NOTE: Questa lettera è stata scritta per
il concorso sulle lettere. I fatti non sono basati sulla realtà.
Caro
papà,
ho un
bisogno urgente di farti sapere quello che penso, ciò che mi turba da sedici
lunghi anni.
A dirla
tutta, mi vergogno anche di scriverti questa lettera, sai perché?
Certo
che lo sai il perché…io e te non abbiamo nessun tipo di rapporto.
Nessuno.
Quante
volte ho cercato il tuo affetto, senza trovarlo…
Forse è
solo una mia impressione, forse sono solo paranoica.
O forse
no.
Ricordi
la prima volta che ti ho detto che ti sentivo distante?
La prima
volta che ti ho detto che volevo un padre…
Avrò
avuto nove anni ed ero felicissima quando tu, con un sorriso premuroso, mi
dicesti che saresti cambiato.
Le
persone non cambiano, ma questo non lo potevo sapere allora.
Ero
ingenua, speranzosa.
Per due
giorni, per due fantastici giorni, potei dire di avere anch’io un padre.
Poi ti
stancasti.
Ti avevo
chiesto troppo: era troppo complicato, richiedeva troppe premure, troppe
attenzioni…era semplicemente troppo.
Stranamente,
il padre ti piace farlo con gli altri.
Fa parte
del tuo carattere, sei sempre disponibile…per gli altri.
Mi viene
da ridere quando ripenso a quel giorno.
Tu e la
mamma mi avevate regalato un manuale di disegno, rammenti?
Lo
sfogliavo, ricopiavo le immagini o ne inventavo di mie prendendo spunto da quel
libro.
Un
giorno non lo trovai più.
Venni a
chiederti se sapevi che fine aveva fatto e tu mi dicesti, come se niente fosse,
che l’avevi regalato al figlio del tuo collega perché voleva imparare a
disegnare.
Forse
dovrei piangere, ma è così ridicolo il fatto che hai regalato il manuale di tua
figlia ad un bambino che neanche conoscevi!
Ora ti
chiederai il motivo di questa lettera.
Per
riproporti la stessa cosa che ti ho chiesto a nove anni?
No, non
credo più nelle favole.
Per
farti venire sensi di colpa?
No,
anche se la tentazione c’è.
Ti ho
scritto perché ho un dubbio che mi assilla.
Ti prego
di rispondere sinceramente, non resterò delusa, voglio solo stare in pace con
me stessa.
E non
ridere, non è una domanda stupida.
Mi vuoi
bene?
O è solo
un dovere per te essere un padre?
Sei
sempre così distaccato, non ti preoccupi mai per me…
E non mi
hai mai detto che mi vuoi bene.
Non di
tua spontanea volontà, era più che altro una risposta obbligatoria alla mia
consueta richiesta di affetto.
Perché,
se me ne vuoi, non me lo hai mai dimostrato?
Non sai
come si fa ad essere un padre?
Forse ci
hai provato e non ci sei riuscito.
Magari
non ti sei impegnato abbastanza.
Non
penso che avrò mai il coraggio di darti questa lettera.
E adesso
rimarrò sempre col dubbio…
Mi vuoi
bene?
La tua figlioletta