Non
starò a fare duemila premesse. Sappiate solo
che è la prima ff su Ale e Phai che scrivo, per cui siate
spietati :)
Comunque…
la voglio dedicare ad una persona
speciale. Euterpe, questa è per te, per dirti grazie di
esserci sempre, per
ricordarti quanto ti voglio bene e per farti un grande “in
bocca al lupo” per
il tuo esame. Non aggiungo altro, tanto noi sappiamo già
tutto ^-^
Enjoy!!
Al di là di
questo
È
tutto bianco. Attorno, sopra, sotto.
Cammino e i miei piedi affondano in qualcosa che non è
sabbia
e neppure neve, ma ne ha la stessa consistenza. Gli occhi… i
miei occhi
bruciano nel tentativo di trovare qualcosa che non sia il nulla, che mi
circonda. E il respiro?
Mi siedo; su qualcosa o forse su niente. Non so se è caldo
ciò che percepisco, oppure freddo.
Dov’è? Dov’è la mia voce
adesso?
Provo ad aprire la bocca per chiamarlo. Sulle mie labbra
si dipinge il suo nome: Alessandro. Poi, però, il resto
è solo silenzio.
Le ginocchia al petto, come un piccolo bozzolo umano che
questo vento si diverte a far oscillare, accarezzandolo. Accarezzandomi.
-Accarezzami
Efestione.
Un sussurro vicino
all’orecchio, troppo vicino.
-Alessandro, siamo
nel bel mezzo di un banchetto. Se i tuoi…
-Non m’importa.
Voglio sentire che posso ancora respirare anche tra tutta questa gente.
Le mani che corrono
ai lati del tavolo. Un tocco… una boccata
d’ossigeno. La vita che corre pulsa
più forte sotto pelle.
Le guardo
adesso, portandole vicino al volto. I palmi che
paiono campi di battaglia, percorsi da fiumi tortuosi di liquida
passione. Ampi
spazi su cui si era adagiato, un giorno, abbandonandosi alle mie cure,
lasciando che lo accompagnassi vicino al mio cuore.
Che cosa era successo poi?
Le mie dita sembrano allungarsi, come fossero di gomma. Le
guardo protendersi anch’esse al nulla e stranamente ho voglia
di piangere.
Qualcosa si rompe, vicino alla mia gamba, ma cosa? Tutto è
soffice e
inconsistente qui, eppure il rumore è di un coccio
incrinato… se mi concentro
sembra provenirmi dal petto.
Ma poi, che cos’era successo che lo aveva allontanato?
-Tutto questo
mi
spaventa, Xandre.
La sua testa
s’inclina di lato e due colori si agganciano ai miei occhi.
-Abbiamo vinto tante
battaglie, vinceremo anche questa.
-Non è la guerra a
farmi paura. Potrei morire anche adesso, tanto tu sei qua con me.
Deglutisce e scopre
il collo. Che cosa ascolti mio re?
-Temo quello che
potrebbe succedere, questo Mondo che ti risucchia.
Un tremito seguito
da un abbraccio, potente, disperato… suo.
-Fidati di me, Phai.
-Non allontanarti
mai da me, Alessandro.
-Tu sei la mia casa.
Come potrei?
-Allora non
allontanarti mai da casa.
Stringo gli
occhi con forza, perdendomi nelle linee di
luce che si intrecciano. Come noi, allora. Come noi che eravamo
l’uno la casa
dell’altro. Due raggi colorati che si abbracciavano sulle mie
palpebre, al
buio.
Camminava sicuro nella vita, inseguendo un sogno che era
diventato un ossessione, ed io continuavo a rotolare nel solco lasciato
dai
suoi piedi. Al suo fianco, ma sempre un passo indietro.
Perché Alessandro era
pura luce, perché Alessandro non doveva essere offuscato e
perché io, per
primo, avevo bisogno di godere del suo splendore.
Sospiro, quasi un rantolo, a tratti gemito.
Il bianco che mi circonda si muove, dondola. Non lo vedo
ma lo percepisco. Ha il suono ovattato delle ali di una libellula,
quando
sbattono veloci tra le brezze o sul pelo dell’acqua.
Un giorno, non so come né quando, quella luce era
diventata lontana. Un giorno, però, qualcosa era cambiato.
Ma cosa?
-Ho deciso di
sposarmi.
Lo dice piano, ma
con una sicurezza che mi fa male.
-Per avere un erede.
Lo dice piano e non
mi guarda. Per fortuna, o dovrei spiegargli perché
improvvisamente mi sento
soffocare. Perché non riesco a parlare.
Sospira. Sospiro.
Sospiriamo.
-I generali faranno
di tutto per ostacolare questa decisione. Ho bisogno del tuo supporto
Efestione. Come sempre. Dimmi che mi appoggerai…
Si volta. Di fronte
a quegli occhi non so mentire. È la paura che vi scorgo,
paura che tutto ciò
che ha costruito si sfracelli. Annuisco. Mi porge la mano e la afferro,
lo
sostengo. Per quanto male faccia.
Ci sono delle
notti in cui vorresti soltanto chiudere gli
occhi e dormire, invece l’ansia ti stringe le viscere e ti
spalanca gli occhi.
Rotoli tra le coperte, tra il sudore e i tuoi ansiti pesanti.
Il nome di quella donna mi scendeva come veleno sulla
pelle e bruciava ogni centimetro di pelle.
Sangue. Da dove sta colando? Lo sento solleticarmi col suo
ferroso rivolo.
Alessandro in un letto che non era il mio, Alessandro
dentro un corpo che non era il mio.
E sanguinavo.
Come ci si sente quando si è dato tutto se stesso ad una
persona? Vuoto… Pieno… non lo so. Si sente,
forse, si sente e basta. Come se
tutto fosse amplificato; ogni emozione, ogni respiro.
Ma a che serve tutto questo quando l’egoismo
dell’altro ti
getta addosso la consapevolezza che, in fondo, non sei poi
così importante?
Succede che il bianco diventa grigio, mentre da ogni punto
e da nessuno io sanguino.
-Non
azzardarti a
morire prima di me!
Il cipiglio del
principino mi farebbe ridere, se nei suoi occhi non scorgessi totale
serietà.
-Xandre… non sarò io
a decidere quando andarmene.
Due bambini nei
profumi di Mieza. Sotto al ciuffo dorato un fremito di paura.
Gli alzo il volto
con l’indice
–Però farò di tutto
per rimanerti vicino.
-Promettilo Efestione.
Promettimi che non mi lascerai solo.
Che cosa sono
quelle? Lacrime, piccolo principe?
-Alessandro…
Singhiozzi lo
scuotono. Senza ritegno nella nostra camera.
-Phai… ti prego…
Un bacio e poi un
altro. E un altro ancora. I sospiri che si fanno pesanti,
accavallandosi
sensuali.
Sotto quell’irruenza
di debolezza capitolo, stringendolo e spogliandolo piano.
-Te lo prometto. Non
ti lascio solo, mio re.
Che cosa
pensi adesso? Adesso che non ho mantenuto la mia
promessa?
Mi chiedo se ancora te la ricordi, se piangi, magari. E se
lei ti asciuga quelle lacrime, se ne è capace.
C’è un vaso rotto, ai miei piedi. Quasi il
contrasto del
rosso con tutto questo bianco mi fa bruciare gli occhi. Lo prendo.
Mille
piccoli pezzi. Come noi.
O forse… forse come lui.
D’improvviso capisco e qualcosa mi si lacera nel petto.
Mi accascio sul nulla, avvertendo il rumore ovattato che
le mie ginocchia producono.
Un pianto che si porta fuori tutto ciò che incontra nel
suo cammino.
Lui. Lui mi ha seguito. Lui lo sapeva che senza me non avrebbe
resistito. Ed io. Io ho dubitato.
Da qualche parte, adesso, Alessandro il Grande sta
morendo. Percepisco il suo pensiero correre da me e sfiorarmi la
guancia. È
solo un attimo, ma basta a togliermi il respiro. Alessandro respira per
l’ultima volta ed io non sono con lui. Ed avevo promesso.
-Perdonami. Perdonami. Perdonami.
Fa freddo. Le lacrime mi si congelano sul volto tirando la
pelle.
Il vento soffia cullando la mia nenia, trasportandola via.
-Phai…
Un ultimo singhiozzo mi muore in gola. Ogni cosa cessa di
far rumore. C’è solo un suono basso, vibrante. Mi
volto.
Non riesco a percepire la distanza che ci separa, ma non
m’importa. Lui è qui, di fronte a me.
Ci guardiamo e mi basta. Ogni momento insieme torna al suo
posto.
-Mi hai aspettato, Efestione…
Sorride e il grigio diventa luce. Sorride e sento un
tepore salirmi al volto.
-Non sono capace di affrontare neppure la morte senza te,
Alessandro.
-Neanche io.
Il vaso ai miei piedi è tornato integro. Lo afferro,
rigirandomelo tra le mani. Nessuna scheggia manca, neppure una. Su di
un lato
sono dipinti due fanciulli senza volto: si tengono la mano e leggono un
libro,
accoccolati in un giardino di profumi e ricordi.
-Non lasciarmi più adesso.
Torno a guardarlo e mi alzo. Le lacrime si sciolgono,
asciugandosi sulle mie guance.
-Prendimi.
Sussurro prima di iniziare a corrergli incontro, mentre lui
fa lo stesso.
Non so quanto spazio ci separa, ma so che questa volta non
mi fermerò finchè non lo avrò tra le
braccia.
Percepisce i miei pensieri e annuisce con gli occhi colmi
di amore.
Dopotutto abbiamo di fronte un’infinità.
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