Che
sia morto anche il sole?
Questa è
per voi, Sarhita, Lady Snape e Col_vale, sperando che vi piaccia.
-Trae spunto da
quanto il nostro adorato Jake racconta della sua infanzia nella
puntata "Ricordati di me" della... della quinta stagione se
non erro. Ovviamente il tutto è stato rivisto e rimaneggiato,
nonchè ampliato dalla sottoscritta.
Buona lettura.-
“Mamma... mamma...” la voce
argentina della piccola Lucinda, sette anni appena, è ora poco
meno che un sussurro leggero, flebile come il battito d’ali di
una farfalla la cui esistenza stia lentamente volgendo al
termine.“Lucy, mia adorata Lucy, ci sono qui io, non
preoccuparti, ci sarò sempre, ma non parlare ora, non
sforzarti, per favore...” la voce del ragazzino che tenta
invano di rassicurarla accarezzandole dolcemente e con mano tremante
i capelli, come solo un fratello può saper fare, è roca
e debole, come se ogni parola che proferisce a fatica fosse un pugno,
come se ogni respiro fosse una coltellata.
Eppure li preferirebbe.
Sì, preferirebbe un pugno, una
coltellata, cento pugni, cento coltellate, preferirebbe ritrovare
livido ogni centimetro del proprio corpo, preferirebbe guardare il
proprio sangue aprirsi sotto di sé come i petali fragili di un
papavero, preferirebbe venire sgozzato così su due piedi dai
denti di un cane rabbioso, piuttosto che starsene immobile al
capezzale della sua adorata Lucy, stretto tra le braccia il piccolo
James, il suo piccolo, capriccioso James che adesso però non
piange più, non si lamenta più, non fa più il
broncio, non storce più il nasino...
Non respira neanche.
“La mamma... Jake, la mamma,
dov’è la mamma?” chiede ancora la bambina con tono
implorante ed il fratello si ficca una mano tra i capelli chiari
maledicendo chi li ha messi al mondo e al tempo stesso li ha
condannati.
“La mamma non c’è!”
urla il bambino di colpo, come se d’un tratto una follia
sopita, taciuta si fosse risvegliata in lui così, di
soprassalto “Non c’è la mamma, se n’è
andata e non c’è neanche papà, siamo soli Lucy,
siamo soli come lo siamo sempre stati!”
Le grida del piccolo squarciano il
silenzio di un’alba dalla luce asettica che incombe sul piccolo
villaggio delineando i contorni delle case e degli alberi spogli,
senza fiori e senza foglie nonostante la stagione, invadendo i campi
brulli e sterili, divenuti qua e là cimiteri improvvisati di
carcasse nude e depredate, simposi di corvi e di cagne dalle mammelle
rinsecchite.
“Non è vero...” lo
rimprovera la piccola Lucy, mentre un sorriso si allarga
febbricitante, schizofrenico, terrificante quasi, sul suo bel volto
oramai butterato dalle piaghe del morbo “Non è vero,
io... io la vedo, la vedo... vedo la mamma...”
“Lucy...” le mani di Jake
tremano incontrollabilmente, il corpicino gelido di James quasi gli
sfugge dalle braccia.
“Dice che... che è tornata
da New York per portarmi con sé...” il sorriso sul volto
della bambina si fa ancora più largo, più spaventoso,
mentre il piccolo Jake si fa indietro con passi insicuri scuotendo
ferocemente il capo, trattenendo a stento un conato di vomito che gli
riempie la bocca di bile “Mi porterà a mangiare il
gelato e mi comprerà un vestitino nuovo e poi...”
“Lucy, ti prego...” geme il
bambino con voce strozzata e di colpo è con le spalle al muro.
“E poi.... e poi...”
“Lu... Lucy...”
E poi più niente.
Non un respiro, non un battito.
Nulla, solo quel sorriso terrificante e
folle che riecheggerà nei suoi incubi per anni.
L’unico sopravvissuto nella
piccola stanza sporca e puzzolente, già torbida del caldo di
un sole appena nato, posa con delicatezza sul letto il piccolo
feticcio di vita che ha tra le mani e con calma, come fosse un automa
si mette all’opera: un bottone dopo l’altro la camicetta
logora si lascia slacciare docile e scivola via dalle membra inerti
lasciando scoperto il minuscolo petto acerbo divorato dalle piaghe.
Le metterà il vestito della
domenica, quello bello, tutto bianco e ricamato che le piace tanto...
Che le piaceva tanto...
E le pettinerà i capelli, sì,
le pettinerà i capelli: cento colpi di spazzola come lo
pregava ogni sera prima di coricarsi.
Come non lo pregherà mai più...
Bene.
Ora sono pronti per andare.
L’uscio della piccola capanna si
apre piano su di una strada polverosa, inondata da una luce inanimata
e quasi gli viene il dubbio.
Che sia morto anche il sole?
La strada è vuota.
Nessun falegname che sudi sui suoi
legni, nessun fabbro che alimenti la sua fucina, nessun droghiere che
declamaila qualità della sua merce, nessuna puttanella che
lasci scivolare tutt’altro che distrattamente una delle
spalline dell’abito già sufficientemente succinto
innanzi agli sguardi affamati dei cowboy di passaggio, nessuna
vecchia rinsecchita che celi dietro le sue critiche bigotte per
queste signorine tutta l’invidia dell’avvizzimento e
della vecchiaia, nessun prete in soffocante sottana nera pronto a
fare la morale, solo lui per la strada polverosa e deserta, lui, tra
le braccia, contro il petto, il freddo che nessun bambino dovrebbe
mai sentire, neppure di riflesso.
Jake cammina a passo lento, lo sguardo
che si sofferma su particolari che avrà tutta la vita per
poter maledire uno ad uno: la staccionata del signor Caine andrebbe
riparata ad esempio, il signor Epstein farebbe meglio a sostituire
quella trave marcia lì nella veranda di casa sua e quella
donna, oltre quella finestra sporca è immobile, bluastra in
viso, come il corpicino del bambino che ha ancora attaccato al seno,
mentre un cerchio di mosche li incorona come la luce fa con i bei
volti della Vergine e del piccolo Cristo nel dipinto della piccola
chiesa del villaggio.
E’ li che sta andando.
Gli hanno spiegato una volta, non
ricorda bene quando, ma l’hanno fatto, che devono essere i
preti e i becchini ad occuparsi di queste cose, ma il becchino da
dentro la cassa rivestita di velluto non si era degnato di
rispondergli, quindi dovrà accontentarsi del solo reverendo.
Varca la soglia della casa di Dio e
dopo qualche attimo alle sue orecchie sopraggiunge, impastata alla
penombra, una sorta di nenia tremolante che s’insinua flebile
nel silenzio.
“V... vidi salire dal mare una
be... bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci
diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. La bestia c... che io
vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e
la... la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua
forza, il suo trono e la sua potestà g... grande...”
Il bambino si avvicina piano all’altare
e un passo dopo l’altro l’apocalisse incombe sempre di
più su di lui una parola dopo l’altra, un cadavere dopo
l’altro, tanto che non ritrovarsi sotto i piedi le falangi di
qualcuno è quasi impossibile.
“Alla b... bestia fu... fu data
una bocca per proferire parole d'orgoglio e bestemmie, c... con il
potere di agire p... per quarantadue mesi...” il reverendo
Jasper se ne sta accucciato dietro l’ara sacra in ginocchio,
con il crocifisso stretto tra la mani piagate, mentre ondeggia piano
avanti e indietro con il busto, ripetendo a memoria i passi
dell’Apocalisse di Giovanni che al collegio gesuita gli hanno
inculcato a forza di vergate e abusi.
“Reverendo, io...” prova a
chiamarlo Jake, ma l’uomo, gli occhi aperti e vigili innanzi ai
diavoli delle sue allucinazioni, non lo vede, non lo sente, non ha
più neppure coscienza di se stesso figuriamoci di lui.
“Io sono qui perché...”
“Essa aprì la b... bocca
per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e...
e la sua dimora, contro tutti quelli ch... che abitano in cielo...”
continua pacato l’uomo di chiesa, ma è quando il bambino
fa per allungare una mano al volto dell’uomo che questo scatta
in avanti e gli afferra la gola, buttandolo a terra e gettandosi su
di lui: James e Lucinda gli scivolano dalle braccia come fossero
bambole di pezza urtando contro il pavimento in un leggero tonfo
sordo che le grida dell’uomo impazzito subissano nel terrore
della morte “Non mi avrai Satana, non mi avrai mai, non avrai
mai la mia anima!”
L’uomo urla, sbraita, le sue dita
si serrano con forza sulla gola del ragazzino che inutilmente
scalcia, si divincola sotto il corpo massiccio del suo assalitore, ma
è proprio quando tutto sta per perdere consistenza agli occhi
del piccolo Jake che la sua mano urta contro qualcosa, qualcosa di
freddo e di metallico.
E’ un attimo e l’argento di
un crocefisso poco più grande di un palmo si fa strada tra le
carni del reverendo, gli apre il collo come se questo fosse fatto di
burro e il sangue schizza a fiotti copiosi, secondo il ritmo, ormai
insostenibile del cuore.
Le parole dell’Apocalisse gli
rantolano in gola scarlatte, la stretta delle sue dita contratte allo
spasmo si allenta irrigidendosi, mentre la sua anima si arrende al
gelo inarrestabile della morte che lo lascia ad occhi sgranati come a
potergli meglio mostrare il baratro al quale è stato
destinato.
Il ragazzino, ancora in parte
immobilizzato per il terrore si fa indietro piano, strisciando come
una serpe, ma è solo quando una goccia ferrigna più
audace delle altre si lascia scivolare dallo zigomo fino ad
accarezzargli le labbra secche per la sete che Jake si capacita
realmente di ciò che ha compiuto.
Un moto violento lo svelle da dentro e
come una marionetta che venga strattonata quasi fino a spezzarne i
fili si alza in piedi di scatto, arranca alla cieca con le mani
protese in avanti, inciampa su qualcosa -un braccio o un caviglia- e
sbatte forte una spalla contro il legno di una panca, mentre il suo
stomaco si contrae a vuoto e gli occhi si sgranano, le iridi si
dilatano alla ricerca di ossigeno.
Con il volto riverso a terra, ripiegato
su se stesso, Jake trema ora senza controllo mentre pian piano, però,
i crampi si fanno meno dolorosi e violenti.
Devono andarsene da lì.
Si rialza barcollando, come ha sempre
fatto dopo ogni caduta e in ginocchio tra i corpi cerca il macabro
sorriso della sua Lucy e la dolcezza del sonno eterno del suo James.
Come al solito dovrà fare tutto
da sé.
Perchè è così che
funziona quando si è soli e Jake lo sa, lo sa meglio di
chiunque altro conosca.
C'è un vanga nella capanna degli
attrezzi del signor McCoy.
Ogni tanto lo aiuta nel lavoro dei
campi per racimolare qualche soldo ed è per questo che lo sa.
Era un tipo simpatico, il signor McCoy.
Uno come lui, uno di quelli nati per
essere più soli di altri, uno di quelli in grado di portare un
croce più pesante di altri.
Il ragazzino è sicuro che che il
suo amico non si arrabbierà se per mezz'ora gli chiederà
in prestito la sua vanga...
Chi tace acconsente, dice il detto e
Jake spera che questo valga anche per i morti.
La terra è secca, dura come
pietra.
Scavare è faticoso e si sente
senza forze, ma ormai la fossa è abbastanza grande e profonda
da contenerli entrambi.
Vi porrà i loro cadaveri, un
fiore ciascuno, la vecchia e logora bambola di pezza della sua Lucy,
il soldatino di legno del suo James e poi la terra ricoprirà
tutto, anche la sua piccola anima ormai corrotta, mentre un padre
ubriaco tornerà a casa cercando invano i suoi figli morti.
Un ultima manciata di sabbia e ancora
Jake non piange, non versa una lacrima.
Sa che avrà tutta la vita per
farlo.
Fine.
Tristezza...
Spero solo che nonostante tutto sia
stata di vostro gradimento.
Una storia davvero strana per i miei
standard...
Non uso molto speso il presente come
tempo verbale per le mie storie, ma stavolta mi pareva che avrebbe
potuto starci bene.
Potrei decidere di volgere tutto al
passato, fatemi sapere che ne pensate, ok?
Alla prossima!
ISI.
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