalla. C’era lui la notte con me a fumare e
bere in silenzio sul terrazzo dell’albergo a Vancouver, ormai più di cinque
anni fa. Tutte le notti, immancabilmente, si presentava in tuta, sciarpa e
giubbotto portando con sé una cassetta di birra, pronto a ore di silenzio. A
volte parlavamo di quello che mi stava succedendo con Ale, altre di musica…di
lavoro, ma la maggior parte delle volte stavamo semplicemente zitti. È la mia
spalla.
La sua vena cinica e realista mi è stata spesso di grande
aiuto, soprattutto per quelle questioni in cui una parola al miele di Kellan
sarebbe stata sufficiente a farmi accarezzare l’idea di una soluzione estrema.
Con Jack non è stato facile andare d’accordo. All’inizio più
lontano stavamo l’uno dall’altro meglio era.
Un grandissimo stronzo, cinico e asociale, ecco come lo
vedevo. Non che non sia davvero un grandissimo stronzo, cinico, asociale…
diciamo semplicemente che quelli erano gli unici lati di lui che mostrava
appena arrivato sul set. Credo che lui pensasse lo stesso di me dato che ci
tenevo tantissimo a darmi il tono di un vero professionista, peraltro con
pessimi risultati. Esattamente come lui, non parlavo con nessuno, non uscivo
mai dalla mia camera, giravo sempre con il naso incollato al copione… mi
chiudevo per ore in solitudine cercando di entrare nel personaggio.
- non serve a un
cazzo, sai?- dice la voce del “Minchia” alle mie spalle, prontamente ignorata e
messa da parte dal rumore di una pagina voltata.
Allora… Edward entra
nella stanza e tende una mano al padre di Bella presentandosi…
- quante volte avrai
letto quel coso?- continua non accettando di essere ignorato.
Lo chiamo “il Minchia”
perché una testa di cazzo più grande di lui non l’ho mai conosciuta in tutta la
mia vita. Cammina come se tutti per strada dovessero riconoscerlo; si passa
continuamente la mano nei capelli freschi di mesh per legarli in un codino che
lo fa sembrare solo ancora più pirla di quello che già è; anziché dedicarsi al
lavoro, passa ore con la sua chitarra svaccato sui divani della hall a
strimpellare con aria da figo mancato; risponde male a tutti con tono saccente
ma al contempo strascicato dalla noia; gira sempre con una sigaretta appoggiata
dietro l’orecchio destro e una che gli penzola spenta in bocca… se non si fosse
capito, mi sta sul cazzo.
- per me dovresti
piantarla di fare il bravo scolaretto e darti un po’ all’improvvisazione-
borbotta alle mie spalle mentre, a giudicare dal piccolo scatto metallico che
mi è giunto a orecchio, si accende finalmente la solita sigaretta che tiene in
bocca manco fosse la spiga di un cow boy.
- per me tu dovresti
andare a farti fottere- rispondo secco, alzandomi dalla poltrona su cui sedevo
per prendere posto in quella di fianco mettendo più distanza possibile tra me e
il coglione che si era appena seduto sul bracciolo.
- sarebbe un’idea
carina. Conosci qualcuna che sarebbe disposta a farlo?- risponde pronto facendo
schioccare la lingua.
- non credo ce ne sia
una tanto coraggiosa nei paraggi- replico cercando di fargli capire che la
conversazione non ha alcun senso per me. Domani inziamo a girare e voglio come
minimo dare un’altra occhiata al copione per evitare figuracce e fornire alla
Hardwike un buon motivo per lasciarmi a casa. Beh, l’ennesimo buon motivo dato
che è chiaro che il pubblico… non mi vuole.
Devo essere preparato,
devo essere perfetto se voglio smentirli tutti quanti.
- più che altro non so
se ce ne sia una che riesca a starmi dietro- commenta con una nota di riso
prendendo un posacenere per appoggiarselo in bilico sul ginocchio.
- senti, ti spiace? Ho
da fare- sbotto pregando che il mio potere latente di lanciare raggi x dagli
occhi si manifesti in questo esatto momento.
- lo vedo, ma credo
che continuerò a romperti le palle finchè non capirai che quello che stai
facendo non serve a un cazzo- risponde serafico rovesciando la testa
all’indietro e soffiando via una nuvola di fumo.
- non tutti abbiamo
quattro battute cagate da dire in tutto il film- lo provoco tornando a leggere
il mio plico di fogli ormai tutto evidenziato e post-ittato.
- giusta osservazione,
ma quattro o venti, non cambia niente e ti dico anche perché-
- preferisco restare
nell’ignoranza-
- fa niente, tanto
credo che la perla di saggezza che sto per elargire non riesca a redimerti
totalmente dal tuo essere un coglione, ma almeno può provarci-
- te l’ho mai detto
che mi stai sul cazzo?-
- l’avevo intuito, e
la cosa è reciproca. Sei abbastanza stronzo e solitario per starmi quasi
simpatico. È il tuo essere un secchione che mi sta sulle palle-
- hai altro da dirmi?-
- Si. Smettila di
leggere quelle cagate ed esci a farti due tiri a pallone. Ripeto, sei
abbastanza stronzo e solitario da essere un Edward già di tuo senza metterci
troppo impegno- sospira alzandosi in piedi e dirigendosi verso le porte
scorrevoli dell’ingresso. - Più ti ostini a voler studiare il tuo personaggio,
più sembrerà finto. Smettila di studiare ogni singola mossa ed espressione e
verrà bene-
Ripenso sempre con il sorriso a quella pseudo-conversazione.
Sono uscito con lui da quella porta scorrevole e siamo andati a quello che è
stato il nostro parco a fare quattro tiri con Kellan.
Kellan… lui è stata tutta un’altra storia ancora. Mi è
difficile credere che lui e Jack abbiano fatto gruppo prima di me. Non centrano
nulla l’uno con l’altro, eppure non riesco proprio a capire come abbiano fatto
a mettersi insieme. Cioè a primo acchito chiunque direbbe che siamo stati io
Jack a fare amicizia per primi, ad essere i fondatori del gruppo visto il
nostro carattere sicuramente più simile di quello di Kell, eppure, quando ho
messo piede in quel parco, ricordo benissimo quanto rimasi sorpreso nel vederli
scherzare e ridere insieme, prendersi in giro… come ora.
- Jack mollami!- grida Kellan cercando di bloccare le mani
di Jack a mezz’aria. Sembra impossibile crederci ma chissà come è sempre Kell
quello che se le prende pur avendo la stazza più grossa.
- implora pietà!-
- crepa!-
- no, no, no, Kellino. Non è così che si fa. Si dice “per
favore, Jackson, tu che sei così buono e magnanimo, così avvenente e
irresistibile, così…”-
- … così coglione -
- non è esattamente la parola che stavo cercando…- sospira
Jack pensieroso torcendo maggiormante il polso di Kell che tenta ancora una
volta, invano, di divincolarsi -… però credo che ti stessi riferendo a te
stesso dicendo “oh ma quanto sono coglione a mettermi contro Jackson, lui che è
così forte e potente?”. Eh lo so, Kell… non è dato a tutti. Tu però ritieniti
fortunato ad avermi come mentore-
- quando hai finito di ascoltare le cazzate con cui sto
cretino sta appestando l’aria, Rob, ti sarei grato se mi dessi una mano-
piagnucola Kellan tentando di scrollarsi Jack di dosso che ora sta comodamente
seduto a cavalcioni sul suo didietro tenendogli ferme entrambe le braccia
dietro la schiena.
- no Rob, non ti scomodare, mi alzo da solo. Non voglio
stare ancora seduto sul sedere dell’orso, potrebbe iniziare a piacergli la
cosa- risponde Jack alzandosi e cercando di muoversi il meno possibile per non
gocciolare vernice in giro, almeno non più di quanta ne abbiano già sparsa in
giro tirandosela addosso.
- Jack, ma perché non vai a farti fottere?- ringhia Kell
alzandosi mentre cerca di pulirsi inutilmente le mani sui jeans.
- da chi? Da te?-
- Rob, smettila di fare il mimo e digli qualcosa!- sbuffa
ancora Kell togliendosi la maglietta dalla testa e passandosela addosso per
cercare di darsi una pulita.
- Jack… qualcosa.
Va bene così, Kell?- gli rispondo lanciando stracci a caso sul nilon che
copriva il pavimento per raccogliere un po’ di vernice. Trattenere le risate in
questo frangente è davvero difficile ma è meglio che io mi freni se non voglio
partecipare anche io ai provini di lotta nella vernice.
- andatevene a ‘fanculo tutti e due va’- borbotta
incamminandosi a grandi passi fuori dalla stanza.
- Kellan Lutz fermo dove sei!- tuona la voce di Ale, con
l’effetto di fare retrocedere il mio amico sulla soglia e, una volta lì,
immobilizzarlo.
- tu non metti nemmeno mezzo piede fuori da quella stanza se
prima non ti togli quella roba sporca di vernice!-
- e che devo andare in giro nudo?-
- no, Kell… risparmiaci il raccapriccio per favore!-
sghignazza Jack coprendosi la bocca con la mano per cercare di non scoppiargli
a ridere in faccia.
- anche tu Jack!- ringhia mia moglie affacciandosi oltre la porta
con il cucchiaio di legno in mano. Guardando in cagnesco i miei due amici, mi
si avvicina attenta a non pestare le chiazze di colore che hanno macchiato
tutto il nylon che avevamo steso per coprire il pavimento.
Con attenzione, alza il cucchiaio all’altezza della mia
bocca e ci soffia piano sopra. - Amore assaggia un po’ se va bene di sale. Io
ho un po’ di nausea e non sono molto affidabile- dice dolce accompagnando il
cucchiaio alla mia bocca e tenendo una mano sotto perché non goccioli.
- non ti senti bene?- le chiedo prima di assaggiare il sugo
che so già essere più che buono.
- non molto per la verità-
- forse ti sei stancata troppo, amore. Va a stenderti un
po’, ci penso io a finire di preparare-
- ma no, no… sto bene… tranquillo. Di ai due puffi di darsi
una ripulita che è quasi pronto-
- ok…- rispondo chinandomi a cercare un bacio che trovo
pronto ad attendermi.
La cosa che più amo di mia moglie è che mai, mai… mai una
volta si è sottratta a una coccola. Mai. Né in pubblico, né in privato. Nemmeno
quando era arrabbiata con me: non mi ha mai negato i baci.
Nelle mie precedenti storie arrivava sempre il momento in
cui i baci diventavano qualcosa di cui si poteva fare a meno e quando c’erano
avevano la stessa intensità di un’abitudine.
Non l’ho mai baciata per abitudine, nemmeno una volta.
Le sue labbra calde e morbide non possono essere
un’abitudine. I brividi che sento ogni volta che le sfioro con le mie non
possono essere un’abitudine. Il sorriso che si lasciano a vicenda in superficie
non può essere un’abitudine.
- ehi, voi due! Ci sono dei minori qua attorno!- sbotta
Jackson.
- non è ancora nato, Jack! Lasciali stare-
- ma io mi riferivo a te, guardone!-
Le labbra di Ale si tendono contro le mie e sento il suo
corpo tra le mie mani scosso da una leggera risata.
- Ragazzi, siete degli idioti- mormoro cercando di
riattirare l’attenzione di mia moglie cercando ancora la sua bocca con la mia
ma ottenendo solo l’effetto di farla ridere di più.
- uff… quand’è che ve ne andate fuori dai piedi voi due?-
sbuffo tenendo stretta Ale che ormai non la smette più di ridere.
- in effetti dovremmo dato che voi due vi divertite a fare
gli sposini in luna di miele. Dio, ma come fate? Non vi stufate mai?- sbuffa acido
Jack sfilandosi la maglietta zuppa di vernice.
- no - rispondiamo in coro io e Ale guadagnandoci solo
l’ennesimo sbuffo esasperato.
- oh Jackino lasciali stare! Sono così carini!- ci difende
Kellan dandogli una spallata.
- zitto Kellypooh!- ringhia Jack andando alla finestra per
spalancarla e accendersi una sigaretta.
- è solo geloso!- soffia Kell in tono confidenziale,
ridacchiando tra sé e sé.
Per favore, un fulmine… un cratere… una tegola… un qualcosa
che li colpisca non proprio a morte, ma almeno abbastanza forte da procurare
chessò… una commozione cerebrale, uno svenimento… un qualcosa che li renda
assolutamente innocui e inoffensivi almeno per il tempo necessario a farmi mia
moglie un paio di volte, a mangiarmi da solo le sue fantastiche tagliatelle al
ragù, farmi una doccia e perché no? Magari anche guardarmi un telefilm in tv e
poi rifarmi mia moglie almeno un’altra volta. Ok… forse chiedo troppo. Mi basta
la caduta di qualche calcinaccio dal soffitto che gli faccia pensare di essere
in pericolo di vita facendoli scappare a gambe levate e non tornare fino a che
non si siano assicurati che il pavimento di casa mia non minaccerà di cedere
sotto il loro peso.
- oh, vi prego. Continuate pure, non ci scandalizziamo-
continua Kell come a dire “non vi disturbate. Dio non voglia che dobbiate
fermarvi per causa mia”
- forse… è meglio che vada a scolare la pasta. Sarà pronta
ormai- dice Ale indicando la porta e trattenendo a stento un’altra risata.
- ok… io scuoio sti due, mi lavo le mani e vengo- sbuffo
baciandole ancora la fronte prima di lasciarla andare.
Appena esce dalla stanza non risparmio un’occhiata
esasperata ai miei due “amici”.
- ho… detto… qualcosa che non va?- chiede Kell registrando
il silenzio che era calato.
- no Kell… se sti due smettessero di tubare come due…
colombelle… sarebbe meglio, però- sbuffa Jack raccogliento martelli, chiodi e
cacciaviti per rimetterli nella cassetta degli attrezzi avvolto in una nube di
fumo.
- come scusa?- chiedo cascando letteralmente dalle nuvole.
- niente, niente… Rob. Non gli dare retta. Il fatto è che è
caduto troppe volte dal seggiolone da bambino e ogni tanto mostra segni di
squilibrio- si intromette Kellan a minimizzare.
- io non sono caduto dal seggiolone! Io dico solo che sti
due non fanno altro che baciarsi, abbracciarsi e “amore” di qua e “amore di là!
La cosa inizia ad essere nauseante! Ancora un po’ e diventerò diabetico per
tutta questa dolcezza! che avranno mai da baciarsi in continuazione!-
- ma vedi tu… sono sposati!-
- Jack… c’è qualche problema?- gli chiedo cauto.
- veramente…-
- Kell!- ringhia Jackson con tono minaccioso.
- Ash l’ha lasciato- confessa l’altro, incurante dell’alta
dose di cattiveria che conteneva quel “Kell”.
- lei non mi ha lasciato!-
- no… si è solo presa una pausa di riflessione un po’
drastica-
- non mi ha lasciato! Dannazione! È solo confusa… stanca per
il lavoro…-
- si, come no…-
- senti, mi chiamerà, ok? Non fosse altro che per dirmi che
è finita ma chiamerà!-
- Jack… ha svuotato l’appartamento, cambiato numero di conto
in banca, cambiato numero di telefono e indirizzo, addirittura ha cambiato
continente… forse una chiamata per dirti che è finita non è proprio necessaria-
- no… tu non la conosci…-
- ecco… che frase del cazzo!-
Ok, devo essermi perso qualcosa. Chi ha lasciato chi?
- mi spiegate?- balbetto spaesato, interrompendo il loro
battibecco che stava prendendo toni sempre più aspri.
- Ashley l’ha lasciato- ripete Kellan convinto guardandomi.
- per l’ultima volta, non mi ha lasciato!- sbraita Jack
uscendo a grandi passi dalla stanza sbattendo la porta alle sue spalle.
- l’ha lasciato… da due settimane- sospira Kell al mio
fianco, guardando la porta chiusa.
- e che aspettavate a dirmelo?-
- veramente… non volevamo dirtelo subito, Rob… abbiamo
pensato che con Ale che sta per partorire, il fatto che lavori sempre e ci sei
poco… ecco pensavamo di non darti anche questo pensiero-
- avreste dovuto dirmelo ugualmente-
Lasciare che lo scoprissi così è stata proprio una gran
vigliaccata.
In questi ultimi anni ho sempre sentito un po’ di distacco
nei miei confronti. Non che facessero qualcosa di strano, per carità, o non si
facessero sentire. Ma… non so, è sempre stata una mia sensazione.
Forse il fatto che spesso li sentivo parlare di cose di cui
io non ero quasi mai a conoscenza, il fatto che avessero dei segreti di cui non
volessero mettermi a parte, hanno alimentato questa mia sensazione che in
questo momento è diventata una certezza.
Forse non è vero che sono rimasti com’erano. Sono cambiati,
oppure sono io ad essere cambiato… almeno ai loro occhi.
Non è la prima volta che tirano fuori la frase “tu lavori
tanto e hai una moglie a cui badare” per darmi una motivazione del loro
silenzio, anche se, a essere obbiettivo, non mi tacevano cose di chissà quale
importanza. Mi hanno detto che si erano scordati di dirmi che Kristen si è
fidanzata niente popo di meno che con il cugino vecchio di Bill Gates, che
Nikki ha avuto una bambina e che Peter, prolifico come non ha mai fatto mistero
di essere, dopo tante femmine in famiglia è riuscito ad avere un maschio.
Ma questa non è una cosa da niente.
- lo so… ma oggi mi è sembrato stesse un po’ meglio. Almeno
non ci ha pensato tutto il giorno. Scusa Rob… volevo solo farlo stare sereno e
non farti preoccupare… devi badare a tua moglie prima ancora che a noi -
- ok…- sospiro. Ha forse senso continuare a dire che
l’essere un uomo sposato non fa di me un eremita? Dopo tante ore passate a
ripeterglielo, non credo di poter più sperare che riescano a capire la
situazione. Meglio lasciar perdere e cercare di chiedere come siano andate le
cose.
- ha preso e se n’è andata. Così mi ha detto lui. Io l’ho
sentita e mi ha detto che hanno litigato forte la sera prima… per via di
Taylor-
- oddio, no! Ancora per quella fissa su Taylor?-
- già… è stata la goccia per lei. Dice che la sua gelosia di
recente le stava rendendo la vita un’inferno. Ad essere sinceri…non aveva
proprio tutti i torti Rob-
- beh, ma c’era bisogno di andarsene senza una parola?-
- no… credo di no -
Restiamo in silenzio,
ognuno seguendo il filo delle proprie opinioni in proposito.
Jackson è sempre stato un tipo geloso, fortemente geloso.
Direi che abbia abbattuto persino il limite del parossismo. Però non è mai
stato cattivo. Non so se avesse o meno qualche motivo per credere che Taylor,
il cucciolo della compagnia che, visti i muscoli che gli avevano fatto mettere
su, tanto cucciolo non era, provasse ed esternasse qualcosa di più della
semplice amicizia con Ashley. Per Jack, Taylor rappresentava una minaccia.
In realtà, secondo lui, persino il tassista che l’accompagnava
a casa o l’addetto al controllo biglietti all’imbarco degli aeroporti
rappresentavano una minaccia. Ma non avrei mai creduto possibile che Ashley lo
lasciasse in questo modo. Cioè, ammetto di aver pensato più volte che prima o
poi l’avrebbe mollato, ma comunque non in questo modo. Eppure, pensando alla
morbosità del mio amico, non posso dire che sia difendibile e che ci fosse un
altro modo per chiudere la loro storia.
Qualunque altro tentativo civile sarebbe certamente andato a
sbattere contro un muro di insistenze che non l’avrebbero mai lasciata libera.
- Robeeeeeeeeeert!!!!!!!!!- grida la voce di Ale, spezzando
il silenzio - Robert!!!!!!!!!!!- chiama ancora allarmata.
Meno di un secondo e io e Kell ci catapultiamo entrambi
fuori dalla stanza per raggiungere Ale. La troviamo appoggiata al bancone della
cucina, boccheggiante, con una mano a reggersi il pancione e i capelli sciolti
a coprirle quasi del tutto il viso.
- amore, sono qui. Ci sono qui io- le sussurro all’orecchio
cercando di calmarla mentre la stringo forte a me. Le accarezzo i capelli, il
viso, di nuovo i capelli cercando di tenere le mani impegnate affichè non si
accorga del tremore che le scuote.
- io… credo che…. Dio santissimo, che male… sta per….
Aaaahhhh! Sta per… uuuhhhh-
Anche se non riesce a terminare la frase, suppongo stia
tentando di dirmi che sta per nascere.
Oh cazzo.
In anticipo di due settimane… sta per…
Oh cazzo.
Ma non dovrebbe, insomma il termine non è…
Oh cazzo.
E invece…
Cazzo, cazzissimo!
Mio figlio sta per…
- o-ok… ok… allora, allora, allora amore… t-tu siediti e-e
vediamo di…- balbetto insensatamente cercando di gestire la crisi di panico che
sta corrodendo il mio già precario, molto precario, autocontrollo. Intreccio le
dita nei suoi capelli e ne sciolgo i nodi nervosamente, non avendo
assolutamente la più pallida idea di cosa fare.
Mesi di letture e di documentari, di corsi pre-parto in
streaming, non mi hanno assolutamente preparato a questo momento di panico in
cui mi sento assolutamente impotente.
- Ale, Ale respira. D’accordo? Respira… calma…segui me, fa
come me…- interviene Kellan in mio soccorso, aiutando Alessia a sedersi
lentamente sul pavimento. Accompagna il ritmo del suo respiro con ampi gesti
della mano, tenendo gli occhi fissi su mia moglie, incoraggiandola ad ogni
inspirazione.
- grande, grandissima idea, Kell! Davvero! si, amore…
respira… con calma. Respirare sembra una buona idea-
Sedendomi per terra accanto a Kell e Ale, cerco di respirare
anche io seguendo il ritmo dettato da Kellan.
- certo che è una buona idea! Lo dicono sempre nei film, a
qualcosa servirà, no?- dice interrompendo un attimo l’esempio di respiarazione
che io e Ale stiamo seguendo fiduciosi che serva a qualcosa.
- J- Jack…- balbetto tendendo la mano nella sua direzione
non appena lo vedo sopraggiungere di corsa mentre tenta di infilarsi una mia
maglia. - Tienimi la mano, per favore-
- Rob, non sei tu che hai le doglie- mi fa notare Jack,
sedendosi anche lui con noi per terra di nuovo coi vestiti puliti.
- è una cosa psicologica, Jack. L’ho letto su “cosa
aspettarsi quando si aspetta”. A volte i papà sentono quello che sente la
madre. Credo sia solidarietà pre-parto- cerco di spiegargli iniziando a sentire
anche qualche dolorino alla pancia. - vedi? Ho persino mal di pancia, manco
stessi partorendo io-
- tu l’unica cosa che stai partorendo è una caterva di
minchiate! Ripigliati e renditi utile!- sbraita Jack tirandomi un ceffone per
farmi rinsavire.
- si! Grazie Jack! Mi ci voleva!- dico ritrovando di nuovo
me stesso mentre mi massaggio una guancia con la mano che pochi istanti prima
avevo teso a lui.
Ok, Pattinson. Sei seduto su un pavimento con tua moglie che
piange dal dolore perché sta per dare alla luce tuo figlio con due settimane
d’anticipo. Kellan la sta facendo respirare e Jack ti ha appena ricordato che
sei un marito e che ti devi rendere utile. Rendersi utile sembra una cosa molto
complicata al momento. Forse potrei concentrarmi fino a far evanescere il
piccolo Matt dalla sua pancia e ospitarlo nella mia così almeno lei non
soffrirebbe, ma a parte la difficoltà dell’operazione di trasferimento… è il
parto che mi preoccupa.
Un altro modo per rendermi utile sarebbe…
- Rob forse è meglio che chiami…- ansima Alessia tra un
respiro e l’altro facendo accendere finalmente in me l’illuminazione divina.
- si, si… hai ragione, il dottor Walsh. Chiamare il dottor
Walsh-
- ahhhhhhhhhhhhhh!!!!!!-
- oddio, amore!! Amore, amore, amore… guardami, ok?
Guardami! Jack, tu chiama il dottore, il numero è sul mio telefono. Dottor
Walsh-
- Dottor Walsh. Dottore. Si-
- svelto!-
- Ale, respira! Inspira, espira, inspira, espira, inspira,
espira, inspira, espira… -
Osservo Kellan dettare il tempo del respiro ad Ale che
esegue fiduciosa con la fronte appena imperlata di sudore. Mi alzo a cercare
qualcosa per tergerlo e torno a sedermi dietro di lei, portandola ad
appoggiarsi sul mio petto, sussurrandole parole di conforto e osservando Jack
camminare su e giù per la stanza tappandosi un orecchio con un dito. Accarezzo
distratto il pancione sentendolo muoversi più del solito mentre cerco di capire
cosa stia dicendo il dottore a Jack, purtroppo inutilmente.
Dopo una serie di “capisco”, “senta, è un’emergenza” e “non
può fare proprio niente?”, Jack torna da noi con aria sconsolata.
- Rob… il dottor Walsh ha detto che non è in città-
- come cazzo sarebbe “non è in città”?-
- sarebbe che si trova a un
barmiz… qualcosa…-
- un barmizva?- suggerisce Kellan.
- si ecco! Giusto! Un barmizva…ha detto che si trova a un
barmiz-coso e che non tornerà prima di tre giorni-
- oh cazzo, cazzo, cazzo! Oh merda!-
- amore, calmo. Ok? Non vorrai che nostro figlio nasca sul
pavimento della cucina in un clima teso e stressato, giusto? - mi ferma Ale
afferrandomi le mani che scorrevano troppo nervose sulla sua pancia.
- no, amore… hai ragione- convengo cercando di ritrovare la
calma impegnando le mani nei miei capelli.
- bene. Allora chiama il 911 e fatti mandare un
autombulanza- ansima Ale senza riuscire a trattenenre una smorfia di dolore.
- 911… autombulanza… Jack! Puoi farlo tu?-
- subito!-
- oh cazzo, Rob! Qua c’è un sacco d’acqua!- strilla Kell
mordendosi un pugno e guardando fisso la pozza d’acqua tra le gambe di mia
moglie.
- per forza Kell, ha rotto le acque!- ringhio lanciando lo
straccio che tenevo in mano li dove c’era l’acqua.
- ahhhhhh!! Ecco perché si dice così!- sospira sollevato.
L’ho pensato un sacco di volte nella mia vita e forse ve l’ho
anche già detto. A volte uno guarda una persona e pensa che parli e “ragioni”
come un deficiente, ma non deve farsi ingannare perché è sul serio un
deficiente. Kellan è IL deficiente!
- non avete ambulanze per questo genere di emergenze… ho
capito, si… se proprio non potete…- sento balbettare Jack che è diventato
bianco come un lenzuolo guardando il pavimento sporco.
- dammi questo cazzo di telefono!- ringhio alzandomi e
strappandogli di mano il telefono. -Pronto, senta ho bisogno di
un’autombulanza, subito!-
- come dicevo al suo amico, noi non…- risponde una voce
annoiata e gracchiante.
- senta, brutto pezzo di stronzo! Mia moglie mi sta
partorendo sul pavimento della cucina, urla come se Hannibal Lecter avesse
iniziato a mangiarsela mentre è ancora viva e le acque le si sono rotte da poco
meno di cinque minuti! Ora, o lei mi manda una cazzo di autombulanza a
prenderla o io la denuncio per omissione di soccorso!-
- faccia come vuole, nessuno è mai morto per aver partorio
in casa-
- mi mandi un’autombulanza adesso!-
- signore, siamo a Los Angeles. Sa quanti morti ci sono in
giro per le strade? Quanta gente riesce a tagliarsi le mani con la motosega o a
finire coi piedi tranciati da un tosaerba mentre si cura il suo bel praticello?
Ha idea dell’afflusso medio di feriti al nostro pronto soccorso? Ecco, se vuole
che sua moglie non dia alla luce il pargolo in casa sua, si metta in macchina e
ce la porti lei. Le autombulanze vengono usate solo per i casi più gravi. Grazie-
- certo che ce la porto, razza di cazzone avariato con le
palle mosce. Sai che ti dico? Vaffanculo! Vaffancuuuuuulo!!! V-a-f-f-a-ncuuuuuuuuulo!
Tu, le tue ambulanze, gli idioti che si fanno a pezzi con la motosega, tu che
al posto di lavorare ti fai le seghe! Mi fai schifo!
stroooooooooooooooooooooonzo!-
- accidenti Rob… questo si che è essere diplomatici!-
Lancio un’occhiataccia a Kellan ancora seduto sul pavimento
e a mia moglie accanto a lui. Digrigna i denti ed è pallida. La mia maglietta
che porta addosso è bagnata di sudore e i suoi capelli sono incollati al viso.
Avevo provato a legarglieli perché le dessero meno fastidio, ma non devo aver
fatto un così bel lavoro dato che ora sono sfuggiti quasi tutti dall’elastico.
- andiamo… dobbiamo portarla subito in ospedale- sospiro
cercando di essere il più pratico e tranquillo possibile. - Jack va di sopra e
prendi dalla mia valigia un paio di jeans per me e uno per lei, ok? E anche due
maglie. Se esce così le piglierà un accidenti- ordino aiutando Ale a mettersi
in piedi.
- andrà tutto bene, amore, ok?- cerco di rassicurarla
prendendo il suo viso tra le mani.
Si morde le labbra e annuisce ma due lacrime rotolano giù
dai suoi occhi chiusi.
- ho paura, Rob- mormora appoggiandosi del tutto a me.
- no, amore, no. Vedrai che andrà tutto bene. Adesso ci
mettiamo in macchina e vedrai che arriveremo in tempo- cerco di rincuorarla
mentre le sfilo la mia camicia ormai tutta sudata e afferro la maglia pulita
che Jack mi porge prima di andarsi a rivestire con Kellan.
- n-non è questo- balbetta facendosi sfilare anche la
maglietta.
- e cos’è, tesoro?-
- s-se… s-se ho le doglie a due settimane dallo scadere del
termine… allora… allora forse… c’è…-
- non c’è niente che non va, amore. Fidati di me-
- ne sei sicuro?-
- amore, mi sono letto tutta quella caterva di libri da donne
incinta… a qualcosa sarà pur servito, no?-
- si… suppongo di si…-
Scambiandoci un sorriso, continuo a vestirla con i miei
pantaloni e la mia maglia. Anche se sembra strano, i suoi jeans le vanno ancora
anche se a vita decisamente più bassa, ma di certo con qualche taglia in più
sta più comoda.
Mi vesto anche io e quando ho finito recupero un’altra volta
l’elastico che ormai porto sempre al polso per pettinarla in modo che i capelli
non le diano noie.
- Rob- mi chiama mentre le avvolgo attorno al collo la sua
sciarpa rossa.
- si amore?-
- Ti amo-
Checchè ne dica Jack, non siamo una coppia di colombelle in
amore. Ci scambiamo effusioni, chiaramente, e anche tante, soprattutto al mio
ritorno dopo troppi giorni di assenza. Ma non siamo li a ripeterci ogni tot
minuti quanto ci amiamo. Per noi il “ti amo” è importante.
Non lo diciamo mai come una frase di routine, come se
bisognasse farlo perché in una coppia si fa così. Il “ti amo” noi lo riserviamo
per momenti speciali, per i momenti nei quali nessun’altra parola può esprimere
quello che vogliamo dire.
Per questo so che ogni “ti amo” è sincero, che è una
conferma del nostro voler stare insieme. Ora è una dimostrazione di fiducia.
- anche io ti amo, cuore mio- sussurro sulle sue labbra
prima di baciarla.
- ragazzi… detesto interrompere questi momenti, ma sarebbe
il caso che ci dessimo una mossa- ci richiama Kellan con in mano già le chiavi
della sua jeep.
Non starò a raccontare del viaggio verso l’ospedale e di
come abbiamo falciato un ciclista, un pedone e fatto un quasi incidente con una
vecchietta che al volante era decisamente troppo aggressiva. Vi basti sapere
che da che eravamo in quattro, siamo giunti in sei al pronto soccorso, noi, il
ciclista e il pedone, e che abbiamo litigato per mezz’ora all’accettazione per
decidere chi avrebbe firmato prima i moduli per il ricovero.
A mettere pace fu una frase di Ale che mi ha dato molto da
pensare sulla vera natura della donna che ho sposato. Qualcosa che se non
ricordo male suonava come “sentite, brutti stronzi misogini! Razza di cazzoni
senza palle! O vi muovete a firmare quei cazzo di fogli, o vi scodello mio
figlio qui in corridoio facendovi sentire in colpa per tutta la vita e pregando
che per lo meno scivoliate sulla placenta che riverserò spezzandovi tutti quanti
l’osso del collo!”
Sbrigata la burocrazia ospedaliera, finalmente un’infermiera
accompagna me e Ale in sala parto e una volta lì scopro che tutti i miei sforzi
per trovare un medico competente sono miseramente naufragati.
Il dottor Kosovitch è quanto di peggio possa capitare a
qualsiasi partoriente. E quando dico qualsiasi partoriente, intendo proprio qualsiasi, riferendomi a qualsiasi esemplare femmina di qualsiasi specie del genere animale
esistente in natura.
- iecomi! Voi siete signori…?- aveva detto con forte accento
russo, mentre tre infermiere aiutavano mia moglie a sdraiarsi sul lettino dopo
averle fatto indossare il camice.
- Pattinson…- rispondo distratto infilandomi un camice verde
che l’ennesima infermiera mi porgeva.
- oh, Pattinson… se non sbaglio tu vampiro!-
- si… si sono io- rispondo distratto infilando anche la
cuffietta e i guanti.
- bene, io essere tu graaaaaande ammiratore. Tu fare me
autografo?-
- come scusi?-
- eccoci! Siamo qui, siamo qui!- ci raggiungono le voci di
Jack e Kellan già in tenuta da dottor House mentre si catapultano all’interno
della sala. Ecco mancavano solo loro. Almeno per non stare tra i piedi si
posizionano entrambi alle spalle di Alessia e cercando di stare il più zitti
possibile, anche se Kellan piagnucola visibilmente e sobbalza ad ogni urlo.
- ahhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!-
- dottore, le contrazioni sono ogni tre minuti- dice un’infermiera
coprendo le gambe di Ale con un telo. Prima che lo faccia, credo di intravedere
quello che accade tra le sue gambe e per un attimo ripenso all’idea malsana che
ho avuto di teletrasportare mio figlio nella mia pancia. Pessima, pessima idea!
- o ma certo, le contrattazioni! Aspetta me un minuto, ok?-
mi dice il dottore per andare a dare una sbirciatina sotto il lenzuolo.
- va tuuutto una meraviglia! Bambino sta per nascere da
solo!-
- ahhhhhhhhhh! Oddioooooooooooooooooooo!!!!!!
Robert!!!!!!!!!!!-
- sono qui, amore, sono qui! Andrà tutto bene, andrà tutto
bene- mi affretto a dire correndo ad afferrargli una mano, non facendo caso a
Jack che sventola una mano davanti al viso di Kellan che pare seriamente sul
punto di svenire.
- il cazzo andrà tutto bene! Sei tu che mi hai fatto questo,
brutto pezzo di merda! - ringhia Alessia artigliandomi la mano mentre trattiene
un altro urlo di dolore.
- emmm dottore… credo che mia moglie lamenti forti dolori…
non ci sarebbe qualcosa… della morfina, ad esempio… darle qualcosa prima che mi
dica esattamente in quanti modi mi squarterebbe dopo aver analizzato con cura
il mio albero genealogico?-
- beh… io era medico di animali prima, no saprei…-
- fammi un’epidurale, stronzo!-
- ma certo! Epidurale! Devo prendere qualche coglione di
lingua…-
- vada a prendere qualche lezione! Qua l’unico coglione è
lei!- interviene una delle infermiere esasperata. Di colore, ben robusta,
pratica ed efficiente. Forse Dio esiste.
- allora…- inizia mettendosi davanti ad Ale e guardandomi
come a chiedere il suo nome.
- Alessia- dico io cercando di ripetermi che andrà tutto
bene ora che questa santa donna ha preso in mano la situazione al posto del
dottor Dolittle.
- Alessia, perfetto. Allora,
Alessia. È troppo tardi per farti un’epidurale, sei troppo dilatata e il tuo
bambino con un paio di spinte nascerà da solo, ok? Lo facciamo nascere?-
- oh si, la prego!- ansia Ale, lasciando cadere la testa sul
cuscino che Jack le aveva recuperato da chissà dove.
- bene, allora. Stringa la mano di suo marito e al mio tre
lei spinga, intesi?-
- si…-
- ok… uno, due… tre!-
- aaaaahhhhhhhhhhh!!!!!-
- spinga ancora!-
- ahhhhhhh!!!!! Oddio che male!-
- spingi, amore, spingi!-
- Jack… ricordami di non farmi mettere mai incinto da
nessuno, ok?- balbetta Kellan stringendo la sua manona a quella di Jack che a
sua volta stringeva l’altra mano di Alessia.
- non ti rispondo nemmeno, Kell. Dai Ale! Dai che è quasi
finita!-
- un’ultima spinta Alessia, ce la può fare!-
- aaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!-
Ed è l’ultimo urlo. Il più forte. Il più straziante per me. Ma
quello che lo segue è il più bel suono che io abbia mai sentito in vita mia.
Il vagito di Matt risuona nella sala forte e squillante,
accompagnato dai singhiozzi di Ale che ha tuffato il viso imperlato di sudore al
mio petto, e dai miei che escono spontanei, senza riuscire a fermarsi.
Kellan e Jack si abbracciano e piangono anche loro,
ripromettendosi di avere figli al più presto ma di non entrare mai più in una
sala parto nemmeno per tutto l’oro del mondo.
- io fatto nascere mio primo bebè!- continua a gridare il
dottor Kosovitch saltellando come un grillo per tutta la sala finchè un’infermiera
non lo caccia fuori a calci.
Dopo quello che pare un tempo interminabile, la nostra
salvatrice, l’infermiera Miranda Bailey, come leggo dal suo tesserino, ci porta
un fagotto urlante di asciugamani azzurri e lo posa tra le braccia di Ale che
subito l’accoglie con il sorriso più radioso che le ho mai visto in volto. Più limpido
e più sereno ancora di quello che le ho visto addosso il giorno del nostro
matrimonio, il giorno in cui ero certo avesse dato vita al suo sorriso più
splendido.
È stanca e sudata, pallida e scarmigliata, ma non l’ho mai
vista più bella di così.
Guarda dentro a quell’involto azzurro e sorride, tendendo l’indice
cui viene incontro una manina minuscola e arrossata.
- ciao amore- sussurra lisciando con il dito la pelle di
quella manina tesa.
Passo un braccio attorno al lettino e sporgendomi riesco a
vedere anche io… mio figlio.
La bocca piccola socchiusa, gli occhioni grandi che ci
guardano sonnacchiosi come se si fossero appena aperti da un lungo sonno. Qualche
ciuffo di capelli neri incollati alla testolina perfettamente rotonda e ancora
un po’ sporca per via del lungo viaggio che ha dovuto fare per venire al mondo.
Il mio bimbo, il mio cucciolo, la cosa più preziosa che ho
al mondo.
- Matt…- lo chiamo tendendo anche io un dito ferso quella
manina.
- non è bellissimo?- mi chiede Ale appoggiandosi al mio
braccio e girando un po’ nostro figlio affinchè possa vederlo meglio.
- è… meraviglioso…- riesco a dire non so in che modo. La gola
è troppo secca per riuscire a parlare davvero. Mi scappa una leggera risata
liberatoria. Tutto il nervosismo che ho accumulato nelle ultime ore si scioglie
come neve al sole di fronte a questo piccolo miracolo.
Non so come accada che il nostro destino venga scritto, non
so chi si prenda la briga di farlo. Sono tante le cose che non so, forse
troppe, ma una cosa, almeno, l’ho capita.
Puoi essere tutto quel che ti pare, fingere di essere
chiunque, essere davvero chiunque, ma quando arriviamo qui, davanti ad un
lettino a guardare per la prima volta nostro figlio, siamo tutti davvero uguali.
Non sai perché il destino abbia deciso di farti diventare
padre. La maggior parte dei genitori dei neo genitori direbbero che l’ha fatto
per farci finalmente smettere di essere dei completi imbecilli, ma io credo che
lo faccia per darci la possibilità di lasciare qualcosa di noi nel mondo,
qualcosa che non sarà mai così perfetto, così puro, così straordinario di come
lo è adesso. Perché in questo momento capisci tutto. Ogni domanda che ti sei
fatto, ogni dubbio che hai avuto, ogni paura che non hai affrontato ha la sua
risposta in questo cucciolo che ha bisogno di te.
Guardo mia moglie, e guardo mio figlio e finalmente mi rendo
conto di essere cresciuto più in quelle ultime ore che in trent’anni di vita.
Addio Robert complessato, ansioso e paranoico. Benvenuto Robert
superpapà.
- sai che ti amo?- sussurro a mia moglie guardandola dritta
negli occhi, travasando in quel “ti amo” tutto il fiume di emozioni che si
agitano dentro di me. Se non fosse stato per lei, tutto questo non sarebbe
stato possibile.
- anche io, Robert, da morire- ansima stanca accarezzandomi
una guancia mentre mi sporgo a darle un bacio.
Sono cresciuto, sono un uomo nuovo. Sono un papà.
- Jack, vieni. Dammi la mano e prega con me affinchè il
nostro figlio acquisito non diventi un paranoico complessato come suo padre-
dice Kellan assumendo un tono serio ritrovando un contegno dopo essersi fatto
spuntare i lucciconi agli occhi osservando il nostro bambino.
- io non sono un paranoico complessato! E mio figlio di
certo non lo sarà mai!-
- certo, perché prenderà da sua madre!- interviene Jack che
tende le braccia per prenderlo mentre Alessia glielo sta tendendo.
Beh, nulla in contrario che prenda da lei, anzi! Ma se invece
diventasse un complessato? Se fosse lo sfigato della scuola? Se venisse su
insicuro e pauroso? se…
Ok, non è vero. Non sono cresciuto. Sono sempre un paranoico
complessato.
- avanti, facciamo questa preghiera- borbotto tendendo la
mano a Kellan.
Si. Forse ce n’è bisogno.
eccoci anche oggi con i link:
la canzone che canta Kellan, l'avete riconosciuta vero??? oh Susanna!
ecco il dottor Kosovitch e il film che mi ha ispirato per la scena del parto. Nine month -nove mesi per innamorarsi
Ale e Rob prima e dopo
Jack e Kellan
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