Il tuo Cuore fra Mille Cappucci Rossi
Bella Swan era mia.
Mi apparteneva di diritto, perché
l'avevo attesa da cent'anni, riempiendo pile di diari nel tentativo di
placare il vuoto marcescente che il mostro aveva scavato dentro di me.
Il gioco inizia sempre in qualche maniera.
Due razze avverse s'incontrano, si studiano con
diffidenza, cercano di distruggersi oppure di assolversi. Che siano
Montecchi e Capuleti, Guelfi e Ghibellini, poco importa. La prassi
vuole che qualcuno s'innamori del nemico e che il nemico sia destinato
a perire nella tomba dell'avversario.
Lo scriveva Shakespeare, agli albori della sua
sfolgorante carriera. Lui che sapeva struggersi nella contemplazione
della Morte con la stessa intensità con la quale, ogni
notte, mi struggo guardandola dormire, rannicchiata al mio torace, come
un ingenuo cerbiatto fra gli artigli del carnefice.
Vita e Morte. Eternità e Attimo.
Per Shakespeare erano i punti cardini di
un'identica forza divina. Svariate energie, destinate a convogliare in
un microcosmo di anime e a mettere in subbuglio un'esistenza intera.
Mente aliena, quella del Bardo. Come aliene
furono le menti di migliaia di artisti e di poeti, sepolti in bare da
uomo nonostante possedessero facoltà inumane e sapessero
vedere oltre la natura infingarda delle cose.
Molti di loro, tra i Vati più celebri,
impazzirono nel rinnegare se stessi. Alcuni, semplicemente morirono
mordendosi la lingua fino al dissanguamento. Troppi ebbero l'ardire di
contrabbandare il dono della precognizione con il danaro e vennero
inghiottiti dalla terra, misteriosamente.
I Volturi non perdonano chi tradisce la Legge,
Per preservare la Casta dagli attacchi dei
Santoni e dalle isterie dei Fanatici sono capaci di giustiziare anche
un povero bevitore di prose, semmai dovessero reputare pericolosi i
suoi versi.
Li chiamano i Re Soli di Volterra ma è
Aro ad emettere il verdetto finale.
Il più potente dei tre. L'infallibile
corvo nero dagli occhi appestati di sangue.
Caius e Marcus presenziano accanto a lui, ma la
loro sacrale alterigia è uno sbuffo di polvere se paragonata
all'aura oscura che avvolge il grande Monarca.
Egli domina dall'alto, pur vivendo nei
sotterranei della città, in un budello medievale, ricco di
anfratti ma privo di qualsiasi via d'uscita.
E'laggiù che confluiscono intere masse
di turisti, dopo aver pagato il biglietto all'entrata. Bambini, donne,
uomini d'ogni età ed estrazione sociale vengono attirati
dalle bellezze segrete del luogo e alla fine del giro, Gianna, l'umana
alla quale i Volturi hanno promesso l'immortalità, li
conduce alle Stanze Reali garantendo al gruppo una tappa memorabile.
E così che i Volturi si nutrono. Ed
è così che gli esseri umani...scompaiono.
Ciclicamente.
Carlisle aveva soggiornato presso la Corte secoli
fa ed era stato lui a raccontarmi dei Volturi quando decisi che mi
sarei cibato solo di sangue animale perché non volevo
diventare un succhiasangue a tradimento.
- Fa
attenzione, Edward. Hanno orecchie e bocche ovunque. Se fai troppo
rumore, puoi condurli a te in meno di un secondo. Li ho visti all'opera
e ti assicuro che la loro arguzia è raccapricciante. Si
muovono come nobili, ma sono bestie nel vero senso della parola e
faranno il possibile per convincerti ad entrare nella schiera. Tu sei
un giovane vampiro con un grande potere. Ebbene...ti vogliono per quel
potere, Edward ma finché non disubbidirai alla Legge e non
commetterai errori, saranno costretti ad accettare la tua decisione di
vivere lontano dalla loro Reggia.
Durante il mio isolamento in Brasile, avevo a
lungo pensato ai Volturi mentre sedevo nell'ombra e pensavo a lei.
Avevo lasciato Bella definitivamente, convinto
che meritasse una vita migliore rispetto all'esistenza da martire che
potevo offrirle come mostro e mi ero isolato dalla famiglia.
Ma quando la solitudine incalzava e la sua
assenza mi perforava, il fiato dei Volturi tornava a fiatare sul collo,
in uno sfrigolio leggero di carta vetrata e fatue promesse.
Poi, una notte, il cellulare che avevo lasciato a
marcire tra la roba vecchia, squillò all'improvviso. Mi
convinsi a raccattarlo solo perché l'interlocutore all'altro
capo dell'altoparlante non si decideva a staccare la comunicazione.
- Ti avevo chiesto di non cercarmi, Carlisle...
- Non sono Carlisle....Edward.
La voce di Rosalie, nel microfono, suonava come
una beffa e mi pentii subito di non aver guardato il display prima di
accettare la chiamata. - Stammi ad ascoltare. Non riattaccare come al
solito...
- Che vuoi? - l'aggredii.
- Voglio soltanto dirti che devi smettere di
preoccuparti e che puoi tornare a Forks anche oggi stesso. I tuoi
problemi sono miracolosamente...spariti...
- Che dici? - Mi accigliai, sorpreso. Trovai una
spiegazione in una decina di probabilità che in quei lunghi
mesi di lontananza avevo sperticatamente vagliato e mai preso in
considerazione sul serio. - Bella...è partita? E'tornata in
Arizona...da sua madre?
Avevo parlato di fretta, in tono quasi meccanico.
Eppure, l'idea che fosse partita senza di me, per il dolore causato dal
mio abbandono, mi fece sentire un verme rognoso.
Dopo un breve silenzio, Rosalie aveva sospirato.
- No. Non è tornata da sua madre....
- E allora? - Ruggii. - Perchè perdi
tempo a giocare? Lasciami in pace...
- Non sto giocando, fratellino. Alice ha avuto
una visione...mi spiace....sul serio...
Il suo tono spiccio era calato improvvisamente.
- Ti spiace? Di cosa ti spiace? - Avevo alzato la
voce, incurante del piccolo popolo di uomini che abitava ai piani
inferiori. - Dimmi la verità! Subito...
- E'caduta, Edward...- confessò
spiccia. - Si è buttata dalla rupe di La Push di sua
volontà e la visione di Alice si è interrotta
quand'è arrivata nell'acqua. Tu lo sai...quanto sono gelide
le acque di La Push....
- Non è vero....non è
vero....
- Chiama Alice se non mi credi. E poi...di che ti
stupisci? Bella era una fragile umana. Tu l'hai mollata...e deve aver
pensato che un bagno fuori stagione l'avrebbe aiutata a dimenticare...-
La udii sbuffare. - Edward, non è colpa tua. Le avevi
chiesto di vivere ed ha preferito uccidersi...
In quel momento, impazzii.
Di vergogna. Di Dolore. Di pentimento. Di mille
cose insieme.
Staccai la comunicazione. Composi il numero di
Casa Swan, col fuoco nelle dita e le ossa della mascella che
raschiavano dalla tensione. Volevo parlare con Charlie, illudermi che
Alice si fosse sbagliata e che Bella potesse essere ancora viva.
A rispondermi fu Jacob, il figlio di Billy Black,
della tribù dei Quilleute. Amico di Bella con ben altre
mire. Aveva il timbro contrito, quasi irriconoscibile, e mi
liquidò bruscamente dicendomi che Charlie era al funerale.
Mi cadde l'eternità addosso.
Fracassai il cellulare nel palmo e lo buttai in
un cassonetto dell'immondizia.
Decisi che l'avrei fatta finita, cercando la
rissa fra gli animali del luogo.
Ma la rabbia e la devastazione si dimostrarono
così forti da permettermi di ridurgli in poltiglia uno ad
uno.
Morta Bella, che senso aveva l'esistenza?
Peccato fossi già morto da cent'anni e
mi toccasse assistere al mutare del mondo nei secoli in avvenire.
Maledissi la mia condizione più di
quanto non l'avessi maledetta dopo la trasformazione. Ero stato io ad
uccidere Bella. L'avevo spinta io sull'orlo di quel dirupo.
Se solo l'avessi cercata invece di limitarmi a
spiarla dietro gli alberi, quando si recava nel garage di Jacob col
visino scavato dalla magrezza. Se solo avessi avuto il coraggio di
chiamarla quando lui le aveva strappato un debole sorriso mentre le
mostrava le moto rimesse a nuovo....invece di ficcare le unghie nel
tronco e sfogliare la corteccia a causa della gelosia che mi ero
sentito montare dentro.
Se solo...
Niente.
Avevo distrutto ogni cosa di lei, grazie al mio
egoismo. E dovevo rimediare, distruggendo me stesso.
Partii alla volta dell'Italia e mi presentai al
cospetto dei Volturi, implorandoli di uccidermi.
Non fu necessario che raccontassi ad Aro la mia
storia.
Gli bastò prendermi una mano per
rastrellare la mente e scoprire che mi ero perdutamente innamorato
della mia preda.
- Uccidetemi. Non voglio vivere....- gli dissi.
Stavo digiunando da giorni e ormai le occhiaie peste formavano attorno
all palpebre un alone quasi grottesco.
- Quanto spreco di potere, Edward...morire per
un'umana. Solo perché lei non è stata abbastanza
forte da accettare la vita normale che le avevi offerto...- Avevo
intuito immediatamente che nessun componente della triade avrebbe
ottemperato alla mia richiesta. I loro occhi rossi saggiavano la mia
forza interiore e le loro bocche color rubino si atteggiavano in
sorrisi speculatori. - Stabilisciti da noi. Faresti parte della nostra
Potente Famiglia...come ne fanno parte Jane e suo fratello. I nostri
poteri saranno i tuoi poteri e il tuo potere sarà il nostro
potere.
Declinai. - No. Non voglio più essere
un vampiro...
- Lo sento il tuo dolore, Edward Anthony Masen
Cullen. E'profondo e struggente....a tratti commovente...ma capirai che
smembrarti non rientra nei nostri piani perché non sei un
vile traditore. L'unico peccato che hai commesso è stato
quello di perdere la testa per un'umana della quale avresti potuto
nutrirti. Capita sovente, sai? Più di quanto tu creda. Va a
riposarti, Edward...nutriti come si conviene alla tua natura. Poi,
torna fra noi a comunicarci la tua decisione...
Volevo morire.
Non c'erano altre decisioni da prendere ma
Carlisle non si era sbagliato su di loro. Erano furbi, interessati al
mio dono e non mi avrebbero smembrato neanche se avessi digiunato fino
a smagrire la mia corazza.
Spiai l'esterno da una grata.
Si affacciava sulla Grande Piazza dell'Orologio e
una folla di manifestanti, ammantata di rosso, affluiva al centro,
verso la Statua di San Marco, il Patrono che aveva scacciato i vampiri
dalla città dopo una gloriosa battaglia.
Peccato che la gente ignorasse che il loro
protettore avesse srotolato da secoli le proprie virtù ai
piedi dei Volturi, diventando parte integrante della triade,
nonché vampiro egli stesso.
Storsi la bocca.
Mostri.
Aro, Caius, Marcus...avrebbero fatto incetta di
buon sangue, quel giorno. Le prove del misfatto sarebbero state
scrupolosamente cancellate dai vampiri di ronda e Volterra avrebbe
continuato a crogiolarsi su un tappeto di allori, nella certezza di
aver debellato il male alal radice.
Decisi che avrei rotto l'equilibrio, colpendo la
Casata Reale nel tallone d'Achille.
Mi avviai al portone principale e contai i miei
passi strascicati finchè non mi ritrovai all'aperto, sotto
la luce del sole che stava inglobando doratamente la Torre Campanaria.
Mezzogiorno in punto.
Era l'ora in cui la luce mutava in una colata
incandescente e lo schiamazzo dei manifestanti copriva persino il
rumore dei rintocchi.
Mi sbottonai la camicia e la lasciai cadere
vicino alle scarpe.
Poi, smisi di pensare e scesi il primo gradino.
Il Sole arrivò in picchiata su di me.
Chiusi gli occhi, sollevai il volto, divaricai
appena le braccia e chiusi i miei ponti mentali.
Morire.
Riuscii a pensare solo a questo, nell'attimo in
cui il calore s'irradiò sulla pelle gelida e fece brillare
sul mio corpo una miriade di minuscole scaglie diamantate. Lo sentivo
scendere in una carezza sinuosa, coprire i muscoli e levigare
dolcemente la materia di cui ero composto.
Presto qualcuno si sarebbe girato, gridando di
terrore.
I guardiaspalle di Aro mi avrebbero trascinato
nelle segrete, dove sarei stato smembrato con l'accusa di alto
tradimento. Ed io sarei scomparso dalla faccia della terra, finalmente.
Respirai il sole per l'ultima volta.
Odorava di fresie appena sbocciate. Odorava come
lei.
Bella.
La mia Bella.
Nella folla ammassata, fra gomitate e bestemmie
di poco conto, mi parve di udire una voce pronunciare il mio nome ma la
debolezza che annebbiava i canali della mia mente m'impediva di
ripulirla dal ronzio della massa.
- Non farlo, Edward!!!! Ti prego, non farlo!!!! -
urlava.
Era l'unica voce, in mezzo alla baraonda di
tachicardie entusiaste, ad essere incrinata dalla disperazione.
Bella.
La Mia Bella....
Il Buio. Il Sole. La Morte.
Con le palpebre abbassate e la tiepida vibrazione
del ghiaccio che brulicava sulla mia pelle nuda, mi feci istintivamente
spazio nelle menti di alcuni manifestanti.
Una bambina bruna, attirata dallo sbrilluccichio,
si era voltata dalla mia parte e strattonava energicamente la manica
del padre. - Guarda, papà! Guarda come brilla!!!!
Attesi che l'uomo si girasse.
Volevo morire. Non chiedevo altro.
Morire, avvolto dal sole, come un mortale in
spiaggia.
Del panico che avrei generato...se ne sarebbero
occupati i Volturi.
Era facile prevedere la loro reazione, il loro
sgomento, mentre la copertura calava le braghe da quegli abiti
profumati di rinascimento italiano e gli abitanti avrebbero appreso che
i vampiri erano magicamente risorti dai tombini della città,
mescolati ai visitatori, agli uomini dabbene, in un giorno di festa
patronale.
All'improvviso, captai un lieve smottamento nel
gruppo di gente che sostava intorno alla fontana.
Una ragazza correva tra la folla, facendosi largo
a gomitate ed era entrata nella vasca per abbreviare il tragitto,
incurante delle proteste e dei graffi che rimediava ogni volta che la
massa si spostava e la sballottava da un'altra parte.
Sentii i suoi piedi calpestare l'acqua, il suo
giovane cuore pompare come se avesse avuto il diavolo alle calcagna.
Mi chiamò di nuovo.
Edward.
Potevo vederla di riflesso, al centro di una gran
confusione.
Aveva scavalcato l'altra estremità
della fontana e veniva verso di me, simile ad una di quelle visioni
tremolanti che erompono dall'asfalto quando la calura raggiunge il
picco.
I suoi capelli.
La sua voce.
Il suo odore.
Mi si gettò fra le braccia, con tutto
il suo peso corporeo, avvinghiando le gambe al mio bacino e
appendendosi alle mie spalle disperatamente.
- Apri gli occhi, Edward! Apri gli occhi!!!! -
Gridò così forte che mi scossi. Sollevai le
palpebre. Tremava contro il mio torace di marmo. Cercai di mettere a
fuoco i suoi contorni, abbrustoliti dal digiuno e dal sole. - Sono
viva! Guardami!!!! Torna all'ombra!!!! Torna all'ombra!!!!
Mi prese il viso tra le mani, sconvolta e con le
ginocchia puntate ai femori provò a spingermi all'indietro,
sotto l'arcata, dove la pietra avrebbe ammortizzato il sole ed un pazzo
vampiro innamorato avrebbe avuto salva la pelle.
- Edward, ti prego!!!! Spostati! Ti vedranno!
- Bella...- mormorai in tono impastato,
fissandola nei grandi occhi nocciola. I Volturi dovevano essere
intervenuti. Probabilmente ero stato fatto a pezzi e questa era la
Morte che avevo sempre sognato. Nessun dolore durante lo stacco degli
arti e della testa. Solo il viso di lei, solo la voce di lei, solo gli
occhi di lei, solo il suo splendido cuore in fondo al capolinea. - La
morte che ha rubato il miele del tuo respiro...nulla ha potuto ancora
sulla tua bellezza...- Sprofondai il naso nel suo collo, la respirai
intensamente. - Il tuo profumo...il tuo calore...! Questo è
il Paradiso...!
Ma Bella scosse la testa, mi appiattì
entrambe le mani sul torace, tentando nuovamente di spostarmi.
Dalla Torre campanaria, giunse il dodicesimo
rintocco.
Un boato esplose nella folla e la Statua del
Santo fu sollevata in alto, in maniera che tutti potessero contemplarla
a rendergli omaggio.
- Edward, non siamo morti. Siamo vivi!!!! VIVI!-
mi gridò lei, con le lacrime agli occhi. - Per
favore...spostati...entriamo dentro....I Volturi ci vedranno....!!!!
Un lampo di lucidità mi
destò del tutto.
Capii di averla tra le braccia soltanto in
quell'istante. E capii che era viva, pulsante, che tremava per me e che
l'affanno della corsa l'aveva resa caldissima più di quanto
ricordassi.
- Bella....- Mi mangiai le parole, dall'emozione.
Alle sue spalle, un gregge di cappucci rossi
avanzava dritto all'altare maggiore e molte teste avevano cominciato a
girarsi dalla nostra parte.
Il corpo di Bella mi faceva da ombra ma il sole
sul mio viso pizzicava i diamanti e li faceva brillare inumanamente.
Ancora stordito, immersi una mano nei suoi
bellissimi capelli sciolti e con un braccio la sollevai contro di me,
trascinandola nella penombra come se fossimo stati un unico corpo.
Non le diedi il tempo di aggiungere altro.
Mi avventai sulla sua bocca e la baciai.
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