Amnesia
1.Due anni due minuti
Quando
il fuoco aveva iniziato a bruciarmi le carni avevo capito che cosa
fosse successo, ma non ne ero più così felice.
Sentivo ogni centimetro del mio corpo venire invaso dal dolore, come un
fuoco che bruciava lento, e che mai mi avrebbe consumata, facendomi
soffrire per sempre.
Edward ce l’aveva fatta. Mi aveva salvata. Ma non ero
altrettanto sicura che io
avrei resistito. E non avrei resistito perché le mie membra
bruciavano, il dolore toccava ogni punto del mio corpo. Le braccia, i
piedi, gli occhi, la lingua, lo stomaco e il cuore. Tutto. La mia anima
era stata presa e strappata in mille pezzi, il mio corpo bruciava;
sarei di sicuro morta. Non avevo dubbi.
Non sapevo da quanto durava quello strazio, il tempo era diventato un
concetto troppo relativo, troppo secondario rispetto al male che mi
perdevadeva e che era l’unica sensazione che potevo sentire,
e a cui prestavo attenzione. Dopo un tempo indefinito, secondi o anni,
aveva abbandonato quasi tutto il corpo, concentrandosi verso il mio
cuore. Lo inseguiva e lo braccava, mentre lui batteva più
veloce e più disperato che mai. Lo sentivo contro il petto,
sembrava volesse scoppiare. Sembrava volesse uscire dal petto per poter
fuggire. Era un battito nervoso e spaventato, disperato.
Poi, all’improvviso, tutto finì. Ma non nel modo
che mi aspettavo io. Finì nel buio e nel freddo.
Finì, mentre una mano calda mi stringeva le dita.
Finì. Il mio cuore smise di urlare, e seppi che ero morta.
La prima cosa che notai furono i rumori. Sentii della musica rap, e mi
chiesi come mai in casa mia ci fosse della musica di questo tipo, dato
che io non l’ascoltavo mai. Ma sparì in fretta, e
non ci feci più caso.
Poi, la seconda cosa che notai, furono gli odori. Li sentivo forti e
penetranti, mi entravano prepotentemente nel naso. Sentivo anche una
strana sensazione, come se stessi respirando attraverso una maschera.
Non stavo propriamente respirando,
nel vero senso della parola. Stavo solo inalando aria e ributtandola
fuori, ma non mi servivo dell’ossigeno.
Mi spaventai.
Sentii un forte bruciore alla gola, come se della carta vetrata mi
passasse lungo tutta la trachea.
Aprii gli occhi e vidi bianco. Il colore bianco più puro, la
sua essenza. Solo questo. Mi chiesi se non fossi diventata cieca in una
notte. Voltai a destra la testa e trasalii. Di fronte a me stava Edward
Cullen, che mi guardava preoccupato. Era leggermente diverso da come lo
avevo visto l’ultima volta, sembrava ancora più
bello.
Feci per alzarmi da dove ero stesa, qualunque posto esso fosse. E
restai ancora più basita quando di fronte a me vidi gli
altri quattro fratelli Cullen, più due sconosciuti che
pensai immediatamente fossero i loro genitori, anche perché
tutti si assomigliavano molto. Belli e bianchi.
Li guardai. Mi guardarono. Mi chiesi perché mai tutto questo
guardarsi intensamente, forse avevo qualcosa fra i denti. Chiusi la
bocca di scatto, ma loro continuavano imperterriti a guardarmi.
Alla fine non resistetti più, e decisi di chiederlo:
“Che cosa c’è?”. La mia voce
mi parve diversa, più cristallina del solito, ma non vi feci
troppo caso.
Tutti parvero trarre un sospiro di sollievo, tranne il ragazzo biondo,
che Jessica mi aveva detto la mattina prima chiamarsi Jasper Hale,
gemello di Rosalie Hale. Lui mi guardava con sospetto, gli occhi
leggermente stretti e le labbra dischiuse. Notai che il suo viso era
costellato da piccole cicatrici a forma di mezzaluna, più
chiare del resto del corpo, che il giorno prima non avevo notato.
“Come stai Bella?” mi chiese Edward Cullen
tenendomi per mano. Ma chi diavolo credeva di essere quello
lì per tenermi la mano? Era diventato scemo tutto
in un giorno? Nemmeno lo conoscevo, e la mattina prima a scuola non mi
aveva rivolto nemmeno uno sguardo. Che stronzo, era pure il mio primo
giorno di scuola a Forks! Poteva essere un po’ più
gentile.
Feci scivolare via la mia mano dalla sua e, per quanto mi parve stupito
di quel gesto, non ribatté. “Sto bene”
dissi, “che cosa è successo?”.
Era come se avessi chiesto loro di portarmi Antonio Banderas in boxer
su un piatto d’argento: cioè, voglio dire
… rimasero un po’ stupiti. Jasper Hale
avanzò verso di me e mi prese il viso fra le mani.
“Ma che fai?” chiesi togliendogli le mani dalla mia
faccia e spingendolo via. Non lo feci forte, ma lo spostai di molto. Mi
misi in piedi e cominciai a guardarli circospetta. Anche loro mi
osservavano in modo strano. Edward Cullen si sporse verso di me con
aria molto preoccupata. Ma
preoccupato per cosa poi?, continuavo a chiedermi.
“Qualcuno potrebbe dirmi che cosa sta succedendo? Mi sta
venendo paura” dissi con voce piccola, con quella voce che
non mi apparteneva. Cominciai a pensare che forse quelle persone
volevano farmi del male. Presi a ripassare mentalmente tutte le
tecniche di difesa che conoscevo. I punti principali in cui colpire in
caso di attacco erano stomaco, alluce, naso e inguine.
L’avevo imparato in un film. Stomaco, alluce, naso, inguine. Coraggio Bella, colpisci forte e
con precisione, mi dicevo arretrando sempre di
più. Ovviamente la mia goffaggine non avrebbe aiutato alla
riuscita dle mio piano, ma contava di riuscire a destabilizzarli
abbastanza per poter fuggire.
“Bella che cos’hai?” mi chiese Edward
avvicinandosi.
“Oh no! Non ci pensare neanche!” esclamai non
appena fece un passo avanti. Misi le mani avanti a me per bloccarlo e
lui si fermò. “Siete voi che dovete dirmi che cosa
succede. Ieri mattina eravamo a scuola e mi odiavi, adesso dove mi hai
portata? Con i tuoi fratelli poi!” esclamai.
Un signore dai capelli biondi e dall’aria gentile si
avvicinò. “Bella, potresti spiegarti un
po’ meglio?” mi chiese.
“Cosa c’è da spiegare? Dove mi avete
portata? Dov’è mio padre?” chiesi, ormai
in preda al panico.
Con la coda dell’occhio vidi Jasper che si avvicinava
fulmineo e si posizionava dietro di me. Oh no!, pensai. E
così reagii: gli diedi una gomitata nello stomaco, gli
schiacciai il piede con forza poi, terrorizzata, mi voltai e quando lui
si fu alzato gli schiacciai il naso con la base del polso. Per finire
gli diedi un calcio più forte che potei in mezzo alle gambe.
Poi, atterrita, scappai.
Mi precipitai lungo le scale, sperando di non cadere. Notai solo allora
l’assurdo vestito che avevo indosso. Un vestito azzurro molto
elegante. Feci appena in tempo a notarlo che qualcuno mi
bloccò da dietro prendendomi per le braccia e io cominciai
ad agitarmi e urlare.
“Lasciatemi! Razza di pervertiti, lasciatemi!
Perché cazzo mi avete vestita così? Cosa volevate
fare? Un rito satanico?!” chiesi urlando in preda alla
disperazione. Sentii che mi prendevano in tre e mi bloccavano a terra.
La fine più
miserabile e ingiusta: sacrificata ad un diavolo in cui nemmeno credo,
mi venne da pensare con tristezza al momento.
Il mio istinto di sopravvivenza era ancora forte e così
continuavo a dibattermi. Il signore dal viso gentile mi si
avvicinò e cominciò a parlarmi. “Bella!
Bella ascolta! Hai perso la memoria! Tu non ti ricordi di noi, ma noi
ti conosciamo! Io mi chiamo Carlisle Cullen, ti ricordi di me? E questo
è Edward, è tuo marito Bella!” disse
indicando Edward, che mi guardava con espressione addolorata.
“Mio marito?! Ma siamo diventati cretini? Io voglio essere
single!” urlai dibattendomi.
Dopo un’occhiata supplicante da parte di Carlisle, Edward
prese parola: “Bella ascolta, non ti ricordi di me? Sul serio
non ti ricordi? Io ti ho salvata da una macchina, siamo andati a cena
insieme a Port Angeles, hai preso un piatto di ravioli ai funghi! Poi
ti ho fatto vedere com’ero alla luce del sole quando siamo
andati nella nostra radura e dopo …” si
bloccò all’improvviso, un espressione atterrita in
volto.
“Che succede?” chiese allora Alice Cullen
avvicinandosi.
“Lei non lo sa” disse Edward con voce tremante.
“Non si ricorda di nulla. E’ ferma a quando mi ha
incontrato per la prima volta, a scuola, quasi due anni fa”.
Alice si irrigidì. “Quindi non sa che cosa
è successo? Non sa della … trasformazione? Non sa
di noi?”.
“Renesmee” sussurrò Edward.
Fu allora che mi venne il dubbio. Possibile che dicessero la
verità? Scacciai subito quel pensiero, anche se
c’erano diverse cose che non quadravano. Ad esempio io come
avevo fatto ad arrivare fin li? E come mai avevo quella voce
così strana, respiravo in modo strano e riuscivo a sentire
lo scricchiolare delle assi di legno sul pavimento? Perché,
mi ero resa conto solo allora, la mia pelle era così bianca?
Come quella di un cadavere?
Smisi di agitarmi e li guardai uno ad uno. Erano addolorati.
L’unica cosa, davvero stupida, che mi venne da chiedere in
quel momento fu: “Ce l’avete una tachipirina? Mi
brucia la gola in modo pazzesco”.
Sbuffai dopo che mi ebbero raccontato tutta la storia.
“E’ una situazione molto strana Bella, ma
è possibile che ti torni la memoria da un momento
all’altro. Anzi, è molto probabile. Le amnesie
come queste non sono gravi, è reversibile. Nel frattempo
devi accettare il fatto di essere qui e ora” disse Carlisle
con voce greve.
“Cioè … tu mi stai dicendo che in due
minuti devo accettare il fatto di aver scoperto una famiglia di
Vampiri, dei Doberman indiani, essermi sposata ed essere diventata una
mozzarella succhiasangue?” chiesi esasperata.
“Non dimenticare Renesmee” mi disse Emmett
alzando un indice.
“Già mi hai pure messo incinta, brutto
maniaco” dissi a Edward dandogli una botta sulla spalla.
“Hai!” esclamò lui massaggiandosi il
braccio. “Tanto per la cronaca nel momento in cui questo
maniaco ti ha messo incinta eri entusiasta”.
“Evidentemente non sei stato tanto magnifico se non me lo
ricordo” sbottai contrariata. Edward era furioso, Emmett
invece soffocò un risolino in un grugnito.
Purtroppo dovevo accettare che quella era la verità. Mi
avevano messo davanti una ciotola piena di liquido rosso. La gola aveva
iniziato a bruciare fortissimo e avevo bevuto la ciotola in un attimo.
Mi avevano poi detto che era sangue di orso; a quel punto avrei voluto
sputare, ma dovevo ammettere che quella roba era buona. Per di
più mi ero guardata allo specchio e, oltre a somigliare
ancora di più ad un’albina, avevo gli occhi rossi
come due fragole mature.
Mi avevano fatto vedere la bambina, e lei era forse l’unica
cosa positiva di tutta questa faccenda. Era bellissima, e sembrava
riconoscermi anche. Dal momento stesso in cui la vidi me ne innamorai.
Purtroppo non potevo dire la stessa cosa per Edward, il mio nuovo,
mentalmente instabile marito.
“Ascoltate, Bella potrebbe ricordare. Anzi, è
molto probabile che ricordi ben presto ogni cosa. Ma noi dobbiamo
starle vicini, altrimenti la sua mente non si ristabilirà
mai” disse Carlisle.
“E se cercassimo di … come di ricostruire certi
momenti della sua vita? Quelli che lei non ricorda, legati a noi e ad
Edward. Forse così potrebbe andare” propose Alice,
la ragazza folletto.
“Potremmo provarci, ma sarà prima di tutto compito
di Edward” osservò Carlisle. Tutti ci voltammo
verso l’interessato.
Mi dava immensamente fastidio dover passare del tempo con lui. Non
potevo scordarmi quanto il giorno prima, o meglio il giorno di quasi
due anni prima, mi avesse guardata male, con quegli occhi neri e
cattivi. Ma come avevo fatto a sposarmi con quello? Probabilmente era
la stessa cosa che si stava chiedendo Charlie in
quell’istante.
Nel pensare a lui mi venne un po’ di tristezza: avevano detto
che per il momento non potevo vederlo, e lui credeva che fossi in luna
di miele. Non sapeva nulla dei Vampiri e non sapeva che ora io ero una
di loro. Non sapeva nemmeno di essere diventato nonno.
Non avevo mai manifestato un particolare interesse nelle creature
mitologiche della notte, o nel gotico e in tutte quelle cose che
parlavano di Vampiri. Come avevo fatto a sposarne uno? L’idea
di venire a Forks non era stata per niente una buona idea. Ancora meno
socializzare con quell’essere maniaco sessuale. Se lo avessi
saputo, molto probabilmente sarei fuggita prima che accadesse tutto
questo.
“Allora faremo così, Edward pensa ai momenti
più significativi che potrebbero aver segnato Bella, e noi
li ricreeremo, d’accordo?” chiese Alice.
“Mi pare una buona idea” disse Carlisle. Si
alzò e disse: “E’ ora della misurazione
di Nessie, scusate”.
Guardai gli altri sospettosa: “Chi è
Nessie?” chiesi.
“E’ Renesmee, l’ha soprannominata
così Jacob” disse Edward con un espressione dolce.
“Come il mostro di Lochness?” domandai scoraggiata.
Non avevo nemmeno la forza di arrabbiarmi, ormai ero pronta ad
accettare senza ribellarmi qualsiasi cosa mi avessero detto.
“Ma poi perché cavolo l’ho chiamata
così? Renesmee!” esclamai stupefatta.
“Si, in effetti è un nome un po’
strano” disse Emmett poggiando il mento alla mano.
“Ma c’è sempre il soprannome”.
“E menomale” dissi io. In quel momento Jacob
passò di lì e si sedette. Sembrava gli avessero
raccontato tutto ma io ancora non capivo una cosa. “Aspettate
un minuto.” dissi corrugando le sopracciglia, “Voi
mi avete detto che i Vampiri e i Volpini sono nemici giurati”.
“Bella!” esclamò Jacob spazientito, che
era arrivato in quel momento.
“Che c’è?” chiesi stringendomi
nelle spalle.
“Da quando ti sei svegliata mi hai chiamato Chiuahua,
Doberman e ora Volpino!”.
“Okay scusami” dissi alzando gli occhi al cielo,
mentre gli altri sghignazzavano. “Ti chiamerò con
il tuo nome, ma non interrompermi. Dicevo, se i Vampiri e i Licantropi
sono nemici, allora come mai lui è qui?”.
Tutti si guardarono nervosamente. Mi preparai ad un’altra
cattiva notizia. “B’è, vedi”,
cominciò Edward lanciando a Jacob un’occhiataccia,
“ti abbiamo spiegato in cosa consiste l’Imprinting
e, ecco, Jacob lo ha avuto con Nessie” disse velocemente.
Come se dirlo più velocemente avesse allievato la
gravità della cosa! Mi alzai di scatto, voltandomi verso
Jacob.
“Che cosa?!” esclamai.
Lui si fece piccolo piccolo sul divano e mise le mani davanti a
sé, come a ripararsi. “Non è brutto
come credi Bella. In fondo adesso siamo davvero come una famiglia, no?
Era quello che volevi, te lo assicuro. Saresti stata felicissima di
sapere questo prima dell’amnesia!”
esclamò. “E poi non è colpa mia,
è successo! Dovresti essere felice per lei.”
“Non dire scemenze, pervertito! Ha solo tre giorni di
vita!”.
“B’è m-ma sembra che ne abbia molti di
più”.
“Non è una scusa, sei un maniaco!”. E
così dicendo gli balzai al petto, cercando di colpirlo con
tutte le mie forze. Ruppi un cuscino del divano e, quando Jacob
riuscì a liberarsi, si trasformò in un lupo
grande quasi quanto un cavallo, dal pelo fulvo e liscio. Si
precipitò fuori dalla porta e io feci per inseguirlo, ma
venni bloccata da qualcuno. Quattro mani mi tenevano ferma e mi
impedivano di raggiungere quel pervertito di un cane.
“Aspettate!” disse Edward all’improvviso,
con espressione furba e un po’ maligna. “E se
questo le facesse tornare la memoria? Un po’ di esercizio
fisico, sai com’è”.
“Edward!” esclamò Alice contrariata.
“Io dico che può funzionare” disse
Rosalie ghignando, e lasciò andare il braccio che mi teneva
imprigionato.
Eccomi giunta con un'altra fic! Avevo proprio voglia di scrivere
qualcosa di comico sul fandom Twilight, spero che vi piaccia ^^
Se voleste delle piccole anticipazioni sui capitoli seguenti sappiate
che ho aperto un blog apposito. Potete andare a vederlo dalla mia
pagina di EFP,
ho messo il link. Comunque, questa è una storiella senza
troppe prestese, forse un po' leggera, da "sfogliare" quando si vuole
ridere un po' (oddio, spero di farvi ridere! XD).
B'è, grazie a chi è arrivato fin qui, e buon
proseguimento!
Patrizia
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