No,
ok, lo ammetto: Non è facile per me pubblicare questa storia, per niente.
Non
so perché proprio adesso. Lo so che molti sono in vacanza e non potranno
leggerla (sempre se esiste ancora qualcuno che lo voglia, certo) ma mi andava l’idea
d’inserire anche la mia long. Non
posterò a intervalli regolarissimi ma spero che ne varrà la pena e che troviate
ogni capitolo soddisfacente.
Vorrei
riuscire a coinvolgervi e farvi affezionare ai miei personaggi, magari
commuovervi anche un po’. Non so. Spero di portarla fino alla fine (Beh, per me
sicuramente lo farò, ma spero che qualcuno mi inciterà a farlo anche qui!) e …
che altro dire? Niente.
Grazie
a Minako_86 che di questi personaggi ne conosce un bel po’ e mi è stata vicina
nella creazione, e ad AmAJonas che mi ha dato tante
idee senza volerlo. Grazie a chi mi ha sostenuto e chi mi sosterrà.
Un
paio di cosine sulla storia: So che Nick non è stato a Londra a Novembre, ma
spero che me lo passerete. Sapete, io amo
l’autunno. Non conosco nemmeno il produttore, Mackintosh, quindi l’ho citato
così ma in realtà è tutto frutto della mia mente. Ah, e state attenti all’apparenza, potrebbe
confondevi ;)
Detto
ciò ... Buona lettura!
Vi
adoro,
Sheep.
I
Jonas Brothers non mi appartengono e questa fan fiction non ha alcuno scopo di
lucro.
A me stessa ,
per dimostrarmi che non sono
un’inconcludente.
Prefazione.
Nick
lanciò l’ennesima occhiata ansiosa al suo orologio da polso e considerò che,
dopotutto, il tempo stava passando troppo velocemente; La lancetta più lunga
aveva superato almeno tre numeri dall’ultima volta che l’aveva guardata e lui
non aveva ancora percorso neanche metà strada.
Era
una giornata di novembre - una tipica, piovosa
giornata di novembre londinese- ed era in mostruoso ritardo. Una fastidiosa
vocina, incastrata tra la parte destra e sinistra del cervello, non faceva
altro che ricordargli quanto fossero importanti quelle prove e quanto ‘da
egoista’ si fosse comportato: aveva dormito ben quattro ore durante tutta la notte, quando gliene erano state
concesse solo tre! Aveva perso un’ora intera di lavoro, sessanta preziosissimi
minuti, assolutamente fondamentali per la buona riuscita dello spettacolo. Lui,
lui, lui! Come aveva potuto? Proprio
lui che ne aveva più bisogno di tutti! Lui,
l’unico non professionista nell’intero cast … avrebbe finito per rovinare tutto
davanti al pubblico, se lo sentiva.
Il
cuore gli si strinse in petto mentre evitava una pozzanghera. Cercò di
ricordare qualche battuta - ripassare l’avrebbe aiutato a non pensare- ma tutto
ciò che gli venne in mente fu la faccia del suo produttore quando l’avrebbe
visto arrivare a teatro, fradicio marcio e con due ore di ritardo; La visione
non gli piacque affatto. Si accorse di star mordendosi freneticamente le labbra
soltanto quando sentii uno strano sapore metallico pervadergli la bocca: sapore
di sangue. Smise, e si fermò un
secondo a riprendere fiato.
Non
riusciva a respirare correttamente, il cuore andava a duemila … le gambe erano
come improvvisamente diventate di gelatina. Tentò di ricomporsi; Raddrizzò la
schiena e tenne più in alto l’ombrello nero sopra al quale la pioggia batteva
furiosamente. Si passò una mano tra i riccioli spettinati –mai, mai
in tutta la sua vita era uscito di casa così- e fece per ripartire ma
una vocina flebile, pochi passi dietro di lui, lo interruppe.
«Che
strana giacca, signore.» Si voltò e
vide una bambina. Doveva arrivargli sì e no alla vita, era zuppa e teneva in
mano un coniglietto di pezza rosa. «E’ così
rossa, come il fiocco di Mr. Carrot.»
Agitò
il peluche verso Nick che sbatté più volte le palpebre. « Beh … » Balbettò, ma
la bambina fu più veloce a interromperlo.
«Come
ti chiami, signore?» Domandò, avvicinandosi.
«Io
… Nick. Chiamami Nick.» Non capiva
cosa ci facesse lui a parlare con una bambina bionda nel bel mezzo della strada
quando era in ritardo di due ore intere alle prove di Les Miserables, lo spettacolo di Broadway che avrebbe probabilmente
rivoluzionato la sua carriera, ma quel sorriso dolce e sdentato – le mancavano
i due denti davanti- gli sembrava impossibile da deludere. Nonostante lo
facesse raramente, sentì proprio il bisogno di ricambiare il sorriso. «E tu? Come
ti chiami?»
«
Sophie » Disse la bambina sgranando appena i grandi occhi azzurri. «E lui è Mr.
Carrot.»
Avvicinò
di nuovo il coniglio al naso di Nick, che questa volta gli afferrò una zampetta
di stoffa e la strinse tra il pollice e l’indice. «Piacere di conoscerla, Mr.
Carrot!» Osservò la bambina ridacchiare e stringere al petto il pupazzo,
chiedendosi che diamine ci facesse lì da sola. «E quanti anni hai, Sophie?»
«Sei.»
Rispose lei distrattamente. Ora scrutava assorta la strada deserta intorno a
loro. «Sai, signor Nick, somigli proprio tanto a mio fratello. »
«Hai
un fratello?» Non seppe spiegarsi perché, ma la notizia lo fece rimanere di
stucco.
«Certo.
Lui è … » Scoccò un’occhiata al fondo della strada, dove era appena apparsa-
Nick non se n’era accorto- una figura, che avanzava velocemente nella nebbia.
«Sai, credo che tra poco lo vedrai da te.»
Detto
fatto; In pochi secondi Nick si ritrovò travolto dall’ira di un ragazzo che
pareva poco più grande di lui. Era più alto e aveva capelli rosso fiamma,
abbastanza lunghi, sotto i quali spuntavano gli stessi occhi azzurri di Sophie.
Era a dir poco furente. Abbracciò la sorellina con fare possessivo e
le sussurrò qualcosa all’orecchio, poi rivolse uno sguardo adirato a Nick.
«Tu» Sibilò, alzandosi di scatto e
avanzando pericolosamente verso di lui.
«Sporco schifoso lurido verme, ha solo sei anni! »
«Eh?»
Nick vacillò. «Ok, aspetta un secondo, credo che tu … »
Ma
il ragazzo non gli permise di finire. Facendogli cadere l’ombrello di mano per
l’impeto con cui lo travolse, gli mollò un pugno dritto sul naso, che prese a
sanguinare. Nick se lo asciugò con la manica della felpa e intravide Sophie,
nascosta dietro la gamba di fratello, sciogliersi in lacrime.
«P-prova ad avvicinarti di nuovo a mia sorella e giuro che non vedrai la luce di un altro
giorno!» Disse.
Prese
Sophie per mano e insieme scomparvero nella nebbia. A Nick girava
letteralmente la testa; Che cosa, di grazia, gli era appena accaduto?
D’istinto
guardò di nuovo il suo cronografo. Due
ore e mezza! Il naso gli bruciava a più non posso e il diluvio stava
diventando praticamente alluvione. Fissò il cielo, poi una cabina telefonica e
infine ci si infilò dentro. Compose il numero del produttore e attese. Marion,
la segretaria, sembrava davvero agitata quando le annunciò che quel giorno
sarebbe mancato alle prove. Riagganciò sperando che Mackintosh non andasse
troppo fuori di testa e si lanciò in strada. Si chiese che cosa fare; Avrebbe
potuto andare in ospedale a farsi controllare il naso e poi tornare al suo
appartamento e farsi una tazza di cioccolata, riposando come si deve, oppure tuffarsi
nel temporale alla ricerca di vie sconosciute –no, non ne sapeva niente di
geografia, specie di quella europea- e scoprire la città.
Ovviamente
decise di gettarsi a capofitto nel traffico cittadino, perdersi nel chiasso,
che quel giorno era azzittito dal rumore della pioggia, col naso che ogni tanto
prendeva a colare sangue –oramai la manica destra era irrimediabilmente
chiazzata di rosso.
Camminò
finché non sentì le ginocchia tremare dalla stanchezza e lo stomaco
accartocciato dalla fame. Dovevano essere passate più di cinque ore da quando
aveva incontrato quella bambina e suo fratello, che l’aveva sicuramente scambiato
per un maniaco, ma continuava ancora a pensarci.
Beh,
pensò specchiandosi nella vetrina di un negozio d’abbigliamento, con queste occhiaie e i capelli così
combinati è pure comprensibile che mi abbia preso per chissà chi.
Sospirò,
e si passò una mano sotto gli occhi, dove erano comparsi due grossi solchi
violacei. Infine, strastanco e affamato, s’infilò in un piccolo locale
all’angolo della strada.
Era
un posticino niente male; Intimo, caldo
e familiare, tutto ciò di cui aveva bisogno. Nick scelse un tavolo ben nascosto
in fondo alla saletta e aspettò che un cameriere si avvicinasse per ordinare un
panino. La sua attesa durò poco; Ben presto gli si avvicinò una ragazza
dall’aria stressata almeno quanto lui, che si appoggiò al tavolo e gli lanciò uno
sguardo supplice.
«Trattienimi,
ti prego.» Disse. «Ti supplico, parla
per un po’, ho bisogno di fermarmi due secondi. » Si sedette di fronte a lui e
aprì il blocchetto per le ordinazioni.
«Ehm
… d’accordo.» Rispose Nick, con le sopracciglia aggrottate per lo stupore.
«Comincerò con l’ordinare un hamburger e
della Diet Coke.» La ragazza annuì e mentre
scriveva furiosamente lui la osservò meglio; Aveva capelli legati e occhi
nocciola appena socchiusi in un’espressione combattiva. Non doveva essere molto
piccola, nonostante avesse un fisico minuto, e portava un paio di grossi
occhiali anni ’70. « Allora … ehm» Si
guardò intorno nella speranza di trovare un argomento, un appiglio a qualcosa. Qualunque cosa. «Come ti chiami? »
«Viva
la fantasia, mm? » La vide alzare un sopracciglio. «Per te sarò Charlie, va
bene?»
«Bene.»
Nick sospirò. Perché diamine stava tentando di fare conversazione con una
perfetta sconosciuta? «E lavori qui da …
?»
Parlottarono
per circa dieci minuti, poi Charlie tornò al lavoro. Nick la osservò schizzare
tra i tavoli e la cucina, trangugiando il suo sandwich che, forse
per la fame assurda che aveva, si classificò come il migliore della sua vita.
«Roba
da pazzi.» Sussurrò a se stesso quando fu tornato in strada. Ancora pioveva, e
la sua giornata aveva preso una svolta assurda; Niente era filato liscio. Aveva saltato le prove, era stato
scambiato per un maniaco, si era beccato un pugno sul naso da un rosso
imbestialito e infine aveva conosciuto una cameriera stressata. Ah e aveva anche perso l’ombrello. Se quella
era Londra, lui era già pronto a fare i bagagli e tornare a casa.
Fece
in tempo ad arrivare al suo appartamento che il cellulare squillò; Il display
lampeggiava col nome di suo fratello.
«Pronto?»
«Nicky
Nicky! » Trillò la voce di Joe, più allegra e rimbombante che mai. «Come ti va
la vita?»
«Una
meraviglia.» Disse Nick sprezzante. Afferrò le chiavi e le infilò nella toppa.
«Beeene! Sei pronto alla notizia che rivoluzionerà la
giornata?»
Nick
si bloccò sullo stipite della porta. « … Cosa?»
«Indovina
un po’? Sono in città!»