Il matrimonio era fallito, e da quel
giorno niente era più
come prima.
Akane e Ranma litigavano ancora, ma
non nello stesso modo.
Le loro liti erano fredde, litigavano più per cercare di
ritrovare il loro
equilibrio che per motivazioni reali.
In breve tempo arrivò la
fine della scuola, e di conseguenza
gli esami.
Akane e Ranma camminavano verso
scuola, lui sulla ringhiera,
lei per strada. Erano in orario, come ormai capitava dal giorno delle
mancate
nozze. Akane aveva smesso di svegliare Ranma, e lui per evitare di
farla
arrabbiare si alzava presto ogni mattina e si faceva trovare pronto
quando
doveva uscire.
Giunti a scuola, il professore aveva
cominciato ad elencare
le varie prove che avrebbero dovuto sostenere per ottenere il diploma
di scuola
superiore.
Akane era serena, si era sempre
preparata e aveva lavorato
quotidianamente, per cui gli esami per lei erano solo una
formalità. Ranma
invece cominciava ad agitarsi.
Erano assorti nei loro pensieri
quando la voce del preside,
dall’altoparlante li riportò alla
realtà: “Hello students! I’m your
favourite
preside!! So, guys, vorrei parlare con Miss Akane Tendo! Come here,
please!
L’aspetto nel mio ufficio!”.
Il professore aveva ascoltato
l’annuncio, ma già sapeva cosa
il preside voleva da Akane. “Vai, su, Akane. Avrai una bella
sorpresa,
nell’ufficio del preside!”, disse il professore.
Akane non sapeva cosa pensare,
ma si diresse ugualmente nell’ufficio del preside.
Ranma era agitato. L’idea
che lei andasse da quel pazzo da
sola non lo lasciava per niente tranquillo. – E poi cosa
avrà voluto dire il
professore con “bella sorpresa”? –. Ranma
non stava più nella pelle. Appena
possibile avrebbe chiesto ad Akane.
“Miss Akane! It’s so
nice to see you here!!” disse
il preside. “Mi ha chiamato lei, Signor Preside!”,
rispose Akane, seccata.
“Bene, Akane. Abbiamo letto il tuo questionario con molto
interesse. E così
vuoi iscriverti a medicina, il prossimo anno!”,
asserì lui. Akane si fece rossa
in viso: “Beh, si, vorrei diventare pediatra!”.
“Bene, Akane. Hai degli ottimi
voti, e sei una studentessa modello. Abbiamo pensato di offrirti una
borsa di
studio per studiare un anno alla Columbia University. Il rettore
è un mio
amico, ed è d’accordo con il progetto”,
disse il preside. Akane era basita.
“New York”, riuscì a dire soltanto.
“Bene, Miss Tendo, ha tempo un mese per
pensarci. Have a nice day!”, disse, e sparì
dall’ufficio.
Akane tornò in classe con
i fogli in mano, li posò nella
cartella, e si sedette. I compagni la guardarono incuriositi, ma lei
non disse
nulla. Solo il professore si azzardò a fare una domanda
all’alunna: “Una bella
sorpresa, non crede Signorina Tendo?”.
“Si”, rispose Akane, inespressiva.
Suonò la campanella del
pranzo. Akane era ancora seduta
sulla sedia quando Ranma fece per avvicinarsi. Non abbastanza in
fretta, però.
“Lanma, amole mio! Sono
venuta a poltalti il planzo, così
non mangelai le schifezze di quella glassona violenta!”.
“Shampoo
tu arrivi
sempre nei momenti meno opportuni! Lasciami andare, su, staccati da me!
Ma è
possibile che devi sempre appiccicarti?”.
“Lascia stare il mio Ranma.
Hai capito, cinesina?”, disse
Ukyo tirando una spatola verso la ragazza dai capelli viola.
“Il tuo Lanma? Mi dispiace
ma penso che tu ti stia
sbagliando!”, rispose Shampoo.
E così, un nuovo scontro
ebbe inizio.
Ranma le guardava soddisfatto.
– Poco male, così avrò tempo
per parlare con Akane – pensò lui. Si
voltò e fece per andare dalla sua
fidanzata, ma lei non era più lì. La
cercò in lungo e in largo per la scuola,
ma di lei non c’era traccia. Suonò la campanella
che segnava la fine della
pausa pranzo, e tutti si rimisero ai loro posti. Solo il banco di Akane
era
vuoto. Ranma si voltò verso le amiche di Akane per avere
notizie, ma la loro
risposta non fece altro che incrementare la sua curiosità.
“Ha detto che non si
sentiva molto bene, ed è andata a casa. Abbiamo provato a
chiedere cosa voleva
il preside, ma non ha voluto dirci nulla!”.
La campanella che annunciava la fine
delle lezioni era
finalmente suonata.
Ranma camminava sulla ringhiera
immerso nei suoi pensieri.
Stupida
Akane! Perché
se ne è andata senza dirmi nulla? L’avrei
accompagnata io! È così strana,
ultimamente. O forse, siamo strani. Da quel giorno niente è
più uguale a prima.
Come vorrei poter sistemare le cose, come vorrei riuscire a dirle
apertamente
quanto è importante per me, quanto la… quanto
la… quanto la amo. Ecco, l’ho
detto. Lo so, eppure non riesco a dirglielo. Non riusciamo
più a comunicare. Mi
manca il mio maschiaccio, le nostre liti, mi manca tutto.
Chissà che voleva
oggi il preside. Devo correre a casa!
E così dicendo, corse
verso la dimora dei Tendo.
“Bentornato
Ranma!”, disse Kasumi, con la solita dolcezza.
Soun e Genma stavano giocando a Sojo, e non si erano nemmeno accorti
dell’ingresso del ragazzo.
Ranma corse di sopra,
appoggiò i libri e andò verso la
camera di Akane.
Bussò, ma nessuno rispose.
Aprì la porta, ma Akane non era
lì. – Ma dove può essere? È
andata via dicendo che stava male. Nel dojo non
c’è, quando ci sono passato davanti era vuoto
– pensò.
“Kasumi, scusa,
dov’è Akane?” chiese Ranma, cercando di
nascondere il suo interesse. “E’ andata dal dottor
Tofu, è tornata dicendo che
non stava bene. È successo qualcosa a scuola, oggi,
Ranma?”, chiese Kasumi.
“No, niente di che. Io esco!”, concluse
frettolosamente Ranma.
Nel frattempo, nello studio del Dotto
Tofu…
“Piccola Akane, non so
davvero cosa consigliarti. È
un’opportunità incredibile. Studiare medicina
negli Stati Uniti ti
permetterebbe di avere un livello di preparazione che qui nessuna
università
può darti. Si tratta di un anno, ma potrebbe cambiare la tua
vita. Ne hai già
parlato con la tua famiglia?”, chiese il Dottor Tofu.
“No, non ancora. Ho un mese
di tempo per pensarci, e vorrei
avere io le idee chiare prima di parlarne con loro”, disse
lei.
“E Ranma?”. Akane
si aspettava quella domanda. Lei avrebbe
voluto parlane con lui già alla pausa pranzo, ma quella
stupida di Shampoo era
arrivata e aveva rovinato tutto, e lui ovviamente non aveva fatto nulla
per
togliersela di dosso. “Non sono convinta che gli
interesserà molto. Io non gli
interesso. Forse sarebbe una buona scusa per rompere il
fidanzamento”, riuscì a
dire, mentre le lacrime scendevano copiose sul suo volto.
“Akane, sei tu che devi
decidere cosa fare, ma io penso che
Ranma abbia il diritto di sapere. Non puoi tenerlo all’oscuro
di tutto”, disse
lui. In quel momento, Ranma entrava nello studio del Dottore.
Non riuscì a sentire cosa
si stavano dicendo, ma dai volti
si poteva capire che era una cosa piuttosto seria. Si fece avanti
è bussò alla
porta. Il Dottor Tofu andò ad aprire, non gli sembrava che
ci fossero pazienti
nella sala d’aspetto.
“Oh, Ranma, sei tu! Che ci
fai qui?” chiese Tofu.
“Eh, beh…
ecco… io…”, in effetti non si era
preparato
nessuna scusa.
Tofu lo salvò
dall’imbarazzo. “Meno male che sei venuto.
Akane è parecchio stanca, e dovrebbe riposare. Potresti
accompagnarla a casa?”.
Ranma guardò Akane, ne era sicuro, aveva appena pianto. Gli
occhi gonfi, rossi.
Vederla piangere, vederla sofferente, lo uccideva., stava male con lei.
“Nessun problema, Dottor
Tofu. Lo porto a casa io il
maschiaccio!”, disse. Non fece in tempo a concludere la
frase, che già si era
pentito di quello che aveva detto. Maledetto
Ranma, possibile che non riesca a tenere la bocca chiusa?
“Non ce
n’è alcun bisogno, Dottor Tofu. Riesco a tornare
benissimo da sola. Mi farà bene fare due passi!”.
Ranma non aveva mai sentito parlare
Akane in modo così…
glaciale. Doveva fare qualcosa.
“Ranma, mettimi
giù!” disse lei. “Oh, no, Akane. Che ti
piaccia o no il Dottore ha detto che ti devi riposare, per cui stai
buona e
fatti portare a casa!”. Il suo tono non permetteva obiezioni.
Uscirono dallo
studio, e saltando sui tetti si avviarono verso casa.
Akane si accoccolò meglio
al petto di Ranma, si fece cullare
dal movimento ondulatorio e dalle sue braccia forti, e lasciando cadere
ogni
barriera difensiva, si addormentò.
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