♣ Piovono ghiaccioli ♣

di Ikigai01
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Facemmo l'amore tra le morbide lenzuola delle principesse Disney, mentre una serie di pupazzi ci osservava dall'alto della mia credenza. Il sole entrava sereno dalle fessure che la tenda lasciava scoperte, illuminando i suoi capelli color rame.

«Non voglio che ci veda nessuno» fu l'unica cosa che disse prima di tirare su quelle coperte rosa, prima di sparire alla vista di quei pupazzi immobili.

Non mi disse nemmeno che mi amava - in realtà faceva fatica solo a dirmi che mi voleva bene - e la cosa non fece che rendere ancora più magico quel momento. Mi sembrava di essere tornata all'infanzia, lui era la mia infanzia perduta.

Era il mio primo gelato al cioccolato spalmato sul viso. Era il braccio forte di papà dopo essere caduta. Era la prima barbie con i capelli tagliati male e le guance rosee. Forse era in quella stanza anche lei, sul pavimento impolverato sotto il letto, o tra i libri colorati delle elementari.

Ricordo che non mi fece male; lui danzava in me e non parlava, non fece versi e nemmeno mi guardò. I suoi occhi verdi erano serrati - le ciglia che premevano dolcemente sulla pelle - e mi teneva stretta tra la morsa delle braccia, accarezzandomi le caviglie con le dita dei piedi.

Non parlai nemmeno io, disturbata dal pensiero che quei pupazzi avrebbero potuto prendere vita, e pensai a ogni cosa che poteva assomigliare al bianco, il colore delle lenzuola quando i raggi del sole l'attraversavano. O forse, forse era rosa pallido, il rosa candido della sua pelle.

Ricordo che era quasi mezzogiorno, che dalla finestra entrava il suono delle forchette sui piatti; mi faceva impazzire l'idea che nessuno sapesse di noi lì; non lo avevo detto a nessuno, e decisi che non lo avrei mai fatto. Ancora una volta avevo paura che quel briciolo di nuova infanzia sparisse oltre quel letto, oltre le sue gambe attorcigliate alle mie.

Urlai nella mia testa tutto il bene che gli volevo, pensai all'improvviso che lui era il mio migliore amico. Ora potevo esserne certa; scacciai via il «Ti amo» che lottava per diventare suono oltre le mie labbra. Non lo amavo per niente, ne ero sicura.





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