CB Prologo.
Carta
Bruciata.
Prologo.
«Del
tuo fuoco mi brucerò, con fretta e forza senza lasciare
nient'altro
che il marcio dolore ma questo non è sicuramente un motivo
per
allontanarsi da quel calore meraviglioso e penetrante, pericoloso
eppure attraente perché finché vivrò
di esso ovvero di te, saprò
di vivere.»
{ Eleein
/ Damien }
Tutte
le ragazze che avevo avuto fino a quel momento odoravano di pesca o
al massimo di rosa, insomma di quei profumi leggeri e piacevoli, che
sapevano tanto di buono e di qualcosa di estremamente delicato e
puro, anche se alla fine esso rimaneva solamente sulla pelle e non
penetrando quell'animo gelido eppure lei, Eleein, non sapeva nessuna
di quelle cose ma bensì di qualcosa di più
particolare e di meno
amabile.
Eleein
McIdars sapeva di carta bruciata.
Eley
non fu la persona che amai di più, a cui chiesi di restare
con me
per tutta la vita perché neppure nel pieno
dell'innamoramento per
lei ero certo di volerla con me ogni giorno, la mattina e la notte,
anno dopo anno, portarla all'altare ed avere qualche bambino
soprattutto perché ogni istante con lei era difficile,
sconfortante
e di un intensità a volte troppo densa da riuscire a
resistere,
senza il desiderio di scappare e di andare il più lontano
possibile
da quella minuta eppure potente donna.
Di
tutte le donne della mia vita, però, Eleein fu l'unica che
mi fece
rendere conto di chi fossi e per cosa ero disposto a vivere. Mi
cambio la vita radicalmente, senza dire niente di che, ma agendo ogni
giorno per i quattro anni in cui stemmo insieme.
Golden Gate Bridge, Sette Dicembre 2000, Ore 2:28
«Fino al 1995 la quota dei suicidi su questo ponte
è arrivato a mille persone. Mille uomini o donne o
adolescenti si sono buttati da questo ponte, balzando per soli ed
ultimi quattro secondi, percorrendo quel salto di sessantasette metri.
Ci pensi, Damien?» Eravamo soli da mezz'ora su quel ponte
e fino a quel momento Eleein era stata in silenzio ad osservare il
Golden Gate ovvero lo stretto su cui passa quel ponte color arancio su
cui ci trovavamo. Guardava l'acqua espandersi sugli scogli della baia
di S. Francisco, invaderli e sovrastarli mentre accarezzava lentamente
il metallo di una delle due torri.
«Ne sei attratta, Eley?»
«Terribilmente.
Quando sto male vengo sempre qua. Il Golden Gate Bridge è
parte della mia storia, della mia vita, del mio passato e del mio
futuro. è bene che tu sappia questo, Damien.»
Osservai il suo viso con attenzione, illuminato dal bagliore della
luna. I suoi occhi verdi erano totalmente aperti come se fossero pronti
per ammirare tutte le bellezze del mondo e i suoi capelli castani,
tirati su da una piccola molletta, lasciavano cadere talvolta qualche
ciuffo ribelle. Eleein era presente.
«Parte della tua
vita?»
«Quando avevo cinque anni mio padre mi
portò su questo ponte, proprio il sette dicembre ovvero il
giorno del mio compleanno. Mi fece uscire dalla nostra macchina di
lusso: era una Ferrari rossa,
molto bella. Poi mi portò sulla trave, a guardare l'acqua e
lì mi parlo di una donna in cui nome era Jocelyne Sarah
Bishop McIdars, mia madre. Mi racconto dei suoi sogni, delle sue
passioni, dei primi quattro anni con Brayden, mio fratello e della mia
nascita, di ogni che mi aveva dato. Sai, Damien, ho quattro nomi. Mi
chiamo Savannah Olive Eleein Leah. SOEL.
Soel era il nome di mia nonna, morta quando mia madre aveva sette anni.
Mio padre mi raccontò di quello che successe al mio sesto
mese d'età. Joey, così lui la chiamava, venne
qua, su questo ponte e dopo tre ore si buttò. Un anno dopo
trovarono una lettera sotto il suo sedile: era per me. Non
riuscìì mai ad aprire quella lettera. Dopo
vent'anni non l'ho ancora aperta ma la porto sempre con me per
ricordarmi quanto odio Joey, quella che doveva essere mia madre, quella
che mi lascio a soli sei mesi. Non la ricordo. Tutti mi dicono che
assomiglio a lei, che sono la sua copia esatta: stessi capelli color
cioccolato fondente, stessi grandi occhi smeraldo, lo stesso portamento
e a quanto parte la stessa ossessione per questo ponte. Lei mi chiama
sempre Savih, ero la sua Savannah ed è per questo che
ripudio il mio primo nome. Non sarò mai più
Savannah.»
«Oggi è il tuo compleanno.»
Eley mi
guardò per qualche minuto, poi scoppiò a ridere
fragorosamente. «Ti porto qua al nostro primo
appuntamento, ti racconto la storia tragica della mia vita e l'unica
cosa che dici è che è il mio compleanno? Ma tu
chi diavolo sei?»
Le sorrisi, prendendo la bottiglia di scotch che
avevo nascosto nel SUV.
«Sono uno
che rispetta le storie El. Sono uno che ascolta e spesso non giudica e
soprattutto sono uno che rispetta il passato e che crede che il giorno
del proprio compleanno sia il giorno in cui bisogna bere e dimenticarsi
quanto cazzo faccio schifo il mondo. E cazzo Eley, sei bella e io non
sarò un principe e forse nemmeno l'uomo per te, ma sono un
uomo che vuole stare sdraiato su 'sto ponte con una bottiglia di scotch
in mano a sentire mille storie sulla bellissima, complicata e
particolare Savannah Olive Eleein Leah McIdars.»
Eley si avvicinò a me muovendo delicatamente i fianchi in
quel piccolo vestito di seta rossa e lasciando cadere i suoi lunghi e
mossi capelli castani, prendendo poi la bottiglia di scotch dalle mie
mani.
...
Questa storia è solo un unizio, uno che non so neppure se
avrà un seguito. Voglio solo a vedere come va a finire.
Non pretendo nulla da questa Originale, anche perchè non
scrivo seriamente da tanto tempo e non se più neppure se
sono ancora una scrittrice. Spero che vi piaccia e che vi trasmetta un
qualcosa.
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