SHANNA
E’ MORTA
Vorrei
piangere.
Per
ore.
Versare lacrime amare come un fiume in piena, torbide e impetuose.
Lamentarmi
senza pudore, frignare penosamente, rintanata in un angolo al buio,
come un
animale ferito. Lasciare scorrere via con le lacrime il folle desiderio
di te,
il dannato volerti, l’inconcludente amarti,
l’assurda idea che tu possa essere
mio per un momento, un giorno, forse.
Vorrei
dormire.
Cadere
nell’oblio. Chiudere gli occhi e vedere il buio totale, il
nulla dell’universo,
il vuoto immenso. E mentre uno sfinito Morfeo veglia su di me, lasciare
che
tutti i miei sogni
decantino, come fango
in fondo ad uno stagno. E al mio risveglio non riuscire più
a trovarli, sepolti
per sempre nella mota, e non avere memoria nemmeno di quanto fossero
fragili,
falsi e folli. Inutili.
Vorrei
urlare.
Forte.
Così
forte che tu possa sentirmi. Gridare il dolore che sento, farlo uscire
con la
voce, disperderlo nel vento, annientarlo, sradicarlo dal mio petto.
Eliminare
con esso il tuo inferno, il tuo veleno, il tuo esistere, quello che
circola in
ogni singolo capillare del mio essere e che mi uccide lentamente. Ma
inesorabilmente.
Vorrei
battere
la testa al muro.
Fino
a farmi
male. Scuotere dai miei neuroni spossati, come tante foglie secche che
si
staccano da un albero in autunno, le tante immagini di te, quelle
passate,
quelle che mi hanno fatto innamorare di un mio te. Ma soprattutto
quelle nuove,
vere o false che siano: tu e lei abbracciati o mano nella mano, tu che
la ami,
lei che ti ama. Voi che sorridete felici.
Vorrei
scappare.
Correre,
così
veloce da andare lontano in poco tempo. Lasciare tutto, me stessa per
prima,
quel che sono e che sono stata in questi tre ultimi anni. E soprattutto
quella
che non sarò mai, quello che gli altri vorrebbero che fossi,
la donna perfetta,
tutta casa, lavoro, famiglia e chiesa, senza grilli per la testa.
Perfettamente
fasulla, un’ombra di me.
Vorrei.
Ma
non posso
fare nessuna di queste cose.
Nessuna.
Piangere,
dormire, urlare, battere la testa al muro, scappare.
Niente.
Non
si può.
Perché
un
crudele dio, pregato e bestemmiato, mi impedisce di farlo. Mi costringe
in una finta
vita inutile che non è quella che vorrei, che mi blocca
qualsiasi movimento e
velleità, che mi soffoca, che mi fa ritornare sempre al mio
punto di partenza
con un pugno di mosche morte in mano, che mi costringe a recitare, a
correre
sempre verso il nulla.
E
nella quale
succedono solo cose debitamente recintate, autorizzate, già
scritte chissà dove
e chissà quando. E chissà da chi.
E
soltanto
poche cose mi sono sempre e soltanto consentite.
Si
contano
sulla punta delle dita, una mano basta.
Fallire.
Arrendersi.
Morire.
E
Shanna ha fallito,
si è arresa ed è morta.
E’
morta in un
assolato e soffocante pomeriggio di Giugno.
E
con lei sono
improvvisamente decedute la sua voglia di scrivere, di sognare, di
desiderare,
di vivere, di amare, di respirare.
Shanna
è
morta.
Non
fiori.
Né
opere di
bene.
FINE
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