Questione
di nomi, di stare sotto e di bastoni della vecchiaia
Una volta il
maestro Iruka gli aveva detto che il suo era un nome strano.
“Naruto” era il nome di una di quelle cose
buonissime che si mettono nel ramen,
aveva detto, ma era strano dare ad un bambino il nome d’un
cibo.
Forse, aveva pensato Naruto, era per questo motivo che al Villaggio non
piaceva a nessuno – ma
che cosa poteva farci, lui, se aveva un nome tutto sbagliato?
Aveva chiesto al maestro Iruka se a lui piacesse il suo nome; il chunin
gli aveva scompigliato i capelli biondi con una mano e replicato che
sì, gli piaceva proprio perché era un nome
singolare, che nessun altro possedeva. Al maestro Iruka lui piaceva.
E probabilmente non piaceva agli altri perché era sbagliato
come il suo nome.
Eppure, avrebbe riflettuto in seguito, il suo non era l’unico
nome stravagante.
“Sakura”, per esempio, significava
“ciliegio”: conosceva molte ragazze che portavano
il nome di fiori, ma mai nessuna che avesse quello d’un
albero, per quanto bello esso potesse essere.
Una volta aveva domandato a Sakura se le piacesse il suo nome e, quando
lei gli aveva risposto affermativamente, era stato contento
perché aveva creduto d’aver trovato il regalo
perfetto da accompagnare ad una proposta di fidanzamento.
Ma quando la kunoichi aveva riconosciuto come un pezzo di corteccia
d’albero il dono che Naruto le aveva orgogliosamente offerto,
non era stata altrettanto contenta d’accettare la sua
richiesta.
Forse avrebbe dovuto cogliere dei fiori di ciliegio – eppure
aveva pensato che un frammento dell’albero,
anziché dei fiori che, con il nome di Sakura, non
c’entravano proprio niente, le avrebbe fatto maggior piacere.
Forse prestare ascolto al maestro Kakashi – per quanto quel
vecchio, zitello com’era, potesse sapere di donne –
per una volta sarebbe stato utile.
Sasuke, poi, aveva un nome ancora più strano, glielo aveva
spiegato il maestro Jiraiya dopo aver consegnato al maestro Gai il
corpo inerte del ragazzo, svenuto in seguito allo scontro con il
fratello maggiore.
“Sas” stava per “sasso”, aveva
detto l’eremita porcello, e rappresentava la sua
testardaggine – mai Naruto aveva pensato che nome fosse
più azzeccato; “uke”, infine,
significava – be’, questo il giovane ninja non era
stato del tutto certo d’averlo compreso appieno.
Tanto più che, quando aveva chiesto a Sasuke se davvero gli
piacesse “stare sotto” – qualsiasi cosa
Jiraiya avesse voluto dire –, il ragazzo sembrava aver
considerato con reale serietà l’ipotesi di
ammazzarlo.
« Non capisco » aveva sbottato Naruto al maestro
Kakashi. « Che cos’ha che non va? »
Il jounin, tuttavia, aveva l’espressione più
curiosa che l’allievo gli avesse mai visto – sempre
che vedere a stento gli occhi d’una persona potesse definirsi
eguale al vederne l’intero volto.
Se assistere al maestro Kakashi che scoppiava fragorosamente a ridere
tenendosi lo stomaco non fosse stato probabile quanto il maestro Gai
vestito come un uomo normale, Naruto avrebbe potuto supporre che stesse
trattenendo una risata.
« Naruto, chi ti ha detto che “uke”
significa “stare sotto”? » aveva voluto
sapere Kakashi.
« L’eremita porcello, perché?
» aveva ribattuto, palesemente incapace di trovare un senso a
quella situazione.
« Se vuoi un suggerimento, » che il maestro avesse
forse sogghignato?
« non dire mai più una cosa del genere ad un uomo
». Gli aveva dato un paio di colpetti sulla spalla.
« Ah, voi giovani, ancora tutti così ingenui
» aveva commentato, enigmatico. Fra sé, Naruto
aveva considerato che, con l’età, anche i ninja
più valenti come il jounin potevano perdere qualche rotella.
In particolare uno che si chiamava
“spaventapasseri”: quello era indubbiamente il nome
più stravagante che Naruto avesse mai sentito, eppure colui
che lo portava era uno dei più rispettati ninja della
Foglia, seppur – sarebbe venuto a sapere più
avanti – con un passato tetro quasi quanto il proprio.
Si era sentito più vicino al suo maestro nel venire a
conoscenza d’almeno un frammento del suo carattere; al tempo
stesso, aveva pensato che, se fosse divenuto più forte,
anche lui un giorno sarebbe stato altrettanto rispettato da quelli che
non lo avevano mai degnato nemmeno d’uno sguardo. E poi,
aveva riflettuto, ora aveva i suoi compagni di squadra a sostenerlo:
tre dei nomi più strani che esistessero al mondo,
probabilmente.
Per questo si era impegnato a riportare Sasuke al Villaggio della
Foglia: perché un nome particolare non poteva essere
separato dai suoi simili. Altrimenti, come avrebbe potuto accadere a
lui stesso quando era bambino se non avesse avuto vicino il maestro
Iruka, quel nome sarebbe caduto in un cupo oblio dal quale non sarebbe
mai più stato in grado d’uscire.
Adesso guardava il cielo, Naruto, e sorrideva. Disteso fra
l’erba umida, con le mani intrecciate dietro la nuca, a
contemplare la volta celeste immersa in una quieta oscurità
trapunta di stelle, i baffi che avevano segnato le sue guance quanto il
suo destino di solitudine non bruciavano più.
« Ehi, credete che, da lassù, ci stiano guardando?
»
Sasuke sbuffò il proprio scetticismo. « Chi ci
dovrebbe guardare, Naruto? »
Adesso era grande, Naruto, era un jounin di Konoha: eppure, al
contempo, era rimasto il bambino che domandava al maestro Iruka se lui
gli piacesse ed ipotizzava che agli altri, al contrario, non piacesse a
causa del suo nome. « Loro,
ovviamente, cretino! Chi altri? I miei genitori, la famiglia di Sasuke,
il maestro Asuma, l’eremita porcello, il vecchio
Sarutobi… a proposito, maestro Kakashi, ora sei vecchio
quanto lui, non è vero? »
« Naruto! » Sakura gli diede una gomitata
– una gomitata dall’allieva di Tsunade, tuttavia,
aveva la medesima entità d’una serie di massi che
ti si schianti contro le costole. A voler essere precisi, come aveva
contato Naruto, esattamente come tre massi. « Non essere
maleducato! »
« Non preoccuparti, Sakura » ridacchiò
il maestro. « Dopotutto, Naruto non è ancora
riuscito a prendermi i campanelli da solo ».
« In realtà mi dispiaceva che, arrivato alla tua
età, dovessi vederti sconfitto da un tuo allievo »
mentì spudoratamente l’uomo, socchiudendo le
palpebre in un’espressione di bonaria maturità che
gli si addiceva ben poco, tanto che Sakura non fu in grado di reprimere
una risata.
« Ah, ora è tutto chiaro: dev’essere
questo il motivo per cui sei l’unico di noi tre che ancora
non ne è stato capace » commentò
Sasuke. Anche la sua voce, nel buio, sembrò abbozzare un
sorriso.
« Esatto! Perché io, al contrario di te, so che
cosa vuol dire “avere tatto”! » si
inalberò Naruto.
« Me ne parla lo stesso deficiente che ha regalato ad una
ragazza la corteccia d’un albero? » lo
stuzzicò sapientemente Sasuke. Fortunatamente era notte,
altrimenti avrebbe avuto di che schernirlo a vita, poiché
l’amico era violentemente arrossito, in parte di falsa
collera in parte d’imbarazzo.
« Be’, io almeno non sono così idiota da
correre dietro al primo tizio che mi passa davanti sbandierando la
possibilità di darmi un grande potere »
sibilò tra i denti, pur sufficientemente ad alta voce
perché Sasuke potesse udirlo distintamente.
La Kusanagi frusciò nel venire estratta dal fodero.
« Perché non provi a ripeterlo? »
« Con piacere: ho detto che… »
Le ragazze, solitamente, tentano d’impedire una lotta
all’ultimo sangue intervenendo, accompagnate da una risatina
nervosa, per cambiare abilmente discorso. Ma “le
ragazze” non comprendeva Sakura; non più, almeno,
dacché aveva sviluppato la sua potenza.
Nel corso del tempo, la kunoichi aveva concluso che il modo migliore
per troncare sul nascere un combattimento era mettere gli sfidanti
nelle condizioni di non poterlo reggere: di conseguenza, i due uomini,
sfortunatamente distesi ai due lati della donna, dovettero incassare
due gomitate nello stomaco. « Dannazione! »
sbottò, infastidita. « Possibile che, a
quarant’anni, ancora non siate capaci di sostenere una
conversazione civile? »
Naruto si sentì come se improvvisamente le sue budella
avessero risalito il suo corpo e adesso lui le stesse masticando.
Quando infine il suo stomaco sembrò aver ritrovato il
proprio posto e non gli invase più la bocca,
riuscì ad articolare a fatica: « S-scusa,
Sakura… »
Sasuke, al contrario, non parlò, un po’ a causa
del famoso orgoglio degli Uchiha, un po’ perché
proprio non ce la faceva: sospettava che Sakura lo avesse colpito
più violentemente di quanto non avesse fatto con Naruto
– e molto probabilmente aveva ragione di supporre che fosse
soltanto un’altra delle tante piccole vendette che la donna
aveva messo in atto dacché lui aveva fatto ritorno al
Villaggio, per ricordargli quanto l’avesse fatta preoccupare
durante la sua assenza.
Era in momenti come quello – quando il suo pancreas
ballonzolava allegramente nella sua gola, minacciando
d’essere vomitato sul terreno – che quasi si
pentiva d’aver lasciato la Foglia.
« A proposito, maestro Kakashi, »
continuò Sakura, allegramente disinvolta, come se nulla
fosse accaduto « non è che ti stai rilassando un
po’ troppo? Immagino tu abbia molto lavoro da
fare… »
« Oh, non credo si scatenerà una guerra mondiale
se rimando i miei compiti a domani mattina per trascorrere un
po’ di tempo con i miei allievi »
scrollò le spalle lui con noncuranza.
« Noi siamo il bastone della tua vecchiaia »
scherzò Naruto con una punta d’astuzia nella voce.
« A questo riguardo, se come segno di gratitudine tu
acconsentissi a prestarmi uno di quei tuoi libri dell’eremita
porcello… »
« Ne abbiamo già parlato, Naruto »
l’interruppe Kakashi. « Sei troppo giovane per
leggere quel genere di libri ».
« Ma se sono più vecchio di te quando li leggevi!
» obiettò l’uomo, indignato.
« Ed io mi pento, infatti, di aver…
ehm… macchiato la mia anima pura quand’ero ancora
così giovane: sai, cose simili si capiscono soltanto con
l’avanzare dell’età…
» mentì il suo maestro con sfacciata eleganza.
« Ascolta l’hokage, ragazzo »
l’ammonì in tono solenne, decentrando argutamente
la conversazione dalla sua preziosa collezione privata. «
Sarò pure il ninja più saggio e potente del
Villaggio per qualche ragione, non trovi? »
Se era vero che i loro compagni vegliavano su di loro, probabilmente
ridevano di tutto cuore.
Non so come
abbia potuto partorire questa... ehm... questa cosa.
Questo improbabile finale idilliaco, questo percorso attraverso alcuni
eventi del manga sino ad arrivare ad un Naruto, un Sasuke ed una Sakura
quarantenni ed un Kakashi all'incirca sessantenne, nonché
hokage. E dire che è cominciato tutto quando ho pensato che
Naruto avesse un nome bizzarro. Mah.
Direi che, in buona parte, mi hanno anche spronato le recensioni a Dancing on your Grave:
oltre che rimanerne lusingato, mi ha stupito che così tanta
gente avesse commentato una fanfiction che non fosse sul solito
intreccio palloso a proposito del team 7. Ah, non credo che i fans
possano offendersi, sapete? Dopotutto, questa fanfiction è
proprio su quel genere.
Be', a questo punto lascio la parola a voi, anche perché non
saprei cos'altro dire: non ho mai scritto del team 7.
Insomma, enjoy.
E ancora tante grazie, se mai passeranno di qui, a Vaius, Elos, Sarhita, Lotti e CoryCory: lieto che
la mia fanfiction vi sia tanto piaciuta.
Chu.
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