AUTRICE: Soffio d’Argento
SERIE: Slam Dunk
PARTE: capitolo unico.
PAIRING: Senkosh con apparizione di Kiyota ^^
RATING: demenziale
DECLAMERS: i personaggi
non sono miei, ma ppartengono al maestro Inoue!
DEDICA: alla mia sis che oggi compie gli anni! Poteva mancare ^^? E non dire sì!
NOTE: questa ff rientra nel progetto “favole e fiabe in chiave yaoi”. Signore e
signori aspettatevene delle altre ^O^! È una storia piccina piccò, ma spero che
vi possa lo stesso piacere. In particolare prende spunto dalla versione Disney
della favola: Topolino l’ammaza sette.
Buona lettura!
In una terra lontana c’era un piccolo regno. Questo regno pacifico sorgeva su
una ricca pianura e il castello svettava sulla collina che sovrastava il verde
manto.
Come dicevamo, questo regno aveva vissuto secoli e secoli in pace e in pace era
progredito e divenuto uno dei più fiorenti della regione del Sud. Ma da qualche
tempo le cose erano cambiate. Il paese era costantemente preso d’assalto da un
gigante che schiacciava le case e divorava tutte le provviste. Gli abitanti di
quel borgo sorridente erano preoccupati e agli angoli delle strade e nella
piazza principale non facevano che parlare del gigante.
“Avete sentito?” disse il pasticciere: “So per certo che proprio ieri la casa
del mugnaio è stata schiacciata e con essa sono andati perduti mesi e mesi di
raccolto.”
“Dici sul serio?” chiese allarmata la moglie: “Di questo passo andremo in
rovina!”
Vicino alla piazza sorgeva la bottega del sarto. Akira Sendo era conosciuto come
il più abile sarto del circondario e, si diceva, riusciva a costruire un abito
in meno di un baleno. Anche lui, come tutti gli altri, era preoccupato per la
presenza del gigante, ma non in quel momento. Akira, infatti, era davvero in
ritardo! Avrebbe dovuto consegnare il nuovo abito ad un signorotto locale entro
la fine del giorno, ma delle fastidiose mosche non facevano che infastidirlo.
Per quanto cercasse di concentrarsi, le mosche continuavano a ronzargli attorno,
distraendolo dal suo lavoro. Alla fine perse la pazienza, raccolse la palla da
basket che suo cugino Kittcho aveva dimenticato l’ultima volta che era andato a
trovarlo e, presa la mira, e le schiacciò sul tavolo.
(ATTENZIONE:
rendiamo noto che, durante la scrittura della nostra storia, nessuna mosca ha
perso la vita.)
Sollevata nuovamente la palla, contò le mosche.
“Sette! Ne ho uccise sette in un colpo solo!” gridò contento facendo ruotare la
palla sul dito: “Sono stato proprio bravissimo! Devo raccontarlo a qualcuno!”
Allora aprì la finestra e, pieno di gioia, urlò:
“Sette! Ne ho ammazzati sette in un colpo solo!”
Il pasticciere e la moglie, che poco prima stavano discutendo sul modo di
liberarsi il mostro, rimasero sbalorditi. Subito, credendo parlasse di giganti,
corsero ad avvisare gli altri compaesani ed, in breve, la voce si diffuse per
tutto il paese.
“Ma dici sul serio?” chiese il panettiere incredulo.
“Ti dico di sì! L’ho sentito io con queste orecchie! Ha proprio detto: ne ho
uccisi sette in un colpo solo!”
“Ma sì!” continuò la moglie del pasticciere: “C’ero pure io! Eravamo lì, poco
distanti, che parlavano del gigante e della maniera di sbarazzarcene, quando lui
ha aperto la finestra…”
“No no! Ti dico che ha spalancato la finestra!” enfatizzò ancora di più il
marito.
“Ma è un fenomeno! Abbiamo trovato il nostro salvatore!”
Come detto, in breve la voce si diffuse in tutto il villaggio e oltre. Infatti
il cuoco di corte non era altro che il fratello del pasticciere e, quando venne
a sapere di tale fenomeno, decise di riferire il tutto al Re in persona.
“Uhm… e così, tu dici, vi sarebbe, giù al villaggio, un uomo capace di uccidere
sette giganti in un colpo solo.”
“Sì Vostra Maestà. È stato proprio mio fratello a riferirmelo, dopo averlo
sentito con le proprie orecchie!”
“Cosa ne pensi figliolo?”
Il principe Hiroaki guardò con sospetto il cuoco che abbassò velocemente lo
sguardo.
“Non ci resta altro che verificare noi stessi.”
“Allora è stato deciso! Conducete a noi Akira Sendo!”
Come da ordine, Akira, eccentrico sarto dagli innaturali capelli all’insù, fu
condotto, il giorno stesso, dinnanzi al cospetto dell’anziano Re e dello
scorbutico, nonché affascinante, principe ereditario Hiroaki.
Fu amore a prima vista, almeno per il nostro sarto, che, appena vide il volto
imbronciato del principe, perse ogni contatto con la realtà.
“Allora sarebbe costui l’uomo che ne ha ammazzati sette?” chiese il Re.
“Sì maestà. Costui è Akira Sendo, il sarto del paese.”
“Per servirvi maestà!” s’inchinò rispettosamente il ragazzo, senza rinunciare al
suo sorriso sornione: “Ogni vostro desiderio per me è un ordine. Non avete che
da chiedere.”
“Si dice in giro” continuò il Re: “che voi ne abbiate ammazzati sette in un
colpo solo. Risponde a verità quanto detto?”
“Ve lo giuro sul mio onore, maestà.”
“Se le vostre parole sono veritiere almeno quanto il vostro ego” continuò il
principe Hiroaki, infastidito dai continui sorrisi e sguardi rivoltigli da
Akira: “allora non sarà un problema spiegare come tu abbia fatto.”
“Ma certo!” il ragazzo trasse un lungo sospiro, poi iniziò il racconto,
colorando un po’ il discorso: “Ero per i fatti miei, quando mi ritrovai
improvvisamente circondato da decine, ma che dico decine, centinaia di loro!
Allora, senza perdermi di pazienza, li ho affrontati con coraggio” continuò
lanciando uno sguardo al principe che, poco regalmente, sbadigliava annoiato:
“Venivano da destra, da sinistra. Io li ho affrontati senza indietreggiare e…
zach! Ne ho ammazzati sette in un colpo solo!”
“Bravissimo!” esclamò entusiasta il Re: “Da oggi in poi tu sarai il nostro
ammazza-giganti!”
“Gi… giganti?” esclamò il sarto appena si rese conto delle parole del Re: “Ma…
ma io sono un umile sarto, non un ammazza-giganti!”
“Ti darò tutto l’oro del regno!” continuò il Re.
“Vi ringrazio Maestà per la generosa offerta, ma sono costretto a rifiutare. Amo
il mio lavoro.”
“Allora che ne pensi di un titolo nobiliare?”
“Non voglio cambiare lavoro!” continuò sempre più spaventato.
In quel momento si avvicinò il Consigliere. Akira, nuovamente impegnato ad
osservare il giovane principe, lo vide, di sfuggita, parlare con il Re. Negli
attimi che seguirono, intere ere per il nostro sarto intento nella
contemplazione del poco contento principe, si sentì un mormorio diffondersi fra
i nobili lì riuniti. Quello era Mitsui, il consigliere del Re, famoso per la sua
sottile astuzia e per i metodi poco ortodossi di convinzione.
Il Re parve riflettere un po’ sulla proposta, scrutò attento il giovane sarto e
il principe, visibilmente arrabbiato. Il principe dallo sguardo freddo, così era
chiamato. Niente e nessuno riusciva a scalfire la sua corazza impenetrabile, nel
bene o nel male. Nessuno fino a quel momento.
“Ebbene, mio giovane eroe. Vi prometto che, qualora riuscirete a sconfiggere il
gigante, vi darò in sposo il mio unico figlio, il principe Hiroaki!”
Vi fu un attimo di silenzio. Tutta la sala rimase con il fiato sospeso,
aspettando le mosse dei protagonisti di questa storia.
“Che cosa?” urlò il principe Hiroaki, con la tonalità di voce che nessuno gli
credeva possibile.
Ma il suo grido di allarme fu sovrastato da un altro, più gioioso e festante.
“Accetto!”
“Accetto un corno!”
“Hiroaki! Ti sembra questo il linguaggio degno di un principe?”
“Al diavolo!” continuò il principe sempre più arrabbiato e sempre meno regale:
“Non vorrete mica che sposi uno strano individuo dal sorriso onnipresente e i
capelli… come diavolo li ha i capelli?”
“Così è stato deciso!” tuonò il Re, costringendo al silenzio e all’obbedienza il
difficile principe: “Akira Sendo, tornate vincitore e avrete in sposo il mio
unico e prezioso figlio!”
“Allora attendetemi, principe Hiroaki. Il viaggio di ritorno mi vedrà in veste
di vincitore.”
“Che il gigante possa ridurre il tuo corpo in mille pezzi e mangiarti con
gusto.” Avrebbe voluto augurare il principe a quel baldo giovane, ma le parole
che uscirono dalla sua bocca, dopo mirata gomitata del Consigliere, furono ben
altre:
“Spero ci liberete dal gigante.” E continuò con un sussurro: “E non tornerete
più!”
E
con i migliori auguri di tutta la corte, le… ehm… calorose parole del principe
ereditario, nonché le speranze di tutto il popolo, l’eroico sarto abbandonò il
castello, non senza il rimpianto di essersi dovuto allontanare dall’angelica
visione di quella creatura celestiale.
Si voltò un attimo, prima di intraprendere il viale che, attraverso i boschi, lo
avrebbe condotto vicino ai campi devastati dal gigante. Nonostante fosse poco
più di un’ombra, riusciva a distinguere il leggiadro principe indugiare ancora
sulla soglia e salutarlo amorevolmente, con mille gesti che, ne era sicuro,
erano tipici delle persone innamorate.
-
Principe Hiroaki non temete. Presto sarò nuovamente da voi.-
Quel che il nostro sarto non poteva immaginare era che di romantico e tenero vi
era ben poco, sia nei gesti che nelle frasi del principe che, aveva sì indugiato
fuori dal castello, ma solo per aver modo di esprimere le proprie emozioni
senza… testimoni.
Queste, all’incirca, le parole del regale fanciullo (i gesti preferiamo non
riportarli, per la possibile presenza di pubblico minore.):
“Muori Akira Sendo! Spero che il gigante Kiyota ti divida in mille pezzi, ne
faccia poi una poltiglia e ci giochi a basket! Anzi no! Che ti faccia
BIIIIIIIIIIIIIP e poi BIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIP e ancora BIIIIIIIIIIIIIIIIIP”
Autrice: perdonatemi, ma mi vedo costretta a censurare le parole del principe
visto la cruenta descrizione di scene di tortura. In attesa di riprendere il
racconto della nostra storia, vi lasciamo ad un allegro intermezzo musicale.
“Hiro è un principino delicato, ma la gente questo non lo sa. Akiruccio un
giorno l’ha incontrato, più nessuno li dividerà. Hiro è un principino! Akira gli
vuole bene! Canta insieme a noi, viva viva i nostri eri! Viva Hiro e Akiruccio!”
(musica e testo, riveduto e corretto ^^: Belle e Sebastien)
Fine intermezzo (demenziale) musicale ^^.
Intanto il nostro coraggioso eroe era giunto in breve al campo preso di mira dal
terribile gigante Kiyota. Seduto su di un masso, rifletteva sulla sua
situazione:
“Mannaggia a me! Che ne so io di giganti? Come ho fatto a cacciarmi in una
situazione simile?” sospirò contrariato: “Certo che lo so! È per il principe
Hiroaki.”
Perso nei suoi pensieri, non si accorse dell’avvicinarsi veloce di un’ombra alle
sue spalle. Quando alzò gli occhi vide un piede enorme incombere su di lui. Era
certamente il piede del gigante che calzava uno strano paio di scarpe, si disse
mentre, velocemente si metteva in fuga.
Andò a nascondersi dietro una casa, ancora miracolosamente rimasta in piedi, e
cercò di calmare il proprio respiro.
Alla fine aveva trovato il gigante e che gigante! Lui non ne aveva mai visto uno
in vita sua, ma… erano davvero così alti i giganti? E gli occhi! Faceva davvero
paura! Avrebbe dovuto tornare di corsa a casa, ecco che cosa avrebbe dovuto
fare! Ma proprio in quel momento gli apparve il volto sorridente del principe
(sicuramente frutto della sua immaginazione d’innamorato, visto che nessuno, a
corte, poteva affermare di aver avuto il privilegio di vedere il suo sorriso),
circondato da mille petali rossi. Hiroaki, si disse! E tutto il resto scomparve…
almeno fino a che il gigante si avvicinò alla casa e la sollevò, sradicandola,
con una sola mano! Akira allora cercò rifugio in un carretto, poco lontano,
pieno di zucche. Il nostro improvvisato eroe vide il gigante appallottolare la
casa, fino a renderla una sfera. Con suo stupore lo vide piegarsi sulle
ginocchia e lanciare quella che, una volta, era una casa. Seguì la traiettoria
del lancio e vide cadere la casa poco lontano dal vecchio mulino.
“No!” urlò il gigante dalla lunga chioma: “Ho sbagliato anche questa volta!”
Arrabbiato, batté un piede a terra, e tutta la campagna vibrò all’unisono.
“Tutta colpa di quella stupida casa! Ho bisogno di qualcosa di più morbido!”
tuonò e prese a guardarsi attorno: “Quel carro potrebbe fare a caso mio!”
Il ragazzo, al suono di quelle parole, provò a scappare, ma fu troppo tardi. Il
gigante aveva già preso il carro e l’aveva sollevato a mezz’aria.
“Farà di me poltiglia!” si disse il nostro sarto spaventato: “Mio amato principe
sapere che non vi vedrò produce in me un vuoto e un dolore ancor più grandi.”
Ma proprio quando la speranza stava per abbandonarlo, ecco che gli venne
un’idea. Quando il gigante avvicinò il carretto all’altra mano, lui, svelto,
uscì dal suo nascondiglio e si aggrappò alla strana fascia che il gigante
portava al polso. Fortunatamente Kiyota non si accorse di lui, così Akira si
arrampicò lungo la strana fascia nera, ma, una volta in equilibrio, il gigante
alzò le braccia per fare un altro tiro e lui cadde all’indietro. Akira riuscì ad
aggrapparsi alla maglia di Kiyota e, facendosi forza, risalì fino al volto del
gigante.
“Evvai! Questa volta ce l’ho fatta!” esultò e fu impresa ardua, per il nostro
eroe, riuscire a non cadere. Il gigante prese a saltare in circolo e ad urlare,
così un ciuffo di capelli, in tutto quel trambusto, si avvicinò ad Akira che lo
afferrò al volo e risalì fino all’orecchio.
“Uhm? Sento qualcosa vicino all’orecchio!” disse Kiyota fermandosi
all’improvviso.
Questo diede a Sendo il tempo di spostarsi sul naso, usando un ciuffo dei
capelli del gigante come liana.
Il gigante aggrottò la fronte.
“Una mosca?”
Akira si fece coraggio e uscì la forbice che usò come pugnale.
“A te, brutto mostro!” disse assestando un bel colpo sul naso del gigante.
“Ahia!” esclamò Kiyota massaggiandosi il naso: “Altro che mosca! È un
fastidiosissimo uomo piccolo!”
Akira, intanto, era scivolato lungo la maglia. Il gigante aveva chiuso le mani,
nella speranza di bloccare l’ominide nella morsa di ferro, ma Akira, più veloce,
era riuscito a scivolare all’interno di una manica. Da lì era risalito lungo il
braccio.
“Ah ah ah!” scoppiò a ridere il gigante: “Fermo! Mi stai facendo il solletico!”
allora infilò il braccio sinistro nella manica del braccio opposto.
A
quel punto il nostro coraggio sarto tagliò la stoffa vicino al gomito e uscì
fuori. Il gigante provò a liberarsi facendo uscire la mano, o parte di essa, da
quel piccolo buco, ma Akira veloce lo ricucì, iniziando dalla stoffa attorno
alle dita, bloccandone il movimento. Velocemente allora scivolò più giù e cucì
assieme gli orli delle due maniche.
“Argh! Stupido ominide! Liberami o ti schiaccerò senza pietà!” urlò il gigante
sempre più arrabbiato.
“Niente da fare, mio caro gigante. Voglio sposare il dolce e leggiadro principe
e quindi devo sconfiggere prima te. Spiacente! Nulla di personale, comunque.”
Con un balzo saltò su una spalla, strinse bene fra le mani un ciuffo di capelli
e risalì sul viso. Attorcigliò il filo prima attorno al naso, poi scese.
Ruotando vorticosamente come una trottola, girò tutt’intorno al corpo del
gigante. Un giro qua, una cucitura lì e in breve Kiyota si trovò bello e… legato
come un salame. Grande e grosso com’era, perse l’equilibrio e cadde a terra.
Produsse un così grande fragore che Akira scivolò e cadde anch’egli gambe
all’aria.
Tutto attorno tremò come se la terra fosse stata scossa da un terribile
terremoto. Gli animali da cortile delle fattorie limitrofe scapparono
spaventati. Le case che si trovavo dietro il gigante, furono schiacciate durante
la caduta.
Quando udirono quel gran frastuono, gli abitanti del villaggio corsero alla
grande pianura a vedere cosa fosse accaduto. Dopo il primo momento di grande
stupore, si accalcarono attorno al gigante sconfitto e all’eroe che, forbici in
mano, osservava la folla acclamante in piedi sopra al ginocchio.
“Ce l’ha fatta!” si udiva urlare.
“Il sarto ha davvero sconfitto il gigante!”
“Evviva il sarto! Evviva il nostro eroe!”
E
la voce della vittoria giunse in breve fino al castello.
Il principe Hiroaki, che aveva trascorso agitato l’intera mattinata nella
propria camera, ad udire la notizia balzò fuori dalla stanza per lo stupore.
Sceso nella camera delle riunioni, aveva incontrato lo sguardo sorridente del
Consigliere in compagnia del conte Kogure.
“Pare proprio che il nostro principe convolerà presto a felici nozze.”
“Non può essere… non…”
“E invece è così! Il nostro sartino ha sconfitto il terribile gigante Kiyota!”
continuò Mitsui.
Per poco al nostro principe non venne un infarto. Come aveva potuto un semplice
sarto averla vinta, quando tutti i maghi e i cavalieri del Regno avevano
fallito? Era assolutamente impossibile! Inconcepibile e assurdo! Eppure ci era
riuscito! Era innegabile, si disse osservando la fiumana di persone giungere,
urlando e cantando, fino al castello. E in cima, trasportato come una barca da
quell’onda umana, c’era lui, con il suo perenne sorriso. Sospirò. Da quando
sospirava?
“Non è detto che dobbiate sposarlo subito, vostra altezza.”
“Non è detto che debba sposarlo per forza. Le parola data non era la mia, conte
Kogure.”
“Però… dovete ammettere che qualcosa vi ha colpito, principe. Nonostante tutte
le teste coronate incontrate fino ad ora, lui, quel sarto, vi ha colpito….”
“Siete sempre stato perspicace ed intelligente, conte Kogure. Mi chiedo che cosa
abbiate trovato in quel furfante del vostro consorte.”
Il conte rise divertito. Rivolse uno sguardo dolce al ragazzo al suo fianco e
disse:
“Forse quello che avete trovato voi in quel sarto.”
Quando il conte Kogure se n’andò, assieme al Consigliere, ad assistere
all’entrata trionfale del giovane eroe, il principe Hiroaki rimase solo, con i
propri pensieri, a riflettere. Le parole del conte Kogure esplodevano lente
nella sua mente, colorando i suoi pensieri in modo che, fino ad allora, non
aveva mai neppure considerato. Davvero quel sarto era riuscito a rompere quel
muro che, con tanta pazienza, aveva eretto per proteggerlo dai veleni della
Corte? Principi e principesse, per quanto potesse ricordare, da sempre si era
affollati nel grande salone delle feste con lo scopo, neppure troppo nascosto,
di potersi impossessare, prima o poi, di tutti i suoi averi. Di amici non ne
aveva e come avrebbe potuto? La falsità regnava fra i corridoi della corte, così
aveva deciso di erigere un muro alto e potente che tenesse lontano gli ipocriti
cortigiani.
E
ora si trovava lì, nella sala del Consiglio, con il cuore che gli batteva forte,
come mai aveva fatto in vita sua. Cosa era ciò che provava, quell’insistente
ansia e preoccupazione? Certo il matrimonio lo spaventava, ma era ben altra la
sensazione che sentiva nel profondo. Dietro la paura e il rancore, covava un
sentimento strano, mai provato sino a quel momento, un sentimento che riscaldava
il cuore e lo faceva sentire piacevolmente felice. Era forse quella la
sensazione che provavano il conte Kogure e il Consigliere Mitsui? E per un
attimo, un breve e piacevole attimo, il riflesso del suo volto sulla vetrata gli
mostrò un Hiroaki diverso. Quegli occhi luminosi, quel sorriso accennato, quel
volto… bello… per la prima volta Hiroaki si vedeva bello e rise della sua
vanità.
“Hiroaki?” lo richiamò il padre.
“Sì?”
“Quel che ho promesso… sono pronto a tornare sui miei passi!”
“Cosa volete dire, padre?”
“Al principio mi era sembrata un’idea buona, giusta. Hisashi è sempre stato un
ottimo consigliere e ho sempre apprezzato la sua facoltà di guardare oltre,
così, quando quel giovane si è presentato come sterminatore di giganti, ho
seguito ancora una volta i consigli di Hisashi, obbligandomi quasi a vedere quel
che forse esisteva solo nella sua mente. Ma tu sei mio figlio, il mio
preziosissimo figlio, e non voglio far nulla che possa farti soffrire.”
“State cercando un modo per lavarvi la coscienza, padre?”
“Esattamente! Cioè… no… ehm…”
Il principe sospirò accigliato, prima di sciogliersi in un timido sorriso che
lasciò il Re senza parole.
“La vostra parola è sacra, maestà, e calpestarla sarebbe una grave offesa al
casato dei Koshino. Tuttavia…” si premurò di sottolineare: “quel che avete fatto
è riprovevole. Accetterò di obbedire al vostro ordine, solo perché è in pericolo
la buona nomina del nostro casato. Ad ogni modo sarò io a decidere se e quando
celebrare il matrimonio.”
Il Re acconsentì sorridendo e insieme raggiunsero il giovane sarto.
La folla, che aveva seguito l’eroe fino alla sala del trono, urlava di gioia.
Cori eccitati si alzavano da ogni parte e persino i nobili, da sempre refrattari
a certi comportamenti, si sciolsero in lacrime di riconoscenza. E in mezzo a
tutto quel trambusto c’era lui, Akira Sendo, un po’ spaesato e con un sorriso
timido dipinto sul volto. Si voltava attorno alla ricerca di qualcosa,
impaziente, mentre la folla, imperterrita, continuava ad urlare il suo nome.
“Akira Sendo! Akira l’eroe!” ma di tutto questo sentiva ben poco.
Con lo sguardo osservava la sala gremita di persone e nel vuoto totale cercava
un volto, l’unico volto che da solo avrebbe riempito l’intero castello. E alla
fine lo vide.
Con passo regale attraversò la sala e si sistemò davanti al trono, al fianco del
padre. Fu allora, quando il principe prese la parola, che i suoni,
prepotentemente, ritornarono a invadere le orecchie del sarto. Il cuore gli
batteva impazzito e mai, prima di allora, aveva provato una sensazione di
inadeguatezza. Hiroaki era un principe, se anche fosse ritornato sui suoi passi
e avesse cancellato definitivamente persino il ricordo della promessa, lui cosa
avrebbe potuto fare?
“Mi senti pezzo di idiota?” sbottò accigliato il regale fidanzato.
“Mi… mi scusi principe Hiroaki… ero incantato dalla vostra bellezza e tutto il
resto è scomparso.” ammise Akira passandosi una mano fra i capelli.
“Visto che siamo… fidanzati… potresti iniziare a chiamarmi Hiroaki…”
Un sorriso ancora più luminoso si espanse sul viso del giovane sarto, mentre il
principe arrossì. Non si era mai ritenuto capace di esprimere i propri
sentimenti e ora lo faceva in modo così plateale?!
Akira s’inginocchiò ai piedi del principe e gli baciò il dorso della mano. Il
principe arrossì ancor di più, ma non di quel sentimento che aveva immaginato
Akira.
“Pezzo d’idiota, non sono mica una dama!” urlò dandogli un colossale pugno in
testa.
“Ma tesoro…” cercò di difendersi l’eroe mentre si massaggiava il capo.
Si alzò e gli sussurrò all’orecchio: “… Era solo un assaggio!”
“He… hentaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!”
Il matrimonio, nonostante le ferventi e colorite proteste del principe nel
giorno del fidanzamento, fu celebrato tre mesi dopo, nella cappella del
castello, la stessa in cui venivano celebrati da tempi immemori i matrimoni
reali. Alla cerimonia fu invitato l’intero regno. Il principe Hiroaki, fasciato
nel suo abito bianco, apparve talmente splendido da abbagliare il popolo già
stupefatto. Il suo sorriso, che brillava timido sul suo volto, restò impresso in
ogni ricordo e la storia del giovane eroe che da solo aveva sconfitto il
terribile gigante e che aveva conquistato il cuore del bel principe divenne la
favola che vi ho appena raccontato.
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Che fine fece il gigante Kiyota? Nel bel mezzo della discussione che avrebbe
dovuto deciderne la sorte (metà della popolazione propendeva per il solletico
vita natural durante, mentre l’altra metà per il taglio del codino), apparve
all’orizzonte la figura di un altro gigante, ancora più spaventoso. Questi, nel
terrore generale, si avvicinò al compagno e rimase a guardarlo, con le mani
poste sui fianchi.
“Quante volte ti ho detto che non devi venire a disturbare gli uomini piccoli?”
“Ma… Macchan! Io volevo solo allenarmi!” gli rispose con le lacrime agli occhi.
“Nobu-kun… torniamo a casa.” disse intenerito dalla visione del piccolo lolito
(*) in lacrime.
E
dopo essersi scusato con l’intera congregazione e aver promesso un maggior
controllo sul compagno, il gigante Maki portò con sé Nobu e di loro non si
seppero più notizie.
I
nostri principi? Come in ogni favola che si rispetti… vissero insieme per
sempre, felici, contenti… e contusi, almeno Akira, ma questa, miei cari lettori,
è un’altra storia.
Fine.
(*) la definizione in questione è la prediletta di Niane, quindi i diritti
appartengono a lei, come il subaffitto di Nobu -_^!
Note finali: ancora tantissimi auguri sissssssssssssssssssssssssssssssssss!
Spero che questo secondo regalo ti sia piaciuto! Me ha cercato di fare del suo
meglio ;____________;! Ti voglio bene sis! Spero che tu abbia trascorso una
splendida giornata!
Il primo? Lo potete tutti trovare alla pagina:
http://auroradargento.altervista.org/happy_birthday.zip |