¨Cold dust¨
Disclaimer: La serie
di Inuyasha e i relativi
personaggi non mi appartengono. Li ho semplicemente presi in prestito. Posseggo solo questa semplice idea, e la fan-fiction.
Rating: Penso sia PG14…o PG13, non saprei
davvero.
Warnings: Sorta
d’incesto. Forse nemmeno comprensibile. Interpretate il tutto come preferite.
Thanks to: Ondy e Bea per il loro assiduo sostegno. Siete assurdamente
adorabili. E Chibi, in
particolare, avvertendo anche di aver fatto di ognuna di loro una fan del mio pairing diletto, e poiché è di recente passato il
compleanno di Chibi, desidero dedicare a lei questo
testo. Su, su, ti auguro di portarti sempre bene la
vecchiaia, ed ammetto che quattordici anni non sono poi la fine del mondo! U.U’’ Auguri con Milù e con la
nuova scuola! ^o^ E, soprattutto, mi è stata d’aiuto
la lettura di un particolare passo della meravigliosa “Vigil”,
rintracciabile su Fanfiction.net. Ed altre migliaia
di KohakuSan inglesi, ma questa in particolare. Tra
le più recenti, ho adorato ed adoro tutt’ora anche “Drowning”, e ve la
consiglio caldamente! ^^
Comments: Mnn, idea
concepita in modo strano, indefinibile. Impreciso, anche. Avevo il desiderio di
scrivere qualcosa del genere, trattando un fatto semplice. In superficie.
Andateci a fondo, e potrete scoprire mille sfaccettature diverse per frase.
Potrete non capirla, ma non biasimatene i concetti,
per favore. E’ qualcosa che ho avvertito in prima persona, e spero di aver reso
il più tangibile anche per voi. Finale ed inizio aperti,
puramente voluti, come il resto.
Dedicated to: Chibi. Happy birthday!
^o^
C’era
cenere sulle vesti pulite della donna, mentre giaceva nel profondo dei suoi
occhi.
Lentamente, la mano sprofondava nel nero, scossa dai
brividi.
Le dita si
univano sulla sua schiena, e l’eterna ricerca era finita.
Setacciavano con le mani aria e terra con la speranza che non tutto finisse per
sciogliersi, cercando un qualcosa cui appigliarsi per essere
liberi di negare, qualcosa di ancor più reale.
Sangue
stillava lieve dal loro petto, e quello di entrambi era rosso e caldo.
Eppure
solo quello di lui possedeva una propria densità, facendogli capire di essere vivo, di non essere una visione trasparente anche
per sé stesso.
Kohaku
fissò la linfa vitale scivolare ed insudiciargli i polpastrelli delle dita.
Le ferite erano dense e livide, una vincolo di filo
spinato scuro vi infieriva.
-Andrà tutto bene...-
Il volto della sorella era bianco, mentre sfiorava le lentiggini sulla sua
pelle con la sua carne percettibile.
Forse
viva, forse l’illusoria derisione del fato alla sua sagoma leggera e
consistente di appena vaga essenza.
Una scheggia violacea indugiava nel torace del ragazzino, minacciando di venir asportata via dal flusso cremisi.
Il sangue
lambiva anche le perle dell’isteria neonate, mentre la ragazza tentava di
arginare i fiotti viscosi con uno strappo dell’abito, ottenendo solo di averne
incrostati persino gli angoli della bocca.
Sommessamente,
il ragazzino si concesse ad un respiro vitale e duro, tastando una foglia
caduta dagli alberi e sentendola irreale.
Non come Sango.
Col solo sguardo, scrutava nella sua anima e vi vagava ebbro della sua
confusione, dilettato dalla tremula scintilla nei suoi occhi, acquietato dallo
stabile battito cardiaco.
Lei pareva
invece averlo guardato allo stesso modo tante e tante volte in un’epoca
distante, fino ad aver acquisito proprie certezze impossibili da scalfire, discostate dalla logica del mondo, ma per lei giuste.
Perché non c’era mai stato nulla di paragonabile alla semplicità e la sincerità di lui, nulla che potesse venir prima, e per
quanto per la sua mancanza di doti, agli inizi, fosse stato additato quasi come
deforme, avrebbe sempre avuto una schiena dietro la quale nascondersi, mani ad
accarezzarlo, braccia a stringerlo.
-Andrà tutto bene, perché io ti amo.-
Le sue
mani erano grandi, e le sue labbra ardenti, mentre
posava piccoli baci sulla schiena lacera e nuda.
La ferita mortale trovava conforto, e non era più nulla perché ricordava che la
sua pelle era sempre stata fredda, e ferite mortali avevano già leso e ucciso
il suo corpo.
Il suo corpo era sempre stato freddo, come spetta ad ogni cosa in cui non
risiede vita, e che non può più trovare ristoro o sollievo.
E’ andato, e quell’universo che un tempo gli appariva
così chiaro, e suo non lo è mai stato.
Incatenato dalla nascita a valori che prevedevano fosse
abile, forte e coraggioso, non era mai stato in grado di adeguarvisi.
Non v’era nulla che potesse amare, in quel mondo.
Ogni cosa
era ingannevole, e non c’era nulla di ben definito.
Odiava, odiava ed odiava con intensità, perché la gente ricercava la
perfezione, e per loro lei sarebbe stata
sudicia, avrebbe avuto un bel viso, ma le sue labbra per loro avrebbero certo
saputo di marcio.
Poco importava.
Non le avrebbero mai toccate, perché loro erano uno
stesso individuo e si appartenevano l’un l’altro, trovando completezza solo
quando si sfioravano.
Debolmente, voltò la testa mostrandole dolcezza nel suo essere debole e
rassegnato.
Per lei era Kohaku ed era giusto come le appariva.
Non era ingannevole, e le lastre opache che avevano raccolto il posto dei suoi
occhi scioglievano con delicatezza le sue catene e le
sue pene, e lo lasciavano accostato al suo cuore e freddo come sempre, eppure
morto.
Sango
sorrise.
Affondò la
testa nell’incavo della sua spalla inerte, scoprendo che nulla era cambiato,
perché era già morto da tanto tempo.
Eppure non ne aveva mai preso consapevolezza, e non
intendeva farlo ora.
Attese,
cullandolo in seno perché giacesse sereno, e non l’aveva mai visto più disteso.
Attese perché
stava attendendo i suoi amici, e loro non avrebbero
potuto comprendere.
Aveva ancora qualcosa da realizzare, finché lo vedeva vivo, e ne tastava le
carni.
Attese di realizzarlo, continuando a vagare alla sua ricerca,
ed invocandone il nome.
Attendendo di ritrovarlo, in eterno.
Fino a quel momento, il suo aspetto pulito avrebbe nascosto un sottile ma
pesante strato di sporco.