Chocolate kiss
La luna scintillava alta nel cielo, oltre le tende della finestra di Kirika.
Nel suo letto, si girava e rigirava, cercando invano di prender sonno,
gli occhi aperti che fissavano le ombre del mobilio proiettate contro
le pareti della sua stanza. Era incredibile come il giorno e la notte
rendessero diversa la sua camera: durante il dì ci si trovava
così a suo agio, mentre nella notte ogni angolo buio assumeva
inquietanti sfumature. Era un gioco di luci e ombre che non
l’aiutava affatto a prender sonno, soprattutto quella sera, che
era già agitata di proprio conto.
Dopo altri dieci minuti di lotta tra il suo nervosismo e la stanchezza,
decise di desistere e concedersi una bella tazza di cioccolata calda e
fumante per conciliarsi il sonno.
Scivolò sotto le coperte fino al bordo del materasso, su cui si
sedette in cerca delle ciabatte, finite, chissà perché o
come, sotto il letto.
Se le infilò e si alzò, allontanandosi con una certa
fretta, senza riuscire a fare a meno di guardarsi intorno con una
certa, sottile paura negli occhi. No, non dell’Uomo Nero, ma
dell’oscurità addensata nellle nicche e sotto
l’arredo.
Uscita dalla stanza, si appoggiò contro la porta mandando un
impercettibile sospiro di sollievo: lì l’ambiente era un
po’ più luminoso, anche se non di molto.
Si diresse silenziosamente verso la cucina, sperando di non svegliare nessuno.
Quando arrivò, però, si fermò davanti alla soglia,
socchiusa, dalla quale filtrava un alone di luce, segno che non era
stata l’unica ad avere problemi di sonno.
Si avvicinò piano, quindi aprì la porta un po’ di più, affacciandosi all’interno.
Riconobbe subito la figura in piedi davanti al fornello.
- Kirio? - chiese, entrando.
- Mmh? - mugugnò lui, voltandosi al sentirsi chiamare - Kirika?
Che ci fai in piedi a quest’ora? È tardi... -.
Lo osservò, leggermente divertita: non era cosa di tutti i
giorni che suo fratello girasse per casa in pigiama. Comunque non
poteva negare che gli desse un certo fascino, rendendolo addirittura
carino.
Si strinse nelle spalle, abbozzando un lieve sorriso colpevole.
- Non riuscivo a dormire. E poi... è tardi anche per te, Kirio. Dovresti cercare di riposare... - replicò.
- Anch’io non riesco a dormire - rispose il moro, un po’ troppo in fretta perché fosse realmente credibile.
Si girò quindi di nuovo verso il fornello, mentre la sua gemella si avvicinava lentamente.
- Ti va... una tazza di cioccolata? - le chiese lui, senza voltarsi.
Lei sorrise in modo più imbarazzato e scrollò lievemente le spalle.
- Ero venuta per questo... - asserì.
Non ci fu bisogno di aggiungere altro: suo fratello già aveva
avuto un piccolo, divertito pensiero al riguardo. “Siamo gemelli.
Qualcosa dovrà pur accomunarci”. Eppure riusciva anche a
percepire quanto quel loro somigliarsi, soprattutto quella notte, fosse
strano. Erano di sesso opposto, ma ragionavano come se fossero
perfettamente identici.
Versò il contenuto del bricco in due grosse tazze, posò
la stoviglia sporca nel lavabo e si avvicinò al tavolo, dove
Kirika aveva già preso posto.
Le posò davanti una tazza e prese posto accanto a lei sorseggiando la propria.
Cadde il silenzio, mentre bevevano le loro cioccolate bollenti.
Infine, il moro ruppe il silenzio: - Sei nervosa? -.
- Un po’... - si limitò rispondere la castana - E tu? -.
- Per me è diverso... -
- Che cos’hai? - chiese allora Kirika, iniziando a preoccuparsi.
Kirio fissò assorto la voluta di fumo che saliva dalla sua tazza
per alcuni istanti, prima di rispondere: - Stavo pensando... a questo
pomeriggio... -.
Bastava quello a farle ricordare cos’era a preoccuparlo tanto da
non riuscire a dormire, e la cosa le suscitò fastidio e
ilarità al tempo stesso: era stato battuto di nuovo da Karin.
- Stai pensando... ancora a lei? - chiese.
- Perché puntualmente riesce a battermi? Io... non capisco... -.
Bevve un lungo sorso di cioccolata, che si era nel frattempo un
po’ raffreddata. Quando abbassò di nuovo la tazza, Kirika
non riuscì a trattenersi dal ridere.
- C-che c’è? - domandò Kirio, arrossendo un po’.
Lei si sporse su di lui, finché i loro visi non furono vicini.
Gli passò un dito sopra le labbra, poi lo leccò in modo
estremamente carino e innocente.
- Sei sporco di cioccolata... - replicò, sorridendo radiosa.
Era da un bel po’ che non la vedeva sorridere in quel modo
così solare, così da lei. Non quei sorrisini tipici del
suo “travestimento” da maschio.
Però quella vicinanza lo metteva a disagio.
- Be’, e allora...? - chiese, distogliendo lo sguardo con ostinazione.
- Sei buffo, tutto qui - asserì la gemella, passandogli un dito sulle labbra.
D’istinto, lui le leccò il dito prima che lo ritraesse, in un gesto spontaneo, ma terribilmente imbarazzante.
“M-ma che diamine sto facendo?!” si rimproverò, scostandosi leggermente.
Kirika gli sorrise.
- Che c’è, Kirio? Qualcosa non va? -.
Sembrava che quello che aveva appena fatto non l’avesse né
sorpresa né turbata. Era ancora lì, vicino a lui, tanto
da percepire il suo respiro carico dell’odore di cioccolato
solleticargli la pelle e i sensi.
- Kirika, io... - esordì, spostandosi.
Fu allora che rimase perplessa, ma si riprese abbastanza in fretta e si ritrasse, tornando a bere la sua cioccolata.
Di sottecchi, Kirio la osservò: perché
all’improvviso gli sembrava estremamente più dolce e
carina di come era normalmente? Perché gli sembrava
così... attraente?
“È mia sorella. Non posso pensare che sia
attraente!” si disse, sforzandosi di concentrarsi sulla sua
bevanda.
Nella sua testa, più ripeteva quell’aggettivo e più
lo sentiva adatto alla sua gemella e alla sua nuova sensazione che gli
stava lentamente chiudendo la bocca dello stomaco.
Nervosismo? Imbarazzo? Paura?
Per cosa?
Continuò a guardarla, buttando giù meccanicamente la cioccolata.
“È solo una tua impressione, Kirio. Passerà
presto” pensava, ma più si diceva così e più
la convinzione che quella sensazione sarebbe perdurata si intensificava.
Perché diavolo adesso sua sorella gli faceva quell’effetto?! Non capiva.
Kirika finì di bere prima di lui e si alzò, tenendo la
tazza tra le mani, diretta verso il lavabo, ma inciampò nei suoi
stessi piedi e cadde in avanti.
Fu un attimo: la tazza si fracassò in mille pezzi sul pavimento,
schizzando cioccolata tutt’intorno al punto dell’impatto,
ma Kirika non cadde. Rimase stretta al petto del gemello, prontamente
intervenuto prima che rovinasse a terra. Adesso era chino sopra di lei,
un braccio saldamente avvolto attorno alle sue braccia. I loro visi
erano a pochi centimetri di distanza, e non si poteva dire che quella
vicinanza non sortisse alcun effetto, almeno a Kirio, improvvisamente
rosso.
Kirika rimase a fissarlo, un po’ perplessa dal suo tempestivo quanto mai imprevisto intervento.
- G-grazie... - sussurrò.
Ma lui rimase fermo e zitto, a fissarla dall’alto.
Infine, la castana comprese cosa si stava agitando nell’inconscio del moro. Erano gemelli, in fondo.
Non poté evitare di sorridergli in modo affettuoso, mentre si
protendeva verso di lui e gli sfiorava timidamente le labbra,
incontrando le sue, nuovamente sporche di cioccolata.
Il gusto del cioccolato si mescolò al piacere di
quell’intimo contatto che allentò e fece svanire la morsa
che si stava impadronendo dello stomaco di Kirio.
Era sua sorella, ma gli piaceva comunque. Le voleva bene. L’amava. Lei era tutta la sua famiglia.
Si sentì improvvisamente svuotato di ogni preoccupazione e
pensiero, mentre un incredibile senso di stanchezza si faceva strada
lentamente dentro di lui.
Kirika, da parte sua, era felice di quel bacio. Forse perché, in
fondo, aveva sempre saputo che l’affetto per suo fratello era
forte abbastanza da farle desiderare l’arrivo di quel momento,
anche se non aveva mai realmente avuto il coraggio di ammetterlo
neppure con sé stessa.
Quando quel bacio finì, ambedue si scambiarono un lungo sguardo carico di significati, ma soprattutto di spossatezza.
- Sono stanco... - disse Kirio, rialzandosi, tirando su anche sua sorella.
- Anch’io... - si aggiunse quest’ultima.
Poi tacquero.
- Posso... dormire con te, Kirio? - domandò Kirika, un po’ rossa in viso.
In tutt’altra circostanza, il moro avrebbe rifiutato, ma quella
sera era particolarmente propenso per gli atti audaci. Almeno per una
volta, avrebbe potuto fare uno strappo alle regole.
- Okay... - acconsentì, sorridendole, mite, mentre lei
intrecciava la propria mano con la sua e s’incamminava verso la
porta.
Non avrebbero fatto niente di osceno, a meno che dormire mano nella mano non fosse considerato un tale atto.
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