Pioggia

di Dazel
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Ho scritto questa fanfiction perché non avevo niente di meglio da fare. È ambientata prima dei fatti di Durarara e non ha particolare senso. Come sempre, ignorate il mostruoso OOC.


Pioggia

 

Il temporale infuriava sulle loro teste, ma nessuno dei due sembrava farci veramente caso. Il vento freddo sfiorava i loro corpi, cercando con vane folate di sospingerli via, di fargli spostare, ma nessuno dei due sembrava avere intenzione di muoversi. Izaya socchiuse gli occhi improvvisamente stanco, e per la prima volta da quando erano là, completamente immobili, si chiese quanto tempo fosse passato da quando erano usciti di casa. Si sentiva incredibilmente stupido e spoglio, la voglia di scherzare, la voglia di parlare, la voglia di reagire – erano tutte cose che improvvisamente gli sembravano estranee, ma in quel momento per lui era quasi normale fosse così, Ogni secondo che passava senza che Shizuo parlasse, ogni secondo che passava in quel torturante silenzio, Izaya sentiva un coltello immaginario spingersi contro il suo cuore, ancora, ancora e ancora. Ad ogni battito una pugnalava lo colpiva, ad ogni battito il coltello smorzava il suo pulsare. Stava sanguinando, stava morendo e nessuno poteva curare le sue ferite.
Che pensiero patetico, pensò serrando forte gli occhi prima di riaprirli.
Una goccia fredda e pesante ruzzolò già dalle sue ciglia, bagnandogli le guance.
«Non farti rivedere mai più a Ikebukuro.» Disse Shizuo con un tono di voce incredibilmente serio e freddo. Izaya non disse nulla, si limitò a sorridere come se trovasse le sue parole divertenti, ma la realtà era che non aveva il coraggio di fare altro. Parlare, affrontare la situazione, cercare di giustificarsi … erano tutte cose molto stupide. Non aveva giustificazioni, non aveva nemmeno voglia di parlare. Aveva fatto una scelta e Shizuo, in quel momento, aveva fatto la sua.
Chi se ne frega pensò poi Chi se ne frega, e poi prese a camminare verso l'uscita del vicolo. L'acqua sembrava quasi sfotterlo scontrandosi contro le suole nere e lisce delle sue scarpe, ma Izaya aveva deciso di ignorarle, di ignorare tutto.
Quando fu sulla via principale, illuminata dalle insegne a neon e dai fari delle macchine avvertì un tonfo alle sue spalle. Non si voltò, continuò a camminare a passo sostenuto.
Aveva bisogno di andare a casa.





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