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Capitolo
Primo -
La
casa del
Signor Thompson
La
casa del signor Thompson era una vecchia, enorme costruzione quadrata
che si
apriva su una via trafficata della città. Un tempo quella
era aperta campagna,
almeno lo era stata quando i suoi nobili e ricchi avi vi avevano fatto
costruire una dimora principesca di pietra scura, con un'enorme
scalinata
d'ingresso e un doppio portico retto da colonne. Poi la
città aveva cominciato ad
espandersi, e a poco a poco le industrie e le strade, la gente, il
chiasso e i
mercanti di cenci avevano invaso anche quel piccolo pezzo di pace
suburbana e
campi. Nel giro di cent'anni dei giardini, dei filari coltivati e
dei boschi
che un tempo circondavano il palazzo non erano rimasti che radi
rimasugli
stentati e spogli. Al loro posto c'erano le case, decine e decine di
case tutte
uguali. Così assediata da sporcizia e chiasso, da vetture e
da banchi del
mercato, la vecchia dimora signorile aveva preso a sembrare un gigante
assalito
da ogni parte da nani brutti e famelici, e poco a poco era caduta in
disuso.
- Il
signor Thompson sarà anche molto ricco, ma la sua casa
è in uno stato pietoso!
Eileen
si mosse a disagio sul calesse. Era tutto il giorno che viaggiavano, e
visto il
fango delle strade, il disastro della pioggia che li aveva presi di
sorpresa a
dieci miglia dopo la locanda, visto come erano ridotti lei, il
carretto, suo
padre e il suo garzone, una bella casa allegra in cui dormire non
sarebbe stata
affatto sgradita. Dovevano fermarsi da un amico, le aveva detto suo
padre quel
giorno appena finita colazione. Si erano messi sul calesse contenti con
una
bella giornata di sole.
-
Vedrai, Linny, che il signor Thompson è una persona
meravigliosa! E guarda che
bella casa ha! Me la ricordavo molto più piccola!
Eileen
gettò uno sguardo perplesso alle mura scrostate e al muschio
che si aggrappava
alla pietra grigia. Ma era troppo stanca per discutere. Stavano
entrando in un
enorme cortile circondato su tre lati dall'imponente facciata del
palazzo.
Quando
il calesse si fermò sulla ghiaia non c'era ragazza
più felice di lei nonostante
la costruzione intorno a loro risultasse più che desolante
nella sua tetra,
spoglia maestà.
Eileen
saltò giù dal calesse e tirò un
sospiro di sollievo: era finita, quell'assurda
giornata era finita.
Anche
suo padre, un ometto rubizzo e sempre pieno di spirito, posò
i piedi in terra con
evidente sollievo. Strusciò le scarpe fradice sulla ghiaia e
si dette una
scrollata al mantello.
Erano
in viaggio per l'Europa da mesi, per vendere il vino che suo padre
produceva in
grande quantità e smerciava in tutto il mondo. Era un
mercante molto
ricco, viaggiava spesso, e sin dall'infanzia Eileen lo aveva sempre
accompagnato nei suoi viaggi che potevano durare mesi e mesi. Insieme
avevano
girato il mondo, dopo la morte prematura di sua madre.
- E
allora, c'è o non c'è il mio vecchio amico, in
casa?
Fece
suo padre andando in contro ad un tizio che era comparso sulla porta.
Era un
maggiordomo lungo e allampanato, con folte sopracciglia grigio scuro e
un'aureola di capelli bianchissimi.
- Il
padrone vi aspettava, signore. Vi chiede scusa per non essere potuto
essere qui
lui stesso ad accogliervi, ma è dovuto andare d'urgenza in
città. Tornerà
quanto prima, e nel frattempo prega voi e la signorina vostra figlia di
fare
come se foste a casa vostra.
- Non
c'è problema, Foster, lo aspetteremo dentro, davanti ad un
bel fuoco caldo. Fa
un freddo cane, vero, vecchio mio?
Il
cameriere stirò le labbra pallide come uno che prova dopo
secoli ad articolare
un sorriso e scomparve inghiottito dalla porta. Il padre prese Eileen
sottobraccio e insieme lo seguirono dentro casa.
- Non
mi avevi detto di conoscere un tipo del genere! - mormorò
lei mentre varcavano
la soglia ed entravano in un piccolo vestibolo completamente tappezzato
di
arazzi. Quello che la colpì istantaneamente fu un lieve e
tenace odore di
sigaro. Ma non sgradevole, vagamente fruttato.
-
Conosco tutti, a questo mondo, mia cara. Il vecchio Foster è
qui da molto prima
che ci fosse il nostro amico Thompson. E' una specie di istituzione
della casa.
Avrà cent'anni ma è sempre vivo e vegeto e sono
certo che non si trova un
maggiordomo migliore in tutta Inghilterra.
Eileen
dette un'occhiata a Foster. Quello sembrò sentirsi gli occhi
addosso perché si
voltò sulla schiena ricurva e fece cenno di seguirlo.
- Da
questa parte.
La
casa, se da fuori era enorme, da dentro lo sembrava ancor di
più. Nonostante
fosse ingombra di oggetti delle più disparate provenienze,
poltrone e arredi damascati,
scalinate,vetri, tappeti e lampadari di cristallo che piovevano da
tutte le
parti, le stanze facevano lo stesso l'impressione di essere vuote tanto
erano
vaste e spaziose. In un lato c'erano delle casse, alcune delle quali
schiodate,
per terra una quantità di polvere e di paglia e fogli di
carta.
- Il
mio padrone si scusa, ma è da poco rientrato da un lungo
viaggio, e questa è la
parte di bottino che gli è stata assegnata dagli indigeni.
Eileen
scoccò a suo padre un'occhiata interrogativa. Ma suo padre
stava già ammirando
un quadro di splendida fattura. Vi era raffigurata una donna di
incredibile
bellezza, tanto bella da sembrare più un angelo del cielo.
- Ma
che bellezza! Chi è questa donna?
Era stato
appena tirato fuori da una cassa più grande delle altre. La
donna
aveva un gran vestito vaporoso che le fasciava il busto. Una sciarpa di
un rosa
finissimo le circondava le spalle e scendeva con una gran profusione di
nastri
fino alla vita sottile e perfetta. Aveva i tratti estremamente
delicati, gli
occhi verdi e una bellissima aria assorta.
Foster
non si fermò a dare spiegazioni. Semplicemente
farfugliò qualcosa e tirò
dritto. Eileen gettò un'occhiata ai guanti antichi, alla
finezza delle mani del
quadro e a quegli strani occhi verdi che sembravano bucare la tela, poi
passò
oltre e non ci pensò più.
Aveva
la scarpe completamente inzuppate di fango, e in questi casi tutto
quello che
si pensa è a un bel fuoco e a come fare a non prendersi un
malanno. Fu con
somma felicità di entrambi che, dopo una fuga interminabile
di stanze e corridoi
pavimentati di marmo, sbucarono in una sala dai soffitti altissimi
tappezzati
di damasco cremisi. Era piccola, rispetto alle altre, e aveva un'aria
leggermente meno fredda delle altre. Su un grazioso tavolino accanto al
fuoco,
che era acceso nel camino di marmo più grande che Eileen
avesse mai visto,
c'era un servizio completo da thé, una teiera fumante e un
vassoio pieno di piccolo
biscotti colorati dall'aria estremamente invitante.
- Il
padrone ha pensato che poteste aver bisogno di riprendervi dal viaggio.
In
questa stagione le strade sono pessime anche da queste parti. Se volete
accomodarvi accanto al fuoco, tra un attimo sarà qui
Elizabeth. Io vado ad
accertarmi che le vostre stanze siano pronte e riscaldate a dovere.
Suo
padre annuì tutto contento avvicinandosi al vassoio dei
dolci, ed Eileen si
lasciò andare soddisfatta ad osservare la stanza intorno a
loro. Girò gli occhi
e vide che le pareti erano piene fino in cima di piccoli quadretti
color
seppia. C'erano ometti minuscoli dentro, e donne e strade e palme e una
grande
quantità di immagini bizzarre. Si mise ad osservarle con
interesse. Non aveva
mai visto niente di simile.
-
Sono fotografie - spiegò suo padre con la bocca piena
indicando i quadretti
alle pareti. Aveva attaccato il
vassoio
dalla parte di certi biscotti scuri che sembravano coperti di mirtilli
- il
nostro amico ha viaggiato molto. Per tutta Europa, e poi anche in Asia
e in
India. Pare abbia visto tutto il mondo conosciuto.
- Che
cosa fa? - chiese Eileen lasciandosi andare su una poltrona dopo aver
preso
anche lei un pasticcino e essersi versata un po' di thé
nella tazza. Aveva una
fame da spavento, ma come sempre era stata attenta a non mangiare prima
di suo
padre. Una signorina bene educata non doveva mostrare di aver fame,
anche se
aveva una fame da lupi. Ed Eileen in quel momento stava letteralmente
svenendo
dalla fame.
Suo padre
scosse la testa, più volte, e si ficcò un altro
pasticcino in bocca.
-
Nessuno lo sa, mia cara. Probabilmente niente, visto che è
così ricco che potrebbe
comprarsi mezzo mondo. Credo lo faccia perché gli piace e
basta. Uno così non
ha certo bisogno di girare l'Europa su un calesse per piazzare il suo
vino ai
fornitori!
-Ma
se ti piace un sacco andare in giro per commercio insieme a me!
Suo
padre rise e ci mancò poco che si strozzasse con un sorso di
thé al latte.
-
Certo che sì, mi cara, scherzavo. Non cambierei i nostri
piccoli viaggi con
tutto l'oro del mondo. Dicevo solo che … insomma, il nostro
amico Thompson è
forse l'uomo più ricco d'Inghilterra. Potrebbe comprarsi la
Regina, se un
giorno glie ne venisse voglia!
Così
dicendo suo padre mimò la grossa stazza della vecchia Regina
che governava
l'Inghilterra da decenni. Una volta Eileen l'aveva vista, durante una
parata a
Londra per i
quarant'anni della sua
incoronazione. Dicevamo che fosse enorme, estremamente astuta e con un
naso
arcigno da strega. Si ricordava di essersi alzata sulle punte per
riuscire a
vederla tra la folla, ma tutto quello che era riuscita a scorgere era
una
piccola corona dorata che teneva su un velo molto lungo. La capote
dorata
dell'elegante e sontuosissima carrozza da parata aveva coperto tutto il
resto:
nella sua memoria la Regina era rimasta un ventaglio di pizzo e una
corona
davvero molto piccola e graziosa.
- E'
davvero così ricco, papà?
-
Ricchissimo. Pensa che suo nonno, o il suo bisnonno, non lo so, furono
i primi
a commerciare con le Indie e a importare il thé in
Inghilterra. Roba dell'altro
mondo, mia cara, affari d'oro. Fecero i soldi a palate, non
c'è dubbio.
Eileen
guardò d'istinto dentro tazza che reggeva in mano. Era
azzurra, di porcellana
cinese e aveva delicati ricami con motivi di pagode e fiori. Si chiese
se il
thé che conteneva era davvero capace di traversare
metà del mondo, e mari, e
foreste per finire sopra i loro tavolini accanto al fuoco. Mille volte
aveva
segretamente sperato di spingersi fin là, in India, dove i
suoi libri dicevano
esserci gli uomini fachiro, e templi fitti di colori e profumi
difficilmente
immaginabili per una mente europea e beneducata.
-
Davvero è stato in tutti quei posti?
- Penso
che abbia passato metà della sua vita a viaggiare, bambina.
Pare che che abbia
avuto una gioventù avventurosa. Ma di questo non ne so
più di te. Lo conosco da
parecchio tempo, certo, ma non da così tanto, neanche io.
Altro biscotto?
Altrimenti li finisco tutti io.
Eileen
face di sì con la testa e prese dal vassoio d'argento il
biscotto che suo padre
le offriva. Era coperto da un sottile strato rosa di glassa e aveva un
aspetto
invitante. Stava appunto per dargli un morso quando Foster ricomparve
sulla
porta. Dietro di lui c'era una ragazzina pallida, minuscola e molto
graziosa
che evidentemente avrebbe preferito trovarsi da tutt'altra parte. Aveva
un'aria
molto timida.
- Quando i
signori hanno finito con il thé, avrei piacere di mostrare
loro gli
appartamenti destinati agli ospiti. Elizabeth - così dicendo
spinse avanti la
ragazza - sarà a disposizione della signorina per qualsiasi
cosa possa
servirle.
Eileen
sorrise con fare amichevole ad Elizabeth, che per tutta risposta
abbassò gli occhi
e arrossì ancora più violentemente.
- Ai vostri
ordini, signora - mormorò.
A
Eileen scappò da ridere: nessuno l'aveva mai
chiamata 'signora'.
- Chiamami
pure Linny, Elizabeth, davvero. Non penso di avere molti più
anni di te!
Per tutta
risposta la ragazza arrossì ancora più
violentemente.
- Come
desidera, signora - farfugliò. Poi si affrettò a
sparire dietro Foster.
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