La
storia è collegata alla mia precedente fan-fic
Doppelgaenger che trovate nel mio profilo o al link.
Alcuni personaggi menzionati quindi appartengono a quella storia. Si
può leggere tranquillamente anche senza averla letta,
comunque. Solo per completezza, ecco. ^^
So, brown eyes,
I'll hold you near
Because you're the only song I want to hear
A melody softly soaring through my atmosphere
(Soul Meets Body, Death Cab For Cutie)¹
In sette giorni ti
può
scoppiare il mondo in faccia. Letteralmente.
E non è detto che
sia sempre
una cosa orribile, catastrofica, spaventosa.
Ma di certo ti scombussola
un
po’.
E il bello è che
c’erano
state, sì, delle avvisaglie.
Del tipo, la domenica
mattina
ti svegli, trascinandoti con tutte le tue forze fuori dal dormiveglia.
Però poi ti
ricordi che è
estate, sei un professore e sei in
vacanza.
Ed ecco che un attimo prima
di
sprofondare nel coma estivo ti viene in mente una frase, spuntata fuori
dal
nulla sonnolento delle tue sinapsi…
Niente
e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare.
… E sai che non è assolutamente
vero, che negli ultimi dieci mesi – quasi un anno!
–
hai fatto tutto il contrario.
Hai evitato di fermarti a
pensare.
Certo, ci sono stati ottimi
motivi, ma…
Se ti fossi fermato a ragionare,
avresti potuto capire che non era
importante farlo.
Sei sempre stato un
po’ lento
in certe cose, ma…
… cominciamo dal
principio,
eh?
****
Lunedì
È mattina. Stai
dormendo della
grossa, ancora.
Nessuno ha mai
sospettato– a
parte l’ineffabile nonna Dromeda – che in
realtà, se fosse per te, dormiresti
quindici ore al giorno tonde, rotolandoti nell’inedia
più totale.
Adori l’odore
delle lenzuola,
fresco e pungente la sera e caldo e complice di prima mattina.
Adori strofinare il viso
– non
ti cresce la barba, perché sei un metamorfomago –
contro la federa del cuscino
e stirarti i muscoli contratti.
Quando dividevi il talamo
con
Vic era diverso: lei si alzava prestissimo, scivolando accanto a te con
quella
sua grazia liquida e profumata per un bacio, delle coccole. Sesso.
Non che ti dispiacesse, sei pur sempre un bipede maschio con dei
bisogni
mattutini, ma poi pretendeva la colazione a letto e, intontito dal
post-orgasmo,
dovevi trascinarti in cucina a prepararle la colazione, con il rischio
di
incontrare il ghigno di Bill o i sorrisi maliziosi di Fleur.
Le prime volte eri
così
imbarazzato che strisciavi fino all’uscita e andavi a
comprargliela fuori.
Ora quelle incursioni
solitarie alla boulangerie
più vicina
sono finite, come tostare il pane solo
fino alla doratura. Vi siete lasciati quasi un anno fa, e non hai
più notizie
di lei dallo stesso lasso di tempo.
Sono successe tante cose in
dieci
mesi, non propriamente belle e i problemi personali di tutti, a lungo,
sono
passati in secondo piano.
Ora però, ti
chiedi cosa
faccia. Se stia bene. Se ci sia qualcuno che le prepari la colazione la
mattina.
In quel caso speri che
sappia
dorare i toast. Davvero.
Poi senti un rumore. E lo
riconosci.
Infili la testa sotto il
cuscino, mentre la porta di camera tua viene spalancata e passi pesanti
annunciano l’arrivo del tuo terremoto personale.
Dentro di te lo chiami
così,
ma non gliel’ha mai detto. Anche se forse apprezzerebbe,
conoscendolo.
“Teddy! Sveglia,
ghiro della
brughiera! In Cornovaglia c’è uno splendido sole e
sono quasi le undici del
mattino!”
Il che vuol dire che sono a malapena le dieci.
Ti chiedi se James si alzi
tutte le mattine alle sette, come proclama di fare, oppure bluffi
magistralmente solo per venire, tre ore dopo, a darti il tormento.
Certo è che dovrebbe,
visto che a
settembre si terranno le selezioni per l’Accademia Auror e
lui ha tutta
l’intenzione – e il diritto secondo lui –
di entrarci.
Senti il rumore di due scarpe che vengono calciate via, probabilmente
agli
angoli opposti della stanza, e poi…
Beh, ovvio. È James.
… e poi arriva il dolce peso del tuo ragazzino sulla
schiena, in volata.
Più
o meno è come essere placcato da un centauro
incazzato.
Dovresti fargli notare,
prima
o poi, che non ha più dodici anni e non sei in grado di
sopravvivere al peso
dei suoi muscoli da ex-cacciatore di Quidditch.
“Jamie! Mi stai
schiacciando i
polmoni!”
“Se parli respiri, quindi non è vero!”
Cantilena, infilando le mani ovunque e
cercando strapparti via il lenzuolo. Ti tira una testata distratta
contro la
spalla destra. “Svegliati!” Ti ulula
all’orecchio.
Devi
svegliarti. Almeno prima che ti faccia saltare un timpano.
Ti volti di scatto e sfruttando l’effetto sorpresa
– o i tuoi geni da lupastro,
sostiene lui da anni – lo ribalti sotto di te con un colpo di
reni.
Indossa la vecchia t-shirt
della sua prima vittoria a Quidditch. Ormai sta diventando rosa per i
troppi
lavaggi, ma nessuno ha il coraggio di farglielo notare.
I jeans invece ti piacciono:
li ha comprati in un negozio babbano e li sfoggia da giorni come se
dovesse
mostrare a tutti che bel fondoschiena ha.
Forse lo fa sul serio,
rifletti, mentre ride cercando di divincolarsi.
“Non
così, Candidato Potter. È
la presa 27, dal Manuale Auror. Come descriveresti la sua
dinamica?” Chiedi,
sentendoti didattico.
Gli occhi nocciola di James
ridono, mentre intrappola la lingua trai denti, e poi risponde.
“Tu nudo sopra
di me?”
Stronzetto.
“Veramente ho i
boxer. Non è
questo il punto… Merlino, Jamie, ma stai
studiando?” Sospiri, lasciandolo
andare. James ti tira un colpo sul fianco.
“Sicuro che
sì!” Brontola
tirandosi a sedere sul letto. “Sono stato al corso
stamattina.”
Poi si sporge e ti bacia.
Tra te e James è successo. A settembre stavi
cercando
di capire cosa fare della tua nuova vita dove eri un insegnante di
Difesa
Contro le Arti Oscure ad Hogwarts…
… e a novembre te sei ritrovato nel letto mentre scoprivi di
essere interessato
agli uomini.
No, menti. Andando a ritroso
nel tempo ti accorgi come le donne, a parte Vic – un quarto veela – non ti siano mai
interessate un
granché.
E non hai mai raccontato a
nessuno quanto ammiravi il Capitano della squadra di Quidditch della
tua casa,
Malcolm Whitby. Soprattutto ammiravi
i suoi muscoli tonici e la sua mascella squadrata.
Vieni risvegliato dai
ricordi
da una botta sul braccio.
James ha sempre questo modo tenero
di
attirare la tua attenzione. Non ricordi neanche più quanti
lividi hai.
“A che pensi?” Chiede, corrugando le sopracciglia.
“Pensi troppo.” Aggiunge.
“Pensavo a Malcolm Whitby.” Confessi, dandogli
retta e non pensando.
“Chi diavolo è?”
“Era il capitano della squadra di Quidditch di Tassorosso, al
mio terzo anno.”
“E
perché lo stavi pensando?”
“Così…”
Poi ti ricordi che James
è un
diciottenne, ex-Grifondoro modello.
Quindi ti placca sul letto
prima che tu possa dire ‘Api frizzole’. Senti le
sue labbra incastrarsi con
irruenza con le tue e le sue dita attorcigliarsi attorno ai tuoi
capelli.
Baciare James non è come baciare Victoire. A volte usa i
denti, la lingua, le
labbra.
Ti lascia stordito, come se
un
uragano ti fosse passato addosso.
Ed è bello.
Non avresti mai pensato che un assalto
sarebbe stato un modo piacevole di vivere la sessualità, e
soprattutto un modo
che si confaceva a te.
Ma senti che ti si addice.
James aggancia con le dita i
tuoi boxer babbani e li lancia oltre le sue spalle. Probabilmente
finiranno
sulla libreria e dopo dovrai riprenderli con chili di polvere sopra.
Tu fai fare la stessa fine alla sua maglietta e quando se ne accorge
ride
contro la tua clavicola, prima di morderti la spalla facendoti gemere.
James fa sesso come vive. In
modo irruento e sfrontato.
Ti guarda con irriverenti
occhi nocciola mentre mappi la perfezione delle sue scapole e dei
bicipiti, e
ride con gli occhi mentre ti chiede se apprezzi lo spettacolo.
“Domanda
retorica…” Sussurri,
mentre gli tappi la bocca con un bacio, prima che si corrucci da brava
capretta
del Devonshire
chiedendoti cosa voglia dire.
Non sai precisamente cosa
sta
succedendo tra di voi e non sai mappare con precisione la geografia dei
tuoi sentimenti
per lui.
Vorresti chiedere a qualcuno
se ha una risposta, un consiglio, ma non
puoi.
James è James Sirius Potter, e tu sei Ted Remus Lupin.
E sono i vostri nomi a
rendere
tutto speciale. Inimitabile. Incomprensibile se non li aggiungi alla
spiegazione.
E poi…
C’è un’intera famiglia, il clan
Potter-Weasley, che ti blocca e purtroppo la
tua prima e unica confidente è anche la tua ex.
Che forse ti odia.
Hai venticinque anni e
sorvoli
le lande rigogliose del tuo casino mentale.
…
e niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal
ragionare…
La frase ti rimbalza tra le
sinapsi di nuovo. Ma poi James si china sulla tua erezione, mentre si
umetta le
labbra facendola sparire in quella boccaccia irriverente, e
l’unica cosa che ti
viene in mente e…
Il nulla.
… mentre gli
accarezzi la
nuca, dove i riccioli rasati ti solleticano i polpastrelli, respirando
forte,
mentre il suo nome ti scivola sulla lingua.
E lasci perdere, ancora una
volta, come ogni volta.
Dopo
James
recupera il vestiario e, prima di infilarsi la maglietta, si china a
pretendere
il suo ‘bacio del buongiorno’
“Jamie, te ne avrò dati
un’ottantina.”
“Sì, ma questo
è quello.”
Sogghigna, e tu lo baci, lasciando che lo trasformi in una
mezza molestia al tuo fondoschiena. Poi si raddrizza. “Ero
venuto a svegliarti!
Per zia Dromeda saremo morti ormai.”
“Credo ormai si sia abituata al fatto che ci metti sempre
tanto.” Sorridi,
prendendo la bacchetta e recitando un accio
per riavere boxer, camicia e un paio di pantaloni.
“Le camice anche d’estate?” Protesta
James. “Come sei vecchio.”
“Mi stanno bene.” Protesti sentendo –
sì, perché lo senti
– che i capelli ti virano verso un curioso rosa cipria.
“E
poi è cotone egiziano. Traspira.”
“Sarà… il mio è cotone
inglese e ci sto come Merlino comanda.” Si infila gli
anfibi distrattamente, allacciandoli tutti storti.
James è scombinato. Dalla punta dei capelli arruffata fino
alle scarpe
slacciate.
Gli baci la testa e con la coda dell’occhio lo vedi
sorridere.
“Va’ a fare colazione. E per favore, potresti non
rubarmi i muffin al
cioccolato?” Gli chiedi.
James ti guarda come se
fossi
scemo. “No. Ci vediamo in cucina!” Annuncia, prima
di smaterializzarsi: lo fa
anche per fare dieci metri, da quando è fuori da Hogwarts.
Ridacchi tra te e te, mentre apri la finestra per far circolare
l’aria. È una
luminosa mattina di giugno e selve di cicale superano la barriera del
suono con
il loro frinire.
E tu sei felice.
Aspiri l’aria, che
sa di erba
tagliata e salsedine. A volte ad Hogwarts ti scopri a sentire la
mancanza del cottage
della tua infanzia.
Il rumore, esile ma presente
della risacca ti solletica le orecchie: sei vicino a Villa Conchiglia,
ormai
abitazione estiva della famiglia Weasley-Delacour. Dalla tua finestra
puoi vederla
in lontananza, un puntino sulla spiaggia sabbiosa dietro al bosco.
Poi vedi anche un’altra cosa.
Guardi stralunato il gufo
rosa
– grazie alla magia – che si chiama Cocò
ed è di Victoire atterrarti sulla
finestra, come un deja-vu. Ha un
biglietto legato alla zampa.
Lo prendi e lo apri.
Teddy,
Sono tornata per qualche giorno a Villa Conchiglia.
Ti va di vederci per un the?
È
ridicolo ignorarci, non ti pare?
Vic
|
Rimani con il biglietto
– rosa antico –
in mano per dieci minuti
buoni.
Prima che tua nonna bussi alla porta e, preoccupata e ruvida come
sempre, ti
informi che la colazione sta sparendo tra le fauci di James.
E l’unica cosa che riesci a pensare, anche se non fa onore al
piccolo
gentiluomo che Andromeda Black ha cresciuto è…
Merda.
****
Martedì
Sei in giardino, in maniche
di
camicia perché sei stupido,
sotto la
canicola estiva a disinfestare quasi cento metri quadrati da gnomi
malefici che
non hai il coraggio di far fuori.
Devi prima stanarli dal
complesso sistema di cunicoli e poi non puoi far altro che schiantarli
e
trascinarli nel bosco. Sospetti che tua nonna sappia della tua mancanza
totale
di crudeltà, ma che in fondo ti voglia bene anche per
questo.
Si affaccia alla finestra,
osservandoti mentre lavori.
A volte la sorprendi a
fissarti con quell’espressione.
Quella in cui ti
chiedi chi stia davvero
guardando, se te o sua figlia.
Da piccolo per farle piacere, o almeno così credevi, hai
provato a trasformarti
in tua madre. Sfortunatamente il tuo corpo da novenne non poteva
sopportare la
trasformazione in un’adulta per troppo tempo e ti sei
ritrovato con un febbrone
da cavallo per una settimana e i capelli rosa cicca per un mese.
Tua nonna ti
sgridò tanto,
quella volta. E poi scoppiò a piangere, e ti chiese di non
farlo mai più.
Probabilmente è
da allora che
hai smesso di cambiarti i connotati per divertimento.
Le sorridi, mentre ti leghi
i
capelli con un elastico. Dovresti tagliarli, ma qualche impertinente
ragazzino bela che li preferisce così da sempre.
“Sai che Victoire Weasley è tornata?” Ti
chiede sbrigativa. Sembra sempre volertene
dire quattro, Andromeda Tonks: in realtà ci sono state poche
volte in cui ti ha
davvero imperiosamente bistrattato.
Sorridi nervosamente,
annuendo. “Sì. Mi ha mandato un gufo ieri
mattina…”
“E non le hai ancora risposto.” È un
affermazione. Gli occhi di tua nonna ti
trafiggono da parte a parte, e tu ti scopri a farti piccolo piccolo
contro la
vanga.
Detesti non soddisfare le
aspettative delle persone. Sarà un trauma infantile, ma
è così.
“Non ne avevo voglia, nonna…”
“Senti tu! Non ne aveva voglia il signorino! Vic è
stata la tua fidanzatina
immaginaria per anni. Quante volte ti ho visto sbirciarla da dietro le
dune di
sabbia mentre si faceva il bagno, eh?”
Avvampi come un gladiolo – hai un buon termine di paragone,
ce li hai davanti
in nutrita e panciuta schiera – e
non
hai il coraggio di dirgli che in realtà sbirciavi i suoi
cugini francesi,
sognando di diventare biondo e muscoloso come loro.
A posteriori, ti rendi conto
che c’erano dei punti di contatto con la tua
sessualità sin dall’età di sette
anni.
Inquietante.
“Già, e
lo è stata veramente
per sei anni. Mi sento a disagio, nonna.”
“Vic è una tua amica di infanzia e anche se vi
siete lasciati è tuo dovere
rispondere ad un dannato invito!”
“… Come sai che è un invito?”
“Gliel’ho suggerito io.” Proclama
placida, e supponi compiaciuta. Hai sempre
sospettato che tua nonna supportasse la vostra unione eterna.
Lei, come tutti.
Sembravate perfetti assieme.
Era
proprio questo a non funzionare.
“Nonna!”
Protesti. O almeno ci provi. “Non avevi il diritto di fare
una cosa del genere, maledizione!”
“Falla finita, ragazzino.” Ribatte, battendo una
mano sul davanzale. Sembra un
giudice del Wizengamot di fronte all’imputato reo confesso.
“Prima o poi dovrai
affrontarla. Ti sei nascosto abbastanza, direi. Ho forse cresciuto un
coniglio?”
Sospiri. Non ha tutti i
torti,
naturalmente. Vic è in Inghilterra, a solo un sentiero in
mezzo alla brughiera
salmastra da te. Non puoi semplicemente ignorarla.
“Va bene,
risponderò al gufo
stasera.”
Tua nonna guarda oltre le tue spalle, e tu hai un’orribile
sensazione. Sesto
senso da lupo, forse?
“Credo che non ce ne sia bisogno. Sta venendo qui.”
E prima che tu ti possa voltare è già rientrata
dentro casa, lasciandoti in
balia del tuo destino.
Vic sta arrivando dal bosco.
È
incredibile come riesca a imporsi sulla scena, che sia una sala da
ballo
affollata o un bosco solitario.
Ha un semplice vestito che
svolazza alla brezza estiva, ed è bianco. I capelli sono
sciolti sulle spalle,
e piovono come una cascata dorata sulle braccia color del latte.
Vic non si abbronza, Vic non
ha lentiggini.
Vic è perfetta, e
tu ti
aggrappi alla vanga con la forza di un naufrago.
Capisci perché ne
sei stato
innamorato per anni e perché, in fondo, la ami ancora.
Cammina fino alla
staccionata
che recinta il giardino, e ci si appoggia con le mani. Noti che non ha
più
l’anello che le hai regalato al vostro terzo anniversario.
Devi avvicinarti anche tu.
“Teddy.”
Dice, e senti
l’ultima sillaba rotolare sulla lingua e venir rafforzata.
È il suo accento e
senti una stretta al cuore nello scoprire che ti era mancato.
“Ciao.” Conclude
semplicemente.
“Ciao.”
Rispondi acutamente,
mentre senti il sapore del sangue sulle labbra. Ottimo, ti stai
martoriando un
labbro.
“Non hai ricevuto
il mio
Gufo?” Chiede inarcando un sopracciglio. Vedi da come stringe
le dita sulla
staccionata che è nervosa anche lei.
Non passi più di
vent’anni
della tua vita vicino ad una persona senza ricordarsi tutti i suoi
piccoli
gesti.
“A dire il vero sì…” Ammetti.
“È solo che non sapevo come risponderti.”
“Con un sì o un no?” Suggerisce
corrucciandosi. È facile al cambio di umore
Vic, indice di quanto sia in fondo un po’ viziata. Ma il suo
broncio è così
adorabile che nessuno ci fa caso. “Pensavo di meritarmi
almeno una risposta,
Ted.”
“Sì, è vero.” Ammetti di
nuovo. “Ma mi hai colto di sorpresa, non pensavo
saresti tornata quest’estate.”
“I miei genitori sono a Lion
con
Louis per un seminario sulla danza e Dom è in Romania con
zio Charlie. Ero sola
ed ho pensato che almeno sarei potuta tornare in
famiglia…” Ti lancia
un’occhiata che sembra scavarti dentro. Forse in fondo
è sempre stato così.
“Sei cambiato.” Afferma. “Una volta
saresti corso da me.”
Senti un pungolo fastidioso allo sterno, quando una volta avresti
trovato carina quella sua sicurezza
sull’affetto
che vi lega. “Una volta… hai ragione.”
Dici, sentendo la tua voce fin troppo
secca.
Vic è la prima ad
aver capito
il tuo patologico bisogno di rendere felici tutti e di farti amare da
tutti.
L’ha capito, ed a volte, te ne rendi conto solo ora,
l’ha sfruttato.
Con quella sua malizia innocente, senza reale cattiveria… e
tu eri felice di
renderla felice.
Ma non poteva funzionare,
per
nessuno di voi due.
Vic esita, poi fa un sorriso
di scuse. Lo riconosci, perché per un attimo la sua aura di
intoccabile
perfezione che fa voltare ogni singolo essere vivente che la incrocia
si
affievolisce.
“Hai ragione, come
sempre.
Scusami… Sono venuta qui per offrirti la mia amicizia. Nulla
di più.” Ti guarda
e ti prende la mano. È tiepida e morbida come ricordavi.
“Mi sei mancato,
Lupin. Non possiamo ignorarci per tutta la vita dopo che ne abbiamo
trascorsa
una assieme, non ti pare?”
Ti stringe la mano tra le
sue,
senza preoccuparsi del fatto che la tua è sporca di terra e
sudata.
Ti ricorda di quando
giocavate
sulla spiaggia da bambini, e vi riempivate i capelli di sabbia.
E tu ogni volta ti stupivi
di
come una bambina così bella e apparentemente intoccabile
potesse essere anche
il perfetto compagno di giochi.
Le sorridi.
“Dai, entra. Ti faccio un the.”
****
Mercoledì
È il giorno
ufficiale della
cena a casa Potter.
Da quando hai memoria ogni mercoledì sei seduto alla tavola
di Harry e Ginny,
prima, quando avevi ancora bisogno di cuscini per raggiungerla e
adesso, che
aiuti tua zia ad apparecchiare mentre Harry e Jamie sono fuori per una
partita
di Quidditch a due.
Ginny è preoccupata. Lo vedi dalla ruga leggera che gli
segna la fronte
altrimenti dolce.
Quest’anno
è stato duro per
tutti: la scomparsa di Thomas ha segnato il vostro clan, come zia Herm
ama
definirlo, ed ha segnato la famiglia Potter più di chiunque
altro.
Thomas Dursley, figlio adottivo del cugino di Harry,
è… o era, hai paura a
pronunciarlo, come un figlio e un fratello per loro.
E la sua scomparsa, dopo quell’orribile storia di ricatti e
morte che proveniva
dalla famiglia originaria di Tom…
Ginny ti sorride e ti chiedi dove sia Albus, il figlio di mezzo, il
piccolo
genio di famiglia.
Il migliore amico di Tom e,
secondo quella linguaccia di Jamie, anche qualcosa di più.
“Al?”
Ginny scrolla le spalle con
un’espressione esasperata. “In soffitta con le sue
pozioni. Fortunatamente
abbiamo canalizzato il camino. Il primo anno che era tornato te lo
ricordi che
odore terribile spargeva per casa con i suoi intrugli?”
Ridacchi con lei, perché le vuoi bene. E vorresti trovare il
modo per parlare
con Al.
Ma come ti ha detto una
volta
James, non puoi salvare tutti.
“Se non esce di
lì entro fine
Giugno, giuro che do fuoco alla soffitta…” Mormora
distratta Lily,
controllandosi la perfetta riuscita della stesura dello smalto.
“Non
cominciare.” La ammonisce
Ginny, ma senza convinzione. “Albie, lo sai, per via di
Thomas…”
“Lo sappiamo tutti. Non
penso che ci
sia un essere umano, animale, minerale o vegetale che non
sappia.” Replica
imbronciandosi. “Ma se continuerà a stare
ingobbito sulle sue pozioni diventerà
orribile. Ed io ne rimarrò ferita, perché devo
avere dei fratelli meravigliosi.
Ne va della mia immagine. Meravigliosi… come
Teddy.” Aggiunge, facendoti ridere
mentre sbatte le ciglia.
Si respira sempre
un’atmosfera
difficile ormai. Lily e James sono gli unici che risollevano il morale
delle
truppe, come scherza Ginny.
James poi irrompe nel
salotto
del piccolo Cottage: è sudato, spettinato e con una
canottiera che ha visto
tempi migliori.
“Teddy!”
Ti saluta come al solito, urlando assolutamente senza
motivo.
Vedi Ginny lanciare un’occhiata di disapprovazione verso il
tatuaggio che gli
campeggia sul braccio mentre gli intima di andare a farsi una doccia.
Distogli lo sguardo,
perché
ricordi come l’ultima volta che ci hai posato lo sguardo ci
hai posato anche le labbra.
James ti passa accanto e sai
che sa. Perché
sogghigna. “Hai fatto
il bravo bambino e hai aiutato mia ma’, Teddy?”
“Diversamente da te, ragazzino, Ted è il risultato
di un educazione di
successo.” Rimbecca Ginny. “E ora fila a toglierti
quella puzza di spogliatoio
maschile.”
“Si chiama sudore, mamma. E qualcuno lo trova eccitante.”
Lo vorresti strozzare mentre tieni a bada la gorgone
che abita nei tuoi capelli e li costringe ad imbarazzanti virate di
colore.
Ovviamente Harry e famiglia
non sanno niente di voi.
Impossibile
anche solo pensare ad una reazione del clan Potter-Weasley. E poco
importa che
per anni sei stato il modello di ispirazione per tutta la seconda
generazione
della famiglia.
Inoltre sei piuttosto sicuro
che a zio Ron verrebbe un infarto.
Ginny ti dà un
colpetto con il
braccio. Sorride, ed ha una sfumatura inquietante in quel sorriso. Ti
ricorda
Lily quando tenta di darti a bere che non sta cercando di eludere la
sorveglianza ad Hogwarts per infilarsi nelle gite notturne degli
studenti del
Settimo ad Hogsmeade.
“Ho saputo che Vic
è tornata.”
I suoi occhi hanno un luccichio pericoloso. Se lo ricorda, vero, pensi
con
terrore, che vi siete lasciati senza possibilità di appello?
“Ehm.”
Reciti acutamente. A
volte avresti voluto che zio Harry fosse stato un esempio paterno
più loquace.
“Sì.” Aggiungi.
“Sta a Villa
Conchiglia,
vero?”
“Ehm.” Continui, e l’arrivo di Harry con
gli occhiali rotti in mano ti salva da
un interrogatorio degno di Torquemada.
Gli stringi la mano
brevemente, con il vostro solito affetto discreto.
“Ciao Teddy.” Ti sorride. Sembra stanco, ma
rilassato. È troppo tempo, quasi
dieci mesi, che gli vedi ombre annidarsi nello sguardo. La scomparsa di
Thomas,
tutta quella storia, l’ha lasciato pieno di sensi di colpa,
nonché problemi al
lavoro e con suo cugino Dudley, il padre di Tom. Sai però
che l’amore per lo
sport condiviso con il primogenito lo aiuta.
James fa quest’effetto alle persone, pensi affettuosamente
mentre ragguagli Harry
sull’andamento delle tue ferie.
Le fa sentire felici.
Quando scende Al cominciate
a
mangiare e l’atmosfera si fa più calda e
rilassata, dopo che James tormenta un
po’ Lily, facendosi rispondere per le rime.
Lanci un’occhiata
ad Albus. Noti
che i capelli gli sono cresciuti in una frangia disordinata che gli
copre gli
occhi. Mangia composto e ride alle battute salaci di Lily.
Non sembra triste, ma sembra
distaccato. Fa impressione sapere
che ha
soli diciassette anni.
“Come vanno le pozioni?” Riesci a dirgli, al
momento del dolce.
Scrolla le spalle. “Metifiche e rivoltanti, secondo la mia
famiglia. Ma forse
sto scoprendo la cura per la Lectovaiolosi.”
“Oh.”
Ride appena. “Magari.” Appoggia una mano sulla
guancia. “Così Vic è
tornata.”
È diventato
l’argomento totem
di quella cena?
Senti un orribile rumore di forchetta contro il piatto ed hai la
certezza che
James abbia smesso di ingozzarsi di torta di mele.
“Sì,
starà qui per le vacanze.”
Ignori uno sguardo ficcato sulla nuca. “Siete già
andati a trovarla?”
Al scrolla le spalle.
“Non io.
La trovo antipatica.”
“Albus!” Lo riprende Ginny. “È
tua cugina!”
“Se voglio sentir parlare qualcuno di sé per ore
chiedo a Jamie.” Replica, e fa
un sorrisetto che gli arriccia l’angolo della labbra.
“Se non altro mi diverte.
E non scintilla.”
Al è sempre stato
uno
stronzetto, rifletti. È un serpeverde dopotutto.
Harry sorride,
dall’alto della
sua ingenuità di pater familias
che
tutto vede e niente coglie.
“Allora, sei già andato a trovarla?”
A quel punto c’è un gran fracasso dalle parti di
James. Ti volti e lo vedi che
già sparisce fuori dalla sala, borbottando qualcosa che
c’entra con
‘passeggiata’ e ‘non ho più
fame’.
Lily sorride soave,
piluccando
la sua fetta di torta. “Jam odia Vitro.
Comprensibilissimo peraltro. Io odio i suoi capelli e sì,
come ha detto Al, il
fatto che scintilli. Mi fa sentire normale e questo non è
semplicemente tollerabile.”
“Tesoro, non
scintilla.” Le fa
notare Harry ragionevole. “E’ solo un quarto
veela.”
“Sono i suoi maledetti capelli lino
a
farlo per lei.” Soffia Lily assottigliando lo sguardo.
“Maledetta.”
Ginny stavolta non la riprende. L’argomento poi si sposta sugli ultimi
risultati dei Chudleys:
nessuno ha commentato l’uscita di James.
Effettivamente, rifletti, ha
sempre dato di matto al nome di Vic.
Solo che ora capisci
perché.
Non ci metti molto a
trovarlo:
se ne sta steso sulla vecchia amaca appesa trai due alberi di melo in
giardino.
Fuma la sigaretta tra indice e pollice; ogni volta fa evanescere i
mozziconi
per non farsi scoprire dai genitori.
“Non hai paura che
qualcuno ti
scopra?”
“Mamma lo sa già.” Replica con lo
sguardo ostinatamente puntato sulla manciata
di luci che forma Ottery St. Catchpole. È proprio sulla
collina. Oltre c’è la
Tana.
La geografia dei tuoi
ricordi.
“Perché
sei uscito?”
“Non mi andava di sentir parlare di quella vacca.”
Butta fuori salace,
continuando ad ignorarti. Afferri con una mano la corda
dell’amaca, chinandoti.
James a quel punto
è costretto
a lanciarti un’occhiata di sottecchi.
“Non chiamarla
così, non ti ha
fatto niente.”
“A parte farsi te?”
In un attimo è in
piedi e ti ha scostato con una manata sul petto.
“’Fanculo Teddy!”
“Non capisco perché adesso ti sei
arrabbiato.” E davvero, non lo capisci.
Tu e Vic vi siete lasciati.
È
tutto lì.
Cos’altro
c’è?
“Mi sono
arrabbiato perché non
me l’hai… oh, fottiti!” Ringhia.
“Perché
non te l’ho detto? Ho
ricevuto il Gufo ieri e stavo cercando di capire come
comportarmi.”
“Ignorarla?”
“Non posso
ignorarla! È una
mia amica di infanzia e oltretutto è la mia vicina di
casa.”
Non riesci bene a vedere il
viso di James a causa della penombra del giardino. Il sole è
tramontato oltre la
collina, incendiando tutto e rendendo i contorni più
sfuocati.
“Stai con
un’altra persona
adesso!” Sbotta e lo senti respirare rabbia. James
è sempre diretto. Non sente
mai il bisogno di trattenersi, la qual cosa è ammirevole, ma
ha il potere, per
difesa, di renderti un
professorino
didattico.
“Lo so. Ma non
posso toglierle
il saluto per questo. Cerca di ragionare…” Ti
avvicini, inspirando odore di
tabacco e bagnoschiuma. A volte lo desideri così tanto,
James, che te ne
spaventi.
È come aprire una
voragine e
caderci dentro. Non sai quando smetterai di cadere e questo ti spaventa
più
dell’eventuale botto stesso.
Senti le mani ruvide di
James
attorno al viso e poi le sue labbra scontrarsi con le tue. Sembra
morderti, più
che baciarti e devi afferrargli i polsi per non farti sbilanciare e
finire poco
dignitosamente culo a terra.
Ti stacchi subito, mentre
qualcosa dentro di te urla oltraggiato.
“Jamie, potrebbero vederci dalle
finestre…” Lo ammonisci.
Lo senti irrigidirsi e poi si strattona via
dalla tua presa.
“Già. Quanto sei ragionevole. Teddy,
l’uomo razionale!” Sputa furioso. Non
capisci tutta quella rabbia e ne sei innervosito.
Per una volta non hai fatto
niente di male, e sentirti aggredito come il più infimo
degli assassini ti
sembra ingiusto e incomprensibile.
“Non capisco cosa
vuoi, James.
Sai come stanno le cose tra di noi, sai cosa…”
“No che non lo so!” Sbotta.
Poi cala il silenzio.
Dieci mesi, e
c’è stato troppo
a cui pensare, e… devi ammetterlo, quando sei con James ti
godi il momento e,
davvero, ti basta alla grande.
È stato lui a
chiederti di farlo
e tu l’hai assecondato.
Si morde le labbra. Lo
indovini, più che altro, con il crepuscolo imperante.
“Lo so che ci tieni a me…” Inizia, a
voce bassa. “… e so che non ti fai film,
tipo, ritornare con lei. Ma… non è facile capire
che pensi. Sei sempre così…
ragionevole.”
E
niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal
ragionare.
È tutto il
contrario. Se sei
qui con lui, è perché non ragioni.
Sorridi appena e gli afferri
la nuca tirandotelo contro.
“Tra me e Vic
è finita. Non poteva
funzionare, quindi non essere geloso.”
Lo senti brontolare e subito dopo ecco che arriva il pugno sulla
spalla.
Incassi senza fiatare.
“Non sono geloso!
Sono favoloso
e ti faccio un sesso da urlo. Perché dovresti mollarmi per
quella sciacquetta
francese? Con una come quella usi il letto solo per dormire.”
“Mmmh… In compenso con te raramente
uso
il letto per dormire.” Lo fai ridere, e ti rassereni.
Per ora va bene
così.
Non ti chiede parole che non
hai mai imparato a pronunciare. Non ti chiede di definire.
Non ti chiede di ragionare.
E va bene così.
Forse.
****
Giovedì
Ora ricordi
perché detestavi
alcuni aspetti della vita di coppia con una ragazza.
Lo shopping è tra
questi.
Non sai neanche come ci sei
finito a fare di nuovo da portapacchi a Victoire, per le strade
pietrose di
Tinworth², l’unico villaggio nel giro di miglia.
Vic incede con il suo vestitino bianco per la strada principale,
suscitando
sospiri, sorrisi e sei certo che quel gruppo di ragazzini vi stia
seguendo da
quando siete arrivati.
Tu sei pieno di cinque o sei buste ma tutto sommato non puoi
lamentarti: quando
stavate assieme erano molte di più.
È solo che non
riesci a dirle
di no. Sei andato a portarle la crostata di more di tua nonna, e in men
che non
si dica ti ha coinvolto nel suo shopping per una cena di
riconciliazione.
E diciamocelo, con James al
corso estivo del Ministero e niente da fare ti annoi a morte. Hai
riletto tutti
i libri della biblioteca, hai letteralmente arato il tuo giardinetto e
per un
paio di giorni hai persino esposto anche la tua pallida pelle inglese
al mare.
Vic ti sorride da sopra una
spalla “Vuoi una mano con quelle buste?” ti chiede
allegra. I capelli color del
lino catturano i raggi di un pallido sole mattutino facendoli sembrare
un’aureola.
Sorridi di rimando.
“Penso
ancora di saper reggere il peso di un po’ di viveri e qualche
vestito.”
Vic ti si affianca e ti prende a braccetto. È un gesto
naturale, così naturale
che non lo percepisci come estraneo. Ha passato davvero una vita
aggrappata al
tuo braccio.
“Ti devo
ringraziare. Credo di
essere geneticamente incapace di portare dei pesi.” Scherza.
“O forse nessuno
ti ha mai
abituata.” Replichi facendola ridere, mentre ti mostra la
lingua.
“Vero…
ma che ci vuoi fare. È
la fortuna di essere bellissima!”
Vic sa di essere bella, con la stessa naturalezza con cui qualcun altro
affermerebbe di saper respirare. Non
è
una qualità, è il suo modo di essere.
“Fermiamoci a
questo bar! Mon Dieu, te lo
ricordi? Ci andavamo
sempre da bambina a compare quel buon gelato babbano! Non è
cambiato affatto!”
Esclama. “Sembra di essere rimasti a dieci anni
fa!”
“Vero, questo
posto sembra
un’istantanea perenne.” Ironizzi, scostandole la
sedia per farla sedere su uno
dei tavolini posizionati fuori.
Tinworth è piena dei vostri ricordi. E ti senti a disagio,
perché in sua
presenza vengono tutti prepotentemente riesumati.
Pensavi sarebbe stato
più
semplice.
Ma passeggiando con lei,
ascoltando le sue battute e rispondendo ai suoi sorrisi ti rendi conto
di
quanto poco tempo sia passato da quando vi baciavate e facevate
l’amore.
E la cosa ti fa stupidamente
sentire in colpa.
Perché lo devi
ammettere, con
Vic era facile. Facile essere il
fidanzato perfetto, facile stringertela al petto la notte o assecondare
i suoi
capricci.
Vic era, ed è,
una strada
liscia senza asperità.
Quello che stai vivendo
adesso
con James è una fottuta salita con tronchi divelti a
sbarrarti la strada.
Non c’è
di mezzo solo lui, ma
la tua sessualità, il modo in cui la stai cominciando a
vivere dopo anni di
negazioni…
E non ci sarà
mai, per te, un
matrimonio benedetto da tutti, né bambini che potranno
perpetrare la stirpe
Lupin.
Sei stato abituato a pensare
che un giorno anche tu avresti avuto una famiglia, finalmente. E invece
no.
Trovarti di fronte a Vic ti
fa
pensare a come potrebbe essere stata la tua vita, se fosse continuata
tra di
voi.
Ti schiocca le dita davanti
al
viso. Persino con un movimento così spigliato riesce a
sembrare incredibilmente
ammaliante. “Ehi, Teddy? Ci sei?”
“Sì, scusa… stavo solo
pensando.”
“Ted Lupin, il grande pensatore.” Appoggia una mano
sulla guancia. “Mi sono
sempre chiesta se ci sia qualche attimo, nella tua pensierosa vita, in
cui il
tuo incredibile cervello smette di funzionare a pieno
regime…”
Abbozzi un sorriso, afferrando il menù reso rigido dalla
salsedine e non
rispondi.
Certo
che sì. Quando sono con James. E sai Vic? È una
sensazione magnifica.
Vorresti dirglielo. Realizzi
che vorresti dirgli di James, ma è ridicolo. Non puoi,
è la tua ex e oltretutto
sua cugina.
Bella fregatura, esserti
impalmato la tua unica amica al mondo, eh?
“Cosa hai fatto in
quest’anno?” Chiedi distratto, realizzando che non
sai nulla degli ultimi dieci
mesi della sua vita.
“Niente di
interessante, se
paragonato a quello che è successo qui. Povero zio
Harry…” Sospira appena. “… e
povero Thomas. È sempre stato un ragazzo inquietante,
comunque.”
Non ribatti,
perché è
maledettamente vero. “Quindi?” Chiedi
però e poi ordini distrattamente al
cameriere un caffè forte con panna.
Vic ordina qualcosa di sicuramente dietetico e sfugge il tuo sguardo.
“Vic?”
“Non è stato un gran periodo neanche per
me.” Ammette a bassa voce. “Mi sono resa
conto di non avere nulla tra le mani. Né un lavoro che mi
piacesse… né un…”
Indugia, ma ti guarda.
Sei tu stavolta a
distogliere
lo sguardo.
“Sei piena di
talento Vic…”
“Sono bella.” Ritorce pacatamente. “Il
talento è un'altra cosa. Tu
hai talento. Hai venticinque anni e
sei titolare di una cattedra nella scuola magica più
rinomata del mondo. Lo ha
Dom con quei suoi rivoltanti serpentoni giganti… Ma non
io.” Si sposta una
ciocca di capelli dal viso. “Quando ci siamo lasciati ho
capito che non avevo
più nulla in mano.”
Rimani in silenzio, contrito e colpevole. Perché non ti senti colpevole.
“Ho provato a
frequentare
degli uomini, ma non era lì il problema. Ho capito che
dovevo realizzarmi come
persona, come donna, per poter essere felice.” Fa un mezzo
sorriso. “Credo di
starci riuscendo.”
Rimani ancora il silenzio, restando in attesa. Vic è sempre
stata un po’
teatrale in certe cose.
“Sì?”
Tenti.
“Ho fatto richiesta per un posto di assistente alla
professoressa Boutboule, a
Beaux-Batons. Insegna incantesimi. Sono sempre stata piuttosto brava,
ti
ricordi?”
Sorridi, e davvero, sei stupito. “Sì,
ma… oh, è fantastico Vic!”
Sei sinceramente contento per lei. Essere bella, per Vic, è
stata
collateralmente una condanna. La sua bellezza gli ha aperto molte
porte, sia in
Inghilterra che, soprattutto in Francia, facendole credere che bastasse
quella
per poter vivere serena: il fatto che abbia capito che non
può dipendere da
quella è … in qualche modo rassicurante.
Tu in anni che la conosci
non
sei mai riuscito a farglielo capire.
“Non voglio
cantare vittoria
troppo presto, devo ancora avere una risposta. Mi arriverà a
giorni… Devo
ammettere che sto diventando pazza. Odio le attese.” Dice, e
da qualche parte
vedi Vic undicenne, che voleva mettere su un allevamento di puffole
pigmee con
te.
Era buffo, ma ti sentivi
più a
tuo agio con quella bambina che con quella di cui poi, paradossalmente,
ti sei innamorato.
“Sono davvero
felice per te.”
Le prendi una mano e gliela stringi. “Sono certo che ti
prenderanno.”
Vic copre la tua mano con la
sua. “Così saremo colleghi…”
Scherza, prima di farsi seria. Il cameriere ha
portato il suo frullato, ma lo ignora. “Sai, non riuscivo a
rimanere il
Provenza da sola, ad aspettare la risposta. Così mi sono
detta… tornare qui è
la cosa migliore. Ci sei tu.”
Inspiri appena: per un momento ti chiedi se non sia il caso di lasciare
la sua
mano e spiegargli che ti vedi con qualcuno.
Ma metti che hai
frainteso…
Anche perché
sorride subito
dopo. “Sei la persona più rasserenante del pianeta
terra, Ted Lupin. E
… possiamo essere di nuovo amici, n’est
pas? Ho davvero bisogno del mio
caro, vecchio Teddy adesso.”
Appunto, avevi frainteso. No?
“Certo Vic. Sono qui.”
“Allora stasera a
cena da me?”
Ti chiede mentre l’accompagni all’entrata del
villaggio, da dove prenderete
strade diverse.
“Come ai vecchi
tempi?” Tenti.
Ricordi le orrende pietanze carbonizzate di Fleur.
“Con la differenza
che io non
brucio la cena come maman.”
Indovina
il tuo pensiero. “Come ai vecchi tempi, Teddy.”
Sorridi e annuisci. Ti sembra qualcosa di così bello e
semplice, finalmente, che
non ti fai domande.
Ah, giusto.
Perché ti viene
in mente che
James non sa nulla di tutto questo?
****
La cena a casa di Vic
è stata
perfetta.
Ti eri scordato che capace
di
cucinare e quanto apprezzassi la cucina francese.
Avete aperto del vino e
finalmente avete parlato. Tanto.
Ti era mancato quel suo
umorismo sottile e un po’ snob, il modo che ha di arricciare
il naso quando
esprime un giudizio tagliante su qualcuno, o quando ride di una tua
battuta.
Ti era mancata la tua
migliore
amica.
E non sai come dirgli che ti
vedi con un ragazzo. Che stai con Jamie.
Adesso siete seduti sulla
sabbia, a pochi metri dall’ingresso. È fredda
contro i vostri piedi nudi e ti
ricorda le intere notti passate a dividere una coperta scrutando le
stelle.
Vic ti ha rubato il maglione
che
la copre fino alla punta delle dita.
“Sai, non ho mai capito come fai ad avere un fisico del
genere quando non fai sport…”
Interloquisce, bevendo un sorso di acquaviola.
“Beh, veramente ne
ho fatto. Quando
ero all’Accademia. Te lo ricordi? Mi allenavo un
sacco.”
“Moltissimo, è vero… ma quanti anni
sono passati?”
“I miei geni da lupo.” Sorridi, ricordando la
faccia offesa di James quando ha
realizzato che persino con tutti i suoi muscoli non riesce a ribaltarti
a
terra, se non vuoi. “Sono il primo figlio di un mannaro e di
un umana, quindi non
saprei dirti…” Sorridi divertito. “Ma
credo c’entri qualcosa. E poi continuo a
correre, specialmente adesso che ho tempo.”
Vic inarca le sopracciglia. “Beh, che bei tipi che siamo, eh?
Io con la mia
bellezza perenne e tu con i tuoi muscoli a lunga
conservazione.”
Ridete assieme ed è bello.
Poi Vic ti appoggia la testa
sulla spalla.
“Mi era mancato
tutto questo,
Lupin.” Sospira e profuma di acquaviola “Parlare
intendo… Solo con te riesco a
rilassarmi veramente. Sai, smettere la mia faccia di gelida stronza
francese
per un attimo.”
“Tu non sei una stronza, Vic.”
“Oh, se lo sono.
È che tu sei
troppo buono per accorgertene. È sempre stato
così.”
Il rumore della risacca
copre le
vostre parole. In cielo, sgombro dalle nuvole, si staglia una luna
color
avorio.
“Lo sono stata,
vero? Ho preteso
troppo da te.”
“Vic…”
“No, dico sul serio. Ho voluto che tu fossi perfetto. Una
specie di principe
azzurro da strattonare in giro… Dom può essere
rude a volte, Merlino, a volte
mi chiedo se abbia un briciolo di sangue Delacour nelle vene, ma ha il
pregio
di essere diretta. Ha detto che ti ho sempre trattato come un trofeo.
Ed aveva
ragione.”
“Vic.” Ti volti per guardarla negli occhi. Sono
puliti come il cristallo e
tristi.
E tu odi vedere le persone
tristi. Ne hai viste così tante, da quando sei nato, che
giuri a te stesso di
eliminare la tristezza dal tuo mondo, un giorno o l’altro.
“Vic, non
è così… Io
ti ho fatto credere che la nostra
storia non avesse mai un problema, che andasse tutto bene. Come potevi
capirlo?”
“I tuoi
capelli?” Ironizza, ma
c’è dolore dietro le sue parole. “Non
sei il grande attore che credi di essere,
Teddy. Quando mi hai lasciato io in realtà …
già me lo aspettavo. Ma sono stata
codarda, non ho fatto niente. E tu ti sentivi in trappola.”
Preme la guancia
contro la tua spalla ed è morbida. “Sei sempre
stato troppo dolce con me.”
“Te lo meritavi.” Le baci la fronte. “Sei
la mia migliore amica Vic. Ti meritavi
tutta la felicità e l’amore che riuscivo a
darti.”
“Il dolce Teddy Lupin…” Ripete a bassa
voce, con un sorriso vago. “E adesso?”
“Adesso cosa?”
“Ti vedi con qualcuna?”
Ti senti gelare il sangue nelle vene, e probabilmente Vic se ne accorge
da come
ti sei irrigidito come un cadavere congelato.
Ride però.
“È un sì, eh?”
“Non proprio… sto… ho una specie
di… Ehm.” Concludi, come tuo solito.
“È
complicato.” Concludi.
Vic ti lancia uno sguardo di
sottecchi. “Spero che non sia più stronza di me,
Teddy. Perché sarebbe
masochismo.”
Ridacchi nervosamente. “No, no. Non è una stronza.
È solo… irruenta.”
Irruento.
“Molto
vitale… e rumorosa,
direi.”
Rumoroso.
“Impegnativa.”
Impegnativo.
“… in
sostanza, mi dà da fare
ma non è una stronza.” Concludi mordicchiandoti un
labbro.
Vic finisce la sua acquaviola, appoggiandoti il mento sulla spalla e
squadrandoti. “Si direbbe interessante. Dove l’hai
conosciuta?”
Fai una risatina nervosa. “La conosco da un
po’.”
La presa sul tuo braccio si
fa
più forte. Non riesci a vedere il suo viso,
perché è coperto dai capelli.
“Ma dai…” Dice, con tono quieto.
“E la ami?”
Ti sale un sincero panico. Che domanda è?
Una domanda, naturalmente.
Ma a
cui non hai risposta.
Ami James? Certo, da sempre.
Ma ora si sono aggiunte altre cose
e
il concetto di amore che intende Vic non è quello per un
fratellino adottivo.
“Non lo
so…” Ammetti sincero, perché
a Vic non riesci a mentire, e pensi nebulosamente che comunque non
sarebbe una
buona idea.
“È
più bella di me?”
Batti le palpebre. Sei sicuro per un attimo di aver capito male, ma poi
ti
ricordi che hai davanti Victoire Weasley.
Sbuffi.
“Non posso paragonarvi. Siete su piani completamente
differenti.”
Siete di generi completamente differenti.
“Lo
immaginavo.” Si volta
verso di te. “Teddy, mi devi promettere una cosa.”
È mortalmente seria, e senza
accorgertene annuisci. “Devi prometterti che ti proteggerai
il cuore.”
La guardi confuso e lei ti prende il viso tra le mani. “Sei
il ragazzo più
tenero del mondo. Sei buono, dolce, altruista. Non faresti male a
nessuno,
neppure se lo volessi. Ti fai in quattro per gli altri. Non voglio che
tu
soffra, lo capisci?”
“Vic, ti posso
assicurare che
non succederà.”
Ma hai una paura tremenda, fottuta, imperante che James un giorno ti
laceri il
cuore.
Come ha fatto Vic, quando ha
deluso le tue aspettative. In fondo, molto in fondo, ma l’ha
fatto.
Come tua nonna quando cerca
in
te i vostri morti.
Come Harry quando cerca un riscatto dalle sue colpe.
È come avere
corde legate
attorno al cuore: è un immagine che hai letto in un libro da
bambino e ti è
rimasta stampata in mente.
Forse è un discorso vittimistico, in buona parte lo
è, ma hai il terrore che un
giorno anche James finirà per tirare la corda che vi lega. E
la sua adesso è stretta
al cuore
Hai sempre saputo che Vic
poteva farti del male. Eri preparato. Ha sanguinato solo un
po’.
Ma Jamie? Nella tua testa,
stupidamente, sei certo che non te ne farà.
Ed è
lì che rimani fregato.
Vic intanto si è
chinata su di
te. I suoi capelli brillano persino alla luce della luna.
Dev’essere il suo
sangue veela.
E poi posa le labbra sulle
tue.
E poco più che
uno sfiorarsi,
e ti ricordi di come Vic è espansiva nei baci. È
una cosa francese.
La guardi stupito, e lei ti
sorride, scostandosi una ciocca di capelli.
Cerchi di farle notare che
è
sbagliato, mentre le tue orecchie percepiscono una distorsione nel
monotono sciaguattare
della risacca. Un pop.
Lei si china e ti preme di
nuovo le labbra sulle tue. Stavolta davvero, la devi respingere.
Ma si scosta lei, corrugando
le sopracciglia in quel broncio che significa profonda irritazione. Si
volta, e
quando le sue labbra si schiudono per pronunciare la prima sillaba di
un nome,
capisci qual è.
“James!
Cos’è, una mania interrompere le
persone?”
Ti volti e con orrore ti
rendi
conto che Vic ci vede benissimo.
C’è
James ed ha in faccia la
stessa espressione frastornata di sei anni fa, quando vi ha infastidito
alla
banchina di King’s Cross.
Solo ora ti rendi conto che
era anche maledettamente ferita. Che è
maledettamente ferita.
“Jamie!”
Ti alzi in piedi,
ignorando il fatto che hai praticamente spinto via Vic, che si premura
comunque
di sottolineartelo con un mezzo grido oltraggiato.
James ha l’aria
indecisa tra
lo spaccarti la faccia e lo scoppiare a piangere.
È tremenda.
“Ero venuto a
vedere dove
cazzo stavi.” Sussurra. “Ma già lo vedo
dove stai.”
“James, no, aspetta… non…” Te
ne freghi dello sguardo di Vic piantato nella
nuca. Te ne freghi se la scena sembra strana. “Non
stavamo…!”
“Vaffanculo.” Sibila ed estrae la bacchetta. Senti
Vic gridare, e nessuno di
voi due si è portato dietro la bacchetta. Il passo seguente
è tu che sei a due
metri da dove eri prima, crollato a terra e pieno di sabbia.
Quando ti rialzi vedi Vic
correre nella tua direzione. E James è già
scomparso.
È migliorato
moltissimo con
gli incantesimi non verbali.
Purtroppo.
****
Note:
1 )
Qui la canzone.
2 )Nella cosmogonia della
Row
è il villaggio vicino a Villa Conchiglia.
C’è una comunità di maghi al suo
interno. Per maggiori informazioni
qui
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