FanFiction scritta per il Tredicesimo Turno dei “Never
Ending Story Awards”
Promessa
Quel
giorno era arrivato.
Stupidamente, come fossi una bambina, credevo
che non sarebbe mai giunto, invece mi ritrovavo a dovermi duramente ricredere
di fronte alla realtà dei fatti.
Credevo di potermi allontanare dalla realtà
immaginando di poterlo avere sempre lì con me, ma non
era così…
Lui doveva partire, e io non l’avrei più rivisto.
Mai più, probabilmente.
L’inizio dell’estate era la fine della mia
vita.
La sua partenza sarebbe stata la morte del mio
cuore.
Ormai la stazione
dei treni era deserta, i nostri amici se n’erano appena andati, dopo vari saluti,
abbracci, promesse di rimanere in contatto e qualche lacrima.
Io
invece, in disparte, ero rimasta immobile, ad osservare le scene in silenzio,
senza proferire alcuna parola.
Come un fantasma invisibile, una figura sfocata la cui anima
stava per essere strappata via per sempre, un’ombra con la morte nel cuore.
Forse ero rimasta
immobile perché il mio corpo si era rifiutato di fare anche un solo gesto che
non mi fosse utile per ricordarlo, ovvero unirmi alle
chiacchiere confusionarie degli altri. Volevo osservarlo fino all’ultima
immagine che mi restava di lui, mentre rideva, mentre scherzava forse per
l’ultima volta con i suoi amici, mentre li salutava con un amaro sorriso e
negli occhi una scintilla di tristezza. Volevo ricordare quella sua
naturalezza.
Lo osservavo un’ultima
volta per potermi imprimere nella mente ogni minimo particolare:
il suo viso, i suoi lineamenti perfetti, i ciuffi della frangia che gli
ricadevano delicati e morbidi sul viso chiaro, anche quel piccolo neo quasi
invisibile sulla guancia, vicino al naso, e poi … quegli occhi…
Occhi che mai avrei
potuto rivedere in un’altra persona.
Una fotografia non
mi avrebbe mai fatto rivivere le emozioni che provavo nel guardarlo, così
vicino a me.
Così… irreale.
Un miraggio, un
ricordo sfocato.
Perché di lì a poco lo sarebbe diventato davvero: un
ricordo.
E la mia memoria lo
avrebbe lentamente cancellato, impedendomi di ricordarlo per quello che era, di
rivedere il suo viso nei miei pensieri, che io lo volessi o
meno.
-Come mai non vai
anche tu?-
La sua domanda ruppe
il silenzio che si era creato, insieme al flusso dei miei pensieri. Era di
fronte a me, non mi ero quasi accorta che mi stesse
guardando. La sua voce mi era giunta pressoché dubbiosa, tremante, come se
avesse timore a pormi quella domanda. Distolse lo sguardo
quando gli risposi con lo stesso timore nella voce.
-Io…- mi guardai i
piedi circondati dal grigio del pavimento della stazione, come se mi aspettassi
di trovarci scritta la risposta che cercavo e di poterla leggere, come se ciò
che sentivo nel cuore fosse lì. –S-Se ti da fastidio, me ne vado…-
dissi infine, cambiando discorso.
-Ma no!- s’affrettò a rispondere. –Non volevo
dire questo, assolutamente. È che… sei rimasta in
silenzio e in disparte fino ad ora, e non ne capisco il motivo. Ho fatto
qualcosa che non va? Perché se è così voglio chiarire
subito.- mi disse celando una certa preoccupazione.
Mi chiedi se mi hai fatto qualcosa?
Oh, no, tu non hai
fatto un bel niente. E nemmeno io.
Per questo ce l’ho con me, perché avrei dovuto dirti tutto prima,
quando ne avevo l’occasione, quando avrei potuto passare con te più tempo,
quando sarebbe servito a qualcosa.
Invece… mi sono
lasciata sfuggire il tempo di mano, senza fare nulla
per renderlo meno doloroso.
-Niente… Tu non hai fatto proprio niente!- balbettai.
Alzai lo sguardo.
Forse fu questo il mio errore. I suoi occhi incrociarono i miei e… Dio, quanto
era bello!
Avrei voluto che
quel momento non terminasse mai, ma sapevo fin troppo
bene quanto fosse impossibile far avverare ciò che ardentemente desideravo.
Ciò che ero riuscita a nascondere e a tenermi dentro, apparendo
impassibile, esplose in un attimo, violentemente, senza che riuscissi a
controllarmi e ad impedire che accadesse.
Le lacrime presero a
rigarmi il volto.
Rapide, scendevano,
cadevano e si infrangevano al suolo. Sì, loro
riuscivano a fuggire allo scorrere del tempo.
-Ma… Cosa ti prende? Perché
piangi?-
Il nodo alla gola mi impedì di parlare, ma almeno mi diede tempo a sufficienza
per pensare a cosa rispondere. Intanto, lui si era avvicinato a me ancora di
più, preoccupato. Mi mise le sue mani sulle braccia, come volesse
abbracciarmi.
-Non voglio che tu
parta!- risposi infine con voce rotta dal pianto. In
fondo, era la pura verità.
-M-Ma… non ti preoccupare di questo, resteremo in
contatto e… e…- la sua voce non aveva lo stesso tono rassicurante che era
riuscito ad assumere con gli altri cui aveva riferito le stesse parole. Ormai,
stanco di mentire, la sua maschera crollava.
Con me la sua falsa recita non attaccava. Sì, saremo rimasti in contatto
con lui, ma non sarebbe mai stata la stessa cosa. E lo
sapevamo tutti, ma fingevamo di non saperlo, come se fosse servito a renderlo
meno reale e doloroso di quanto già non fosse.
-Lo so, però…-
singhiozzando, tentai di asciugarmi le lacrime, ma
erano più insistenti e forti di me, e continuavano a scendere. Sembravo una
bambina capricciosa che rivuole il giocattolo che ha
appena rotto. Ostinata e capricciosa, ecco come dovevo sembrargli.
Ma il dolore che conservavo dentro di me era
troppo forte per restarne indifferente, non ero capace di nasconderlo ancora,
assolutamente. Mi stava uccidendo.
Finalmente, si
decise e mi abbracciò, carezzandomi i capelli, per consolarmi.
-Su, non fare così.
Ti scriverò sempre, non capirai nemmeno che sono partito.- mi sussurrò con voce gentile. Questa volta sembrava aver
riacquistato la sua determinazione e quel fantastico potere rassicurante.
-Finirai
per stancarti di me…- aggiunse
con una risata.
Non potrei mai, pensai.
Si staccò da me e,
sempre tenendomi le braccia, mi osservò.
Il cuore prese a
martellarmi nel petto e mi avvamparono le guance. Non eravamo mai stati tanto
vicini, per cui il suo gesto mi sorprese ancora di
più.
-Promettimi una
cosa…- riprese poi, serio, in un sussurro che mi fece salire i brividi lungo la
schiena. La sua voce era… così dolce.
Restai in silenzio e
aspettai che continuasse, sentendo soltanto rimbombare nelle mie orecchie il
fastidioso martellare del mio cuore che non ne voleva
sapere di calmarsi, per quanto mi stessi illudendo di qualcosa che non sarebbe
mai accaduto.
-Non dimenticarmi…-
Il suo sussurro
stavolta pareva una supplica, ma non ebbi tempo di decifrare oltre
ciò che intendesse dire. Vidi i suoi occhi per una frazione di secondo
prima di sentire le sue morbide e calde labbra sulle mie. Dolci,
leggere, delicate, così perfette in quel tocco soave, come se temesse di farmi
del male. O peggio, come se temesse che lo
avrei rifiutato.
Forse è inutile
aggiungere che, se avesse potuto, il mio cuore sarebbe schizzato fuori dal mio petto e che la mia mente ancora stentava a
credere a ciò che mi stava accadendo, incapace di registrare in modo razionale
quello che succedeva.
Rimpiansi il momento
in cui le nostre labbra si separarono e fui costretta a riaprire gli occhi. Non
avrei voluto che accadesse, ma ancora una volta il tempo si era
preso gioco di noi.
-S-Scusa… io…-
La mano che gli era scivolata sul mio viso si staccò da me e si
allontanò, lasciandomi come un vuoto, una strana sensazione di calore che viene
improvvisamente a mancare. Imbarazzato dal gesto appena commesso, cercava
qualsiasi pretesto per giustificarsi, guardandosi attorno pur di evitare il mio
sguardo.
Come me, aveva
sempre temuto che non lo avrei mai accettato, e così, entrambi avevamo
preferito il silenzio, ingenuamente.
Fece per
allontanarsi, ma prima che ciò avvenisse lo afferrai delicatamente per un lembo
della giacca. No, questa volta ero stata io a prendermi gioco del tempo.
-Non scusarti.
Baciami.- il mio sussurro risuonò come un ordine,
mentre mi alzai sulla punta dei piedi per raggiungere le sue labbra e
ristabilire un contatto con loro.
Risentii sulle mie
labbra quella sensazione che mi ero da tanto tempo immaginata ma che non avevo
mai provato, e ora che sentivo chiaramente reali le mie emozioni, sapevo che
non mi sarei mai stancata di baciarlo.
Mi sentivo così
libera dalle mie preoccupazioni ora che non avevo più niente da nascondere, libera di poter sognare, libera di poter volare.
Libera di poterlo
amare.
Quanto ero stata stupida a non rivelargli prima i miei veri
sentimenti, il fatto che per me non fosse solo un amico ma molto di più.
Ancora rimpiansi quando fummo costretti a staccarci.
Restammo
abbracciati, sussurrandoci quelle dolci parole che tanto avevamo desiderato di
sentirci udire l’uno dall’altra. E ora, finalmente,
avremmo potuto, anche se per poco.
-Mi mancherai
tantissimo, non immagini quanto.- sussurrai, stretta a lui, perché sapevo che
appena lo avrei lasciato andare sarebbe partito.
-Anche tu…- disse stringendomi ancora più forte.
-Facciamo così,- riprese lasciandomi quel che bastava per potermi guardare
negli occhi. –Te lo ricordi questo braccialetto?-
Come potrei non
ricordarlo? L’avevo fatto io per il suo compleanno.
-Lo lascio a te,
così ti ricorderai di me quando sarò lontano, ti
ricorderai che l’hai fatto per me. Ok? Te lo affido momentaneamente, lo riprenderò quando tornerò.- disse infine, sorridendomi.
-Quindi… devo custodirlo per te? Aspetta
ma… questo vuol dire che tornerai?- non avevo nemmeno tentato di celare
la speranza nella mia voce.
-Probabilmente
tornerò per Ferragosto. Dovrai avere solo un po’ di pazienza fino ad allora.- poggiò la fronte contro la mia, le punte dei
nostri nasi si sfioravano, e prendendomi il viso tra le mani mi scoccò un altro
tenero bacio sulle labbra.
Quando lo guardai nuovamente non potei fare a meno
di sorridere. Anche se mancavano più di due mesi al
suo ritorno, almeno lo avrei rivisto.
-Allora anche io ti
lascerò qualcosa di mio.- mi sfilai l’anellino che
tutti loro mi avevano regalato per il mio compleanno l’anno precedente. –Con
questo non ti ricorderai non solo di me, ma anche di tutti gli amici che lasci
qui…- sorrisi un po’ amaramente.
Mi prese l’anello
dalle dita e mi baciò ancora.
Dio, perché avevamo
aspettato tanto prima di dichiararci?
-E’ ora che vada.- disse abbassando lo sguardo.
Eccola, la frase che
temevo.
Salì sul treno e, mentre la porta si chiudeva dietro di lui, si
voltò per un’ultima cosa.
-Ti scriverò sempre
e… Ricordati la promessa. Ti amo.- e ancora mostrò
quello splendido sorriso, pur di riuscire a rassicurare entrambi.
Non feci però in
tempo a dirgli che anche io lo amavo…
Pochi attimi dopo,
il treno partì…
Restai ferma a guardarlo mentre si allontanava, diventando sempre più
piccolo, e poi invisibile.
Lo aveva portato via, lo aveva portato via da me.
E benché sapessi che sarebbe tornato, non
riuscivo a trattenere le lacrime.
Qualcosa nel mio
cuore si era spezzato, lo avevo sentito chiaramente
mentre saliva su quel treno.
Era solo l’inizio
della mia lenta agonia nell’attesa del suo ritorno.
Ma dovevo resistere,
perché gli avevo promesso di ricordarlo, gli avevo promesso con quel bacio che
lo avrei aspettato, gli avevo promesso che al suo
ritorno gli avrei restituito il braccialetto che avrei custodito e portato
sempre con me.
Sì, tutte queste
cose le avrei fatte per lui, e sarei stata sicuramente capace di fare molto di
più.
Perché lo amavo da morire.
I giorni
trascorsero, alcuni più lenti e dolorosi, altri più rapidi e gioiosi.
Ci scrivevamo quasi
ogni giorno, e questo in fondo ci bastava perché era l’unico modo che avevamo
di starci vicini e sentirci. Era immensa la gioia che provavo
nel trovare una nuova e-mail con su scritto il suo nome. Ci raccontavamo tutto
quello che ci succedeva mentre eravamo lontani e alla
fine non facevamo altro che ricordarci quanto ci mancavamo l’un l’altro.
Non desideravo altro
che rivederlo, il prima possibile.
Stavo sempre peggio
senza di lui e l’attesa mi stava sfinendo, facendomi impazzire.
Finché un giorno non ricevetti la bella notizia:
“E’ confermato: torno per il 15 agosto!”
Il cuore prese a
battermi di gioia, impazzito. Non vedevo l’ora.
Mancavano solo tre
giorni al fatidico momento del suo ritorno e finalmente saremmo
potuti restare insieme almeno per un po’.
Dovevo resistere
ancora per poco, stringere i denti e portare pazienza,
mentre il mio cuore si colmava di gioia e felicità, di desiderio e amore.
E finalmente eccolo, il giorno che tanto avevo
atteso.
Mi trovavo alla
stazione che ormai pullulava di gente, chi tornava, chi partiva, chi salutava i
propri cari.
Ed eccolo, eccolo quel treno.
Dio, perché mi
sembrava che si avvicinasse in maniera così lenta?
Quegli attimi mi
sembravano eterni. Sentivo che gli occhi cominciavano a pungermi
fastidiosamente; di lì a poco mi sarei sicuramente commossa per la gioia di
rivederlo. Sembrava così stupido solo a pensarlo, eppure era vero.
Il treno stridette
sulle rotaie, frenando per fermarsi, e le porte si aprirono.
Cominciai a tremare
leggermente.
Scendevano miriadi
di persone ma ancora non l’avevo visto. Normale,
pensai, con tutta quella gente non era per niente
facile trovare qualcuno.
Tuttavia, mi assalì
la preoccupazione quando vidi svuotarsi almeno in
parte la stazione ma non vidi lui. Perché?
Avevo forse capito
male l’orario del treno? O ancora peggio, il giorno? Oppure c’era un ritardo?
Poi vidi un uomo,
molto curato e ben vestito, cercare qualcuno. Infine lo vidi avvicinarsi a me,
come se fossi io la persona che tanto aveva cercato.
Mi raggiunse e si
fermò di fronte a me, e senza proferire parola allungò la mano a porgermi
qualcosa. Ero confusa e perplessa, non capivo cosa volesse da me, né tanto meno
chi fosse. Io non l’avevo mai visto. O no…?
Presi ciò che mi
porgeva. Un cordoncino nero, probabilmente utilizzato come
collana, infilato ad un anellino sottile e chiaro. Lo riconobbi
immediatamente. Era il mio anellino,
quello che avevo dato a lui.
Un presentimento
alquanto sinistro mi fece salire un brivido lungo la schiena. Avrei voluto
credere che ci fosse stato un semplice contrattempo,
nulla di che, ma qualcosa mi suggeriva che si trattava di ben altro. Qualcosa
di molto più serio. Qualcosa di…
Non sapevo come
definirlo talmente sarebbe stato grande.
E avevo ragione.
Quello era suo
padre.
E lui…
Lui
era morto.
Incidente stradale.
Tre giorni prima.
Oggi si erano svolti
i funerali e suo padre aveva deciso di venire fino a
qui per restituirmi ciò che era mio, come aveva espressamente chiesto di
morire.
Buffo,
perché non poteva restituirmi ciò che era mio. Il mio cuore era morto con lui.
Ora i miei occhi
pungevano e bruciavano, ma di lacrime di dolore.
Mi era crollato il
mondo addosso.
Fu come se mi fossi
rinchiusa in una sfera isolata da tutto il resto del mondo che era attorno a me
e mi circondava. Non sentivo più alcun rumore, non
vedevo altro che il suo viso sorridermi come il giorno in cui partì.
No, non poteva
essere vero, non poteva, doveva esserci un errore,
doveva essere uno scherzo, doveva esserci qualcosa sotto. Doveva essere sbagliato.
Sentii qualcosa
spezzarsi nel mio petto. Allora era vero, non stavo
facendo un brutto sogno.
Le lacrime
cominciarono a solcarmi velocemente le guance, una dietro l’altra. Ero
assolutamente incapace di fermarle.
Non riuscivo a
crederci. Tre giorni fa, e io neanche lo sapevo. Tre giorni fa mi spedì la sua
ultima e-mail. No, mi era impossibile pensare a lui come se ora non ci fosse
più, era inconcepibile, era una cosa assurda, fuori dal
normale, era… Era vero.
Questa volta fu un
brivido di terrore a farmi tremare. Ero sola.
E lui? Lui dov’era ora? Dov’era
finito?
L’avevo
perso, perso per sempre, non l’avrei mai più rivisto e…
E non gli avrei mai
più potuto dire che anche io lo amavo.
Stavo malissimo, mi stava scoppiando la testa, continuavo a piangere, ero
incredula e nessuno, nessuno, sarebbe riuscito farmi star meglio.
Pregavo che fosse
uno scherzo di cattivo gusto, ma in cuor mio sapevo che non era così.
Avrei voluto
gridare, ma non ne avevo nemmeno la forza.
Avrei voluto fare
qualcosa, ma non c’era niente che avrei potuto fare,
se non mantenere la mia promessa, quella più importante.
Il
treno che se l’era portato via non me l’aveva più riportato indietro. E non l’avrebbe mai
fatto.
Manterrò fede alla
promessa che sigillai col nostro primo bacio.
Ti ricorderò per
sempre, amore mio…
Eccomi di
nuovo.
Chiedo
umilmente perdono per l’orrenda fan, ma ho voluto
provare…
La fine è
scritta in modo frettoloso, lo so, ma non ho avuto abbastanza tempo.
Non ci
sono descrizioni dettagliate dell’aspetto dei personaggi, dei luoghi o altro
perché ho pensato che così ognuno di voi potesse immaginarseli un po’ a modo
proprio.
Io sono
qui solo per mettere in risalto le emozioni, ma credo
di aver fatto un macello!!=P
Fatemi
sapere, accetto ogni critica.
Baci e
grazie a tutti!!!
DolceGg94