That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Old Tales
Terre del Nord - I.002
- Cuilén
Le urla di dolore di sua madre infransero di nuovo il silenzio della
notte e Cuilén si fece ancora più piccolo nella
sua pelle d'orso, sotto gli occhi divertiti del fratello, seduto
impassibile davanti al fuoco. Il bambino non capiva: come poteva
Dòmhnall rimanere così buono e tranquillo, a
intagliare quel suo stupido pezzo di legno, mentre quell'uomo, il loro
padre, faceva del male alla mamma? Sarebbe intervenuto lui stesso, se
non fosse stato appena un bambino. E, soprattutto, se non fosse stato
terrorizzato a morte da quell'uomo. Sì, Cuilén
era a dir poco terrorizzato da suo padre, perché era grande
e grosso, con quegli enormi occhi scuri che sembravano scrutarlo
dentro, fino all'anima, e quella terribile cicatrice in faccia, che si
vedeva nonostante la folta barba da orso. E non era gentile, mai, con
nessuno di loro. Cuilén ne aveva così tanta paura
che a volte... a volte arrivava a pregare che suo padre non tornasse
più. Era molto più felice quando Cormacc Mac
Artgal non c'era, quando portava suo fratello Dòmnhall a
caccia, restando via per settimane. Era felice perché,
quando suo padre era lontano, Cuilén smetteva di avere paura
e perché, rimasti soli, la mamma gli permetteva di dormirle
accanto, attorno al fuoco, e, d'inverno, persino nella tenda di pelli
con lei, davanti a Habarcat, la fiamma verde. Appena suo padre tornava,
invece... Se solo si avvicinava a sua madre, lo afferrava per la
collottola e lo scacciava: non voleva che le stesse attaccato alle
sottane e, soprattutto, non voleva che gironzolasse attorno al loro
giaciglio e alla loro tenda, anche perché, non importava se
fosse estate o inverno, giorno o notte, quando suo padre era nella
radura con loro, stava quasi sempre chiuso nella tenda con sua moglie
e, per quelle che a Cuilén sembravano ore interminabili,
tutto sembrava riempirsi dei loro misteriosi gemiti e al bambino non
restava che nascondersi nella sua pelle di orso o allontanarsi nel
bosco, avventurandosi lungo il sentiero che portava al fiume. Una
notte, l'inverno precedente, nascosto nel suo giaciglio, aveva preso
coraggio e si era girato verso la tenda, aveva aperto gli occhi e li
aveva spiati: proiettate sulle pareti della tenda dal freddo fuoco
verde che restava sempre acceso là dentro, vide le ombre dei
suoi genitori che si baciavano; quando, però, suo padre si
era avventato su di lei e l'aveva costretta a terra, come una belva,
aveva subito richiuso gli occhi e si era nascosto nella sua pelle
d'orso, spaventato a morte.
Quello che stava accadendo nella tenda in quel momento, se possibile,
era anche peggio. Sì, molto peggio: suo padre le stava
facendo del male, molto più del solito, non aveva mai
sentito la mamma lamentarsi così... E durava da troppo,
sì… da troppo ormai. Cuilén non
riuscì a trattenere una lacrima, che gli andò a
rigare la faccia, già sporca di terra mista alle lacrime
precedenti, terrorizzato al pensiero che suo padre potesse arrivare ad
ucciderla: l'aveva visto lucidare e affilare con cura il pugnale che
teneva legato alla cintola, l'aveva visto mentre lo passava e ripassava
sul fuoco, poco prima di entrare nella tenda. E lei non poteva nemmeno
difendersi, non sapeva che cosa le fosse successo, ma erano ormai due
giorni che non usciva più da là dentro.
«Smetterai mai di frignare?
Che cosa dovrei dire io, allora? Ho già una piaga come te di
cui occuparmi e ora ne arriverà anche un'altra... »
«Che cosa... vuoi dire...
Dòmhnall?»
Cuilén lo guardò sconcertato, mentre suo
fratello, divertito e esasperato, faceva di no con la testa: che cosa
c'entrava lui col fatto che la mamma...
«Tu non hai idea di che cosa
stia succedendo là dentro, vero?»
Il bambino negò con la testa, afflitto, ma al tempo
speranzoso, perché ancora una volta, anche in un momento
spaventoso come quello, sembrava che suo fratello avesse la situazione
sotto controllo, una spiegazione valida per tutto.
«Ti ricordi la primavera
scorsa, quando ti ho detto di stare zitto e osservare una cerva?
L'abbiamo spiata mentre dava alla luce il suo cucciolo,
ricordi?»
Cuilén annuì, ritornando indietro con la memoria
a pochi mesi prima, ricordando la quiete del bosco, l'odore fresco
dell'erba umida di rugiada, il manto fulvo della cerva percorso da uno
strano brivido e, infine, il cucciolo, che giaceva a terra umido e
tremante e subito si metteva in piedi sulle sue zampette sottili. Era
rimasto affascinato e perplesso, quel giorno, perché non
capiva come qualcuno fosse riuscito a mettere un cucciolo lì
dentro... Si era anche chiesto se la cerva avesse provato dolore e
se... Le sue domande, come al solito, avevano suscitato le risate
incontenibili di suo fratello. Dòmhnall, concentrato,
continuava a intagliare con il coltello il pezzo di legno,
un'espressione ironica sul viso: probabilmente stava ridendo, tra
sé, ricordando a sua volta quelle domande. Cuilén
si chiedeva come suo fratello potesse parlare di cervi, sogghignare e
giocare col suo stupido coltello, mentre la mamma aveva bisogno del
loro aiuto, perché se lui era troppo piccolo e spaventato,
Dòmhnall al contrario era ormai quasi un uomo e avrebbe
potuto soccorrerla.
«La mamma in questo momento
sta facendo la stessa cosa di quella cerva, Cuilén, sta
mettendo al mondo nostro fratello o nostra sorella... Hai visto quanto
era cresciuta la sua pancia nelle ultime settimane? Non ti sei mai
chiesto il perché? Quindi ora smettila di piangere, non ce
n'è motivo. E promettimi che nei prossimi giorni non la
infastidirai come fai sempre. Lei non avrà nemmeno il tempo
di riposarsi, perché dovrà prendersi cura del
bambino, non potrà pensare a te... Tieni, questo
è tuo, ma solo se mi prometti che non le darai noia...
»
Il giovane si rigirò il pezzo di legno in mano un'ultima
volta, per studiare il lavoro, soddisfatto degli ultimi dettagli, una
fila di sottili Rune incise sull'impugnatura, a formare il loro nome,
poi lo tese al fratello e Cuilén, nel palmo aperto,
riconobbe un richiamo per uccelli: Dòmhnall, da anni, ne
aveva uno simile, fatto dal loro padre, e il bambino moriva dalla
voglia di prenderlo e imparare a usarlo, ma suo fratello non glielo
avrebbe dato mai, nemmeno ora che non lo usava più.
«Quando sarai cresciuto, non
ne avrai più bisogno nemmeno tu, perché
conoscerai come me altri metodi per farti ascoltare dalla natura ma,
per ora, questo potrebbe servirti… E vedi di non perderlo,
perché non te ne farò un altro e, di certo, non
ti darò mai il mio... »
ll bambino annuì e sorrise, rigirandosi tra le mani il dono
del fratello: notò subito che era persino più
bello e elaborato di quello che aveva sempre sognato, e fu preso da un
tale entusiasmo che avrebbe voluto fosse già mattino, solo
per andare a provarlo. Un nuovo grido, più sofferente e
prolungato, lo riportò invece al presente, all'idea che sua
madre stesse correndo un pericolo e alle mille domande che lo
turbavano: perché lei urlava e suo padre era entrato con un
pugnale? La cerva di certo non ne aveva avuto bisogno...
«... La mamma... »
«Te lo ripeto, non
ti devi preoccupare per lei: sanno tutti e due cosa devono fare...
altrimenti tu ed io non saremmo qui, adesso, non trovi? Domani mattina
potrai vederli, sia lei, sia il bambino... è una promessa...
»
Dòmhnall sorrise rassicurante, i grandi occhi color del
mercurio fissi e sinceri, come sempre: il giovane, da un po' era spesso
taciturno e scontroso, ma quando gli faceva una promessa,
Cuilén poteva essere sicuro che l'avrebbe mantenuta a costo
della sua vita. Lo guardò, ammirato, era più
grande di circa undici anni, presto sarebbe stato pronto per lasciare
la famiglia e per vivere la sua vita: come aveva paura e sentimenti
contrastanti verso suo padre, trovava in suo fratello l'esempio da
seguire, voleva diventare come lui, un giorno. Alla fine dell'estate,
però, Dòmhnall l'avrebbe lasciato solo,
perché sarebbe partito per un lungo viaggio, lontano dai
territori di Am Monadh, diretto nelle Terre del Nord, la Terra della
Confraternita, la loro gente, di cui sentiva parlare, nei racconti e
nelle favole, fin da quando era ancora nella culla. Lì
avrebbe preso parte ai riti, al termine dei quali gli sarebbero state
imposte le Rune della maturità, le Rune con cui la
Confraternita segnava i giovani di sedici, diciassette anni se
riuscivano a superare delle prove. Un giorno, ancora molto lontano,
sarebbe toccato anche a Cuilén: al suo collo era
già stata impressa la Runa che indicava la sua appartenenza
a uno dei clan della Confraternita, e le dita delle sue mani e dei suoi
piedi erano decorate di sottili ricami, simili a seta nera: erano le
“Parole del Nord”, tracciate da suo padre con un
inchiostro fatto di erbe magiche, a cui aveva mischiato il proprio
sangue. Non ricordava quando gliele aveva fatte, né se aveva
provato dolore, sapeva solo di averle sempre avute. Tutti, nella sua
famiglia, avevano quei ricami, quel fitto susseguirsi di Rune, che
raccontavano una storia e una tradizione che nascevano nella notte dei
tempi: la tradizione degli Antichi. I suoi pensieri si interruppero di
colpo, tutto intorno, l'intera radura fu pervasa da un silenzio
irreale, i lamenti della madre si erano fermati e al loro posto,
improvviso, era scoppiato un pianto, un suono nuovo, simile al miagolio
di un gatto. Subito dopo, Cuilén sentì la voce
debole e commossa della mamma e la risata forte e liberatoria di suo
padre. Dòmhnall emise un sospiro: si era mostrato forte e
distaccato per tutto il giorno, per non spaventare con la sua ansia il
fratello minore, ma aveva temuto anche lui per la madre. Si
alzò, spazzando via i trucioli di legno che aveva addosso e
con essi le ultime preoccupazioni, spense il fuoco di erbe magiche che
aveva tenuto acceso ininterrottamente da quando il padre era entrato
nella tenda e finalmente stese la sua pelle d'orso vicino a quella del
bambino, davanti al falò.
«Hai sentito, moccioso?
È nato... Ora vieni qui, stenditi accanto a me, e cerca di
dormire, almeno domani mattina possiamo partire presto e provare il tuo
richiamo... »
Cuilén lo guardò, in parte deluso: aveva sperato
di poter vedere il bambino subito, ma sapeva che, quando suo fratello
gli dava un ordine, doveva eseguirlo, come se l'avesse ricevuto da suo
padre. Si alzò, superò i pochi passi che li
separavano e si stese accanto al corpo forte e caldo di suo fratello,
che gli scansò i capelli dagli occhi e con un movimento
leggero della mano gli pulì la faccia: a Cuilén
piaceva quel gesto, simile a una carezza, grazie al quale si ritrovava
subito pulito senza dover usare l'acqua. Odiava l'acqua, non sapeva
perché, ma ne aveva talmente paura che non riusciva a
seguire gli altri di là del fiume, per questo sua madre o
suo fratello dovevano prenderlo in braccio, per farglielo attraversare,
e per questo suo padre si arrabbiava moltissimo. Una volta era persino
riuscito a strapparlo dalle braccia della madre per poi gettarlo in
acqua, impedendo alla donna di aiutarlo e urlando a suo figlio che, se
voleva ancora sedersi attorno al fuoco con loro, doveva imparare, e
presto, a superare le sue paure. Il bambino, però, non ci
riusciva, per questo, quando Cormacc era a casa, Cuilén era
costretto spesso a restare da solo, lontano dalla sua famiglia, al
limitare della radura: suo padre ormai sapeva quanto fosse spaventato e
per questo insisteva nel costringerlo a seguirlo al fiume, dove
inevitabilmente il bambino si metteva a piangere e lui lo puniva,
nonostante l'intercessione della madre. Un giorno, però,
Cuilén sarebbe stato capace, come Dòmhnall, di
vincere le proprie paure e fare le magie: non vedeva l'ora,
perché quando fosse arrivato quel giorno, sarebbe stato
finalmente simile a quel fratello che ammirava tanto e... sarebbe
finalmente fuggito lontano da suo padre.
E la mamma? Come potrei lasciarla sola con quell'uomo?
Si voltò, così da avere davanti agli occhi la
tenda dei suoi genitori, sospirò, sollevato che non fosse
successo nulla di male, come aveva temuto, e al tempo stesso
sentì un sentimento strano, nuovo, per quel bambino che, al
contrario di lui, aveva il diritto di stare nella tenda con sua madre.
«Dòmhnall...
»
«...Dormi...
»
«... Credi che
smetterà mai di farle del male?»
«Male? Non le fa del
male, Cuilén, sei tu che sei piccolo, troppo... e non puoi
capire... Pensa a dormire... »
«Per favore...
spiegami... tu non hai mai paura per lei? Non hai paura che lui possa
farle troppo male?»
«Ascolta,
Cuilén... Devi smettere di avere paura di nostro padre,
tutto quello che fa, lo fa perché la ama...
perché ci ama e vuole proteggerci... tutti... Devi imparare
ad ascoltarlo, invece di temerlo... E per quanto riguarda la mamma...
beh... te lo assicuro... Non devi avere paura per lei, ma di lei, non
dimenticarlo mai… Ora dormi... domani parleremo per tutto il
tempo che vorrai... »
«Me lo
prometti?»
«Certo, te lo
prometto... »
Cuilén, pur senza capire, si sentì rassicurato,
si sistemò meglio la pelle d'orso addosso e
scivolò rapidamente nel sonno, sereno. Dòmhnall
invece rimase a lungo a fissare le stelle, che facevano capolino tra le
fronde. Non riusciva a dormire, una sensazione strana lo turbava,
guardava suo fratello accanto a sé e, ancora una volta, si
chiese fino a quando sarebbe stato in grado di mantenere le sue
promesse, come aveva fatto finora. Non poteva immaginare che avrebbe
trovato molto presto quella risposta...
*continua*
NdA:
Ciao a tutti/e, per prima cosa vi ringrazio per le letture e le
recensioni e grazie per la fiducia a chi ha aggiunto ai preferiti/
seguiti, ecc ecc. Per le atmosfere mi sono fatta "suggestionare" un po'
da "Il Signore degli Anelli" e da "I Pilastri della Terra", ma questo
spin-off resta connesso, nonostante ci sia quasi un millennio di
distanza tra le due storie, a "That Love" e al mondo di Harry Potter,
quindi i personaggi principali sono più che altro Maghi e
Streghe e i rapporti con il mondo babbano sussistono solo
perché il Trattato di Segretezza Magica sarà
stipulato non prima del 1689. I riferimenti alla religione cristiana
presenti e futuri in questa ff non rispecchiano/rispecchieranno i miei
pensieri sull'argomento e non hanno intenti polemici, ho solo cercato e
cercherò di descrivere l'atmosfera di questa epoca che, come
sappiamo, è stata divisa tra un forte teocentrismo e
un'altrettanto forte tendenza alla superstizione. Questo prologo
darà modo a chi legge di ambientarsi, conoscere con calma i
personaggi e come si relazionano tra loro: non tutti i personaggi che
vedremo in questi primi appuntamenti ci seguiranno nel resto della
storia, al contrario se ne aggiungeranno degli altri solo in seguito.
Anche se i nomi non vi sono familiari, la famiglia di Maghi che vive
nella radura sono gli antenati degli Sherton (leggete il nome della
Strega e capirete come nasce questo cognome così poco
"gaelico"). Tutti
questi nomi, come i nomi di luogo e di persona dell'altro chap, non
sono di mia invenzione ma li ho scovati andando a leggermi siti che
trattano dell'antica Scozia (in particolare, la battaglia di Cullen nel
962 è realmente avvenuta e re Indulf di Alba è
morto nel tentativo di
respingere gli invasori Vichinghi in quell'occasione). Piccolo promemoria:
Cormacc
Mac Artgal: il padre, l'abbiamo visto nel capitolo
precedente nelle vesti umane di condannato al patibolo in quanto
adoratore del demonio (Cormacc in antico gaelico significa "figlio di
dissacratore") e nelle vesti del cane nero che protegge la Strega;
Sheira
nic a' Thon: la Strega, vedremo la sua presentazione
ufficiale nei prossimi chap;
Dòmhnall:
è il bambino che stava in braccio alla Strega nello scorso
capitolo, ora ha circa 16/17 anni, essendo di qualche mese
più grande di Mael, il figlio morto di Aed;
Cuilén:
nell'altro capitolo la Strega era incinta di suo marito e aspettava
questo figlio, ha sui 5/6 anni.
A presto.
Valeria
Scheda
Immagine
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