Ti proteggerò
- Che ne dite se ci fermassimo su quell’isola per
goderci un po’ il mare? In fondo noi stiamo sempre sull’oceano ma
non riusciamo mai a goderci un po’ di sano mare in modo decente. –
disse Nami un giorno sulla Thousand Sunny.
La nave procedeva spedita sull’oceano e si avvicinava,
veloce, all’isola verso cui i Mugiwara erano diretti per fare provviste.
La richiesta di Nami sorprese i compagni per quanto dovessero riconoscerle che
aveva ragione, sia per il fatto che erano continuamente in viaggio e anche per
i compagni che all’acqua marina non potessero neanche avvicinarsi.
- Io ci sto. Una giornata di riposo non può farci che
bene. – commentò per primo la piccola renna, seguito da Usopp che
confermò la risposta del dottore.
- Nami ogni tuo desiderio è un ordine! Che costume
pensi di metterti? – chiese Sanji osservando Nami in preda a strane
fantasie.
Nami lo liquidò con un gesto della mano e prese
parola con Robin: - Sicuro che per te vada bene? –
- Non c’è nessun problema, mica
al mare si può fare solo il bagno, giusto Chopper? -
- Certo, io giocherò con la sabbia! –
esclamò entusiasta lui.
Zoro si limitò ad annuire semplicemente, come Brook e
Franky. L’unico che non aveva dati segni di risposta era stato il
capitano che osservava la discussione senza esprimersi.
- E per te Rufy? - chiese Nami.
Rufy fece un piccolo sorriso sotto i baffi: - Ora mi spieghi
che me lo chiedi a fare. –
I Mugiwara risero, contenti di aver trovato un diversivo per
spezzare la loro routine quotidiana.
Arrivarono nell’isola verso mezzogiorno, il sole
splendeva nel centro del cielo facendo desiderare soltanto un bel tuffo
nell’oceano. Scesero sull’isola decidendo di provvedere per i
rifornimenti nel pomeriggio. Le due compagne si ritirarono nella loro stanza
per cambiarsi mentre i ragazzi attraccavano la nave al porto.
Robin mise un costume violetto con sfumature nere, con sopra
un pareo nero che le aderiva perfettamente al corpo; Nami invece indossava un
bikini con le sfumature del rosso, arancione e dorato, con sopra un pareo
rosso.
Mentre si cambiavano Robin aprì un cassetto di Nami
per sbaglio e si trovò davanti una foto della navigatrice abbracciata a
una ragazza dai capelli celesti, capì subito che si trattava di Bibi, la principessa di Alabasta.
- Ehi Robin che guardi? – Nami si avvicinò a
Robin e guardò la foto nelle mani dell’amica, gli occhi si
velarono improvvisamente di malinconia nel vedere il sorriso dolce di Bibi. Le mancava tanto quella principessa.
- Eravate molto legate, vero? – Robin non amava
parlare di quell’avventura ad Alabasta, le
dispiaceva troppo ricordarsi che in quella battaglia lei era stata una nemica.
Un sorriso spontaneo si disegnò sulle labbra di Nami,
mentre i ricordi insieme a Bibi le venivano alla
mente.
- Sì, eravamo legatissime, anzi siamo legatissime. Bibi rappresenta la sorellina minore che io non ho mai
avuto e, anche se le riconosco molti difetti, come l’essere una ragazza piagnucolona,
fifona, a volte frivola io le voglio davvero tanto bene. Il mio affetto e la
mia amicizia resteranno sempre ugualmente intesi, un’amicizia del genere
non scemerà mai, io lo so. Me
ne sono pienamente convinta quel giorno, quando ci siamo lasciate. Quando il
suo sguardo, pieno di lacrime, era fiero come quello della magnifica
principessa che io sapevo Bibi sarebbe diventata. La
mia amicizia con lei non cesserà mai, anche se non la vedo, non la
sento, lei occupa un posto nel mio cuore che sarà sempre solo suo. -
Le parole fluirono dalla bocca di Nami dolcemente, nei suoi
occhi si vedeva il riflesso della loro amicizia e Robin, senza poter fare
niente, si ritrovò ad invidiare la principessa di Alabasta.
L’affetto di Nami per lei era tangibile, ogni parola pronunciata da Nami
nel ricordarla era pervasa dall’amicizia che le univa.
Lei non aveva mai avuto una vera amica, nessuna da ricordare
con tanto trasporto come faceva Nami. Certo, aveva il
suo grande amico Saul ma… era diverso. Quella era un’amicizia che
era nata quando lei era bambina, le era sempre mancato non avere qualcuno di
cui fidarsi seriamente.
Come faceva ad essere certa che dietro atteggiamenti buoni
all’apparenza non si nascondessero intenzioni maligne? Il suo cuore non
voleva avere altre cicatrici, eppure in quella ciurma aveva trovato una vera
amica.
Sapeva che Nami, per lei, rappresentava l’amica che
aveva desiderato per tutta la vita.
Però Nami aveva già un’altra grande
amica e questo, per quanto riconoscesse il suo sentimento come infantile, non
faceva che intristirla. Nami guardò il viso di Robin e, forse per
intuizione o per semplice casualità, la abbracciò forte.
- Sono stata davvero fortunata. Oltre a Bibi,
io ho anche te, la mia sorellona. Ti voglio tanto
bene. -
Nami posò la foto nel cassetto e uscì dalla
stanza lasciando Robin in balia di sentimenti nuovi. Robin sentì di aver
provato gli stessi sentimenti di Nami quando aveva salutato Bibi,
quella stessa certa consapevolezza che le garantiva un’amicizia
senza fine. Robin avrebbe potuto trovare benissimo altre amiche altrettanto
importanti – cosa di cui già dubitava - ma sapeva che la sua
amicizia con Nami non sarebbe cessata.
Perché?
Perché lo sentiva dentro, l’affetto che la
legava a Nami rappresentava un’amicizia che può cambiare ma non
finire, è una di quelle amicizie che resta lì, a scaldarti il
cuore nelle notti fredde, che la senti che occupa un angolo del tuo cuore, un
angolo che non può essere cambiato. Robin non era una persona che
credeva nel banale lieto fine, il solito “per sempre” ma in quel
momento ne era assolutamente certa.
C’era un
“per sempre” in quell’amicizia.
I Mugiwara scesero dalla nave, dopo averla attraccata al
porticciolo presente sull’isola, e aspettarono pazienti l’arrivo
della parte femminile della ciurma. La prima a scendere fu Nami, sgargiante nei
suoi colori caldi. Quelle tonalità rispecchiavano in pieno il calore e
la gioia del suo animo, ancora più felice visto il programma della
giornata. Poco dopo scese anche Robin, elegantissima e
raffinata come lo sarebbe stata con qualsiasi vestito addosso. Certe
persone nascono con l’eleganza dentro, che si percepisce anche nei
movimenti più piccoli e insignificanti facendoli diventare graziosi e
fini; ecco Robin era esattamente una di quelle persone.
La ciurma decise il da farsi, Franky propose di restare
vicini alla nave per evitare problemi di qualsiasi genere, gli altri
concordarono e così si sistemarono vicini alla Sunny. Nami dispose la
sua tovaglia sulla candida sabbia dorata, si spalmò l’olio e si
coricò su di essa, ordinando a tutti di non disturbarla per
un’ora, minimo. Franky e Sanji si tuffarono immediatamente
nell’acqua, Zoro seguì l’esempio di Nami e decise di
prendere anche lui in prestito i benefici raggi solari. Usopp, Chopper e Brook
presero un pallone dalla Sunny e cominciarono a giocare sulla spiaggia.
Gli unici che restarono senza fare niente furono Rufy e
Robin, entrambi non potevano fare il bagno.
- Ecco l’aspetto spinoso dell’aver mangiato un
frutto del diavolo. Poteri, abilità e totale distanza dall’acqua.
– commentò la situazione Robin.
Rufy annuì replicando: - Sì, giusto
però possiamo fare qualcos’altro insieme. –
Insieme.
E’ incredibile come una parola possa avere un
significato così profondamente diverso a seconda di chi la pronuncia,
perché mai quella semplice piccola parola le aveva fatto
quell’effetto. Si sentì come le adolescenti in preda a emozioni
non controllabili e se non avesse avuto un carattere fermo e deciso, sarebbe
arrossita. Razionalmente sapeva che quella parola non voleva dire assolutamente
nulla, era un avverbio come un altro. Sì, razionalmente lo sapeva. Il problema era che la razionalità
in quel momento era ben chiusa e relegata in qualche angolo della sua mente.
- Vorrei fare un giro nell’isola, ti va di
accompagnarmi? – chiese Rufy, ignaro del turbinio di emozioni che aveva
causato con una semplice parola.
Robin annuì e seguì Rufy mentre un sorriso
incontrollabile si disegnava nel suo volto, era uno di quei sorrisi che non
riesci a fermare. Sono intensi e trasmettono quanto tu
ti senta felice per qualcosa che ti è appena successo. C’è
che li considera i sorrisi più belli del mondo, perché nascono
direttamente dal cuore.
I due si addentrarono nella boscaglia vicino al porto,
stando attenti alle liane e alle tante piante cresciute in quel punto.
Camminarono per venti minuti buoni senza dire una parola, Robin si girava le
mani dal nervosismo mentre si rimproverava quel suo essere così
infantile, neanche da piccola era tanto sentimentale.
Stava semplicemente camminando insieme a Rufy, una
situazione che succedeva sempre. Certo, il dettaglio che fossero soli era un
po’ più insolito ma non tale da giustificare quella reazione da
adolescente.
Rufy, dal canto suo, provava una piacevole sensazione di
benessere. Non amava stare in silenzio ma in compagnia di Robin lo trovava
perfino piacevole, con lei sembrava possibile comunicare anche senza bisogno di
parole.
- Secondo te manca molto al villaggio? -
Robin si rimproverò un secondo dopo aver pronunciato
la domanda, aveva detto la prima cosa che le era parsa sensata per spezzare la
tensione che rischiava di romperle i nervi per poi accorgersi che non era una
domanda per niente sensata. Uno, non sapevano neanche
se c’era un villaggio; due, Rufy non era esattamente la persona adatta a
rispondere a una domanda di quel genere, come diamine poteva saperlo?
- Non so, spero di no. Sempre se c’è un
villaggio. – rispose Rufy grattandosi il mento e scacciando un ragno che
si stava arrampicando sul suo piede.
Robin annuì continuando a darsi della sciocca.
Dopo altri dieci minuti di cammino finalmente lo videro. Un
piccolo villaggio in fondo alla vallata. Era composto da non più di una
trentina di case disposte a cerchio nella valle, al centro di questo cerchio di
case c’era quella che doveva essere la piazza principale, infatti al centro vi era una statua di un personaggio a loro
due sconosciuto, con vicino costruita una fontana. Il villaggio era in
attività, fumo grigio usciva dai camini della
case e molti abitanti andavano e venivano dalle costruzioni. In particolare una
attirava visite, Robin ipotizzò si trattasse del negozio del villaggio,
visti anche gli oggetti esposti fuori. Rufy e Robin scesero nel paese,
attirando gli sguardi sorpresi e dubbiosi degli abitanti. Le
loro facce esprimevano tutte lo stesso quesito: “Chi siete? Cosa volete da noi?”
Era evidente che non erano abituati alle visite in quel
paese.
- Salve, io sono Monkey D. Rufy,
sono un pirata, ma non uno qualsiasi, sono il pirata destinato a diventare il
Re dei Pirati e sono qui per passare dei momenti di svago con la mia ciurma.
Voi chi siete? -
Robin si divertì molto ad osservare le reazioni delle
persone che li fissavano, se alle parole “pirata – Re dei
Pirati” i loro sguardi si erano fatti sospettosi e pericolosi, alla fine
del discorso di Rufy le facce esprimevano incredulità. Era impossibile
che il discorso di quel tizio che pareva avere più di una rotella fuori
posto fosse sensato, probabilmente manco era un pirata
e se lo era sicuramente era un pirata non così forte.
Un uomo, più coraggioso degli altri, si
avvicinò nella direzione di Rufy.
- Questo è il villaggio D’Alembert,
chiamato così in onore del nostro più grande e rispettabile primo
cittadino George D’Alembert, si dice che avesse
radici sia francesi che inglesi come dimostrato dal suo nome, tipicamente
inglese, e dal suo cognome, tipicamente francese. Ha fondato lui questo villaggio,
più di cento anni or sono.
Siate i benvenuti, stranieri, ma dite è forse vero
che siete pirati? –
Questa volta fu Robin a prendere la parola: - Sì, lo
siamo, ma non siamo pericolosi e non abbiamo altro intento che quello espresso
dal mio capitano, ovvero divertirci e visitare la vostra isola. –
La sua spiegazione convinse tutti, Robin sapeva essere molto
persuasiva.
- Venite allora, vi faccio fare un giro del villaggio.
– continuò l’uomo di prima che poi si scoprì essere
il sindaco attuale di D’Alembert. I due lo
seguirono e ascoltarono le brevi spiegazioni del sindaco, poi Robin
spiegò della ciurma e di dove si trovassero.
Il sindaco allora, dissipato ogni dubbio o incertezza sulla
buona fede di quei viaggiatori, li invitò a tornare tutti
insieme in serata, per partecipare a un banchetto che avevano in
progetto di organizzare da mesi.
- Non serve che vi disturbiate tanto per noi. –
obiettò Robin.
- Non è un disturbo, in realtà vi stiamo
usando. Avevamo questo banchetto in serbo da mesi e voi ci avete dato il
pretesto per farlo, finalmente. – sorrise nuovamente il sindaco in
direzione di Robin, ostentando un po’ troppo il suo voler stare vicino a
Robin per compiacerla. Era evidente che Robin lo aveva molto colpito, data la
sua bellezza e cortesia. Era così palese che perfino Rufy si accorse che il sindaco era strano, lo aveva completamente
ignorato concentrandosi a rivolgere la parola esclusivamente a Robin, i suoi
toni erano fin troppo gentili e accondiscendenti e inoltre il suo sguardo
cadeva sempre troppo sul corpo di Robin.
Rufy si accorse che quell’atteggiamento gli stava
molto antipatico e il sindaco smise immediatamente di stargli a genio. Robin decise di dare un taglio a quella visita
guidata e a quegli sguardi insistenti che si era seccata di ignorare. Tuttavia
dovettero per forza accettare l’invito del sindaco, i suoi amici
avrebbero voluto vedere il villaggio e poi probabilmente c’era
necessità di fare provviste.
Salutarono tutti, promettendo di tornare in
serata per partecipare al banchetto.
- Noi andiamo, torneremo stasera,
signor sindaco. -
- Oh no, ti prego, chiamami Josh.
– lei annuì e seguì Rufy, constatando che
quell’individuo non le piaceva per niente.
Sulla via del ritorno era tornato di nuovo il silenzio,
soltanto che non era un silenzio piacevole come quello di prima.
- Non ho voglia di tornare lì stasera. Quel tizio
è odioso. -
Robin restò a bocca aperta, aveva sentito bene?
Sì che condivideva l’opinione di Rufy però il suo capitano
non riteneva odioso nessuno, soprattutto non dopo così poco tempo e
senza un motivo apparente.
- Non è da te dare questi giudizi. Comunque ormai
abbiamo accettato e noi siamo pirati che mantengono la parola data. -
- Ti guardava troppo, secondo me. Forse è questo il
motivo che me lo rende antipatico. –
Robin era sicura al cento per cento che Rufy non si rendesse
neanche conto del significato delle sue parole. Ti guardava troppo, quindi mi dava fastidio.
Per lui era una frase che non aveva nessun significato
nascosto, la pensava e gliel’aveva detta, niente di strano per lui.
Ma per lei… Stavolta non riuscì a non
arrossire, anche se così poco che neanche se ne accorse lui. Quasi
sicuramente era lei che dava troppo peso alle parole, Rufy l’avrebbe
detto anche per Nami. Era un fastidio dovuto alla loro amicizia, non
c’era nessun altro motivo.
Se lo continuò a ripetere per tutto il tragitto verso
la nave, cercando di non pensare che quella frase, che era assolutamente
innocua, le aveva fatto così tanto piacere da
turbarla.
Arrivati alla Sunny chiamarono il resto dei compagni per
spiegargli ciò che avevano visto e chi avevano conosciuto, raccontarono
dell’invito per quella sera e prevedibilmente tutti erano entusiasti di
accettare per visitare il villaggio.
- Sanji, stasera vedi se ti è possibile provvedere per
il cibo. Non sappiamo quando arriveremo alla prossima isola. – gli
ricordò Nami. Il cuoco annuì salendo poi sulla nave per
controllare ciò di cui aveva bisogno e anche per iniziare a cucinare il
pranzo, quel giorno era in ritardo, era l’una passata.
I Mugiwara restarono in spiaggia finché la voce del
cuoco non li informò che il pranzo era pronto. Durante l’attesa
Robin era rimasta seduta sulla sua tovaglia viola con fiori violetti a fissare
il mare, con la testa che ci concentrava sempre sugli stessi pensieri. Ripensò
anche a Josh, in fondo se non fosse stato per non
avrebbe mai capito che la gelosia di Rufy le piacesse tanto. Anche se non era
neanche gelosia, ma il fatto stesso che sperava che lo fosse la inquietava.
Lui era Rufy.
L’aveva sempre considerato così nella sua
mente, non aveva mai fatto altri pensieri su di lui, non almeno pensieri di
quel genere. Neanche dopo Enies Lobby in effetti.
Sì, da quel giorno lui aveva iniziato ad occupare un
posto dentro di lei ma semplicemente come amico, come una persona per lei
importantissima. Non si godeva della gelosia di un amico e non ci si
imbarazzava in sua compagnia.
Invece quella mattina si era sentita terribilmente in
imbarazzo in sua compagnia, ma al contempo, aveva desiderato che quel tragitto
non finisse mai. Ogni passo era una doppia tortura, divisa tra
l’imbarazzo e il desiderio. Nella Sunny non restavano mai da soli, almeno
non completamente, c’era sempre qualche compagno con loro e i momenti da
soli erano brevi, fuggenti. Ma non si era mai resa conto che questo fatto le
pesasse, che voleva stare con lui, anche solo per ascoltare il suo respiro o
vedere il suo cappello ondeggiare nel vento.
E poi, diavolo, quelle maledette parole. Lui non era geloso,
era infastidito. Doveva smetterla di pensarci, togliersi dalla testa tutte
quelle sensazioni.
Da quando Rufy occupava tanto tempo nella sua testa?
Non era normale.
- Robin ma che cos’hai? Ti vedo così persa nei tuo pensieri, fissi l’orizzonte senza però
realmente guardarlo. – esclamò Nami avvicinandosi alla sua sorellona. Dopo la passeggiata con Rufy si era chiusa nel
silenzio, sedendosi in riva al mare persa nella sua mente.
Robin guardò Nami, risentendo quel calore che aveva
percepito la mattina. Nami non l’avrebbe giudicata, non l’avrebbe
presa in giro, non si sarebbe annoiata nel sentire i suoi problemi. Quando ci
confidiamo di una cosa veramente importante con una persona è come se
gli stessimo prestando un pezzettino della nostra anima e pretendiamo che venga
conservato bene.
Per questo è difficile avere un vero confidente, ci
vuole una fiducia che non si conquista in poco tempo. Ma lei la fiducia in Nami
ce l’aveva, sapeva che avrebbe trattato bene il suo minuscolo pezzo
d’anima.
- E’ Rufy che mi preoccupa. -
Nami non capì subito il reale significato di quella
frase: - Che ha fatto? Ne ha combinata qualcun’altra delle sue? –
- No, stavolta è colpa mia. Sta facendo tutto la mia
testa o, per meglio dire, il mio cuore. -
La navigatrice fissò stupita la sua sorellona, poi sorrise maliziosamente.
- Il nostro capitano ha fatto breccia nel cuore di qualcuno?
Robin! - poi rise, ma non per deriderla. Anzi, ne era felice, loro due erano i
suoi migliori amici e poi Rufy avrebbe protetto sempre e comunque Robin.
- No, non è possibile. – negò Robin,
anche se sapeva che si stava mentendo da sola.
- Come no? Quando entra in gioco il cuore, il più
è fatto! –
- Ma non dirlo manco per scherzo! Ti pare che posso
innamorarmi di Rufy? –
Ecco, sì, aveva detto quel dannato verbo.
Innamorarsi.
Diavolo, di solito la gente era felice quando era
innamorata. Le donne dicevano di vedere tutto il mondo in rosa e che ogni cosa acquistava
un sapore migliore, ogni colore diventava più accesso e ogni profumo
più inebriante.
Invece lei vedeva ogni cosa come più confusa.
- Raccontami come sei finita a fare questi pensieri. Cosa
è successo stamattina? -
- Ma niente, in realtà. Stamattina abbiamo fatto
semplicemente una passeggiata da soli, niente di insolito o strano. Eppure
io… ero agitata, nervosa, imbarazzata dall’essere
sola con Rufy ma, allo stesso tempo, ne ero felice. Mi piaceva da matti
osservare il suo profilo muoversi agile tra gli alberi, il suo sorriso quando
si girava per controllare se lo seguissi e poi stavo per inciampare e lui mi ha
sorretto stringendomi la mano. Non era la prima volta che mi prendeva la mano
per aiutarmi, eppure non avevo mai provato quella bellissima sensazione. Un
calore che ti fa stare come se fossi sospesa, è stato un contatto breve
ed innocuo che però mi ha turbata. Poi, nel villaggio, c’è
il sindaco Josh a cui, insomma, penso di piacere. Era
così evidente che se ne è accorto perfino Rufy. Però quell’uomo
mi ha trasmesso una sensazione sgradevole. –
- Fammi capire: hai colpito il sindaco che ti faceva delle
avances così palesi che se ne è accorto Rufy? E che ha fatto? Ti
deve essere saltato addosso perché un tonto come lui se ne accorgesse!
–
Robin rise leggermente: - No, però continuava a
lanciarmi occhiate su occhiate, sorrisi su sorrisi, mi parlava galantemente e
con troppa accondiscendenza. Vedrai stasera, temo che non riuscirò a
cacciarmelo di torno. –
Nami annuì pensosa: - Beh, vai avanti. –
- Al ritorno Rufy mi ha detto che il sindaco era odioso. Io
gli ho chiesto perché e lui mi ha risposto che lo infastidiva
perché mi guardava troppo. -
Nami aprì la bocca in una “o” di stupore,
Robin però continuò tentando di evitare quello sguardo sorpreso e
compiaciuto insieme.
- Non iniziare con quell’espressione, non sono le
parole di Rufy in se stesse il mio problema ma la mia reazione assurda. Certo,
mi fa piacere che una persona a cui tengo sia protettiva nei miei confronti,
però la gioia che ho provato – e che provo tutt’ora - per
quella specie di gelosia è decisamente troppa. Mi si è stampato
un sorriso sul viso che non se ne voleva più andare via, non c’era
verso che scomparisse. Io non ho mai provato reazioni simili per Rufy,
né per nessun altro in realtà. -
Nami soppesò qualche secondo le parole di Robin, poi
alzò una mano e le carezzò leggermente una spalla: - Ti stai
innamorando di Rufy, è un avvenimento bellissimo, non devi essere
così preoccupata o ansiosa. Ti sei innamorato di una bellissima persona,
anche se parecchio tonta, in effetti non so di cosa
potreste parlare. – Nami concluse ridendo il discorso, lieta
di sapere che le ansie dell’amica fossero dovute solo a un problema
così bello. Eh sì, Nami non aveva dubbi che Rufy ricambiava
Robin, le erano bastate quelle parole per convincersene.
Rufy era come un bambino, sotto quel punto di vista. Non
aveva problemi ad esporre il suo stato d’animo o i suoi sentimenti, per
cui, anche se lui stesso non ne era consapevole né si poneva mille
problemi come Robin, provava qualcosa per lei. Quella era la reazione di un
geloso e Rufy non era geloso per capriccio. Il problema ora era che Rufy
capisse che, forse, Robin non era una semplice nakama.
- Comunque ora non ho più voglia di pensarci, grazie
per avermi aiutata Nami. – disse Robin alzandosi dalla tovaglia.
- Oh, non c’è da ringraziare. Tra amiche si usa
confidarsi! – rispose Nami ridendo e seguendo l’amica nella Sunny,
in quanto avessero appena sentito l’invitante richiamo di Sanji.
- Ma solo con il sindaco avete parlato? – chiese Usopp
a tavola, mentre era impegnato a ingoiare il suo piatto di carne.
- Principalmente sì, non la finiva più di
parlare. Diceva del villaggio, di quel tizio, una noia! Non ci ha offerto
neanche un po’ di cibo. – si lamentò Rufy continuando a
divorare piatti su piatti.
- Vedrete che ci divertiremo stasera! A quanto dite,
sembrano persone ospitali. – commentò Brook.
Gli altri annuirono per poi continuare il pranzo.
Il tramonto arrivò molto velocemente quel giorno, o
almeno così era parso a Robin. In effetti non
è che il sole tramonta a piacimento. Probabilmente la causa di
quell’anticipo era stato che aveva nuovamente passato tempo da sola con
Rufy. Avevano fatto un altro po’ di esplorazione dell’isola, visto
che non potevano fare il bagno. Lei aveva nuovamente provato quelle magnifiche
sensazioni. Ogni sorriso di lui la rendeva felice, ogni occhiata la allietava.
Si trovava ridicola da sola, a dire il vero. Però non
poteva farci niente, non riusciva a smetterla. E poi, sembrava quasi una droga.
A ogni nuovo sorriso ne voleva subito altri, tanti da perderci dentro. Si
chiese se fosse così per tutte, se fosse così maledettamente
piacevole e snervante allo stesso tempo.
Non la sapeva la risposta, ma, ad un certo punto,
dimenticò perfino la domanda ed era stato quando, a causa di una specie
di fossato, Rufy aveva stretto la mano intorno alla sua.
Non c’erano altri villaggi nell’isola e il pomeriggio
era volato così, tra foglie e alberi.
Alle 8 in
punto – benché non avessero concordato un orario preciso – i
Mugiwara decisero di andare verso il villaggio. Robin e Nami risplendevano nei
loro abiti, per quanto semplici. La rossa indossava un abitino azzurro che
contrastava in modo intenso con il rosso dei suoi capelli. Robin aveva un abito
rosso a monospalla, con alcuni lustrini nelle piegoline della gonna. I ragazzi avevano mantenuto
più o meno lo stesso abbigliamento. Avevano però costretto a
indossare dei pantaloni lunghi sotto la solita maglietta rossa e il cappello di
paglia, per convincerlo avevano utilizzato la scusa che “un buon capitano
deve essere presentabile in tutte le feste”.
Rufy aveva protestato vivacemente ma si era poi calmato quando,
nel ponte, aveva visto Robin che gli aveva detto che stava davvero bene con i
pantaloni lunghi. In quel momento si era deciso a lasciarseli.
Piacevano a Robin, tanto bastava per sopportarli una sera.
Arrivarono al villaggio che già tutta la piazza era
stata adibita per la festa, la statua era ricoperta da alcune luci, come la
fontana in cui gli spruzzi d’acqua sembravano diventare giochi di luce al
contatto con le lucine. C’erano lunghe tavolate, su cui molte donne
portavano cibi di ogni sorta. Carne arrosto, pesce,
insalate di mare e tante altre delizie. In un tavolo a parte, esattamente al
centro della piazza, dietro la statua, sarebbero stati messi i dolci a fine serata. Le donne del villaggio avevano lavorato molto
quel giorno per garantire un banchetto di quelle proporzioni. Josh aveva detto solo in tarda mattinata che il banchetto
si sarebbe fatto quella sera, in onore anche dei nuovi stranieri. Un ragazzino
si stava anche occupando della musica, diffondendola nella piazza.
Rufy e Robin avevano rappresentato la chiacchiera del
giorno, tutti si chiedevano se fosse veramente un pirata quello strampalato
ragazzino. La loro idea non cambiò di molto quando videro arrivare tutto
l’equipaggio. Dubitavano fortemente che il nuovo Re dei Pirati avrebbe
contato una ciurma di appena nove persone. Era un numero talmente esiguo da
essere ridicolo. Tuttavia li avevano trovati simpatici e poi il sindaco stesso
aveva ordinato che fossero cordiali e gentili.
Fu lui il primo ad accoglierli, si era vestito in una maniera
così elegante da essere esagerato, neanche dovesse ricevere
chissà chi, pensava chiunque lo guardava. Si avvicinò a Robin,
ovviamente, facendole un elegante baciamano ed esprimendole incantato tutta la
sua bellezza, lei sorrise cordialmente trovandolo assolutamente irritante.
Sanji non gradì per niente quella premura e cominciò ad
arrabbiarsi, Nami gli tirò leggermente la manica sussurrandogli di
calmarsi. Con un altro occhio Nami studiò la reazione di Rufy, lui si
era fatto improvvisamente serio e aveva stretto i pugni, segno che quelle
attenzioni non gli erano per niente piaciute, oltretutto non era corso al
banchetto, quello era davvero un ottimo segno; concluse Nami mentalmente.
I Mugiwara cominciarono a fare amicizia con il resto del
villaggio, chiacchierando delle loro avventure e imprese. La domanda più
frequente era sempre la stessa: “Ma è vero che siete una ciurma di
pirati?”
Loro annuivano sempre, affermando che non solo erano una
ciurma di pirati ma che erano la più forte al mondo. Cautamente decisero
però di evitare di dire quanto fossero grosse le taglie sulle loro
teste. Sanji si occupò anche delle provviste, parlando e prendendo
accordi con il bottegaio del villaggio.
Il sindaco non si era staccato un secondo da Robin, di
conseguenza Rufy non si era staccato un secondo da Robin. Erano seduti tutti e
tre vicini con Josh che continuava a parlare del
villaggio, dell’importante ruolo di sindaco, delle leggende di quel
paese. Robin era totalmente satura di quelle orecchie e anche Rufy era esausto
nonostante non avesse ascoltato molto, visto com’era impegnato a
mangiare.
Poi la musica cambiò, il ragazzino aveva messo una
specie di lento. Robin pensò terrorizzata che sicuramente
quell’uomo l’avrebbe invitata, per cui si voltò speranzosa
verso Rufy.
- Per favore, balla con me. Non voglio più stare con
quest’uomo. – suonava quasi come una supplica mentre gli chiedeva
in pratica di ballare un lento con lei.
Josh, prevedibilmente, si era
già alzato per invitare Robin ma Rufy lo scansò prendendola lui
per mano.
- Scusa amico, te la rubo un po’. -
Lei rise leggermente della battuta del capitano, per poi
seguirlo nella pista dove c’erano già molto
coppiette che ballavano. Sanji stava ballando con due ragazze conosciute
nella festa, Usopp, Franky e Chopper avevano improvvisato un ballo a tre, Brook
mangiava senza dare il minimo segno di volersi alzare. La coppia più
sorprendente per Robin furono Zoro e Nami che ballavano vicini.
“Brutta di una Nami! Io mi sono confidata e lei no!
Sulla Sunny me la pagherà cara questa”
Robin lanciò un’occhiataccia a Nami che
però ricambiò facendole l’occhiolino vedendo con chi
ballava.
Rufy la teneva stretta e lei aveva le mani attorno al suo
collo, guardava da tutte le parti per evitare i suoi occhi che la fissavano
costantemente. Sentiva di andare a fuoco ogni secondo di più, mentre il
cuore le galoppava nel petto.
Come possiamo tenere nascosta la nostra intesa?
Ed è in certi sguardi che si intravede l’infinito
Tutto l’universo obbedisce all’amore
Come puoi tenere nascosto un amore?
Erano solo loro due, persi tra note che non erano più
quelle della canzone. Lei trovò il coraggio di alzare lo sguardo e
incatenare i suoi occhi in quelli di Rufy, non v’era dubbio che li
trovasse i più belli che avesse mai visto. Profondi, scuri, ora chi ci
si staccava più?
Rufy la guardava trovandola così bella che gli
sembrava di sciuparla, era stato felice di quella richiesta di Robin. Aveva
rischiato di prendere a pugni quel tizio parecchie volte durante la serata,
fermato sempre da una mano di Robin, in fondo lei sapeva difendersi benissimo.
Se lui avesse superato il limite non avrebbe risparmiato mani.
Il lento finì dolcemente in una
sfumature di note delicate. Si fermarono, però non si sarebbero lasciati
se il sindaco non fosse venuto subito a richiamare la compagnia di Robin.
Stavolta lei decise di negargliela, l’aveva sopportato abbastanza, pure
oltre i limiti della cortesia.
- No, scusa Josh, ora non posso
stare con te. -
Lui si arrabbiò parecchio per quella risposta. Quella
donna gli piaceva e pure tanto, non poteva liquidarlo in quel modo. La
strattonò per un braccio tirandola verso di sé, Robin lo
guardò fredda ed era già spuntate diverse mani pronte a fargli
molto male. Ma non ce ne fu bisogno, appena un secondo dopo averla tirata, Josh si era trovato a terra sanguinante, steso da un pugno
di Rufy, che lo guardava furente. Si avvicinò, lo tirò su per il
colletto della giacca e gli sussurrò minaccioso: - Non osare mai
più e ripeto mai più, toccarla. –
Poi lo ributtò per terra, chiedendo a Robin se stava
bene. Lei annuì, ringraziandolo. Il calore che aveva sentito grazie alla
sua protezione, era così insolito per lei. Era una donna che sapeva
difendersi benissimo da sola, non aveva mai avuto bisogno di qualcuno che la
proteggesse dai pericoli, tuttavia scoprì che la protezione di Rufy non
le dispiaceva affatto, basta che non diventasse un’abitudine.
- Potevo cavarmela da sola. – commentò
orgogliosa.
- Sì, lo so, però era tutta la sera che volevo
farlo! – rispose Rufy ora tornato sereno.
Gli abitanti avevano guardato l’intera vicenda
disapprovando il comportamento del sindaco, i Mugiwara decisero quindi di
tornare alla nave. Salutarono gli abitanti, ringraziandoli per la festa e
l’ospitalità. I cittadini erano rimasti altrettanto ben impressionati
dai quei particolari pirati, mai ne avevano visti di tanto buoni e simpatici.
Sarebbe piaciuto molto a tutti se veramente fossero diventati la ciurma del Re
dei Pirati.
Al ritorno la ciurma commentò la serata, che era
stata molto piacevole finché il sindaco non aveva cominciato a
rovinarla. Arrivarono alla Sunny e salirono sulla nave, andando a cambiarsi.
- Che ne dite se facciamo un bel falò sulla spiaggia?
Non è tardi. – propose Brook.
Tutti accettarono volentieri, mentre Sanji chiedeva il
solito quesito: - Ovviamente io non devo cucinare vero? –
- Sanji, io ho ancora fame veramente! – fu infatti la prevedibile risposta di Rufy. Sanji era andato
alla mensa senza neanche ascoltarla. Prese un po’ di carne per poi
cucinarla nel falò preparato da Zoro, Usopp e Franky.
La luna splendeva alta nel cielo, il mare nero era
illuminato dalla sua luce e sembrava risplendere. Il mare notturno era uno dei
paesaggi che piaceva di più a Robin e trovava
che perfino le somigliasse per certi versi. Bellissimo e splendente ma poteva
diventare anche letale. Spesso aveva dato questa descrizione di sé.
Rufy si avvicinò a lei, vedendola assorta a pensare.
- Ehi, tu non hai fame? – chiese Rufy ingenuamente.
Robin negò ridendo per poi tornare seria: -
Perché mi hai protetta Rufy? –
Lo guardava con occhi seri e speranzosi.
Si era definitivamente innamorata del suo capitano. Quello
lunghissimo sguardo nel ballo aveva finalmente aperto il suo cuore.
- Perché è mio compito difenderti Robin, ho
promesso a me stesso di avere cura di te. Ci sarò sempre, per te, se tu
vorrai. -
Lei lo guardò con occhi lucidi, erano parole davvero
commoventi. Si avvicinò ancora di più e gli diede un bacio sulla
guancia.
- Grazie Rufy, io ti vorrò sempre. -
Per Robin quella frase era a doppio significato, in quanto
avrebbe sempre voluto la sua protezione ma anche lui stesso.
Rufy sorrise ricambiando il bacio di Robin, solo che lui non
glielo diede nella guancia. Lei avvampò e poi lo vide alzarsi, lo
fissò interrogativa.
- Tanto tempo fa Nami mi aveva detto che si fa questo tra un
uomo e una donna che si voglio davvero tanto bene, e io te ne voglio
tantissimo, Robin. -
Poi si allontanò verso il falò dove era pronta
la carne.
Lei rimase a fissare la luna.
In un solo giorno aveva scoperto un’amicizia e un amore.
Si toccò le labbra ridendo di gusto.
Niente male come riassunto della giornata.
A Serena, sperando nel
tuo “per sempre”.
Fine.
La canzone alla fine della canzone è “Tutto
l’universo obbedisce all’amore” di Franco Battiato. Ho
scritto questa storia per la mia amica, perché era giù di corda xD
Spero che le piaccia =D
Voi tutti che avete letto, voglio un commento u.u Ora, subito! xD
Spero che la storia sia piaciuta pure a voi, a me non piace u_u,
è brutta, ammettelo XD
Un bacio :*