Lo
studio non sarà
mai il mio mestiere
“Andiamo
Bel, dobbiamo finire almeno metà del programma..”
Il
ragazzo bruno sventolò davanti agli occhi
dell’amica un foglietto scritto fitto
fitto, pieno di cancellature e correzioni apportate in varie parti.
L’ultima
prova dell’esame si avvicinava pericolosamente (il giorno
dopo, per essere
precisi) e c’era ancora parecchio da studiare. I libri di
letteratura francese
e spagnola giacevano sul tavolino del salotto, abbandonati con
noncuranza: le
due lingue li preoccupavano pochissimo, bastava ripassare qualche
autore
particolarmente rappresentativo e chiedere all’altro di
snocciolare velocemente
due o tre regole grammaticali basilari, e sarebbe bastato.
“Che
fortuna essere due madrelingua francese e spagnola, eh, muchachita?”
la stuzzicò Antonio, colpendo affettuosamente la
fronte della ragazza con un ventaglietto di carta piegata.
L’unica cosa che
restava da fare era ripassare tutto il programma d’inglese,
l’unica materia che
entrambi dovevano rinforzare. Avevano incominciato un’ora
prima, armati di buona
volontà e impegno, ma si erano ridotti a poltrire sulle
poltrone comode – anche
troppo – di casa Carriedo,
girandosi
tra le mani i fogli degli appunti e del programma, incapaci di trovare
un
“input” per continuare a studiare.
“Giusto
perché non avremo problemi per spagnolo e francese. Ma
inglese? Io non riesco a
scrivere più di dieci righe sullo stesso argomento!
Soprattutto se devo parlare
di qualche autore..” si grattò la testa,
sconfortata. “Dici che la
professoressa si accorgerà se proviamo a copiare tutto da
Kirkland?” si
riprese, speranzosa.
“Scordatelo.
Il monociglione domani verrà blindato peggio di un carico
d’oro e segregato in
un banchetto vicino alla cattedra.. figurati se possono non aver capito
che
tutti vogliono il suo aiuto. Non dopo che Romano gli ha promesso
metà della sua
paghetta se gli lascia vedere la brutta copia… ci resta da
fare solo una cosa:
olio di gomito e memoria salda!” terminò Antonio,
con uno dei suoi soliti
sorrisi caldi ed entusiasti.
Concentrarsi
e produrre qualcosa, però, era più difficile di
quanto sembrasse. Per dieci
minuti riuscirono ad andare avanti col programma,
facendosi a vicenda delle domande, ma
all’inizio del capitolo dedicato ai poeti romantici inglesi
Bella si lasciò
catturare dalla riproduzione di alcuni quadri di paesaggi, osservandoli
rapita
e iniziando inevitabilmente a fantasticare.
“Lord
Byron was born in London in 1788.
He was an English poet and
politician. His… - Bella! Mi stai ascoltando?”
Lei
scosse appena la testa, come a liberarla dalle immagini che vi avevano
fluttuato fino a pochi minuti prima. “Mmh.. no scusa, ero
distratta”.
“E
lo
immaginavo. Mi amorecita, se
continui
così non finiremo neanche per mezzanotte…
dovrò costringerti a rimanere a
dormire qui da me, e dubito che tu fratello ne sarebbe
felice.” La bionda gli
sorrise, maliziosa. “Posso sapere cos’è
che ti ha totalmente distolta dalla
vita di Lord George Byron?”.
Lei si
spostò con grazia, spostando il libro d’inglese
per porlo sotto gli occhi
dell’amico e indicandogli con l’unghia una delle
illustrazioni disseminate per
la pagina. “Questo. Pensa come sarebbe bello stare
lì, ora… niente esami,
niente cena da organizzare, niente Jan, niente libri… solo
mare, sole, brezza
marina, pace!” sospirò, stendendo in aria le
braccia e stirandole dietro la
schiena.
Antonio
decise di assecondarla. Se non altro, avrebbero smaltito un
po’ di stress.
“Ti
piacerebbe restare tutto il giorno stesa sotto il sole sulla
spiaggia?”
“Oh no,
no, non è l’unica attività possibile.
Potremmo fare il bagno, giocare a pallone
sul bagnasciuga, raccogliere conchiglie…”
“…
convincere Romano a non preparare due chili di spaghetti da portare
come
pranzo..”
Lei
ridacchiò. “Giocare a carte, mangiare un
ghiacciolo..”
“E poi si
farebbe sera. Quando la spiaggia chiude?”
“Beh, ce
ne andremmo tutti a casa a farci la doccia. Sai, per togliere il sale
di
dosso.. e poi, tutti a mangiare una pizza!” concluse, con gli
occhi che
brillavano.
“E
dopo?”
“Beh..
dopo è il momento di muoversi un po’, non
trovi?” gli sussurrò Bella all’orecchio,
abbassando pericolosamente il tono di voce e appoggiando in quel modo dannatamente sensuale le labbra sul lobo
di Antonio. Lui la strinse a sé con un braccio solo,
strofinandole il pugno
chiuso sui capelli e sperando con tutto il cuore che non
l’avesse visto
arrossire per un nanosecondo.
“Visto
che hai tante energie da usare in fantasticherie, mia cara, impegnale
per
riprendere a ripassare i poeti romantici!”
esclamò, tentando di darsi un
contegno serio e intransigente. Ma Bella gli aveva già
posato la testa in
grembo, fissandolo coi suoi begli occhioni.
“¿Estas
cansada?”
“Daiii,
due minuti di riposo…”
“Ok, ok.
Oggi non è giornata, eh?” sospirò
nuovamente il ragazzo, prevedendo già quello
che avrebbe potuto dire sua madre rincasando e vedendolo fare da
cuscino
all’amica. “Sarà colpa del
caldo…”
“O degli
esami”.
“O dei
pittori e poeti romantici. Vuoi che continui un
po’?”
“Va bene,
ma tra cinque minuti. Lasciami gustare un po’ la
calma.”
E ce
n’era davvero, di calma da gustare. La calura del giorno
stava lentamente
diminuendo: il sole, quasi tramontato, tingeva l’orizzonte di
arancio
brillante, e i pochi uccellini che ancora volavano da un albero
all’altro non
intendevano disturbare nessuno col loro canto.
Nell’appartamento del sesto
piano scendeva la sera.
Il
ragazzo prese ad accarezzare i capelli di Bella, distrattamente,
lisciando con
cura il fiocco rosso che indossava. Lei lasciò andare un
sospirino di piacere,
distendendo di più le gambe.
“Sai,
Antonio, temo che lo studio non sarà mai il mio
mestiere”.
“Me n’ero
accorto” sorrise lui, ma gentilmente. “Preferisci
fantasticare, eh?”
Le
pizzicò il naso per farle un dispetto, ma la bionda non se
ne accorse. Si era
appena assopita. Antonio si chinò appena a posarle un bacio
sulle labbra
socchiuse, felice che non fosse sveglia per non vederla assumere
un’espressione
indecifrabile di sorpresa.
“In
momenti simili non è neanche il mio, muchachita”.
Muchachita: “ragazzina”,
è un appellativo per
una ragazza alla quale si vuol bene.
Amorecita: tecnicamente
significherebbe “tesorino”,
è un altro appellativo affettuoso.
¿Estas
cansada?: “sei
stanca?” in spagnolo.
* * * * *
*
Rieccomi,
cari lettori! Dopo mesi di assenza, ritorno a ostruire il fandom con i
miei
scleri scrittori! *si inchina*
Come sarà
sicuramente evidente, l’idea per la fic è nata con
l’avvicinarsi della
famigerata terza prova dell’esame di maturità, che
ho dato oggi. I riferimenti
ai libri di lingua disseminati per la storia portano direttamente al
liceo
linguistico che frequento, così come le frasi in spagnolo
pronunciate da Spain
(ebbene si, studio spagnolo)… e la coppia, che ho scoperto
da poco e mi intriga
parecchio (nonostante trovi interessante anche la Spamano),
al mio amore per
i due personaggi.
Conosco
da poco Hetalia, ma lo trovo molto divertente… quindi, come
al solito, chiedo
perdono se ho mandato troppo OOC i personaggi, o per qualunque
imperfezione
possiate trovare nella storia. Prendetele pure come licenze poetiche XD
Per
quanto riguarda i nomi, “Bella” è il
nome più usato quando si parla di Belgio
(nelle fanfic in inglese o sui GdR), così come
“Jan” per Olanda. Non li ho
inventati, semplicemente trovati in giro.
In bocca
al lupo ai lettori che dovranno affrontare gli orali in seguito, o
qualsiasi
altro esame!
Come
sempre, critiche, consigli, pomodori in testa o complimenti sono sempre
benaccetti! :)
Ino
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