Beene, che dire? VIsto che non riesco a scrivere qualcosa di
serio, tipo continuare le mie storie, ho deciso di postare questa..
cosa.
L'altro giorno sono andata a farmi il piercing al labbro e ho visto
questo ragazzo. C'è statp qualche scambio di sguardi e
niente più. Ed era bello da morire.
Siccome aveva un viso particolare mi è rimasto impresso
nella mente. E mi sono immaginata se fosse andata in un modo diverso.
Insomma mi sono fatta un sacco di viaggi mentali. xD
Così, come tutti i miei viaggi mentali, l'ho messo per
iscritto.
Non pretendo niente, è solo uno sfogo; avevo voglia di
scriverla. E ho superato il mio record: ho iniziato a scriverla a
mezzanotte e ho finito alle tre.
Non ci ho messo il solito impegno, è venuta fuori di getto.
Ho scritto come una dannata. U.U
Basta con le parole, vi lascio alla lettura.
Consigli, critiche e qualsiasi tipo di commento sono ben accetti. ^^
P.S. Sono sei pagine di Word, un po' lunghino. Ma non mi andava di
dividerlo. u.u
Fulmine a
ciel sereno.
Da Gio: Tatuaggi e Piercing.
La scritta occupava il vetro sinistro, disegnata a mano, bella, che da
nell’occhio. Che appena la vedi ti viene una voglia pazza di
farti un piercing o un tatuaggio. E magari lo fai anche se sei pazzo e
hai quaranta euro da spendere. Poi te ne penti, perchè sai
d’averlo fatto senza pensarci, ma l’hai fatto
perchè era quello che volevi.
La ragazza entrò sospirando, seguita dall’amica.
Quella era tutta su di giri, si sarebbe fatta un tatuaggio di nascosto.
Ci avrebbe scritto le iniziali del suo ragazzo, quello che la tradisce.
Ma lei era così ingenua e innamorata, ma era decisa a fare
quella pazzia. Poi se ne sarebbe pentita vedendolo di nuovo con
un’altra. E avrebbe pianto, meledetto ancora e ancora, ma lo
avrebbe perdonato appena lui sarebbe ritornato.
Marta venne accolta da una signora; le fece un’enorme sorriso
e la ragazza ricambiò sincera. Quarant’anni
portati bene. Era la prima cosa che pensavano i ragazzi che entravano
nel suo studio. Un tatuaggio sulla spalla, delle stelle, e tanti
orecchini. Capelli neri e grigi e qualche ruga che la rendevano
inspiegabilmente bella. Una donnina bassa, simpatica e chiacchierona.
Marta la conosceva perchè era andata lì a fare il
suo piercing.
«Ciao.» la salutò e la signora si
appoggiò al bancone. Guardò lei e poi
l’amica.
«Un nuovo piercing, Marta?» le domandò,
mentre le sorridevano gli occhi.
«Magari!» sospirò e poi
continuò: «Questa pazza si vuole fare un
tatuaggio.»
La donnina osservò per bene l’amica. Alta, bel
fisico, occhi azzurri curiosi guardavano e catturavano ogni particolare
nel locale. Sembrava una bambina per la prima volta a Gardaland;
avrebbe voluto fare tutte le giostre insieme, eccitata. Angela era
così. Venne catturata da tutti i tatuaggi esposti e per un
istante le passò la voglia di tatuarsi l’iniziale
di Matteo; poi ci ripensò, perchè era per quello
che era venuta.
«Certo. Quanti anni hai?» le domandò, di
regola.
«Diciotto compiuti ieri!» squittì,
fiera. Ed era vero. Aveva aspettato i diciotto solo per potersi fare
quel tatuaggio. Marta alzò gli occhi al cielo.
«Mi fai vedere un documento?» le sorrise la donna e
Angela parve ferita nel profondo. Con certo rancore le porse la carta
d’identità e incrociò le braccia al
petto.
«Perfetto. Dimmi, hai qualche idea? Oppure puoi guardare
queste riviste o...»
«No, grazie!» la interruppe, agitando le braccia.
«Ecco, io avrei già deciso.»
balbettò, rossa in viso.
La signora le sorrise divertita, intuendo. Erano tanti i ragazzi che
entravano da lei e chiedevano la stessa cosa; ormai aveva imparato a
riconoscere quella paura di sbagliare, ma la voglia di fare una pazzia
del genere.
«Come si chiama?»
«Matteo.» bisbigliò, e
abbassò lo sguardo.
Si allontanò per prendere qualcosa la signora, poi
tornò da loro e guardò Angela. «Bene.
Se ne sei sicura, seguimi.» e le fece un sorriso.
Angela annuì convinta. Insieme si allontanarono nella sala
adiacente. Marta le guardava sparire dietro la porta e poi si sedette,
demoralizzata. Pensava all’amica, che faceva un grosso
errore. Pensava che aveva coraggio a fare una cosa del genere e Matteo
si sarebbe finto lusingato, senza aver compreso l’amore con
cui Angela l’aveva fatto.
Si immaginava Angela a vent’anni a guardare quel tatuaggio e
a maledirsi per averlo fatto. Magari avrebbe rinfacciato anche a Marta
di non averla fermata.
Scosse la testa e sospirò. La sua attenzione venne attirata
da una pila di riviste. Ne prese una a caso e ci infilò il
muso; si perse tra le mille ragazze e i mille tatuaggi. Ne
addocchiò due che avrebbe voluto farsi.
Appena compio diciottani me li faccio tutti e due. Alla faccia
di mamma e papà!
Sorrise del suo pensiero e continuò a sfogliare.
Aspettava con ansia cheil ritorno dell’amica, magari senza
quello stupido tatuaggio. Che le diceva “Marta, andiamo a
casa! Voglio piantare Matteo e cercarmene uno migliore!”.
Non accadrà mai, inutile che ci speri, sciocca.
Scosse ancora la testa; la sua coscienza era veramente cattiva. Darle
della sciocca così, senza motivo.
Poi scoppiò a ridacchiare perchè si rese conto di
aver pensato delle cose stupide.
Non seppe quanto era passato, perchè la sua mente
vagò un po’, ma l’amica
tornò, accompagnata dalla sua tatuatrice.
Sorriso a trentadue denti, sguardo perso e gote arrossate.
«Marta! Marta! L’ho fatto!»
Angela si sedette accanto a lei e tentò di riportare alla
normalità il suo respiro. Era leggermente accellerato,
eccitato all’idea di dirlo a Matteo.
Marta le sorrise e le strinse la mano. L’altra alzava la
maglietta e abbassava un po’ i pantaloni: una M
che pareva elastica, intrecciata, piena di vita si esibiva davanti ai
loro occhi.
«Ma non volevi fare qualcosa tipo M&A?»
domandò Marta, sopracciglia aggrottate, senza capire.
«Sì, ma ho cambiato idea. Così semmai
ci lasceremo, avrà sempre con me la M. Anche se
sarà di un’altra non importa, Matteo
sarà sempre qui. Se invece avrei scelto M&A sarebbe
stato un atto egoistico, non credi?»
«Non ti seguo.» commentò
l’amica.
Angela sorrise amaramente. «M&A vuol dire Matteo
& Angela. M vuol dire soltanto Matteo. Vuol
dire Matteo è libero. M&A vuol dire Matteo
è di Angela. E non è così. Adesso
è mio. Chissà tra qualche mese di chi
sarà.» spiegò, proiettandosi in un
futuro. Vide lei insieme a Matteo per sempre e poi si
immaginò un futuro senza lui. Cosa probabile dato che
conosceva il suo ragazzo. Non aveva mai escluso quella
possibilità. Matteo l’avrebbe lasciata prima o
poi, ma le piaceva sognare il contrario.
«E se tu dovessi trovare un altro ragazzo?»
spezzò il suo sogno ad occhi aperti. Marta la guardava
cinica. Angela sbuffò; Marta non sapeva guardare il lato
positivo delle cose. Era la sua malattia incurabile.
«Signorine, scusate, ma devo farti pagare. Sai
com’è.» scherzò la donna,
interrompendole.
Angela le sorrise ed annuì.
La porta si aprì ed entrò un ragazzo.
Cercò con lo sguardo la proprietaria dello studio e quando
la vide si tranquillizzò e si appoggiò alla
parete. Sembrava a suo agio in quel posto. Il tuatuaggio sul braccio
destro, il piercing al sopracciglio sinisto e quello al labbro lo
dimostravano. Marta abbassò lo sguardo.
«Ma che mi succede?» bisbigliò e
portò la mano al cuore. Batteva con la minaccia di
squarciarle la cassa toracica. Le faceva quasi male.
Alzò di nuovo lo sguardo e si ritrovo immersa nel nocciola
dei suoi occhi. Il ragazzo alzò il sopracciglio con il
piercing e poi regalò un caloroso sorriso. Marta
capì che era dedicato alla signora.
«Oh, ciao, giovane ribelle! Cosa ti porta qui?»
scherzò la donna, mostrando apertamente tutta la simpatia
che nutriva verso il ragazzo. Lui ci mise un po’ a
rispondere, prima dovette togliere lo sguardo da Marta.
«Non so, mi piace questo posto.» si
giustificò, un po’ impacciato. «Pensavo
a un piercing.» disse infine. In fondo era andato
lì per quello. Magari si sarebbe fatto quel piercing che
aveva visto all’amico: quello strano all’orecchio
che nemmeno lui riusciva a spiegare a parole. Magari avrebbe trovato
una foto tra le mille riviste.
Si sentì osservato e sapeba da dove proveniva quella
sensazione. Con la coda dell’occhio vide quella ragazza con i
capelli corti guardarlo. Le labbra semidischiuse e gli occhi scuri
sbarrati. Sembrava smarrita. Lui non capì.
«Certo, accomodati.» gli disse la donnina,
interrompendo i suoi ragionamenti. L’unica ciocca di rasta
che aveva si mosse quando lui si spostò. Era color
arcobaleno ed era bella: partica con il verde e poi lasciava il posto a
un viola, poi arancione, rosso, giallo. Era strana e a Marta piaceva.
Giocò un po’ con il suo piercing al labbro prima
di decidere a sedersi davanti alle due ragazze.
Forse non era andato lì per un piercing, perchè
non ne era convinto. La verità era che la mattina stessa si
era alzato con uno strano presentimento. L’insegna dello
studio nella mente e una forza che lo guidava.
Prese una rivista e iniziò a rovistarla senza vedere
veramente le figure. Gli occhi sfuggivano sempre su quella ragazza. Era
particolare. Minuta, occhi scuri e capelli corti. Il ciuffo che le
copriva discretamente la fronte e un po’ gli occhi. Giocava
con il piercing, mentre ascoltava l’amica che parlava di un
certo Matteo.
Incrociarono gli sguardi ancora un paio di volte e si sentì
bruciare dentro. Prendere letteramente fuoco. Quella ragazza gli
piaceva. Sentiva che nonostante la statura aveva tanto dentro.
Sentì di doverla conoscere.
Marta si alzò, imitando l’amica. Un po’
le dispiaceva, perchè le piaceva guardare quel ragazzo. Le
piacevano i suoi occhi; avevano delle strane sfumature che rendevano
innocente il suo sguardo. Le piacevano le sue mani che torturavano il
giornalino e le piaceva quando furtivamente i loro sguardi si
incontravano e poi si distoglievano.
Forse avrebbe dovuto parlargli.
«Andiamo, Marta?» ripeté per la terza
volta Angela. Marta annuì e si fece trascinare via
dall’amica.
Marta. Allora è così che si chiama.
«Allora? Quale piercing vuoi?» gli
domandò la donna, ma lui seguiva con lo sguardo le due
ragazze. Marta lottava con il casco del suo motorino arancione.
«Non importa. Vengo un altro giorno.» disse
all’improvviso. Si alzò e corse verso la porta.
Uscì, ma i due motorini erano già
all’incrocio. Corse un po’, chiamando la ragazza di
nome Marta. Desiderava fermarla e abbracciarla. Magari dirle che era
bella come nessun’altra.
Alla fine ci rinunciò perchè erano ormai lontane.
Diede un calcio forte a un sassolino e cominciò a camminare
verso casa.
Cos’era stato quello? Succedeva solo nei film. Vedi una e te
ne innamori subito.
Marta rallentò un po’ perchè le parve
di vedere il ragazzo di prima agitare le braccia e urlare. Chiuse gli
occhi e quando li riaprì il ragazzo non c’era. E
forse non c’è mai stato, idiota.
«Ma che fai? Ancora che pensi al tuo principe? Sono passate
tre settimane, sveglia!» la rimproverò Angela.
Marta non l’ascoltò, continuò a
mangiare il suo gelato al cioccolato.
Come sempre gli occhi di Marta sfuggirono sul tatuaggio
dell’amica. Era lì, in bella vista. E Matteo aveva
reagito in modo strano. Non aveva finto. Semplicemente
l’aveva abbracciata e le aveva detto di aver finito di fare
l’imbecille.
Marta non sapeva cosa credere. Una persona non cambia
all’improvviso, se lo diceva sempre. Ma non riusciva a
trovare niente per incastrare il fidanzato dell’amica.
Alla fine aveva semplicemente deciso di lasciar perdere.
«Forse dovresti appendere volantini in giro per la
città.» suggerì Angela, sisemandosi la
gonna e sedendosi vicino all’amica sulla panchina.
Marta la guardò male e sbuffò.
«Forse dovresti stare zitta.» la riprese e
l’amica alzò gli occhi al cielo.
«Oh Dei, Marta! Sto cercando di aiutarti.» si
lagnò, offesa.
L’amica annuì assente e, come sempre,
cercò tra la gente quel viso che l’aveva incantata
tre settimane prima.
Ma non lo trovò. Forse non l’avrebbe mai trovato.
Non sapeva niente di lui. Magari aveva la ragazza oppure...
«Magari è gay! Pensala così. Che ti
frega, Marta? Se è gay non ti cagherà
mai.» Angela guardava davanti a sè. Le piaceva
guardare la gente, metter su qualche storiella riguardate quel signore
tutto per bene oppure quella donna vestita male, che andava di fretta.
Marta la guardò scandalizzata.
«Non è gay!» esclamò e
qualche passante si fermò a guardarle, incuriosito da
quell’escalamazione.
Quel sabato pomeriggio il parco era particolarmente gremito di gente
starnazzante.
«E se lo fosse?»
«E se non lo fosse?»
Le due si zittirono. Era assurdo che Marta corresse dietro a qualcuno
che probabilmente non avrebbe visto mai più. Angela prese a
giocare con il suo braccialetto.
Insomma, non sapeva niente di quel ragazzo; nemmeno il nome!
Scosse la testa e si alzò.
«Non vedo perchè aspetti uno che non
arriverà mai.» disse. «Vai avanti,
ragazza. Ce ne sono migliaia di ragazzi.»
continuò, cercando di tirarle su il morale.
Marta ci pensò su. In fondo, era vero. Che ne sapeva lei
della vita di quel ragazzo? L’aveva visto una sola volta e le
era pure sembrato un tipo strano. Come quelli della comitiva di
Federico. Tante canne e nessuna voglia di farsi un futuro.
«Hai ragione.» ammise infine, affrontando per la
prima volta la verità. Si alzò e
affiancò l’amica.
Insieme si allontanarono dal parchetto e da quel ragazzo strano.
Matteo si era rivelato un bugiardo. Aveva lasciato Angela dopo un mese
dal giorno del tatuaggio. Aveva usato la scusa del ‘Non mi
sento pronto per una storia seria’ e il giorno dopo si era
fatto vedere il giro con un’altra.
Angela aveva pianto come una fontana per giorni interi, non volendo
vedere nessuno. Nemmeno Marta. Perchè sapeva che avrebbe
dovuto dirle che aveva avuto ragione sempre.
Poi, però, decise di crescere e di smettere di fare la
bambina. Matteo l’avrebbe di certo rimpianta un giorno.
«Ecco, ti ho chiamata per chiederti un favore.»
balbettò, imbarazzata, quando le due si ritrovarono in
centro. Passeggiarono un po’ parlando del più e
del meno, senza toccare l’argomento proibito, cioè
Matteo.
«Dimmi.» cercò di sembrava diffidente,
ma in cuor suo, Marta, sapeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per
l’amica.
«Volevo chiederti di accomapgnarmi in quello studio dove ho
fatto questo tatuaggio. Voglio modificarlo.»
Marta sgranò gli occhi. Fino ad allora aveva sempre detto
che l’avrebbe lasciato così.
«A-ah sì? E perchè?»
domandò.
«Voglio toglierci questo cuoricino.» rispose,
indicando con il dito il tatuaggio. In effetti c’era un
cuoricino che svolazzava sopra la M.
«Perchè vuoi cancellarlo?»
domandò di nuovo Marta, veramente confusa. In
realtà raramente riusciva ad entrare nella mente
dell’amica. Era così contorta e complessa.
Lasciava perdere sempre dopo i primi due tentativi di capire la maggior
parte delle sue azioni.
«Il cuoricino significava amore. Ma tra di noi non
c’è mai stato amore. È giusto che
sparisca.» spiegò, con un sorriso amaro e la voce
tremante. Lei ancora l’amava, Matteo.
«E non fai prima cancellarlo tutto?»
«No!» esclamò subito.
«Tranquilla, Angie. Ti accomapgno.»
«Andiamo!» esclamò felice
l’altra.
Marta sgranò gli occhi, colta di sorpresa.
«Cosa? Adesso?»
«Sì!» disse, facendo svolazzare le
chiavi del suo motorino nero.
L’amica sbuffò, ma si lasciò trascinare
da Angela.
Arrivarono lì che erano le cinque del pomeriggio.
C’era un bel sole e nessuna nuvola. Entrò per
prima Angie, che voleva togliersi quel peso al più prsto
possibile. Marta indulgiò un po’, ricordandosi del
ragazzo strano che aveva incontrato un mese prima. Si
immaginò di vederlo dentro, di andare da lui e di dirgli che
l’aveva aspettato.
Invece quando entrò non c’era nessuno. Solo la
solita signora e Angie che sudava freddo.
«Ecco, volevo fare qualche modifica al mio tatuaggio.
Cioè, vorrei togliere..»
Marta si sentì una stupida per aver sperato di rivederlo;
non era in un film. La sua vita non era un film. Strinse il palmo
attorno alle chiavi e si fece male. Le venne voglia di uscire,
andarsene a casa e non vedere nessuno. Poi, però, si
ricordò che era lì con la sua migliore amica
Angela.
Si sedette nel posto di quella volta e si rese conto di continuare a
sperare. Che stupida che sei.
Il campanello suonò e la porta si aprì. Lei
alzò gli occhi, facendo cadere la rivista.
Fa che sia lui, fa che sia lui, fa che sia lui.
Si sentì ancora più stupida quando vide entrare
una ragazza con gli occhiali. Si lasciò di nuovo cadere sul
divano e sbuffò rumorosamente.
«Sai dove è la signora..»
«Sta facendo un tatuaggio.» non lasciò
nemmeno finire la ragazza.
Quella annuì, sconcertata e non disse altro.
Restarono tutte e due in silenzio, ognuna con i suoi pensieri. Quelli
di Marta erano tutti rivolti a quel ragazzo. Era caduto come un
fulmine. In un giorno qualunque, senza preavviso, senza darle
possibilità di scelta.
Ma chi si credeva? Non aveva il diritto di farle così male
al cuore ogni volta che si ricordava il suo viso.
«Ecco fatto.» e Angie tornò con un
sorrisone, con la mano che le copriva il braccio. Marta
aggrottò la fronte, il tatuaggio non era lì.
Si sedette e tolse la mano dal tatuaggio. Marta sgranò gli
occhi e poi li lasciò riempirsi di lacrime. C’era
un bel Marta scritto a caratteri dolci sul suo
braccio. Era ancora rosso e fresco ed era bellissimo.
Non ci pensò due volte ed abbracciò la sua
Angela. Quella rise e ricambiò l’abbraccio.
«In fondo, tu sei più importante di cento
ragazzi.» sussurrò, con voce emozionata.
Marta rise tra i singhiozzi. Non c’era regalo migliori di
questo.
«E la M di Matteo?» domandò dopo qualche
minuto, quando tutte e due ripresero il controllo e smisero di piangere.
«E’ ancora qui. Ho deciso di tenerlo, come
insegnamento che certe cose devono essere meditate prima di farle. E
poi Matteo è due anni della mia vita. Merita un
ricordo.» spiegò, con un sorriso.
«Dai, andiamo.» disse l’altra alzandosi e
aspettando che anche Angela facesse lo stesso.
Pagarono e uscirono. Con estrema lentezza si infolò il casco
e sedette in sella al suo motorino. Non voleva andarsene da
lì. Pensava ancora al tatuaggio di Angie e pensò
che avrebbe dovuto ricambiare. E pensò anche al ragazzo.
Ogni cellula del suo corpo si rifiutava di muoversi. Era un male
fisico. Reale.
Accese il motore e si lasciò indietro lo studio.
«Marta!» frenò di colpo, con il suo
cuore che minacciava per l’ennesima volta di uscirle dal
petto. Guardò dietro e vide un ragazzo fermo che aveva una
mano alzata. Il sole le dava fastidio agli occhi e non vide chi era.
Ma speranzosa come non mai fermò il motorino, lo
lasciò cadere malamente a terra e si avvicinò a
passi lenti, guidati dall’emozione.
Il sole parve lasciarli soli, perchè diminuì
d’intensità e le permise di vedere quel volto che
aveva sognato per così tanti giorni. Riconobbe il piercing
al sopracciglio e quello al labbro. Anche l’unico rasta che
aveva le sembrava così familiare. Il ragazzo fece un passo
avanti con un enorme sorriso.
Un sorriso che sapeva anche di timido. Perchè aveva tanta
timidezza dentro.
«Ciao.» sussurrò lui.
«Ciao.» le sembrò assurdo salutarco
così. Aveva pianificato tutto, ma ora non aveva
più nessun valore.
«Ecco, io volevo dirti una cosa.»
balbettò il ragazzo.
«Come ti chiami?» sussurrò lei,
guardandolo negli occhi. Occhi che quel momento guardavano solo lei.
Era lei l’unica immagine che li appagava.
«Mi chiamo Chris.» disse sbrigativo. «E
tu sei così bella.» continuò,
addolcendo lo sguardo.
«Chris.» Marta lo fissò senza fiatare.
Non era neanche sicura che il suo cuore battesse ancora.
«Dio, ti cerco da settimane. Ma sembravi sparita nel nulla. E
io volevo rivederti perchè sei bella. Io credo di aver
voluto rivedere il tuo viso ogni secondo in questo mese.»
ogni parola che usciva dalla sua bocca rendeva Marta strana. Sembra un
sogno. Uno di quelli che faceva ogni notte. E le venne voglia di
abbracciarlo.
«Cosa?» riuscì a bisbigliare lei.
Angie, che era dietro di lei, appoggiata al motorino sbuffò
e alzò gli occhi al cielo. Avrebbe dovuto farlo stare zitto
e saltagli addosso.
«Sì, ecco,» cercò le parole
adatte. «Lo so che pensi che sono pazzo. Cioè,
sì, mi sono fumato una canna prima –scusa, vizio
che non riesco a togliermi- ma ti giuro che sono lucidissimo. Credo
che.. tu sei la sola cosa che ho aspettato in questi dicotto
anni.» gesticolava in modo buffo, tanto che Marta
scoppiò a ridere. Senza un motivo preciso. Era la cosa
giusta da fare.
«Sei stato come un fulmine. Un cazzo di fulmine a ciel
sereno!» il cuore le batteva come la prima volta che
l’aveva visto. Lui mostrò i denti bianchissimi e
decise che quello era il momento del bacio. Bacio che tutti e due
avevano sognato. Era qualcosa di magico. Come il loro primo incontro,
voluto dal destino, e quelle braccia che la stringevano e le
promettevano di renderla felice.
Intrecciarono le loro dita in una presa invincibile. Forse non si
sarebbero mai separati.
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