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Demons in your dreams
Prologo
La musica del carillon cessò quando la mano della
ragazza si posò sul coperchio di legno, intarsiato d’oro, e lo spinse verso il
basso, chiudendolo.
Si alzò dalla sedia della scrivania, ripose il
diario e la piuma, ancora imbevuta d’inchiostro, nel primo cassetto, che subito
chiuse a chiave. Sospirò e si avviò verso la finestra, aprendola e lasciando che
i primi raggi di sole, ancora color arancio, entrassero a colorare le pareti
della sua stanza, che subito rivelarono il loro rosso vivo.
Era passata un’altra notte. Un’altra notte
insonne. Per quanto ancora sarebbe andata avanti, quella storia? Erano mesi che
non dormiva. Si avvicinò alla porta, prese la vestaglia appesa all’attaccapanni
dietro questa, e spinse in basso la maniglia, in modo da poter uscire fuori. La
richiuse alle proprie spalle, lentamente, cercando di fare il meno rumore
possibile.
Percorse il piccolo corridoio e giunse alle scale,
che scese velocemente, anche se con passi più leggeri possibile, per ritrovarsi
in cucina. Vide la mamma che già trafficava per la colazione.
"Mamma…" sussurrò la ragazza portandosi una ciocca
di capelli fulvi dietro l’orecchio.
Molly Weasley non si girò neanche, troppo
indaffarata.
"Oh… tesoro. Perché sei già sveglia?" chiese
salvando in extremis un bicchiere che le era scivolato di mano.
La ragazza fece spallucce e non rispose.
"No… così…" fu tutto ciò che disse dopo essersi
seduta su una poltroncina dell’angolo salotto.
"Hai fame?" chiese la signora Weasley, con poca
convinzione. Sapeva già che la figlia le avrebbe risposto negativamente. Come
gli ultimi due mesi a quella parte.
"No, grazie ". Ecco. Appunto. Ecco. Ma cosa c’era
che non andava in Ginny? Nessuno riusciva a capirlo. Sapevano solo che non
dormiva più la notte, ma passava le ore a scrivere quel maledetto diario ed ad
ascoltare il carillon regalatole da suo padre. Un carillon prettamente babbano,
che non aveva niente di speciale. Solo ripeteva all’infinito una stupida
musichetta, con due esserini di legno sulla superficie che danzavano a tempo di
musica. Eppure a Ginny quella musica piaceva. Hermione aveva spiegato loro che
si trattava di una Ninna Nanna di un compositore babbano molto famoso, un certo
Johannes Brahams. Ginny aveva comprato le raccolte di tutte le sue composizioni,
e le ascoltava dalla mattina alla sera in quell’aggeggio infernale regalatole da
Hermione, chiamato stereo.
"Questo pomeriggio dovrebbe arrivare Harry…" disse
Molly tentando di introdurre un argomento. Aveva sentito Hermione e Ron, la sera
prima, parlare riguardo qualcosa che era successo tra Ginny ed Harry. Non aveva
ben capito tutto, ma era sicura ci fosse stato qualcosa più di una semplice
amicizia, ma che tutto era finito, non di comune accordo tra l’altro.
Ginny annuì, senza realmente aver sentito cosa
aveva detto. Appoggiò la testa ad un cuscino inconsciamente, anche se sapeva che
finché non fosse spuntato del tutto il sole non avrebbe dovuto dormire. Ma aveva
così sonno. Le palpebre erano pesanti. Solo cinque minuti non le avrebbero fatto
male…
***
Cosa era successo? Si sentiva stanca, debole,
spossata. Eppure aveva solo dormito. Aprì gli occhi, la sua attenzione fu
richiamata da alcuni sussurri quasi impercettibili provenienti da vari angoli
della stanza. Si alzò a sedere, massaggiandosi le tempie doloranti, e si chiese
come mai fosse in camera sua. Ricordava di essersi addormentata su una poltrona
del salottino.
Si guardò intorno, tentando di mettere a fuoco la
vista stanca e appannata. Vide Ron, Hermione ed Harry seduti accanto al
davanzale della finestra. Il primo a voltarsi verso di lei, sentendola muoversi,
fu Harry, che le riscaldò il cuore con uno dei suoi amabili sorrisi.
"Ben svegliata!" disse alzandosi e procedendo con
passo sicuro verso di lei. Si sedette sul letto, al suo fianco, e le accarezzò
una guancia. " Come ti senti?
Non rispose subito. Vide Hermione tirare
silenziosamente Ron per un orecchio e minacciarlo di staccarglielo se avesse
solo osato fiatare. I due si chiusero la porta alle spalle. La rossa osservò
Harry qualche secondo, poi appoggiò la sua mano su quella grande di lui che le
stava accarezzando la guancia, e chiuse gli occhi per assaporare quella
sensazione.
"Sto bene… mi sono addormentata all’improvviso… è
successo di nuovo?" chiese preoccupata riaprendo gli occhi. Harry potette vedere
chiaramente la paura celarsi in quelle iridi nere come la pece.
Non voleva mentirle, ma Hermione era stata chiara:
non dovevano dirle nulla, perché non poteva continuare a rimanere sveglia di
notte per un motivo del genere. Se avesse continuato con quel ritmo, sarebbe
crollata presto.
"No, Gin. Non preoccuparti… abbiamo vegliato su di
te tutto il giorno. Non è accaduto nulla.
La ragazza lo guardò incerta.
"Tutto… il giorno?" chiese tentennante. " Scusa
ma… che ore sono?" senza aspettare la risposta si alzò e si avviò verso la
finestra, aprì le ante e guardò fuori.
Il cielo era scuro e le stelle luccicavano in
tutto il loro splendore.
"E’
già sera…" sussurrò lei lasciandosi cadere sulla sedia. "E’ vero… tu dovevi
arrivare oggi… io… ma cosa mi sta succedendo…?" si rannicchiò in posizione
fetale, nascondendo il viso sulle ginocchia. Era davvero stanca di quella
situazione. Harry la raggiunse e, senza alcuno sforzo, la prese in braccio. Lei
rimase un attimo sorpresa e lo guardò.
"Cosa
stai facendo?"
"Ti
riporto a letto. Hai fame? Chiedo a tua madre di portarti qualcosa su… loro
hanno già cenato, ma noi potremmo cenare qui, insieme… abbiamo tante cose di cui
parlare, e tutta la notte per farlo." spiegò riportandola a letto e sistemandole
il lenzuolo.
"Tutta
la notte?" chiese accigliata, ignorando tutte le altre cose che lui aveva detto.
Harry annuì. "Sì. Sai non ho molto sonno. E tu ti
sei appena svegliata dopo quattordici ore di sonno profondo… non penso tu voglia
tornare a dormire…"
La ragazza sorrise e scosse il capo. No, in
effetti non ne aveva la benché minima intenzione.
"Allora
scendo ad avvisare gli altri che per stasera preferisci restare a letto,
d’accordo?" disse avviandosi verso la porta.
Ginny non disse nulla. Non c’era effettivamente
nulla da aggiungere, ed Harry lo sapeva.
…continua…
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