quarta parte
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
T. Inoue; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di
lucro
24 aprile
Sendoh non si era mai pentito tanto di una cosa in vita sua come quella di aver accettato quell’invito.
Mai aveva detestato le persone, un negozio, dei rumori o la folla di ragazzini urlanti come quel sabato mattina.
La giornata era iniziata nella maniera più positiva possibile
Mito si era offerto di andarlo a prendere a casa, quindi benché
si fosse dovuto destare alle sette di sabato vedere il visino del suo
Yohei lo ripagò dell’alzataccia.
Il motivo di un risveglio tanto folle fu la spiegazione che gli
propinò Mito al telefono quando lo aveva avvertito
dell’ora in cui sarebbe passato a prenderlo causandogli una
risata, pensando che scherzasse.
“Giochi come questo che sono
tanto attesi e dove c’è una promozione finiscono entro le
prime due ore, perciò bisogna andare presto”
Akira aveva puntato la sveglia domandandosi se Yohei fosse il ragazzo
giusto per lui, Sendoh si alzava a certi orari solo per andare a pesca
non nei centri commerciali.
Mito però aveva bussato alla porta di casa sua con una bustina
di ciambelle acquistate durante il tragitto e questo aiutò il
giocatore ad addolcire di più quel risveglio.
“Per fare colazione, mi hai detto che ti piacciono” gli aveva detto Yohei allungandogli il pacchettino.
Akira si era sentito felice come un bambino a Natale, erano semplici
dolci, eppure sembrava che Yo gli avesse portato chissà cosa.
Lo aveva così invitato ad entrare avviandosi a preparare il tè dicendogli di non far caso al disordine.
Mito rimase a fissare il letto occidentale messo contro una parete
disfatto e con numerosi vestiti gettati a casaccio sopra il materasso,
due paia di scarpe che giacevano scompostamente nell’ingresso, il
tavolino ingombro dello zainetto e sparpagliati sopra alla rinfusa
libri, quaderni e i piatti della cena della sera prima. A terra in un
angolo c’erano anche gli asciugamani e la tuta usati per il club.
“Allora non sei un fissato dell’ordine, meno
male” ridacchiò Yo osservando il giocatore riporre i
piatti sporchi nel lavello già pieno.
“Non sono un tipo ordinato ma mi sforzavo di sembrarlo per quando venivi tu” gli spiegò.
“Mica dovevi mettere in ordine per me”
“Dopo il tuo meno male ho capito il mio errore, in futuro non mi farò problemi”
Mito si morse un labbro aveva parlato troppo e lo aveva offeso.
‘Sei un cretino ha fatto tanta fatica per te’
“Prego siediti, l’acqua dovrebbe bollire a secondi”
Akira lo invitò ad accomodarsi al tavolo nel frattempo che lui
tirava fuori delle tazze pulite, un piattino in cui mise le ciambelle,
zucchero e cucchiaini.
Quando il bollitore iniziò a fischiare lo tolse dalla fiamma e lo portò a tavola poggiandolo su un canovaccio.
“Ho perso le presine dovrebbero essere da qualche parte,
credo” annunciò non capendo dove fossero sparite,
aprì due bustine di tè e le infilò della teiera
lasciando che l’infuso riposasse per qualche minuto.
“Scusa per prima, intendevo dire che è bello scoprire che
sei disordinato, io non riesco proprio a riordinare, ho troppi impicci
per casa. Beh l’hai vista” approfittò Yohei della
quiete momentanea per rimediare alla gaffe fatta poco prima.
Sendoh che si era seduto di fronte a lui osservò la sua
espressione, seppur sorridente era dispiaciuta e sentì il petto
riempirsi di un calore piacevole, allungò una mano prima che se
ne rendesse conto e gli accarezzò una guancia.
“Che dolce che sei, guarda che non me la sono mica presa”
lo rassicurò godendo di quell’attimo, la pelle di Yohei
era fredda al tatto sicuramente a causa del vento preso sul motorino.
“Ah bene” esalò Mito un po’ imbarazzato per quella carezza a cui non sapeva come rispondere.
Afferrargli la mano?
Strusciare la guancia contro il suo palmo?
Rimase immobile finché Akira non interruppe quel contatto.
Fecero colazione mangiucchiando in silenzio per i primi minuti e poi chiacchierando del più e del meno.
Una volta finito si avviarono fuori e si diressero al centro
commerciale e quando lo raggiunsero il paradiso di Sendoh
terminò e venne catapultato in una bolgia infernale:
precisamente in quella degli otaku dei videogiochi.
Sakuragi e Rukawa li raggiunsero dopo una ventina di minuti, il negozio
non aveva ancora aperto la saracinesca e già una piccola folla
di clienti si era radunata al suo esterno, quando le luci si accesero
all’interno dell’esercizio iniziò la lotta per il
posto in fila.
Sendoh si sentì strattonare per una manica all’indietro e
quando incrociò gli occhi e il viso di Kaede che gli faceva
segno di rimanere indietro lui obbedì per nulla desideroso di
beccarsi altre gomitate nello sterno.
“Lascia che se la sbrighino loro” soffiò Rukawa e
quando la testa rossa di Sakuragi sparì oltre la porta del
negozio, Kaede si allontanò per andarsi a sedere su una delle
panchine del centro.
Akira aveva perso le tracce di Mito da un bel pezzo perciò preferì raggiungere il compagno di squadra.
“Secondo te ci metteranno molto?” domandò Akira
ottenendo in risposta un’alzata di spalle che sapeva un po’
di rassegnazione stoica.
Sendoh sospirò rimpiangendo il suo letto o il pezzettino di banchina in cui andava a pescare.
“Come và con Mito?” la domanda di Kaede lo sorprese
perché non se l’aspettava, Rukawa solitamente era un tipo
molto discreto.
“Bene grazie”
“L’hai già baciato?” Sendoh lo fissò con gli occhi sgranati. ‘Però com’è diretto’
“Mh stamattina gli ho fatto una carezza sulla guancia e mi ha
guardato come un cuccioletto spaurito, non credo sia pronto per un
bacio”
“Tutt’al più ti becchi un pugno” Kaede gli
fece notare saggiamente quel che rischiava, le parole cuccioletto e
Mito lui proprio non riusciva a immaginarsele nella stessa frase .
“Vorrei evitare di farmi picchiare dal ragazzo che mi piace”
“Tzs fifone, con Hana ci pestavamo un giorno sì e l’altro pure”
“Io non amo quel genere di rapporti”
“Allora non dovevi sceglierti un teppista”
“Come teppista?” chiese Akira.
Mito gli aveva detto di non essere mai stato uno studente modello e che
in genere non era mai andato d’accordo con la disciplina, ma
definirlo teppista gli sembrava un po’ troppo.
Kaede fissò Sendoh assottigliando lo sguardo, intuendo che il
compagno di squadra non sapesse nulla e quindi di averla combinata
veramente grossa la volpe evitò di rispondere e fissò la
ressa davanti al negozio.
“Ora tu e Mito vi conoscete già da un po’ –
cambiò discorso Rukawa – Che ne pensi ti piace
sempre?”
“Non abbiamo molto in comune, a dire il vero molto poco però sì, mi piace”
“Eh allora che aspettate?” chiese ancora.
“Mito al liceo si era innamorato di una ragazza –
esalò Akira catturando l’attenzione di Kaede che lui di
quella storia non sapeva niente - non andò bene, non è
sceso nei particolari, ma mi ha detto di non essere stato
ricambiato”
“Hai paura che i ragazzi non facciano per lui, è
così?- Kaede capiva quel che temeva forse meglio di quanto
potesse immaginare - Gli piaci e se lo ha detto è perché
è così, non farti problemi, se vuoi accarezzargli una
guancia fallo, se vuoi baciarlo bacialo - sentenziò –
E’ come il basket, in campo non pensi troppo ai se e ai forse, ma
valuti la strategia più giusta e agisci. Fa’ lo stesso con
Mito”
“Grazie del consiglio Rukawa, mi fiderò di te, lo conosci da più tempo”
“Mh credo che lo conosca sul serio solo il do’hao”
“Ancora geloso?” chiese divertito Sendoh perché in quella versione Kaede era delizioso.
“Tzs figurati”
Akira scoppiò a ridere di gusto di fronte alla sua faccia tosta.
***
Sakuragi rimase a fissare la copertina del videogioco che
stringeva tra le mani con un espressione estasiata, era stata una dura
lotta combattuta a suon di gomitate, spintoni, occhiatacce e sgambetti,
ma alla fine era riuscito a guadagnare un posto vantaggioso al bancone.
Non aveva perso tempo e appena il commesso gli era passato accanto lo
aveva afferrato per il bavero della divisa e gli aveva sventolato il
biglietto sotto il naso, Yohei invece aveva seguito la classica
tattica: lasciar fare a lui tutto il lavoro sporco e seguirlo
tranquillamente senza neanche stropicciarsi i vestiti.
Una volta all’esterno del negozio Hanamichi stillante entusiasmo
e gioia da tutti i pori mostrò orgoglioso ciò che aveva
conquistato a Kaede, che osservò la scatola avvolta nella
plastica con espressione indifferente.
“Non vedo l’ora di andare a casa per provarlo” esordì vivace Sakuragi.
“Mh andiamo allora” propose Rukawa il quale desiderava intrufolarsi sotto le coperte e ritornare a dormire.
“Eh no volpe malefica, come se non ti conoscessi, non si torna a
casa si resta fuori tutto il giorno” decise Hana con un ghigno
diabolico.
“Hn?”
“Che dite se ci facciamo un giro per il centro visto che siamo
qui?” propose Yohei per la disperazione di Kaede, la gioia di
Hana e l’entusiasmo di Akira.
Trascorsero la mattina visitando un negozio dietro l’altro,
mangiando al fast food interno e poi il primo pomeriggio decisero di
recarsi al cinema per la contentezza di Rukawa che avrebbe finalmente
potuto mettersi comodo e dormire.
Presero i biglietti per l’ultimo film d’azione uscito e di cui tutti e quattro avevano visto il trailer.
Yohei si ritrovò seduto tra Hanamichi da una parte e Sendoh dall’altra.
Kaede non aspettò neanche che le luci si abbassassero, si tolse
il giacchetto che si mise addosso come una copertina e poggiò il
capo sulla spalla del do’hao chiudendo gli occhi l’istante
successivo.
“Però che velocità” constatò Akira stupito.
“Lui è fatto così” lo informò Mito.
“Manca ancora un po’, vado a prendere i pop corn voi ne
volete?” continuò Sendoh alzandosi e posizionando la
giacca sul sedile in modo da tenere il posto occupato.
“Prendimi un pacco gigante porcospino” fece Hana accarezzando distrattamente i capelli di Kaede.
“Bene, per te Mito?”
“Niente grazie”
Una volta che il giocatore si fu allontanato Yohei ebbe la netta
sensazione di essere fissato, Sakuragi lo stava scrutando intensamente
mentre le dita giocavano con le ciocche seriche del volpino.
“Che c’è?” domandò Yo sperando che la
smettesse, conosceva quel particolare sguardo, Hana stava pensando a
qualcosa di pericoloso.
“Vi chiamate ancora per cognome” stranamente era solo una constatazione e non gli sembrava molto pericolosa.
“Ci conosciamo da poco” esalò Mito mentre le labbra si tingevano di un sorriso triste.
Ormai non era più del tutto vero, in quel periodo si erano
frequentati spesso e avevano appreso molte cose uno dell’altro e
Yohei aveva capito una cosa fondamentale.
Sendoh era uno studente diligente, un giocatore talentuoso, era il
classico bravo ragazzo che non si era mai messo nei guai, che non
cercava lo scontro se non sul campo da basket e sarebbe diventato un
uomo maturo, serio ed affidabile.
Lui e Akira erano diversi, troppo perché potessero stare insieme.
Eppure quando i polpastrelli di Sendoh avevano sfiorato la sua guancia
il suo cuore aveva iniziato a battere impetuoso e si era sentito tanto
felice.
Il giocatore dai capelli dritti ritornò portando due cestini di
carta colmi di fiocchi bianchi e fragranti, ne porse uno a Sakuragi e
si sistemò al suo posto, dopo qualche secondo le luci si
abbassarono prima di spegnersi del tutto e sul grande monitor
iniziarono a comparire le immagini degli sponsor del film.
“Se vuoi qualche pop corn serviti pure” sussurrò
Akira allungandosi ad accarezzare l’orecchio di Yohei con il
fiato caldo e la voce morbida, Mito represse un brivido e annuì
impercettibilmente convinto di non essere capace di riuscire ad
emettere suoni comprensibili.
La sala buia del cinema è un luogo ritenuto da chiunque
romantico da che mondo e mondo così Akira aveva approfittato di
quella atmosfera particolare creata dalle luci verdognole delle lampade
di emergenza e dal lieve brusio delle chiacchiere degli
spettatori.
Si era solo sporto un po’ verso di lui, tanto vicino da poter
aspirare il profumo della sua pelle, tanto vicino che se si fosse
lasciato andare avrebbe potuto accarezzargli il collo con la punta del
naso prima di poggiarvi sopra le labbra.
Ma Akira si era trattenuto e aveva solo soffiato quelle parole, poi era
ritornato composto nel suo perimetro e le distanze erano state
ristabilite senza che nessun confine fosse violato.
Non voleva forzare Mito.
Quella mattina gli era parso più che evidente come Yohei fosse
incerto e confuso su di loro, probabilmente si disse Akira osservando
il profilo di Mito rischiarato dalla luce dello schermo, il ragazzo
stava rivalutando i propri sentimenti.
Per questo Sendoh rimase a bocca aperta per ciò che accadde venti minuti dopo.
Stava seguendo la storia del film sgranocchiando pop corn uno dietro
l’altro come fossero gustose ciliegie, il braccio sinistro era
adagiato sul comodo bracciolo della poltroncina del cinema e accanto a
lui poteva percepire il calore sprigionato da quello di Mito.
Pochi infinitesimali millimetri li separavano dallo sfiorarsi, poi le dita di Akira vennero raggiunte da quelle di Yohei.
Dapprima un contatto banale quasi casuale a cui infatti lui non
attribuì una reale intenzione, ma dovette ricredersi quando in
seguito le falangi di Mito si fecero coraggio e scattarono a catturare
le sue e i loro palmi si ritrovarono a combaciare perfettamente.
Sendoh osservò le loro mani stringersi e alzò lo sguardo
per guardare il volto di Mito, che era rapito dalle scene che si
susseguivano sulla parete di fronte a loro, le labbra di Akira si
piegarono in un sorriso felice e continuando a mangiucchiare pop corn e
serrando un po’ di più la presa, ridiede la sua attenzione
alle rocambolesche avventure del protagonista.
Il cuore di Yohei batteva impazzito, aveva deglutito a vuote tre volte
e solo per aver accostato le dita a quelle del giocatore, dopo una
lunga estenuante lotta con sé stesso si era ricordato chi era.
Non si era mai fatto spaventare da niente e da nessuno e ora era
lì incerto e tremante come un ragazzino di due anni che ha paura
del buio.
Così riacquistando il coraggio che aveva sempre avuto,
afferrò la mano di Akira e si era sentito stupidamente felice
quando Sendoh aveva aumentato la stretta accettando e mantenendo quel
contatto.
Si diede dell’imbecille per averci messo tanto a fare una cosa
tanto semplice e stupida e per essersi agitato solo per una semplice e
innocua stretta di mano.
Rimasero così mano nella mano per tutta la durata del primo
tempo, ma quando le luci si accesero per la consueta pausa ferendo loro
gli occhi, Mito ritrasse la mano sfuggendo a quella di Akira.
Sendoh era rimasto un secondo perplesso, ma vedendo il ragazzo
stiracchiarsi non si era preoccupato e invece con un sorriso si sporse
sulla seggiola, per constatare che Rukawa dormiva ancora placidamente
sulla spalla del compagno.
“Come vi sembra il film?” chiese per fare un po’ di
conversazione continuando a scrutare il volto di Yohei, appariva
leggermente imbarazzato anche se era chiaro che cercasse di nascondere
la cosa.
“Gli effetti sono spettacolari, si vede che è una grande
produzione” diede il suo parere Hana scrollando la spalla per
svegliare la volpe.
“La trama sembra interessante” esalò Yo, non aveva
fatto troppa attenzione al film la sua testa era stata invasa da altri
pensieri, il fiato gli mancava e si sforzava di non distogliere lo
sguardo da quello di Akira come invece si sentiva di fare.
Quando la luce era tornata e aveva illuminato le loro mani legate
insieme si era reso conto di ciò che aveva fatto, non si era
pentito, tutt’altro, era felice di aver compiuto quel gesto
però l’imbarazzo era stato più forte di lui.
“Volpe su alzati andiamo a prendere da bere- fece Hana tirandosi
in piedi. Rukawa sbattendo gli occhi insonnoliti lo imitò
obbediente – Che vi portiamo?” domandò agli altri
due.
“Un’aranciata” chiese Yohei.
“Anche per me” si aggregò Sendoh.
Una volta rimasti soli fra loro calò un piccolo silenzio carico di tensione.
“Sicuro di non volere i pop corn?” ruppe il ghiaccio Akira
indicando la confezione decimata, Yo ghigno e scosse il capo.
Quando il film riprese e le luci si spensero, questa volta furono le
dita di Akira ad allungarsi cercando quelle di Mito per tenerle strette
a loro e non lasciarle fino alla fine dello spettacolo.
13 Maggio
Akira aveva deciso di smettere di porsi tanti se, forse e ma e di agire ascoltando soltanto il suo cuore.
La mano di Mito aveva cercato la sua.
La mano di Mito aveva afferrato la sua.
La mano di Mito aveva stretto la sua.
La mano di Mito aveva scelto di allacciarsi alla sua e questo era un dato di fatto.
Come allo stesso modo era innegabile che lui si fosse innamorato dello
sguardo di un ragazzo sconosciuto, perché ciò che aveva
sentito e sentiva tutt’ora per Yohei non era semplice attrazione,
non era un’infatuazione momentanea.
Più tempo trascorreva in compagnia di Mito e più
desiderava stare con lui, più cose scopriva e più voleva
conoscerne.
Perciò smise di preoccuparsi e si adoperò per far
sì che quel che c’era fra lui e Yohei culminasse in una
relazione vera e propria.
Akira non aveva bisogno di sapere nient’altro se non che desiderava dal profondo del cuore mettersi con Yohei.
Così Iniziò a invitarlo quasi ogni giorno ad uscire con
lui e quando ciò non era possibile; a causa degli impegni di
lavoro di Mito, il giocatore non mancava mai di fargli una telefonata
quando sapeva che era rincasato dal turno al ristorante.
Ogni qual volta poteva andava a cercarlo per l’università,
anche se era solo per incontrarlo un breve minuto; giusto il tempo di
un fuggevole saluto, non mancava mai di cogliere l’occasione.
Il ritrovarsi in sala mensa per pranzare insieme era ormai diventato un
appuntamento di routine, nessuno si stupiva più per la presenza
di Sendoh né dell’intesa evidente che correva fra lui e
Yohei.
Né Akira si faceva più alcun problema se quando invitava
Mito a cena a casa sua durante la serata allungava una mano per
carezzargli una guancia o se mentre guardavano la tv; seduti sul
pavimento con la schiene poggiate al bordo del letto, avvolgeva le sue
spalle con un braccio e lo stringeva un poco a sé.
Al contrario chi si trovava combattuto fra sentimenti contrastanti in quella situazione era Mito.
Yohei era felice ogni qual volta poteva stare con Akira anche se si
trattava di un secondo, come allo stesso modo non vedeva l’ora
che il lavoro terminasse per poter correre ad accendere il cellulare e
sentirlo.
Non avrebbe potuto dire quante sere avesse fatto la mezzanotte a
chiacchierare con l’aggeggio attaccato all’orecchio tanto
da farlo diventare rosso.
Né poteva quantificare la gioia che provava quando Sendoh lo
sfiorava per caso con un braccio o una spalla, né i brividi che
gli percorrevano la schiena quando le dita lunghe e affusolate del
giocatore sfioravano la sua pelle.
Però per quanto tutto quello lo rendesse felice c’era una
parte del suo animo che gli ricordava che loro due non avevano niente
che li accomunasse, erano ognuno il rovescio della medaglia
dell’altro ed era innegabile che Yohei fosse il retro.
Lui era la parte che si teneva nascosta che non veniva mai mostrata perché macchiata e non risplendeva come la gemella.
Era a causa di questa consapevolezza che non riusciva a gioire
completamente di quegli istanti di felicità, che non lo faceva
rilassare quando Akira lo sfiorava, il motivo per cui si irrigidiva
quando il suo braccio lo avvolgeva, la ragione per cui non si lasciasse
andare ma si scherniva, si scostava e ritraeva come un cane randagio,
perché infondo lui non era altro che quello.
“Yohei tutto bene?” gli giunse la voce di Sendoh a riscuoterlo dai suoi pensieri tristi.
“Sì, scusa ero soprapensiero” rispose con un sorriso
riportando la propria attenzione alle verdure che aspettavano di essere
affettate.
“Quale pensiero? Forse qualche problema
all’università?” indagò Akira avvicinandosi
al piano della cucina.
‘Si preoccupa sempre per me’ ponderò Mito trovando piacevoli quelle attenzioni solo per lui.
“Tutto bene sono solo un po’ stanco per il lavoro di questa settimana, mi sono toccati un sacco di turni”
“Se sei stanco e vuoi riposarti posso pensarci io
a…” si affrettò a dire Akira ma Yohei lo
bloccò subito
“Ma no, nessun problema”
“Sono un vero idiota a non aver pensato che dopo una simile
settimana volessi solo passare una serata tranquilla, mi dispiace di
aver insistito tanto a farti venire” si affrettò a
scusarsi Akira mortificato di essere stato tanto egoista.
Quella settimana si erano visti solo alla mensa
dell’università, il ristorante era incappato in una
piccola emergenza, un licenziamento e una malattia, così Mito
era stato chiamato e lui e gli altri camerieri avevano dovuto coprire i
due mancanti.
Appena terminavano le lezioni Yohei scappava al lavoro e la sera
tornava tanto esausto che restavano pochissimo tempo al telefono,
questo perché un paio di volte Akira si era accorto che
l’altro stava per addormentarsi.
“Guarda che non mi hai mica costretto, se volevo restare a casa
ti dicevo di no” gli ricordò Yohei per tranquillizzarlo.
Sapeva che Sendoh si sentiva in colpa perché era sempre Mito a
doversi spostare, questo perché lui aveva il motorino con il
quale poteva rincasare senza il problema di dover tener in conto
gli orari del treno.
“Però io ti ho tentato col sukiyaki” scherzò Akira
“Sarei venuto anche per la solita zuppa in scatola” si
lasciò scappare Yohei rendendo immensamente felice Sendoh, che
infatti gli regalò uno splendido sorriso e gli avvolse la vita
fra le braccia.
“Ah come sei tenero” ridacchiò prima di scoccargli un bacio su una guancia.
Akira si rese conto immediatamente di essersi spinto un po’
troppo in là già da quando afferrando la vita di Yohei
aveva percepito ogni suo muscolo tendersi come una corda di violino,
però si era ripromesso che non avrebbe represso né
soppesato ogni gesto, stava solo facendo ciò che il cuore gli
suggeriva.
Gli occhi di Yohei si dilatarono per la sorpresa sentiva il petto di
Sendoh aderire contro la sua schiena, le sue braccia che gli
stringevano la vita, il respiro che gli carezzava il collo e il punto
della guancia lì dove le sue labbra lo avevano sfiorato bruciare
e pizzicare.
“Ti dispiace se resto così? – gli chiese il
giocatore con voce gentile, prima che Mito potesse pensare a cosa
rispondere Akira continuò - Sai finché non finisci
con le verdure non ho niente altro da fare”
Yohei si accorse che la lama del coltello nella sua mano tremava lieve,
chiuse gli occhi e prese un piccolo respiro, quando li riaprì
ricominciò ad affettare senza alcun tentennamento.
“Senti Sendoh – fece con voce sicura – ormai è
da un po’ che ci frequentiamo e volevo chiederti che cosa ne
pensi”
“Intendi dire su di noi?”
“Su di me. Cosa pensi di me?” chiese diretto era da un bel
po’ che voleva domandarglielo e fino a quel momento non aveva
trovato il momento adatto.
“Ti sei stancato di me?” fece Akira invece di rispondere
mentre il timore che gli confermasse la sua paura lo assaliva.
“No, mi piace stare con te”
“Meno male – sospirò Sendoh con un sorriso
abbassando il viso fino a strofinare la guancia contro il collo e i
capelli di Mito – perché anche a me piace stare con te,
non sai come mi sento triste ogni qual volta ti vedo uscire da quella
porta, osservarti salire sul motorino e andartene” nel dire
quelle parole strinse di più le braccia come se volesse
trattenerlo con quel semplice abbraccio.
“Non ti annoi con me?” indagò Mito in cerca di
maggiori conferme. La risatina di Akira gli accarezzò la pelle.
“Scherzi?”
“No, ora smettila di ridere e rispondi” fece un po’ piccato colpendogli la fronte con l’indice.
“Non mi annoio affatto- ammise sincero mentre il sorriso scompariva – Hai paura che mi stanchi di te Mito?”
“Non è questo – tentennò un secondo –
è che so che prima o poi capirai quanto sono sbagliato per te,
è quel momento che mi spaventa”
Le braccia di Akira si strinsero a lui come se Yohei stesse per cadere.
“Perché credi una cosa simile? Potrebbe succedere il
contrario non ci hai pensato? Potresti essere tu a…”
“Perché io mi conosco e so quanto valgo” esalò Mito in un soffio.
“E’ tutto sbagliato. Sono felice e sto bene con te come non
mi era mai capitato prima, forse non abbiamo gli stessi gusti o
interessi simili, ma non importa”
“Non è solo questo – lo interruppe Yohei – Io
sono una di quelle persone da cui la gente si tiene alla larga
indicandola come un tipo poco raccomandabile e che crea solo guai e
semina zizzania, una di quelle che non combinerà mai niente
nella vita. Tu invece…”
“Sono solo un mare di stupidaggini!- bloccò le sue parole
la voce di Akira – Non m’importa di quel che credono e
dicono gli altri o del tuo passato. Voglio stare con te finché
me lo permetterai, solo questo m’interessa”
Akira aveva parlato con voce sicura colma di determinazione, imprimendo forza e decisione ad ogni singola sillaba.
Terminato quel piccolo sfogo scostò il viso dal collo di Yohei
raddrizzò la schiena e allentò la presa delle braccia
facendo scivolare gli arti sul suo stomaco, poggiò le mani ai
fianchi di Mito e imprimendo una semplice pressione lo convinse a
voltarsi verso di lui.
“Ascoltami Mito anzi Yohei, posso chiamarti per nome?” domandò con un sorriso speranzoso.
“Sì, Akira” concordò con la sua idea alzando un angolo della bocca.
“Non avevo mai fatto caso che il mio nome suonasse così bene”
“Che scemo che sei” lo prese un poco in giro.
“Ascolta Yohei- Akira riassunse un tono più serio
abbandonando quello scherzoso per qualche istante – io ti voglio
bene proprio perché sei tu. Perché hai sempre un sorriso
allegro e un po’ beffardo in faccia, perché ami divertirti
e scherzare, perché sai prendere la vita con leggerezza e non ti
angusti e non ti deprimi per ogni minima inezia, perché i tuoi
occhi sanno esprimere mille emozioni diverse, perché per un
amico sei disposto a fare di tutto, perché osservi il mondo e le
persone dal tuo angolino e riesci a vederli per quello che sono,
perché su di te si può fare affidamento, perché
dentro di te custodisci una forza incredibile. Per queste e per mille
altre ragioni tu mi piaci, perciò vorrei che ci mettessimo
insieme anche se ora la cosa che vorrei fare è darti un
bacio” concluse quel lungo discorso in cui aveva snocciolato
tante ragioni per le quali voleva stargli accanto.
Mito non sapeva che rispondere a ciò che gli era stato detto.
Era rimasto in silenzio a fissarlo incapace di aprir bocca
piacevolmente imbarazzato, non solo per il significato di quelle parole
ma per l’intensità dello sguardo di Sendoh, per la
dolcezza della sua voce, dalla gentilezza con cui gli stava sorridendo
in attesa di una sua replica.
‘Qual’era la cosa giusta da dire o fare?’
Era quello che si chiedeva, nessuno prima del giocatore aveva
visto quello che nascondeva, quello che era, così Yohei rispose
nell’unico modo che ritenne più giusto.
Sollevò le braccia, le poggiò sulle spalle di Akira
mentre si alzava sulle punte dei piedi e adagiava la sua bocca
sulla sua.
Non seppe dire quanto durò quel leggero sfiorarsi, ma
percepì chiaramente le mani di Sendoh premergli sulla schiena e
le sue braccia stringerlo forte.
Quando poi le labbra del giocatore si dischiusero per catturargli il
labbro superiore e la lingua iniziò a lambirgli quello
inferiore, Mito perse completamente il contatto con la realtà.
Akira si rese conto di aver sempre desiderato baciare Yohei forse fin
dalla prima volta che ne aveva incrociato lo sguardo, quando poi si
erano confidati sulle loro esperienze amorose e aveva scoperto che
quelle labbra non era mai state toccate il desiderio di essere lui a
iniziarlo a quell’attività si era fatto più forte.
Ciò che Sendoh non si era minimamente immaginato era che gli sarebbe piaciuto così tanto.
Si era aspettato che Yohei fosse impacciato, titubante, incerto, che
avrebbe dovuto blandire a lungo le sue labbra per convincerlo a
socchiudere la bocca per permettergli d’inserire la lingua ad
accarezzare la sua e invece Mito lo aveva stupito ancora una volta.
Si era affidato completamente a lui, gli aveva permesso di entrare
senza alcuna riserva e quando aveva sentito le sue umide carezze aveva
risposto con impeto ed ardore.
La mani di Akira scivolarono sui fianchi di Yohei e premettero un poco per costringerlo a scostarsi.
“Avevo capito che non avessi mai baciato nessuno” disse
mentre prendeva aria, perdendosi negli occhi scuri di Mito lucidi e
brillanti.
“E’ così” gli confermò.
“Mh sei davvero bravo a baciare sai? – gli disse con un
ghigno furbo - Questo vuol dire che ti sei esercitato parecchio,
è come se ti vedessi davanti lo specchio a baciarti il braccio
mentre ti chiedi se vada bene”
“Guarda che non sono un ragazzino di tredici anni” s’indispettì Yohei.
“Ah lo facevi già da pre adolescente? Che piccolo maniaco
dovevi essere” scherzò Akira scoppiando a ridere della sua
faccia scocciata.
“Ah ah ah davvero spiritoso, Sendoh” lo allontanò Yo
calcando volutamente sul suo cognome voltandosi poi dalle verdure.
“No chiamami Akira, mi piace tanto quando dici il mio nome”
pigolò cercando di riabbracciarlo, ma il coltello impugnato da
Mito lo fece desistere.
“Guarda che la pentola è sul fuoco e bolle” gli ricordò Yohei prima di sorridere felice.
20 Maggio
Akira varcò la soglia della mensa e si avviò a prendere
un vassoio, prima di mettersi in fila per servirsi il pranzo si
guardò in giro, fino a che non scorse chi cercava intento ad
occupare un tavolo al piano rialzato.
Mito adagiò il vassoio sul piano e depositò lo zaino su
una sedia, ma invece di imitare gli amici e sedersi si diresse alla
balaustra d’acciaio, per scrutare la folla di studenti e alcuni
docenti che si aggiravano con il cibo in mano in cerca di un posto
libero.
“L’hai trovato?” gli chiese la voce di Hanamichi una
volta raggiuntolo e affacciatosi anch’egli ad osservare il basso.
“Non ancora” rispose Yohei continuando a vagare con lo sguardo.
“E dire che il porcospino si dovrebbe vedere lontano un miglio
per come si pettina” constatò Hana continuando a cercare a
sua volta.
Mito gli diede una leggera gomitata con un sorriso divertito in faccia, i capelli di Akira erano un mistero anche per lui.
“Ah eccolo” indicò la figura del giocatore in fila
al bancone del self service, Akira teneva un braccio alzato e lo stava
salutando smise solo quando Yo rispose a sua volta prima di andare a
sedersi seguito da Hanamichi.
“Hai trovato il tuo ragazzo Yo?” s’informò Okusu scartando un panino.
Mito annuì semplicemente, gli dava una strana sensazione sentir dire tuo e ragazzo insieme ed ovviamente gli amici lo avevano capito e non perdevano occasione di sfoggiare il termine.
Come gli aveva accennato Okusu a suo tempo, anche gli altri due ragazzi
dell’armata non si erano stupiti nell’apprendere la natura
dell’amicizia nata fra lui e Sendoh.
Takamiya, che già da tempo aveva iniziato a sospettare qualcosa,
aveva speso molto tempo per osservarli giungendo a quella conclusione
da solo e trovando conferma dei suoi sospetti nell’annuncio di
Mito.
Noma era rimasto in silenzio e non aveva espresso nessun parere accettando la cosa con un cenno del capo.
“Ciao a tutti! - salutò Akira accomodandosi al fianco di
Yohei – Ciao Yo” salutò il proprio ragazzo.
“Ciao passerotto adorato” uggiolò Noma rivolto ad
Okusu il quale congiungendo le mani e voltandosi verso l’amico
coi baffi rispose prontamente: “Ciao tesorino, adorato zuccherino
della mia vita” poi i due presero a lanciarsi bacetti con le mani.
“La finite di sfottere idioti?” chiese Yohei rivolgendogli occhiate sottili e penetranti.
“Guardate che interviene il tensai altrimenti” li minacciò Hana con la forchetta a mezz’aria.
Akira ridacchiò divertito, quella scenetta con qualche
variazione del caso gli veniva propinata ogni volta che salutava Yohei
davanti all’armata e lui la trovava divertente.
“Oggi non lavori vero?” chiese a Mito quando la calma e la semi serietà fu tornata al tavolo.
“No, però non posso venire in palestra”
“Ah, come mai?” domandò incuriosito.
“Eh guai in vista Sendoh - intervenne Taka – Se il tuo ragazzo ti dà buca vuol dire che ha un altro”
“Eh?” fece Akira sgranando gli occhi.
“Non lo ascoltare – lo rassicurò Yohei senza far
caso alle parole dell’altro – Devo andare al centro
commerciale a comprare uno specchietto per il motorino”
“Come mai? Si è rotto?”
“Ieri sera all’uscita del locale- prese a spiegare Yohei -
ho trovato lo scooter ribaltato a terra su un fianco; qualcuno deve
esserci finito contro oppure qualche scherzo idiota non so. Comunque si
è spaccato uno specchietto, è saltato un pezzo di carena
e un po’ di vernice, un bel po’ a dire il vero ma
pazienza” esalò affranto Mito.
“Scusa Yohei ma non ti conviene portarlo ad aggiustare e a riverniciare?” disse Sendoh .
“Sì ma sono squattrinato, appena ho qualche soldo da parte ce lo porto”
“Secondo me ti conviene buttarlo e prenderne uno nuovo” gli consigliò Hana.
“Finché cammina va bene questo” dichiarò spicciolo
“Appunto comprane uno nuovo Yo” diede il suo parere Okusu.
“Già, mi sembra di andare più veloce a piedi che
quando salgo su quel trabiccolo” convenne con lui Noma.
“Ingrati! Il prossimo che mi chiede un passaggio so io cosa
rispondergli” annunciò Yohei scatenando un coro di
proteste.
3 Giugno
La luce del televisore rischiarava appena la stanza, le immagini
continuavano a susseguirsi sullo schermo ma nessuno le stava guardando,
il volume era stato posizionato al minimo perché le voci degli
attori non li distraessero.
Akira si puntellò con un gomito sul materasso per sollevarsi un
poco così da osservare il volto di Mito steso accanto a lui,
sopra il suo letto all’occidentale.
Allungò una mano e passò due dita a descrivere il
contorno delle labbra che aveva baciato per tutta la sera con devozione.
Non si erano spinti oltre quello, per quanto Sendoh ormai non avesse
più dubbi sull’affetto di Yohei, preferiva non forzargli
la mano e aspettare prima di far evolvere la loro relazione allo stadio
successivo e più intimo.
“Che c’è?” domandò Mito.
“Niente, mi ero semplicemente perso nel guardarti” ammise Akira sincero ridacchiando per la smorfia di Yo.
“Sì,certo” ribatté questo incredulo
sporgendosi per catturargli il volto fra le mani e le labbra con le
proprie, il giocatore rispose con entusiasmo prima di allontanarsi
nuovamente.
“Oggi in palestra – iniziò a raccontare Sendoh
– Sakuragi mi ha annunciato che ti organizza lui la festa per il
compleanno”
Il compagno di squadra dai capelli rossi gli aveva dato la notizia
salendo su una delle panche degli spogliatoi invitando
entusiasticamente tutta la squadra, poi una volta sceso si era
affiancato ad Akira dicendogli a bassa voce che avrebbe pensato a tutto
lui.
“Ad Hana piacciono queste cose, guai a togliergli un simile
divertimento – ghignò Yohei accarezzandogli una guancia
– Ci sei rimasto male perché non ti ha coinvolto?”
Akira ridacchiò un secondo prima di scoccargli un sonoro bacio.
“Un po’, dopo tutto sono il tuo ragazzo. Per questa volta
lascerò le cose così, ma il prossimo anno Sakuragi mi
sentirà” lo avvertì ridacchiando e facendo un
po’ la voce grossa.
“Che scemo”
“Ma come? Non sei felice di sapere che il tuo ragazzo sia…”
“Ah smettila di ripeterlo” protestò Yohei dandogli una piccola spinta.
“Perché?”
“Si capisce che lo dici per gioco” gli chiarì l’ovvietà.
“Bene tornerò serio, parliamo del tuo regalo dimmi cosa vuoi”
Sendoh aveva numerose idee in mente e non avrebbe certo faticato a
trovare un bel dono, però preferiva realizzare un suo desiderio,
avrebbe avuto altre occasioni per organizzargli qualche sorpresa
romantica che decisamente erano le sue preferite.
“Non mi serve niente” rispose Yohei senza bisogno di
pensarci, Akira arcuò un sopracciglio leggermente incredulo e
poi sorrise furbamente.
“Va bene, se non vuoi nulla non ti regalerò niente”
Yohei rimase impassibile annuì semplicemente e le labbra del
giocatore si allungarono maggiormente, Mito era davvero in gamba a non
far capire quel che gli passava per la testa però lui non
faticò a intuire che non gli avesse minimamente creduto.
8 Giugno
Ci aveva pensato tanto e alla fine Akira aveva preso una decisione su quale tipo di regalo fare a Yohei.
Gli avrebbe donato qualcosa di utile, qualcosa per dimostrare a Mito
che lui, Akira, non era semplicemente il suo ragazzo ma una persona su
cui poteva sempre contare, che lo avrebbe aiutato in ogni situazione e
circostanza.
Aveva vagliato numerose possibilità e alla fine aveva optato per
la riverniciatura del motorino, Yohei usava moltissimo il mezzo che gli
era indispensabile per recarsi al lavoro in tempo e soprattutto per
andare a casa del giocatore.
Perciò mantenerlo in buono stato era una priorità fondamentale per Sendoh.
Il problema era come impossessarsi delle chiavi senza chiederle
direttamente a Mito, primo perché voleva fargli una sorpresa
secondo, perché il giocatore aveva intuito che Yohei non avrebbe
accettato di sua spontanea volontà, doveva metterlo davanti al
fatto compiuto per evitare proteste di sorta.
Inizialmente Akira aveva valutato l’idea di rivolgersi a Sakuragi
e chiedere il suo aiuto, ma quella ipotesi era stata subito scartata,
ricordava ancora bene ciò che era successo al compleanno del
giocatore dai capelli rossi e il motivo per cui Rukawa avesse mantenuto
riserbo totale anche con Mito.
Hanamichi non si poteva definire la classica persona che riesce a
mantenere un segreto, era troppo genuino e spontaneo per mentire o per
non lasciarsi scappare qualche parola di troppo.
Non aveva chiuso occhio per giorni per trovare una soluzione e poi alla
fine gli si era presentata spontaneamente quella mattina durante un
cambio d’ora.
Okusu si era affacciato nell’aula di diritto commerciale e una
volta che lo aveva individuato salutandolo con un cenno del capo gli si
era affiancato velocemente.
“Ciao come mai da queste parti?” domandò Akira sbirciando alle sua spalle.
“Yo non c’è, è inutile che lo cerchi –
aveva affermato il ragazzo ridacchiando della sua faccia delusa –
Sono venuto a cercarti proprio per parlarti del regalo di Yo –
disse sedendosi sul banco –Io e i ragazzi dell’armata non
sappiamo che prendergli, perciò abbiamo pensato di aggregarci al
tuo di regalo” annunciò con un sorriso, in realtà
non avevano la minima voglia di andarsene in giro a cercargli qualcosa
di adatto, con il passare degli anni la fantasia iniziava a
scarseggiare.
La loro prima intenzione era quella di cavarsela come facevano ogni
anno, lasciando fare tutto ad Hanamichi, ma l’amico quella volta
si era già organizzato diversamente.
Hana e Rukawa gli avrebbero regalato un videogioco.
Al che i tre ragazzi avevano pensato di cavarsela contribuendo alle
spese per la festa, ma sempre il tensai aveva infranto la loro
speranza.
Hana stava già facendo una colletta tra i ragazzi della squadra
e i compagni di corso di Mito che aveva invitato per l’affitto
della sala del karaoke, le cibarie e tutto il resto quindi i tre
dovevano trovare un altro modo.
Ayako, che ormai li conosceva bene, si era rifiutata di aiutarli e
così la loro ultima speranza; per evitarsi una giornata al
centro commerciale in cerca di qualcosa che potesse piacere a Yo, era
Sendoh.
“Mh non saprei che dirti” aveva risposto incerto Akira,
certo se i tre ragazzi contribuivano la spesa sarebbe stata meno
gravosa, ma avrebbe perso un po’ di significato, spiegò ad
Okusu la sua idea e il perché non poteva accettare il loro
contributo.
“Ah, ma non c’è nessun problema – aveva
trillato il ragazzo ghignando felice – Da quel che ho capito hai
qualche difficoltà nell’attuare l’intera faccenda,
ti daremo una mano noi e questo sarà il nostro regalo per
Yohei”
Meglio di così non poteva andare ad Okusu da una parte evitava
di spendere soldi, dall’altra pregustava già di divertirsi
e tutto risolvendo la questione regalo.
“In effetti mi servirebbe proprio e i tuoi amici?” Akira
accettò la sua offerta ma non voleva creare problemi nel gruppo.
“Ah tranquillo” lo rassicurò ancora il biondino
prima d’iniziare a buttar giù un piano d’azione col
giocatore.
11 Giugno
Le ruote del motorino si bloccarono e il motore venne spento.
“Scendi” esalò Yohei con uno sbadiglio al
passeggero, Okusu scese agilmente dal mezzo e attese che Mito
abbassasse il cavalletto prima di fare altrettanto e allungargli i
rispettivi zaini che aveva messo sulla pedana.
Okusu si era presentato a casa di Mito la sera precedente la scusa
ufficiale era che si trovava in giro da quelle parti e non avendo
voglia di ritornarsene a casa, data anche l’ora piuttosto tarda,
aveva ben pensato di chiedergli ospitalità per una notte.
In realtà il ragazzo aveva messo su quella messinscena per poter
pernottare a casa dell’altro per impadronirsi del doppione della
chiave dello scooter alla prima occasione utile.
“Giorno!- salutò Sakuragi allegramente sopraggiungendo in
compagnia di Kaede – Cavolo Yo hai una faccia”
constatò di fronte alle profonde occhiaie dell’amico.
“Dillo a quest’idiota, non mi ha fatto chiudere occhio” rimproverò il biondo.
“Non è colpa mia se casa tua è minuscola” si difese prontamente.
“E’ colpa tua invece che ti agiti quando dormi, diamine mi
rimarranno i lividi dei tuoi calci per settimane” si
lamentò massaggiandosi la schiena.
Okusu alzò le spalle indifferente e guardò
l’orologio “Andiamo sta per iniziare la lezione o qualcuno
deve aspettare l’arrivo del suo ragazzo?” prese in giro
Yohei.
“No, oggi arriva più tardi” esalò dandogli un’occhiataccia.
“I due imbecilli?” chiese Hana riferendosi a Noma e Takamiya.
“Arrivano dopo” l’informò Okusu avviandosi per primo.
La lezione della professoressa Chikasa non era ancora iniziata,
così i due ragazzi si accomodarono stravaccandosi sulle sedie,
salutando e ascoltando i discorsi dei compagni di corso. Dopo qualche
secondo Okusu si alzò per dirigersi in corridoio avvertendo
Yohei che andava in bagno e tornava subito, una volta
all’esterno dell’aula però il ragazzo non si
recò verso la toilette ma bensì all’atrio del
piano, lì dove c’erano i distributori automatici.
Come si erano messi d’accordo Sendoh lo aspettava in un angolo.
“Hai corso?” domandò Okusu al giocatore notando che aveva il fiatone.
“Sì, stavo rischiando di far tardi”
“Ecco la chiave e questa più piccola è della catena” gli indicò porgendogli i due oggetti.
“Benissimo, allora io porto subito il motorino al carrozziere, me
lo restituisce domani mattina, tu sei sicuro che andrà tutto
bene?” gli chiese Akira titubante.
“Tranquillo, te l’ho detto, terrò Yohei lontano dal parcheggio per tutto il giorno”
“Sì ma come farai a non…”
“Non preoccuparti Sendoh mi sono messo d’accordo con i
ragazzi dell’armata e alle brutte chiederò l’aiuto
di Hana per convincere Yohei a tornare a casa senza lo scooter;
tranquillo per un paio d’ore Hanamichi riuscirà a non
farsi scappare nulla. Mito non si accorgerà della sparizione e
tu domani potrai fargli il regalo in tempo per augurargli buon
compleanno”
“Non sono molto tranquillo – sussurrò Akira –
Non vorrei che Yohei sospettasse qualcosa o peggio ancora pensasse a un
furto, insomma mi dispiacerebbe se…”
“Avanti vai, sbrigati o non farai in tempo e non pensarci
andrà tutto benissimo fidati di me” lo sospinse Okusu
verso le scale ridacchiando.
Akira decise di fidarsi del ragazzo, sembravano tutti dei tipi in gamba
e capaci di destreggiarsi benissimo in situazioni difficili
perciò fischiettando si avviò al parcheggio liberò
la ruota dalla catena, mise in moto e sparì oltre il cancello
del campus. Non poteva far aspettare il carrozziere dopo che lo aveva
pregato di riuscire a verniciare e sostituire il pezzo danneggiato in
un solo giorno.
“Perfetto è andato” sussurrò Noma nascosto dietro i cespugli al fianco di Takamiya.
“Allora che aspettiamo iniziamo a preparare la scena” ghignò il secondo aprendo lo zainetto.
Lo stesso giorno un’ora più tardi…
Sakuragi stiracchiò le lunghe braccia per poi sistemarsi lo
zainetto su una spalla, la prima lezione era appena terminata e lui si
stava recando a cambiare aula.
“Hanamichi ciao” lo salutò la voce di Taka fermandolo nel corridoio.
“Ciao, come mai da queste parti?” gli chiese sapendo che non era il suo edificio.
“Ho un paio di ore di buco ed ero passato a salutare – fece
il ragazzo – Dì un po’ come mai Yo non è
venuto all’università?”
“Guarda che è già in classe” lo corresse Hana.
“Ah davvero? Non ho visto il motorino parcheggiato al solito
posto e così pensavo non fosse venuto” spiegò con
aria indifferente Takamiya.
“Ma che dici? L’ho visto io mettercelo stamattina, non
è che devi cambiare gli occhiali?”domandò Hana
aggrottando la fronte.
“Ci vedo benissimo, il motorino di Yohei non c’è e
se non mi credi puoi chiederlo a Noma siamo venuti insieme ora è
andato da Okusu” rispose piccato.
Hanamichi sbatte le palpebre un paio di volte perplesso.
“Non c’è?” sussurrò incredulo prima di
avviarsi alle scale lasciando l’amico nel corridoio.
Takamiya gli si accodò ghignando non visto alle spalle del giocatore.
Più o meno nello stesso momento…
“Ah Noma sei arrivato” Okusu salutò l’amico
vedendolo salire le scale, i due studenti d’informatica avevano
deciso di recarsi a prendere qualcosa al distributore una volta
terminata la lezione visto che la prossima non sarebbe iniziata prima
di venti minuti.
“Ciao… Ah Yohei allora ci sei anche tu” notò Noma avvicinandosi.
“Diciamo che il mio corpo contuso è qui, la mia mente
invece è ancora nel mondo dei sogni” scherzò Mito
sbadigliando.
“Ma come mai non sei venuto col motorino?” s’informò Noma.
“Guarda che è venuto con lo scooter, mi ha dato anche un
passaggio” s’intromise Okusu sorseggiando un succo
d’arancia.
“Ah allora devi aver parcheggiato sul retro” fece ancora Noma servendosi di un panino dolce alla macchinetta.
“No, lo ha posteggiato al solito posto” intervenne ancora Okusu.
“Perché pensi che l’abbia messo dietro?”
indagò Yohei mentre un terribile presentimento si faceva strada
nella sua testa e un brivido di terrore s’impadroniva di lui.
“Perché al solito parcheggio non c’è”
esalò Noma prima di vedere schizzare il ragazzo giù per
le scale.
Mito con al seguito gli altri due arrivò nel parcheggio dell’università poco dopo Sakuragi e Takamiya.
“Ok dove lo avete messo?” domandò Yo osservando il posto vuoto.
“Guarda che nessuno di noi te lo ha spostato” chiarì Noma.
“Se è uno scherzo non è divertente ragazzi”
fece la sua parte Okusu trattenendosi dallo scoppiare a ridere.
“Infatti non lo è guarda che abbiamo trovato per
terra” intervenne Takamiya mostrando la catena ancora chiusa con
il lucchetto ed evidentemente forzata.
Quella era la prova del delitto, un puro tocco di classe, non per nulla l’idea era stata sua.
Avevano rimediato una catena simile a quella che usava Mito e Noma si
era preso la briga di forzarla con delle tenaglie, l’avevano
lasciata sul luogo una volta che Sendoh era andato via così che
la scena del crimine fosse perfetta.
“No! Non può essere, non può essere, non può
essere” prese a ripetere sempre più agitato Mito iniziando
a scorrere avanti e indietro fra le file di mezzi a due ruote in sosta.
“Yo sta calmo vedrai che lo ritroviamo- cercò di
tranquillizzarlo Hanamichi – e ti prometto che la pagheranno
cara” giurò assottigliando lo sguardo e stringendo i pugni.
“Chissà chi sarà stato” fece Noma meditabondo.
“Mh, io avrei un’idea” disse Taka sistemandosi gli occhiali sul viso
“Forza parla che il tensai và a dargli subito una bella lezione” si infervorò Sakuragi.
“Ultimamente si sono verificati numerosi furti nel parcheggio del
campus – prese a dire il ragazzo– Sembra che questa zona
sia stata presa di mira da una banda di teppisti che compie furti del
genere per guadagnarci dalla vendita di ricambi” non era
assolutamente vero Takamiya stava inventando tutto di sana pianta, ma
dato che era famoso per essere quello più informato del gruppo,
sia Hana che Yohei gli prestarono ascolto pendendo dalle sue labbra.
“Che cosa? Vogliono smontare il mio motorino? No, dico il mio
motorino? Ma io li uccido se ci provano” scattò Mito per
il quale il suo automezzo era sacro, soprattutto dopo che non erano
passati neanche due mesi da che gli aveva cambiato candele, batteria e
marmitta, stava ancora piangendo per il conto del meccanico e per
ultimo si era aggiunto il prezzo dello specchietto alla lista.
“Sai dove trovare questi tizi?” domandò Sakuragi.
“Certo” affermò Taka sorridendo.
“Bene ragazzi andiamo a fargli una visita” e senza
aggiungere altro Hana s’incamminò al fianco di Yohei.
“Oh oggi è giorno di festa” sussurrò gongolante Noma.
“Shh parla piano idiota o ci scoprono” lo sgridò Okusu.
“Naaa quei due sono completamenti persi nei loro propositi di
vendetta – lo tranquillizzò Takamiya tirando fuori il
libricino delle scommesse- Perfetto ragazzi dopo anni di risse
solitarie, finalmente oggi ci godremo una bella scazzottata in
compagnia di Hanamichi. Bene chi inizia?” domandò agli
amici
“Secondo voi Hana prima chiederà informazioni dello
scooter scomparso oppure li stenderà direttamente?” chiese
Noma, avviandosi con gli altri due dietro il tensai e al suo braccio
destro, dando così il via alle scommesse.
***
Sendoh arrivò in sala mensa puntuale come sempre, volse lo
sguardo per la stanza ma non intravide né Yohei né i
ragazzi dell’armata, l’unico presente era Rukawa seduto ad
un tavolino ad angolo con la faccia imbronciata.
“Ciao, gli altri?” gli chiese una volta che si fu servito il pranzo accomodandosi di fronte a lui.
“Nh non lo so” esalò scocciato Kaede.
“Che strano” sussurrò Akira, aveva appuntamento con
Yohei come tutti i giorni ,però non vedendo nessuno dei suoi
amici non se ne preoccupò, evidentemente Okusu stava tenendo lontano
Mito come aveva promesso, però per raggiungere la sala
mensa non si passava di fronte al parcheggio valutò
corrucciandosi un poco di non poter incontrare Yohei.
“Io vado” fece Rukawa andandosene senza aver toccato cibo, ce l’aveva col do’hao.
Kaede se l’era presa perché Hana non lo aveva avvertito di
avere altri impegni per pranzo,nella fattispecie qualcosa
d’indefinito da fare con quegli idioti di amici che si ritrovava,
di questo era sicuro dato che mancavano anche loro, poteva anche
dirglielo invece di lasciarlo lì ad aspettare come
un’anima in pena.
Il fatto era che in quel momento Sakuragi aveva ben altro per la testa per far caso a che ore fossero.
***
“Allora lo ripeto per l’ultima volta,
dov’è il motorino del mio amico?” esalò Hana
in un soffio basso e minaccioso direttamente sul viso del capo banda
mentre serrava le dita intorno al colletto della giacca di questo.
“Non… so di che parli” balbettò l’uomo
con un sapore di sangue in bocca, i suoi compagni erano stesi a
terra lamentandosi sonoramente e non potevano aiutarlo.
Una volta raggiunto il luogo di ritrovo dei teppisti Sakuragi era
comparso nel vano della porta con al fianco Mito, le mani ficcate in
tasca e l’espressione dei bei tempi in cui era conosciuto e
temuto da tutti i peggiori individui di Kanagawa.
Quei tizi non avevano neanche fatto in tempo a capire chi fossero e
cosa volessero quei pivellini che si erano ritrovati a piegarsi in due
per i pugni allo stomaco a sputare denti e sangue.
Noma aveva vinto la scommessa, Hana non si era lanciato a dare testate
a destra e a manca aveva aspettato che Yohei chiedesse del proprio
mezzo e quando in risposta avevano ottenuto degli improperi, minacce e
prese in giro i due erano scattati all’unisono.
“Dove avete messo il mio motorino?” chiese Yo poggiando un
piede e premendo sulla schiena di uno dei teppisti stesi a terra.
“Non sappiamo di che…” tentò di dire il capo
banda, ma Hanamichi lo scrollò urlando: “Non fare finta di
niente! Vogliamo che ci restituita il motorino che avete rubato
stamattina all’università”
“Non abbiamo prelevato nessun mezzo
all’università” confessò uno degli uomini
appoggiato con la schiena alla parete mentre si teneva lo stomaco con
un braccio.
“E’ vero non è la nostra zona” affermò un altro.
“Cosa?”domandò Mito.
“E allora chi è stato?” urlò Hana lasciando
andare il colletto del capo che rovinò sulle ginocchia.
“I teppisti della zona est, una banda che si chiama le fiamme nere” esalò un altro.
“Fiamme nere? Ma che razza di nome da sfigati è?” constatò Sakuragi perplesso.
“Li riconoscerete subito hanno delle fiamme nere sui giacchetti”
“E dove li trovo?” indagò Yohei che per quanto
poteva interessargli potevano anche aver tatuato in fronte un demone,
l’importante era ritrovare il suo motorino.
I teppisti che ancora riuscivano a rispondere diedero ai ragazzi le
indicazioni per raggiungere il luogo in cui la banda si radunava,
quando i cinque universitari se ne andarono tirarono un sospiro di
sollievo.
***
Rukawa non sapeva più che pensare, il do’hao era sparito.
Non vedendolo per pranzo si era deciso a fare una capatina
nell’edificio dove si svolgevano le lezioni del corso di Hana, ma
di lui nessuna traccia.
Lo aveva cercato dappertutto ma niente, così si era deciso a
cercare uno dei quattro idioti per scoprire che fine avesse fatto il
do’hao, il problema era che erano spariti anche loro.
Kaede ovviamente aveva provato più volte a telefonare a Sakuragi
ma gli rispondeva sempre la voce irritante della signorina della
compagnia.
***
I cinque ragazzi si erano diretti al covo delle fiamme nere che altro non era che un vecchio magazzino abbandonato.
Come gli avevano detto i membri dell’altra banda a cui avevano
fatto visita li riconobbero subito grazie al disegno stampato sulle
loro giacche.
“Che sfigati” aveva sussurrato Noma vedendone quattro,
quelli che intuirono fossero le sentinelle, che piegati sui talloni
giocavano a dadi in un angolo della strada.
I quattro teppisti li videro subito ma voltarono solo il capo dalla
loro parte con aria da gran duri e senza degnarsi di alzarsi in piedi
gli intimarono di sparire, quello fu il loro più grande errore.
Si ritrovarono stesi a terra a lamentarsi per i pugni di Mito e le
testate di Sakuragi che avevano ricevuto senza neanche accorgersene.
“Wow sono partiti nello stesso istante però”
esalò Okusu ammirato, era rimasto indietro con gli altri due a
godersi la scena.
“Sai com’è Hana, detesta essere trattato in quel
modo e Yo beh mi sembra un po’ nervoso oggi” diede il suo
parere Noma mentre si chinava a raccogliere i soldi delle scommesse che
uno dei quattro sfortunati aveva perso dalle mani durante la punizione
del tensai.
Takamiya nel frattempo stava scrivendo freneticamente sul suo taccuino.
“Dov’è il mio motorino?” gridò Mito
spalancando la porta di ferro mezzo arrugginito del magazzino con un
sonoro calcio.
I membri restanti della banda, una ventina in tutto, si voltarono verso
l’uscio ammirando le figure dei due ragazzi stagliarsi nella luce
esterna.
“Mmm Taka – chiamò Okusu dando una leggera gomitata
all’altro e destandolo così dalla compilazione di una
pagina – sono di più di quelli di prima metti via il
blocco delle scommesse che c’è da menare le mani”
gli consigliò con un sorrisetto impunito sulla faccia.
“Bene prima però ditemi quanti secondo voi ne faranno
fuori” lanciò l’ultima scommessa ignorando gli
insulti che provenivano dalla banda al di là della porta del
magazzino.
“Cavolo questa è difficile – si lamentò Noma
contando alcune banconote – Una decina il tensai è
piuttosto in forma, Yohei diciamo sette”
“Secondo me Yo si prende il capo e continua a tartassarlo
finché non gli dice dov’è lo scooter perciò,
uno lui e Hana - Okusu si grattò un secondo la testa
riflessivo - dodici”
“Dieci e dieci” annunciò Taka richiudendo il quadernino e facendolo sparire nella divisa.
Circa un’oretta dopo nessuno dei tre ci era andato vicino.
Era vero che Yohei si era sì lanciato addosso al capo dei
teppisti continuando a ringhiargli in faccia di tirar subito fuori il
suo mezzo, ma visto che i compagni dell’uomo cercarono di
aiutarlo si ritrovò a perdere la preda per sbarazzarsi degli
inopportuni scocciatori.
Il leader delle fiamme nere fu riacciuffato da Sakuragi che dopo aver
ricevuto una poderosa testata crollò svenuto a terra e rimase
tale fino alla fine dello scontro.
“Dove è il mio motorino?” urlò scandendo
parola per parola Mito mentre il petto si alzava e abbassava veloce,
nel locale avevano sì trovato parecchi automezzi ma tutte auto,
la maggior parte per di più erano solo scheletri erano state
tutte già fatte a pezzi per venderne le singole parti, la sua
adorata due ruote non c’era.
“Ehi! Ehi! Svegliati!” Hanamichi prese a sberle il capo cercando di svegliarlo.
“Non ci occupiamo di motorini” esalò un membro della banda in quel momento catturando la loro attenzione.
“Come… no?” sbatté un paio di volte gli occhi Sakuragi incredulo.
“Lo sanno tutti che siamo specializzati in auto di un certo
valore” continuò il tizio premendosi il petto e giungendo
alla conclusione di avere una costola rotta.
“Ma allora… quei bastardi” ringhiò Hanamichi.
Scoprirono così di essere stati usati.
I primi teppisti che avevano picchiato vedendo il modo in cui erano
stati sgominati dagli universitari aveva ben pensato di mandarli dai
loro nemici storici.
Se Hana e gli amici fossero stati sconfitti loro si sarebbero presi una
piccola soddisfazione delle botte avute se invece i cinque avessero
avuto la meglio sulla banda rivale, come poi era accaduto, avrebbero
goduto di una vendetta desiderata da lungo tempo.
“Ora torno indietro e gliela faccio vedere io” aveva
ringhiato Hanamichi inviperito e deciso a ritornare a far visita ai
primi teppisti, deciso a insegnargli che a prendersi gioco del tensai
ci si rimetteva.
“A me non importa niente delle vostre dispute territoriali
– esordì Mito dopo aver ascoltato tutto ciò –
Voglio sapere chi è stato a rubare il mio motorino dal
parcheggio dell’università!” si fece ben udire da
tutti.
“Potrebbero essere stati gli shinigami” propose sempre quel membro della banda che aveva raccontato loro ogni cosa.
“No, gli shinigami sono
passati ai negozi, non si occupano più di automezzi” lo
avvisò un altro che si stava mettendo seduto anche se a fatica.
“Già è vero hanno fatto il salto di
qualità” convenne il primo rammentando il nuovo settore
lavorativo preso dai colleghi.
“Forse i punizione divina”
intervenne il loro capo finalmente destatosi, chissà quando,
aveva ascoltato la discussione dei suoi uomini che ora anche se
acciaccati e doloranti apparivano tutti meditabondi nel cercare di
risolvere il mistero dello scooter rubato.
“Sì, è probabile, per le due ruote loro sono degli
specialisti e se anche non hanno preso loro il vostro motorino di
sicuro sapranno chi è stato” convenne sempre il primo
teppista.
“Diteci dove li troviamo, ma vi avverto – sussurrò
Mito minaccioso – se pensate di mandarci a dare una lezione a
qualche vostro nemico il mio amico dai capelli rossi non la
prenderà molto bene”
I teppisti si affrettarono, notando gli occhi di Sakuaragi e ricordando
le sue testate, a tranquillizzarli negando che avessero un doppio fine,
con un po’ troppa velocità forse, ma la loro agitazione
era ben giustificata dai lividi che iniziavano a comparire sulle loro
facce.
Noma aveva convinto Mito e Sakuragi a far visita anche alla banda che
si diceva fosse passata ad occuparsi esclusivamente di negozi;
giusto per escludere ogni dubbio e per essere sicuri che i teppisti non
avessero avuto una ricaduta, ovviamente fu un buco nell’acqua.
Le ore passavano ma né Yohei né Hanamichi ci avevano fatto caso.
Il primo troppo intento a disperarsi per la perdita subita, nel
frattempo che il suo cervello ponderava quanti mesi di lavoro part time
gli sarebbero occorsi per acquistare un secondo motorino.
Il secondo troppo furioso e adirato che non solo qualcuno avesse osato
sferrare un tiro mancino a un suo amico, ma che ogni volta che si
presentavano a chiedere informazioni ai vari delinquenti, questi
avessero l’ardire di scoppiare a ridergli in faccia chiamandolo
ragazzino e a prendere in giro la sua magnifica chioma.
Così il quintetto passò il resto della mattinata a girare da un capo all’altro della città.
“Credo sia più probabile che si tratti di
qualcun’uno che lavora da solo” se ne uscì a un
certo punto Okusu che si era stancato di tutte quelle risse, anche
perché le sue nocche ne stavano risentendo parecchio.
“Bisogna andare nelle officine del giro è
l’unica” lo spalleggiò Noma a una sua occhiatina.
“E che facciamo? Ci mettiamo a girare tutti i meccanici della
città? Ma siete cretini?” esplose Sakuragi irritato
perché si era schizzato di sangue, non suo, la maglietta nuova.
“Ma no Hanamichi – intervenne Takamiya mentre un sinistro
bagliore luccicava nei suoi occhi e si rifletteva sulle lenti –
basterà recarsi solo in quelli che acquistano veicoli di incerta
provenienza”
“E dove li troviamo?” domandò Mito in un
soffio disperato con le mani fra i capelli mentre orribili immagini del
suo motorino fatto a pezzi gli passavano davanti agli occhi.
“Guarda caso ho qui una lista” se ne uscì innocentemente il ragazzo paffuto.
***
Akira una volta varcata la soglia della palestra si guardò intorno, ma Yohei non c’era.
Prese a mordicchiarsi l’interno del labbro inferiore preoccupato
perché non lo aveva visto tutto il giorno, era vero che aveva
chiesto proprio lui ad Okusu di tener lontano il suo ragazzo, ma dal
parcheggio dell’università non da lui.
Iniziò ad avviarsi agli spogliatoi salutando l’allenatore, la manager e i primi compagni già pronti in tuta.
“Scusate il disturbo” esordì la voce di un uomo che lui conosceva bene.
“Quello non è il professor Idhejì?” sussurrò un suo compagno di squadra ad un altro.
Sendoh si voltò verso l’uscio il docente era fermo in esso
con le braccia dietro la schiena e la sua solita aria pacifica e
sorridente in faccia.
Alzò un braccio in direzione di Akira e gli fece cenno con la
mano di avvicinarsi come dovesse bisbigliargli qualche segreto.
Il giocatore si avvicinò lanciando un sorriso al mister e
domandandosi che cosa volesse da lui il suo consulente scolastico.
“Professore” salutò cortesemente l’uomo.
“Sono passato di qua per dirti Akira, che domani mattina alle
nove ti aspetto nel mio ufficio. Porta il foglio che ti diedi tempo fa
compilato, prenderemo una tazza di tè e discuteremo insieme del
tuo futuro”
Fece il docente con il tono del nonnino affettuoso e gentile che tutti i bambini adorano.
“Domani alle nove?- ripeté Sendoh quello era un guaio per
lui, a quell’ora doveva ritirare il motorino e non poteva
presentarsi in ritardo. Il carrozziere era un tipo piuttosto burbero ma
chissà come Akira era riuscito a convincerlo ad eseguire il
lavoro in poco tempo e non solo, l’uomo avrebbe aperto nel suo
giorno di riposo solo per consegnargli lo scooter, non poteva mancare o
arrivare in ritardo – Non potremmo fare alle dieci?” chiese
al professore sperando che accettasse, di norma l’uomo era sempre
affabile e accondiscendente.
“Assolutamente no! – decretò questo infrangendo le
speranze e le convinzioni del ragazzo – Ho un appuntamento con il
direttore di facoltà alle nove e trenta per cui se non sarai
puntuale, Akira, mi vedrò costretto ad agire di conseguenza -
Akira si domandò che tipo di provvedimenti fossero quelli
che l’uomo poteva attuare nei suoi confronti – Non vorrai
che faccia tardi col direttore vero? E sono sicuro che non è
come si dice in giro che tu sia un ritardatario” terminò
rivolgendo lo sguardo e un sorriso all’allenatore.
Sendoh capì che doveva essere puntuale, sorrise e
assicurò al consulente che si sarebbero rivisti
l’indomani, detto questo salutò e si avviò a
cambiarsi.
Doveva trovare una soluzione per riuscire a destreggiarsi fra i due
appuntamenti non poteva rinviare nessuno dei due, ponderò
l’idea di chiedere aiuto a qualcuno che andasse al suo posto a
ritirare lo scooter.
Il problema era chi, doveva essere qualcuno di affidabile e che soprattutto non gli rifiutasse il piccolo favore.
Trovò la persona giusta seduta su una panca che con le scarpe da
ginnastica ancora slacciate, stava minacciando con lo sguardo il
telefonino che teneva in mano.
“Rukawa” esordì Akira con uno smagliante sorriso.
“Kaede ma Hanamichi che fine ha fatto?” gli chiese Ayako
una volta che il ragazzo uscito dallo spogliatoio aveva raggiunto il
resto dei compagni di squadra per unirsi a loro negli allenamenti.
“Mh ha detto che è impegnato e non può venire” ringhiò a denti stretti Kaede.
Era furibondo con Sakuragi che dopo averlo fatto stare in pena per
tutta la giornata; in realtà solo mezza e neanche piena e a
dirla proprio tutta non si era angosciato più di tanto,
più che altro si era irritato, il do’hao lo aveva chiamato
al cellulare dicendogli che non poteva venire agli allenamenti e
d’inventarsi qualche scusa per coprirlo con l’allenatore.
***
“Ragazzi – richiamò l’attenzione degli
amici Mito, le mani ficcate in tasca e il capo chino, si era fermato
dal procedere lungo la strada arrossita dal tramonto – E’
inutile continuare a cercarlo, il motorino ormai è andato”
affermò prima di voltarsi e incamminarsi verso la stazione.
“Yo ma…” iniziò a dire Sakuragi, ma capendo
che avesse perfettamente ragione non proseguì e invece si
affrettò ad affiancarlo.
“Ti spiace se vengo a casa tua a darmi una ripulita?” gli
domandò Hana mostrando all’amico la maglia macchiata e le
mani sbucciate e ferite e il labbro inferiore contuso.
“Nessun problema” soffiò Yohei con un’alzata di spalle.
Sakuragi gli aveva chiesto di accompagnarlo non solo perché non
voleva far vedere alla kitsune lo stato in cui si trovava; Kaede non
avrebbe gradito scoprire che aveva passato la giornata a fare a pugni
saltando addirittura l’allenamento, ma anche perché voleva
tirare un po’ su di morale Mito.
Anche gli altri tre ragazzi si aggregarono a loro, ma per motivi ben diversi.
Stavano pensando febbrilmente a un modo per non far parlare Yohei con
Akira ben consci del fatto che, se il giocatore avesse appreso del
furto del motorino avrebbe spifferato la verità e questo i tre
dovevano impedirlo almeno finché non avessero trovato un modo
per fuggire all’estero.
Non solo Mito, ma anche Sakuragi avrebbe dato loro una bella lezione,
sul momento mentre buttavano giù il piano d’azione non se
n’erano preoccupati più di tanto rinviando il pensarci a
tempo debito e quell’istante era giunto.
“Ehi che facciamo adesso?” domandò Noma in un bisbiglio rivolto agli altri due.
“Che ne dite di espatriare? Magari al polo sud” propose Okusu.
“Non agitatevi imbecilli – li sgridò Takamiya
– ho un’idea per distrarli per questa sera, sarà
anche piuttosto divertente” ghignò malignamente.
“Mh va bene, ma come facciamo domani quando Sendoh ridarà
lo scooter a Yo?” si preoccupò giustamente Noma.
“Semplice eviteremo di farci vedere in giro finché non gli
passerà, tanto sapete come è fatto Hana, non riesce a
rimanere incavolato troppo a lungo e Yo sarà troppo preso dalla
bella sorpresa di Sendoh per punirci” spiegò ancora Taka.
“Ma sì dai, capiranno lo scherzo e andrà tutto bene
e poi al massimo Hana ci darà una testata capirai che
novità ormai ci siamo abituati” si rasserenò Okusu.
Una volta giunti nell’appartamentino di Yohei il ragazzo
tirò fuori il disinfettante e una confezione di cotone
perché tutti potessero curarsi le ferite che avevano riportato
durante le risse della giornata, Takamiya accompagnato da Noma si
recò al supermarket non molto distante annunciando di andare a
prendere qualcosa per cena così da mangiare tutti insieme.
“Yo ti spiace se dormo da te stasera?” chiese Hanamichi osservando la maglietta macchiata.
“Guarda che non ho bisogno che tu mi faccia compagnia, mi hanno
rubato il motorino e mi girano alquanto ma non è poi questa
grande tragedia” rispose il ragazzo aprendo la scatole di
cerotti pensando che l’amico fosse preoccupato per lui.
“Lo so, è che non posso tornare a casa conciato
così. La volpe di sicuro si arrabbierà se scopre quel che
ho fatto” spiegò la sua reale motivazione.
“Scusa Hana, ma secondo te Rukawa non noterà il livido che
hai sulla faccia?” obiettò giustamente Yohei mentre Okusu
sghignazzava facendo zapping.
“Non subito, appena si sveglia la kitsune non connette molto e
questo stato gli dura più o meno fino all’ora di pranzo,
inoltre ho già pensato a tutto. Aspetterò che vada
all’università come tutti i giorni e ritornerò a
casa per cambiarmi e farò sparire questi – indicò
la maglietta e i jeans, strappati durante la colluttazione, che
indossava – poi quando si accorgerà del livido sulla
faccia gli dirò che mi hai dato una gomitata mentre dormivi, ci
crederà perché sa che abiti in un buco”
terminò soddisfatto della sua geniale trovata indifferente
dell’occhiate poco convinte degli amici.
“Se ne sei convinto” soffiò Mito prima di passare a incerottarsi una guancia.
“Ora chiamo la volpe così l’avverto che non
torno” annunciò Sakuragi prendendo il cellulare, Mito si
ricordò che anche lui doveva chiamare qualcuno, tutto il giorno
era stato preso da altri pensieri e non aveva pensato ad Akira e con un
po’ di disappunto notò che il suo cellulare non era mai
squillato.
‘Certo che Sendoh poteva farmela una telefonata, giusto per
sapere se ero vivo o morto’ pensò voltando lo sguardo
nella stanza in cerca del suo zaino così da poter recuperare il
telefono.
“Dov’è il mio zaino?” chiese a nessuno dei due
in particolare, Sakuragi neanche lo sentì visto che stava
parlando con Kaede o meglio inveiva.
“All’università insieme al mio” gli ricordò Okusu.
In quel momento Yohei rammentò di aver lasciato lo zaino in
aula, imitato dall’altro, quando si erano diretti alle
macchinette portandosi dietro solo il portafogli infilato nelle tasche
dei pantaloni, poi Mito era schizzato giù per le scale
dell’edificio scolastico diretto al parcheggio e dopo ciò
che aveva scoperto si era completamente dimenticato di andare a
recuperarlo.
“Non preoccuparti domani andiamo a recuperarli nella stanza del custode” lo informò l’amico.
“Cavolo avevo il cellulare dentro” si lamentò Yohei
sperando di non doversi ricomprare anche quello oltre ai libri, no
probabilmente i testi scolastici non avrebbero interessato nessun ladro.
“Stupida volpe” esalò Hanamichi spegnendo sedendosi a gambe incrociate al fianco dei due.
“Cos’è litigio fra innamorati?” domandò ridacchiando Okusu.
“Ah chiudi il becco” ringhiò Hana alquanto alterato.
“Mi presti il telefono Hana?” provò a scroccare una telefonata Yohei, voleva chiamare Akira.
“Spiacente ho finito il credito proprio adesso mentre parlavo con
la volpe che poi è il motivo per cui abbiamo litigato. Mi ha
richiamato accusandomi di avergli attaccato il telefono in faccia e
senza darmi modo di spiegarmi sai che ha fatto la volpe? Ha attaccato!
E poi osa anche accusarmi a ma domani mi sente” si lamentò
arrabbiato.
Mito lasciò che Hanamichi continuasse a inveire contro Rukawa non degnandosi di ascoltarlo e si rivolse ad Okusu.
“Mi fai fare una telefonata?”
“Anche il mio cellulare è a scuola” lo informò .
“Allora dopo chiedo agli altri” fece Yohei mettendo via il disinfettante.
Okusu ritornò a guardare il programma televisivo su cui si era fermato non preoccupandosi.
Lui sapeva benissimo che Yo teneva Il cellulare nella tasca anteriore
dello zainetto a cui toglieva la suoneria quando entrava in classe, lui
al contrario il suo se lo portava sempre dietro infilato nella tasca
del giacchetto ma come aveva suggerito Noma tutti e tre li avevano
spenti e nascosti proprio nel caso si fosse presentata
quell’eventualità.
L’unica incognita era Hanamichi, ma la fortuna a quanto sembrava era dalla loro.
Takamiya e Noma tornarono dopo venti minuti portando la cena, qualche pacco di stuzzichini e parecchie birre.
“Avete intenzione di dare una festa?” chiese Yohei
assottigliando lo sguardo verso la prima confezione da sei che venne
poggiata a terra fra loro.
“Yohei, tu oggi hai subito un forte choc – iniziò a
dire il ragazzo coi baffetti con aria tremendamente seria - noi da
buoni amici ti aiuteremo a superare questo trauma” terminò
con aria solenne mentre Takamiya annuiva aprendo il pacchetto di
patatine.
“Volete solo fare casino” riassunse il concetto Yohei
afferrando però la lattina che Okusu gli porgeva invitandolo a
rilassarsi.
Si rilassarono tutti talmente tanto da collassare, parecchie ore
dopo, ronfando scompostamente sul pavimento senza neanche avere
la briga di tirar fuori i futon o una coperta.
***
“Ciao kitsune” aveva esordito la voce di Hanamichi all’altro capo del telefono.
“Do’hao ma che…”
“Senti Kae non torno a casa
stasera, mi fermo a dormire da Yohei ci vediamo domani, direttamente
all’università”
“Eh? Ma dove sei stato si può sapere?” chiese prima di rendersi conto che la conversazione era terminata.
Rukawa era dir poco contrariato con il do’hao, non solo aveva
avuto la faccia tosta di non farsi sentire per tutto il giorno ma
quando finalmente si era degnato di accendere il cellulare e chiamarlo,
aveva attaccato senza aggiungere altro.
Kaede indispettito aveva composto il numero del ragazzo dai capelli
fulvi e aveva ben messo in chiaro di non osare mai più a
chiudergli in faccia il telefono in quel modo, poi senza aspettare
risposta gli aveva reso pan per focaccia pigiando deciso il tasto di
fine comunicazione.
Per questo quando pochi minuti dopo il suo telefonino aveva squillato
una seconda volta Kaede aveva lasciato che trillasse qualche istante di
più prima di degnarsi a rispondere con aria soddisfatta sicuro
che fosse il do’hao che gli chiedeva scusa.
“Ciao Rukawa sono Sendoh – giunse la voce di Akira con
disappunto di Kaede – Scusa se ti disturbo volevo sapere se tu o
meglio Hanamichi sappiate dove sia Yohei”
“A casa sua” esalò conciso.
“Ah no vedi lo sto chiamando da molto e il telefonino squilla ma non mi risponde sai se stia…”
“Tzs lui e il do’hao si staranno divertendo così
tanto che non avrà tempo di risponderti” ringhiò
inviperito contro Hanamichi.
“Ah quindi Sakuragi è da Yohei ho capito. Rukawa scusa se
sono un po’… ansioso, ma sei proprio sicuro di
riuscire ad alzarti per andare a prendere il motorino domani? No sai
Hanamichi diceva che…”
“Ti ho detto che lo farò e ora non scocciare
più” esalò Kaede prima di chiudere, decisamente era
alquanto nervoso.
Rukawa aveva acconsentito ad aiutarlo solo dopo che il giocatore gli
aveva sfacciatamente ricordato come lui lo aveva aiutato a suo tempo e
che quindi gli doveva un favore, ma Kaede non avrebbe sopportato le sue
ansie.
Avrebbe ritirato lo scooter e lo avrebbe portato all’università, non era una cosa tanto complicata.
12 Giugno
Quando Akira aprì gli occhi quella mattina la prima cosa che
fece fu di afferrare il telefonino sul comodino e guardare il display.
Non risultavano telefonate perse né nessun messaggio constatò tristemente.
Aveva chiamato incessantemente Mito per tutta la serata sperando in una
risposta che però non era mai giunta, finché il cellulare
non era risultato irraggiungibile, a quel punto Akira aveva atteso che
fosse Yohei a richiamarlo finendo per addormentarsi in quella lunga
attesa.
Si alzò chiedendosi cosa potesse aver distratto Yohei,
perché il giocatore non poteva credere che Mito non avesse
voluto parlargli, sperando che non fosse accaduto niente al ragazzo;
anche se una leggera preoccupazione si era insinuata nel suo petto, si
avviò in bagno.
Uscì di casa dopo quaranta minuti per recarsi
all’università e all’appuntamento con il consulente
scolastico, vagliò l’idea di chiamare Rukawa, giusto per
tranquillizzarsi sul fatto che fosse già per strada ma
ricordando come il compagno di squadra gli aveva risposto decise di
aver fiducia.
***
Hanamichi si svegliò con un gran mal di testa e ci mise
alcuni lunghi minuti per rammentarsi che non era a casa propria
né che il piede che gli pesava sullo stomaco non era di Rukawa
ma bensì di Noma.
Si sedette scostando l’arto dell’amico con un gesto secco e
massaggiandosi le tempie mentre con gli occhi socchiusi tentava di
mettere a fuoco le figure russanti e addormentate dell’armata.
Cercò di recuperare un orologio e quando vide l’ora sul quadrante si avvicinò carponi al corpo di Mito.
“Yo, ehi Yo” lo chiamò scrollandolo per una spalla,
l’amico mugugnò qualcosa d’incomprensibile e si
voltò dalla parte opposta, allora Sakuragi si diresse in bagno
ne uscì dopo lunghi minuti trovandosi a fissare lo sguardo
inespressivo e poco lucido di Mito.
“Ah ti sei svegliato alla fine… più o meno”
constatò Hana affiancando il ragazzo che stava in piedi accanto
al cucinino.
“Giorno” esalò aprendo un’anta e rimanendovi a
fissare l’interno dopo molto riuscì a focalizzare, fra le
brume del sonno, il tè.
“Ehi Yo – lo chiamò l’amico perché si
girasse, una volta ricevuta la sua attenzione Hanamichi lo
abbracciò sussurrandogli –Buon compleanno”
Mito sbatté un paio di volte le palpebre rammentandosi infine
che giorno fosse, causa la sbornia e tutto quel che era successo il
giorno prima gli era completamente passato di mente che compiva gli
anni.
“Grazie” fece con un sorriso una volta scostatosi dall’altro.
“Vado a casa, la kitsune dovrebbe già essere uscita ci
vediamo all’università?” s’informò Hana.
“Per forza, devo recuperare lo zaino” Yohei avrebbe tanto
preferito restarsene a casa visto il mal di testa che aveva.
“Dai allora ci vediamo a mensa così ci mettiamo
d’accordo per stasera” annunciò Sakuragi recuperando
le proprie cose prima di avviarsi alla porta.
“Ah la festa è vero” esalò Mito mentre
l’uscio si richiudeva alle spalle di Hanamichi, aveva proprio
bisogno di festeggiare in maniera allegra e spensierata il suo
compleanno, altrimenti avrebbe per sempre accostato il ricordo al furto
del suo automezzo.
Con una smorfia di disappunto procedette a prepararsi la colazione
prima di dedicarsi ad altro, sentiva l’impellente bisogno di
prendersi ancora qualche minuto per svegliarsi completamente.
***
Sakuragi aveva raggiunto il proprio appartamento pochi minuti dopo
aver lasciato quello di Yohei, come si era aspettato Kaede non
c’era.
Dopo essersi preparato recuperò i libri che gli servivano per quel giorno e si diresse all’università.
Aveva quasi raggiunto il cancello d’entrata quando il suo
sguardo, che vagava nel traffico di auto che passavano sulla strada, fu
catturato da una strana immagine.
Si bloccò corrucciando la fronte nel fissare la figura che
veloce scompariva oltre l’entrata del campus, pensò che
doveva aver visto male, si rammentò la bevuta della sera prima e
del mal di testa che lo pervadeva.
Si disse che stava sognando ad occhi aperti perché quel che
credeva di aver visto non poteva essere altro che frutto della sua
immaginazione, valutò che la sua mente cosciente o meno fosse
sempre pregna di immagini volpine.
Eppure la scena era stata troppo reale per essere solo frutto della sua
fantasia, quello era proprio Kaede non qualcuno che gli somigliava e
quello che stava guidando la kitsune sembrava proprio il motorino di
Yohei.
Corse eliminando la distanza che lo separava dall’entrata, fra
gli studenti che si aggiravano scorse la figura motorizzata dirigersi
al parcheggio principale, aumentò l’andatura per poter
scoprire se stesse ancora dormendo oppure no.
Hanamichi non ebbe più alcun dubbio una volta che si
avvicinò quel tanto che consentiva alla sua vista di distinguere
con chiarezza i contorni del viso di Kaede.
***
Sendoh aveva terminato il colloquio con il docente alle nove e
venticinque minuti e si era subito diretto al parcheggio del campus,
così come si erano messi d’accordo il giorno prima e
attese l’arrivo di Rukawa.
Sapeva per certo che Yohei non sarebbe arrivato prima delle undici,
dato che il venerdì non aveva lezioni precedenti a
quell’orario quindi aveva tutto il tempo: di sistemare lo scooter
dove lo aveva prelevato, legare allo specchietto un bel fiocco rosso e
aspettare l’arrivo del suo ragazzo per poi godersi la sua faccia
stupita e meravigliata.
Certo il fatto che Mito non lo avesse ancora chiamato né gli
avesse inviato il consueto messaggino per augurargli il buongiorno lo
impensieriva parecchio, ma decise di non fasciarsi la testa prima di
essersela rotta con stupide ansie.
Rukawa gli aveva detto che Sakuragi era a casa di Yohei la sera prima
quindi suppose che i due amici avessero trascorso il tempo in una fitta
e piacevole conversazione fino a tardi, motivo per cui non aveva
risposto ieri e quest’oggi avesse ancora il cellulare staccato.
Iniziò invece a preoccuparsi per lo scooter quando alle dieci
meno cinque minuti il compagno di squadra ancora non si decideva a
farsi vedere, stava valutando di chiamarlo per accertarsi che non
stesse ancora dormendo, quando il veicolo con a bordo Kaede gli si
fermò accanto.
“Ah meno male – esalò con un sospiro di sollievo
prima di riprendersi di fronte allo sguardo corrucciato di Rukawa,
Akira rivolse allora la sua attenzione al mezzo riverniciato di fresco
– ha fatto un ottimo lavoro non credi?”
“Hn” convenne distrattamente spegnendo il motore.
“Ci sono stati problemi? Sei un po’ in ritardo” gli
fece notare con un sorriso, era innegabile che il carrozziere fosse
poco distante.
“Mh ci ho messo un po’ a liberarmi di un tizio”
annunciò a spiegazione facendo alzare un sopracciglio ad Akira.
“In che senso?” indagò curioso nel frattempo che la
sua mente stava dando vita a un film in cui Kaede, che era il
protagonista, si ritrovava a dover sfuggire alle molestie di uno
sconosciuto passante che folgorato dalla sua bellezza aveva preso a
importunarlo con inviti a cena decantando poesie struggenti.
“Tzs pretendeva gli estremi dell’assicurazione, come se il
motorino fosse mio, visto che non la smetteva di urlare gli ho dato un
pugno”
Sendoh rimase impassibile per alcuni secondi fissando l’altro, poi in fretta girò intorno al mezzo.
Non apparivano né ammaccature né graffi e Kaede era in perfetta forma.
“Non capisco non mi sembra che tu abbia avuto un incidente” ammise la propria confusione.
“Appunto è quel che dicevo a quel tale, mi sono svegliato
prima di finire addosso alla sua auto parcheggiata, ma lui niente, ha
fatto una marea di storie perché per riprendere
l’equilibrio ho dato un calcio alla portiera, non si è
neanche ammaccata che idiota” esalò con disgusto.
“Svegliato? Ti sei addormentato mentre guida…” Akira
non riuscì a terminare che una voce altisonante lo interruppe.
“Kitsune! – gridò Hanamichi a pochi metri di
distanza dai due – Kitsune dimmi che quello non è il
motorino di Yo”
“Hn do’hao” si voltò Kaede verso il ragazzo.
“Non posso crederci kitsune, tu proprio tu sei…
sei…” i due giocatori fissarono Sakuragi perplessi mentre
lo vedevano balbettare, era paonazzo in volto, tremava e stringeva i
pugni convulsamente.
“Kaede! Tu! – Hanamichi puntò un dito accusatorio
sul volpino continuando ad urlare, cosa che attrasse più di uno
sguardo – Hai rubato il motorino a Yo per farti un giro? Potrei
anche passare sopra il fatto che prendi le cose senza chiedere, ma sai
quello che ho passato per colpa tua? Ho saltato la scuola e gli
allenamenti baka kitsune per niente. E dove cavolo sei andato si
può sapere? ”
“Hn?”
“Ah sto con una volpe ladra non posso crederci, tu hai una doppia
vita e non mi hai mai detto niente” prese a sbraitare infilandosi
le mani nei capelli e volgendo lo sguardo al cielo mentre Kaede lo
guardava sempre più incredulo e basito dalle sue parole.
“Dicevi che non dovevamo avere segreti fra noi e io come un
cretino ti ho creduto e invece scopro che non solo hai l’hobby
dell’appropriazione indebita, ma che te ne vai chissà
dove. Magari hai anche un’amante con cui mi tradisci o una moglie
e un figlio, forse anche più di uno. Probabilmente ci sono
volpini sparsi per tutto il Giappone. Kaede io mi fidavo e tu mi hai
sempre mentito! ”
“Do’hao! – intervenne la voce di Rukawa con tono imperioso – Sei andato in paranoia, finiscila!”
Hanamichi gli si avvicinò furente afferrandolo per la maglietta e puntandogli gli occhi luccicanti addosso.
“Kaede! – lo chiamò in un soffio minaccioso –
Posso passare sopra a tutto ma se mi hai tradito…”
“Sei sempre un do’hao! – lo bloccò dal
continuare e prima che Sakuragi potesse rispondergli per le rime
aggiunse – Non ho rubato niente, non sono andato da nessuna parte
, non ti ho mai tradito, non ho una moglie e non ho figli. Piuttosto
sei tu che ieri sei sparito tutto il giorno e mi hai anche attaccato il
telefono in faccia. Si può sapere che cosa hai fatto tutto il
tempo con quegli idioti per non chiamarmi mai?” esalò
vicinissimo al suo volto socchiudendo pericolosamente gli occhi.
“Ho preso a pugni tutte le bande di teppisti della città,
ecco cosa ho fatto! E non ti ho attaccato, ho finito il credito, ma
come sempre tu non mi dai modo di spiegare e no, tanto io ho sempre
torto vero? Io sono il do’hao che combina guai, vero
kitsune?” urlò continuando a stringere la sua maglietta
fra le dita.
“Certo che lo sei, sei un do’hao sempre e comunque. Se
avessi ricaricato il credito del cellulare come ti avevo detto non
sarebbe successo niente e non avremmo litigato” rispose pungente
Kaede.
Akira rimase a fissare i due che stavano bisticciando indifferenti di
lui o della piccola folla che richiamata dalle loro grida li stava
osservando.
“Ora basta! – s’impose Akira mettendosi fra i due
innamorati, staccando prima con forza le mani di Hana dalla maglietta,
ora stropicciata, di Kaede – Finite subito di litigare! Sakuragi
dimmi che è successo ieri, che centrano i teppisti, Yo sta bene?
E’ ferito?” domandò subito, la frase detta prima dal
compagno di squadra dai capelli rossi lo aveva messo in agitazione.
Hanamichi riassunse la giornata precedente poi fu la volta di Akira di
spiegarsi così da scagionare anche Kaede e alla fine tutti e tre
i ragazzi convennero che la colpa di tutti quei malintesi fosse del
trio a delinquere che si fregiava del nome di ‘armata
Sakuragi’.
Hana stava già escogitando una serie di terribili punizioni per
vendicarsi dei tre amici e stava per partire per metterle subito in
atto, quando la voce di Mito lo distrasse dal suo proposito.
“Non posso crederci lo avete ritrovato!- esclamò
entusiasticamente notando la targa e riconoscendola – Ma aspetta,
è un altro” fece subito titubante osservando la vernice
brillante e l’assenza di ammaccature, graffi e pezzi rotti.
“Non è mai stato rubato Yo” annunciò battagliero Hanamichi.
“Ora ti spiego tutto” intervenne Sendoh iniziando un lungo
racconto, mentre in sottofondo si udivano i soffusi improperi di Hana.
“Che dirti Yohei la sorpresa ha preso una piega diversa da quella
che avevo previsto” terminò Akira scusandosi della
giornata infernale che indirettamente gli aveva causato.
Yohei aveva ascoltato tutto dapprima con sguardo furioso poi truce e
infine affettuoso, si era commosso nello scoprire quanto aveva
architettato, per lui, Akira con buone intenzioni.
“Ti sei fidato delle persone sbagliate, è colpa mia che
dovevo metterti in guardia su Okusu e gli altri” soffiò
sorridendogli per rassicurarlo.
“Mh do’hao andiamo” catturò
l’attenzione generale Kaede avviandosi per primo e seguito da
Sakuragi l’istante dopo, che ebbe salutato e promesso a Mito che
i ragazzi dell’armata gliel’avrebbero pagata cara.
Una volta rimasti soli Akira si diede una veloce occhiata in giro, la
folla di curiosi che si era fermata poco prima ad assistere al
bisticcio dei due giocatori si era dileguata e ora c’erano solo
un paio di studenti che chiacchieravano in lontananza.
Veloce Sendoh approfittò di quella piccola frazione
d’intimità per sporgersi e sfiorare la guancia contusa di
Yohei con un piccolo bacio, “Tanti auguri di buon
compleanno” gli disse con un sorriso allegro ma dispiaciuto al
tempo stesso perciò che il ragazzo aveva passato.
“Grazie e non preoccuparti per questo” lo rassicurò prontamente indicandosi la ferita.
“Mi dispiace non posso fare a meno di preoccuparmi per te come
ugualmente non posso non sentirmi sollevato nello scoprire
perché non rispondevi alle mie chiamate”
“Mh credo che quando riaccenderò il cellulare, se
riuscirò a recuperarlo, troverò un bel po’ di
telefonate perse col tuo numero” previde saggiamente.
“Sì, penso anch’io – convenne con lui Akira
– che dici andiamo a recuperare il tuo zaino?” propose
restituendogli le chiavi di riserva dello scooter.
***
Mani ficcate in tasca e con passo indolente Okusu si affiancò ai due amici fermi sul marciapiedi.
“Sapevo che sareste venuti” fece catturando l’attenzione di Noma e Takamiya.
“Beh una festa è una festa” constatò Taka volgendo lo sguardo alla porta del locale.
“Secondo voi c’è ancora pericolo?” indagò Okusu.
“Stiamo parlando di Hana c’è sempre pericolo –
gli rammentò Noma – il problema questa volta è
Yohei”
“Già” gli diede man forte Takamiya.
“Ha Telefonato anche a voi?” s’informò ancora
il ragazzo dai capelli biondi riferendosi a Mito, il quale lo aveva
chiamato per informarlo che non vedeva l’ora di vederlo per
dimostrare quanto avesse apprezzato lo scherzo che lui e gli amici gli
avevano fatto .
“Tre volte” risposero in coro.
“Allora che si fa? Facciamo finta di niente e speriamo che
se la bevano, chiediamo perdono e ci becchiamo una testata di Hana
oppure ce la filiamo?” chiese Noma, mentre i tre stavano pensando
quale fosse la scelta migliore una voce li raggiunse alle spalle.
“Ma guarda chi si vede”
I tre si voltarono verso Hanamichi che ghignava sfregandosi le mani, mentre Kaede al suo fianco li squadrava minaccioso.
I ragazzi dell’armata deglutirono a vuoto, Okusu
indietreggiò di qualche passo tentando di sfuggire ma si
ritrovò ad urtare la schiena contro qualcosa.
“Dove pensi di andare?” gli domandò Yohei alzando l’angolo destro della bocca.
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