Libro Aperto
Era mattina. Sofia aprì gli occhi e dalla finestra di camera
sua vide spuntare il sole. Quella luce accecante era difficile da
sopportare
dopo giorni di pioggia perenne.
Maledetto sole...
pensò.
In fretta e furia si
preparò ad andare a scuola, visto che
come al solito era in ritardo. Un bicchiere di succo di frutta e
uscì di casa.
Durante il tragitto le dava fastidio
avere la luce del sole
in faccia , preferiva molto di più le nuvole o la pioggia, e
quando il cielo si
faceva plumbeo, la città sembrava avvolta da un'aura di
mistero. Quel giorno
andare a scuola non le dispiacque: c'era autogestione il che voleva
dire
libertà assoluta per gli studenti.
Dopo aver fatto i soliti tre piani di
scale, entrò in classe.
Il professore non si curò neanche di segnare sul registro il
ritardo,
l'ennesimo.
La classe era nel caos totale e Sofia
cercava disperatamente
di leggere un libro mentre aspettava l'arrivo delle sue amiche. Quando
Lidia e
Chiara arrivarono, Sofia si sentì subito meglio.
Non era brava a socializzare con i
ragazzi della sua età, o
meglio, con le persone in generale, ma con loro, le
veniva naturale dare
confidenza, era facile come respirare. Si conoscevano da anni.
Così si misero a parlare di
cosa avrebbero potuto fare quella
sera, ma le loro idee non erano molto interessanti.
Sofia guardò fuori dalla
finestra attratta dal colore della
foglie in autunno; alcune avevano un colore vicino al rosso bordeaux
e
al marrone, ma più intenso. Non seppe descrivere quel
colore, ma lo adorava in
una maniera eccessiva, maniacale.
Dovrei dipingere le pareti di
camera mia di quel colore...
-Sofia? Mi stai ascoltando?- Chiara
impaziente, scosse la
spalla della sua compagna.
-Si certo.- disse – Ehm...
di cosa stavamo parlando?
-Ecco come al solito pensavi ad
altro...- disse Lidia, con un
tono finto rassegnato.
-Scusate, non capiterà
più.- affermò lei e sorrise.
Ma le sue amiche sapevano che le
sarebbe capitato di nuovo,
era fatta così; nonostante fosse una ragazza riservata, era
un'inguaribile
sognatrice. Si perdeva nel suo mondo molto spesso e si distraeva con
qualsiasi
cosa.
Se poi si metteva a leggere un libro
era la fine. Perdersi
tra le pagine dei suoi libri preferiti, era la prima causa dei suoi
ritardi a scuola:
in autobus le capitava spesso di perdere la sua fermata
perché era troppo presa
dalla lettura.
Questa caratteristica l'aveva
ereditata da sua madre, morta
in un incidente d'auto quando lei aveva solo otto anni. Da quel
momento è
cominciato il mutismo, l'isolarsi dalle persone, persino dal padre che
cercava
in tutti i modi di non far pesare la mancanza della madre in casa.
Ma nonostante il suo chiudersi a
riccio, si vedeva che
provava un dolore immenso.
Nessuno poteva capirla.
Le uniche ad avvicinarsi a lei durante
una giornata
primaverile della quarta elementare, furono Lidia e Chiara. Non era
pena quella
che provavano, ma pura voglia di fare amicizia con quella piccola
bambina
isolata da tutto e tutti. E anche se non potevano capire il suo dolore,
riuscivano
ad alleviarlo. Con il tempo, impararono a decifrare tutto di lei,
specialmente
i suoi pensieri, che sembravano scritti a caratteri cubitali sulla sua
fronte.
A volte la chiamavano libro aperto, e anche se le
dava un po' fastidio,
sapeva che era un modo per comunicare loro cose che erano troppo
difficili da
dire a parole.
Grazie a loro riuscì a
scappare dal baratro di solitudine che
si era creata, e una parte del suo cuore, quella riservata a sua madre,
le
faceva meno male.
-Siamo arrivate ad una conclusione,
signore?- chiese con
ironia Chiara.
-Sì!- esclamò
convinta Lidia -Cinema!.
-Oh no.. tutto tranne quello!- disse
Sofia esasperata.
-No, no, no! Non se ne parla neanche,
non voglio stare a
vedere un altro dei soliti film strappa lacrime che guardi tu! Andiamo
al
Bowling!- disse l'altra.
-Con quella puzza di piedi? No grazie,
io passo!- sentenziò
Lidia tappandosi teatralmente il naso in segno di disgusto.
-Su ragazze dobbiamo trovare
assolutamente qualcosa da fare!-
disse Sofia- Altrimenti ci ritroveremo come ogni sabato a guardare uno
dei film
western di mio padre, inoltre ci costringerà a mangiare i suoi
dolci che
ha preparato proprio ieri.. e lo sapete... non è un asso in
cucina..
Tutte e tre rabbrividirono all'idea.
Finiva sempre così, strette
su un divano a guardare un film
di Clint Eastwood con suo padre.
Era un po' stanca della solita routine.
Non che la sua
vita fosse noiosa, sempre a seguire suo padre nelle sue gite
familiari
strampalate, ma a volte aveva l'impressione che le mancasse l'adrenalina,
come quella che sentiva ogni volta che sua madre le raccontava delle
storie.
Quelle che prediligeva erano quelle di
fantasmi, anche se non
credeva alla loro esistenza. Le pareva a volte di vedere sua madre in
cucina la
mattina, intenta a preparare la colazione. Si diceva che era solo
frutto della
sua immaginazione.
Ed è lì che si
ricordò di una storia vera, ambientata in un
casa abbandonata, che si trovava proprio nella sua città.
Come ho fatto a non pensarci
prima?! Si domandò.
Era
un'occasione
perfetta per realizzare un suo sogno, e allo stesso tempo divertirsi
con le sue
amiche.
-Ragazze?- disse con un sorriso
sornione - Mi è venuta
un'idea...
quello sguardo furbo non era un buon
segno per le due amiche.
Lo sapevano.
Sofia era un libro aperto.
-Io non ci entrerò mai!-
dissero all'unisono le sue due
amiche, che rabbrividivano alla vista di quella vecchia e logora villa.
Eppure
a Sofia era parso che fossero entusiaste all'idea di entrare a dare
un'occhiata
in una casa così antica.
Villa De Angelis non
è poi così male... si disse.
Questo “modesto”
focolare di ben tre piani più mansarda, era
conosciuto anche con il nome “Villa Fantasma”. Si
diceva che fosse infestata
dai fantasmi dei proprietari, la Famiglia De Angelis appunto, una ricca
quanto
vecchia casata.
Ma, quando la moglie del Conte
morì di tubercolosi e lui,
crogiolato dal dolore della perdita, si uccise, l'abitazione
andò in rovina e
nessuno volle più entrarci. Si pensava addirittura che la
ristrutturazione di
quel luogo portasse sfortuna. Sciocchezze pensava
Sofia, ma le sue due
amiche non erano dello stesso parere.
Così, infreddolite, davanti
all'enorme villa, alle 21.00 di
sera, le ragazze avevano perso la spavalderia di quella mattina. E
Sofia non
sapeva cosa fare.
-Sentite- disse lei- Non so voi
cosa volete fare, ma
io entro lo stesso.
La sua voce era decisa e sicura. Per
la prima volta sembrava
veramente determinata.
Non poteva perdere quell'unica
opportunità di entrare nella
casa dei racconti di sua madre.
E' anche un modo per esserle
più vicina...pensò.
-Voi, se volete, aspettatemi qui,
tanto entro solo per dare
un'occhiata, per curiosità.
Le sue amiche avevano una faccia a dir
poco sconvolta:
avevano paura: avevano paura che si cacciasse nei guai imbranata
com'era.
Dopotutto era una proprietà privata... anche se i
proprietari erano assenti da
secoli.
E con un sorriso, che tentava di
essere rassicurante, si
avviò.
L'enorme portone non era chiuso a
chiave, oppure bloccato da
travi di legno come si aspettava, quindi fu piuttosto facile entrare.
L'interno era molto più
grande di come si immaginava: il
pavimento in granito, che una volta doveva essere lucido come uno
specchio, ora
era coperto da uno spesso strato di polvere, così come
alcuni dei pochi mobili
che non erano coperti da un lenzuolo bianco.
Si addentrò nelle altre
stanze della casa e pensò anche si
salire ai piani superiori, ma della scala, grande e dalle curve
aggraziate,
rimanevano solo i gradini più alti, che portavano verso il
buio. Era una
visione surreale che sembrava uscire da uno di quei quadri di
Dalì o Magritte
che a sua madre piacevano tanto. Questo pensò
si sarebbe chiamato
“Scala per il Nulla”.*
Così, girando alla cieca
insieme alla pila elettrica che le
faceva di guida, si ritrovò in quella che doveva essere la
sala da ballo.
Il pavimento era in parquet,
sempre coperto di
polvere, come tutto il resto: i mobili, l'enorme lampadario, e i
quadri, tranne
uno.
Si avvicinò all'oggetto in
questione, un quadro molto più
grande rispetto tutti gli altri che circondavano la sala. Stranamente,
era
perfetto, forse anche troppo. Non un filo di
polvere sulla cornice, e la
tela era in condizioni perfette, come se qualcuno ogni giorno lo
restaurasse.
Si ritrovò attratta
soprattutto dai soggetti del dipinto. Una
coppia di ballerini, che volteggiavano in quella che, dietro di loro,
doveva
essere sicuramente la sala da ballo nel pieno del suo splendore.
La donna, era avvolta in un abito
stile impero, con
delle spalline sottilissime, che arrivava a coprirle le gambe fino alle
caviglie.
Un nastro nero alla base del seno, che finisce a fiocco dietro la
schiena,
contrastava con il colore del vestito: un bordeaux molto
scuro tendente al
marrone.
I capelli, erano dei boccoli color
mogano che, delicati, le
cadevano sulle spalle e le incorniciavano il viso pallido con la forma
a cuore.
Gli occhi erano di un marrone intenso e le labbra rosse come una rosa.
Lui, come la sua compagna, era di una
bellezza accecante. Il
corpo alto e atletico, le spalle larghe e il portamento regale lo
rendevano ancora
più affascinante. Lo smoking che indossava era nero e al
petto era appuntata
una rosa rossa, che spiccava in mezzo al quel trionfo di colori,
nonostante le
sue piccole dimensioni. I capelli erano bronzei, i lineamenti del viso
spigolosi, decisi, ma al tempo spesso, di una dolcezza devastante. Ma
la cosa
più bella di lui, erano gli occhi. Un verde intenso, come il
verde di un bosco
incontaminato, ed erano indirizzati verso quelli della sua compagna di
ballo.
Un po' mi dispiace che non
siano indirizzati a me.
Si maledisse subito di quel pensiero
sciocco e ritornò alla
realtà.
Si chiese chi fossero e con la pila
illuminò la targhetta
d'oro con le incisioni dei loro nomi.
Conte Umberto e Contessa
Greta De Angelis.
D'istinto tocco la tela del quadro per
sentirne la ruvidezza.
Nell'esatto momento del contatto con la tela, Sofia sentì la
musica di un
violino provenire dal piano di sopra. Ebbe l'irrefrenabile voglia di
andare al
piano superiore ma poi si ricordò che l'assenza della scala
le impediva di
accedervi.
Così si limitò a
chiudere gli occhi e ascoltare le note da
lontano, che dolcemente riempirono tutta la sala.
Li riaprì e le parve di
essere tornata indietro nel tempo. La
sala si mostrava ai suoi occhi com'era una volta.
Il pavimento, il lampadario luccicanti
e i mobili erano come
nuovi.
E poi apparvero, proprio davanti a lei.
Volteggiavano per la sala,
così silenziosi e aggraziati che
sembrava non toccassero terra. Gli abiti erano gli stessi del dipinto e
ballavano seguendo la dolce melodia del violino. Le loro figure erano
avvolte
da una luce soffusa che dava loro un'aria ancora più
celestiale.
Com'è possibile?!
Si chiese.
Avrebbe dovuto aver paura: due persone
morte da secoli che
ballavano tranquillamente davanti a lei, dovevano fare un certo
effetto. Lei
però, era così incantata da quella visione che
non riusciva a pensare ad altro.
Non credeva possibile una cosa del
genere: quando sua madre
le raccontava questa storia, Sofia la prendeva scherzosamente in giro,
dicendole che era più bambina di lei se credeva ai fantasmi.
Ora, guardando questo spettacolo,
doveva ricredersi.
Speranzosa, si chiese se, solo per
quella volta, quegli occhi
verdi che tanto amava potessero incrociare i suoi. E, come se le avesse
letto
nel pensiero, il Conte la guardò per un istante, che a lei
parve una vita e,
dolcemente, si perse in quel verde intenso. Si sentì subito
meglio e restò
ancora qualche attimo a osservare la coppia che danzava.
Sono bellissimi
pensò.
Poi in un secondo tutto
svanì: prima la sala da ballo con il
pavimento luccicante, poi la coppia di amanti e infine la musica, che
terminò
il suo piccolo concerto con un lungo La.
Per tutta la durata di quell'episodio
le sembrava di essere
in contatto diretto con sua madre, ed è stata una sensazione
indescrivibile.
Gli anni senza di lei si erano annullati in un secondo.
-Mi manchi tantissimo mamma...- e
mentre lo diceva,
silenziosamente le lacrime cominciarono inevitabilmente a scendere.
Passati
alcuni minuti si ricompose, asciugandosi le guance con la manica del
maglione.
Capì che era giunto il
momento di tornare dalle sue amiche,
non sapeva neanche da quanto tempo la stessero aspettando. Sembravano
passate
ore.
Con lentezza studiata, come per
prolungare la sua permanenza
in quella casa, si avviò verso il portone principale.
Prima di uscire si voltò
un'ultima volta verso quel luogo
magico che, sicuramente, non avrebbe rivisto mai più.
Impugnato il pomello del
portone di legno, sentì una voce provenire da dietro di lei,
incredibilmente
identica a quella di sua madre.
-E tu che non mi credevi...
- e una dolce risata, la sua
dolce risata, riecheggiò per tutta la casa.
Sofia, incredula, si voltò
nella vana speranza di poterla
vedere, ma davanti a lei c'era solo un vecchio salone.
Sospirò affranta, ma
felicissima di aver sentito per l'ultima
volta la sua voce.
Già... aveva
proprio ragione, che stupida sono stata -
si disse ridendo da sola.
Con quel bellissimo ricordo,
varcò la soglia della villa,
che, oltre a condurla fuori da quel posto, la conduceva verso la
realtà.
Lidia e Chiara rimasero pazientemente
ad aspettare la loro
amica, ma la preoccupazione non svaniva dai loro volti. Per un momento
avevano
pensato di entrare dentro per assicurarsi che non fosse successo nulla
di
grave, ma l'aspetto tenebroso dell'abitazione annullava tutta la loro
determinazione.
Dopo ben tre quarti d'ora, la videro
uscire. Si erano già
preparate una ramanzina degna delle loro madri, ma quello che videro le
fece
ammutolire.
Non sembrava lei: pallida, fatta
eccezione per le guance che
erano di color rosso fuoco, gli occhi che luccicavano e sulle labbra un
sorriso
malinconico.
Così si presentò
Sofia ai loro occhi. Timorose si
avvicinarono a lei e iniziarono il tragitto verso casa di Lidia.
-Perché mi guardate in quel
modo?- chiese Sofia.
Stupite di non essersi accorte di
fissarla troppo
intensamente, si riscossero dai loro pensieri e Lidia, con un po' di
coraggio,
rispose: -No niente..sembri solo un po'..strana. Hai la faccia di
un'allucinata! Non ti sarà per caso apparso l'Arcangelo
Gabriele per dirti che
sei incinta del nuovo messia! Ahah!!
-Secondo me invece- disse Chiara- si
è solo allontanata per
fumarsi una canna! Parla! Dove la nascondi la roba??
-Invece siete voi quelle che si sono
fumate qualcosa! Che
cosa vi viene in mente? Ahahah!
Con questo giro di battute, le due
amiche si resero conto che
era tutto normale e si diedero delle stupide.
Sofia, invece, sapeva che non poteva
dir loro che aveva visto
dei fantasmi, e che sua madre le aveva parlato.
Mi prenderebbero per pazza, e
mi rinchiuderebbero in un
manicomio! pensò divertita.
Quella fu la prima volta che non
riuscirono a leggere
veramente Sofia.
Lei stessa sapeva che dopo quella
notte, tutto sarebbe
cambiato.
Non era più un libro aperto.
* Frase presa in prestito dal romanzo
“La città di Ossa” di
Cassandra Clare. ^_^
Ciao
a tutti!!!
Beh
che dire… prima fan fiction… e sono
agitatissima!!! O.O
Prima
di tutto ringrazio la mia amica Alise per aver sopportato
tutte le mie crisi di nervi e i miei dilemmi alla Amleto
*metto…o non metto la
fan fiction??? Questo.. è il problema u.u*, e anche
perché mi ha aiutata nella
correzione.. diciamo che è stata una pseudo - beta! xDD
Spero
vi sia piaciuta la storia! Forse ho messo troppe
descrizioni, ma quando scrivevo non riuscivo più a fermarmi!
Non so se mi
spiego eheh! J
Ringrazio
chiunque abbia letto questa one-shot (spero
che qualcuno la legga! xD)!
Sono
gradite le recensioni naturalmente! ^^
Un
abbraccio
FedePex
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