Piccola
nota esplicativa, prima dell’inizio di questa fic ^^
La storia è
il seguito diretto di The Butterfly Effect, fan fiction da me
pubblicata un mese fa circa sempre nella sezione FFVII. Per ovvie
ragioni di trama, qualora non l’avete già fatto,
vi invito a leggere prima quella e poi questa, in modo tale da poter
godere (che poi, godere è una parola grossa xD) della trama
nel giusto ordine con la quale è stata concepita.
Spero vi piaccia.
The
Butterfly Effect: Episode Finale
Senza che se ne sia
accorto, il tramonto ha già screziato di rosso i colli che
delimitano le rovine di Nibelheim. Sospira debolmente, chiudendo gli
occhi, cercando di comprendere appieno il tiepido sorriso di gioia che
increspa gli angoli della sua bocca. Il suo sguardo ritorna ancora una
volta verso il fazzoletto di terra dissodato alle sue spalle,
rasserenato; la lama della Buster Sword scintilla alla luce dei raggi
del sole, violentemente, tinta di tutte le sfumature dorate del
tramonto avanzato.
Quasi senza volerlo,
lascia che una piccola risata sfugga dalle sue labbra, lasciandola
vagare lungo le rovine desolate e taciturne del villaggio; il silenzio
della valle viene lacerato dall’eco sommesso della
sua voce, trainata dal vento. Gli fa uno strano effetto, ridere in una
situazione del genere: dopotutto, ha ancora impresse nella mente le
carni violacee in decomposizione del fante seppellito alle sue spalle.
Tuttavia, non può proprio fare a meno di esternare quella
lieve risata di sollievo, quel fragore intenso che si disperde lungo le
capanne annerite del villaggio deserto: è la voce dei suoi
pensieri che si innalza, fino al cielo, che espande la sua
felicità e, per la prima volta dopo settimane, riesce a
donargli nuovamente una speranza.
Il sole tramonta
velocemente dietro le colline, mentre il cielo si tinge del porpora
limpido che precede il crepuscolo. La superficie eterea del cielo,
senza che se ne sia nemmeno reso conto, è già
occupata da numerose e lucenti stelle.
Trova riparo presso
una magione dall’aspetto aristocratico, poco lontano da
lì: la casa sembra disabitata, ed in parecchi punti le travi
del parquet hanno ceduto, marcendo sotto il peso dei mobili antichi e
di valore. Si sistema in una delle stanze al primo piano, decidendo che
passerà lì la notte: dopotutto, nonostante abbia
avuto la risposta che cercava, adesso si trova davanti ad un altro
enigma, senza possedere un minimo indizio su una possibile soluzione.
Cissnei non è morta a Nibelheim, è vero, ma non
ha la minima idea di dove possa essere andata, e del perché
abbia lasciato il suo Shuriken presso la tomba del fante.
Si distende su uno dei
letti della grande e polverosa stanza, con la testa rivolta verso il
soffitto, pensieroso. Il senso di euforia di poche ore prima
è sparito, sostituito da una profonda determinazione che lo
spinge a domandarsi cosa possa essere accaduto in quel villaggio, e in
che modo la ragazza che sta cercando possa essere coinvolta in tutto
ciò. Tuttavia, per il momento, decide di scacciare questi
pensieri, scuotendo la testa, dicendosi di concentrarsi solo sulle
ricerche di Cissnei. Dopotutto, non vede l’ora di
rincontrarla e stringerla di nuovo tra le sue braccia.
Non ha ancora chiamato
Aerith, dall’inizio di quel suo lungo viaggio: sono
già passate alcune settimane, ed è certo che la
ragazza sia in pensiero per lui. Tuttavia, non ha voglia di udire le
sue pungenti parole d’astio: non ora che ha scoperto di avere
ragione, e che, là fuori, da qualche parte, oltre le vetrate
spesse della magione in cui si trova, c’è ancora
qualcuno da cui farsi perdonare.
In breve, la penombra
che lentamente ha invaso la stanza al calar della sera si infittisce
sempre di più. Non c’è alcuna fonte di
luce, nella stanza: probabilmente da qualche parte nella villa ci sono
della candele, ma non gli sembra il caso di avventurarsi
nell’oscurità del grande edificio. Rimane disteso
sul letto, aspettando che il sonno si impadronisca docilmente di lui:
ma, anche quando ciò succede, i suoi sogni sono tormentati e
accesi, pieni di riferimenti e parole che gli sfuggono dalla mente,
pennellate sconnesse di un dipinto di cui riconosce soltanto vagamente
il soggetto.
Il mattino seguente,
ancor prima dell’alba, è di nuovo in piedi,
accanto alla finestra da cui entra la flebile luce
dell’aurora. Attraverso il vetro incrinato in più
punti, perde lo sguardo lungo le lande antistanti al villaggio, immerse
nella bruma del giorno appena nascente. Nonostante sia velato, riesce
comunque a intravedere l’orizzonte e il suo profilo appena
accennato, lungo la catena di monti che circonda il villaggio e che
preclude la vista del resto del continente. Il suo sguardo lo
ripercorre fino al punto più alto, là dove,
seppur da lontano, riesce ad intravedere il profilo appena abbozzato
della Buster Sword. I suoi occhi si stringono leggermente, cercando di
intravedere meglio la figura accennata della spada: tutto, a quella
distanza, è confuso, invisibile, come la sagoma di un
disegno leggero e infantile tracciato sulla neve.
Una dolorosa ed
improvvisa fitta alla testa lo costringe ad abbassare lo sguardo:
probabilmente, nonostante abbia dormito per qualche ora, avrebbe
necessitato di più riposo. Un leggero gemito di dolore
affiora dalle sue labbra, mentre cerca di reprimere il malessere e la
stanchezza dei precedenti giorni che, improvvisamente, gli si riversano
addosso, con lo stesso prorompente vigore delle impetuose maree di
Costa del Sol.
D’un tratto,
l’argine che ha tenuto a bada i suoi pensieri si arena nel
ricordo della vacanza che hanno passato insieme, sulle rive dorate
della baia antistante al villaggio. Gli sovvengono alla mente alcuni
dei discorsi vacui e privi di un reale scopo di cui amavano tanto
parlare, passeggiando sulla spiaggia o sedendosi sull’area
rocciosa alla fine del litorale, là dove i flutti si
infrangevano clamorosamente lungo la superficie liscia degli scogli.
Ricorda sottili stralci di conversazioni, brevi intermezzi fatti di
parole vacue disperse nella brezza estiva delle notti in spiaggia.
Forse non ci ha mai ripensato con la dovuta attenzione, ma,
d’un tratto, si accorge di come quelle reminiscenze lontane
siano uno dei suoi ricordi più cari e significativi, che gli
hanno permesso di ripartire con una nuova carica ed affrontare quella
che è diventata la sua nuova, meravigliosa vita. Ricorda
quelle particolari parole che la ragazza ha pronunciato, con una
sincerità quasi disarmante, che lo hanno cambiato
profondamente all’interno dell’animo.
“Un
mio amico dice spesso che tutti cercano un posto dove tornare. Credo
sia questa la definizione più efficace di casa”.
Sorride, al ricordo
ormai sbiadito di quella sera passata sulle rocce in riva al mare. E,
con quel mezzo ghigno appena accennato sul volto, d’un
tratto, i suoi occhi si spalancano a causa di un improvviso lampo di
comprensione.
Sono passati mesi,
dall’ultima volta che è stato a Costa del Sol,
tuttavia, non appena muove i primi passi lungo la ruvida sabbia,
capisce che nulla è davvero cambiato. Il tiepido fragore
delle onde che si infrangono sul bagnasciuga è calmo e al
tempo stesso burrascoso, inerte come al centro di una grave tempesta.
Il cielo è buio, oscuro, sormontato da leggere nuvole
passeggere: il volto in penombra della luna si rispecchia lungo i
flutti mossi del mare, tra la spuma che, leggera, affiora
sporadicamente fino a riva.
Avanza lungo la riva
del mare, macchiando la superficie della sabbia con le impronte dei
suoi scarponi da viaggio. Il brusio sommesso che proviene dal villaggio
alle sue spalle lo sprona a proseguire lungo il suo cammino,
ripercorrendo le tappe di un viaggio che, parecchi mesi prima, ha
percorso fin troppe volte nel corso delle tante giornate di sole
passate in quella spiaggia.
Quando riesce a
raggiungere la zona rocciosa che delimita la baia di Costa del Sol,
capisce che, con ogni probabilità, è vicino alle
risposte che cerca da settimane. Gli scogli sono scivolosi come
ricorda: i flutti sospinti dalle maree agitate si infrangono lunga la
parte levigata delle rocce, infrangendosi in migliaia di gocce
d’acqua che gli solleticano fastidiosamente il viso. Tenendo
a fatiche gli occhi aperti, cerca con lo sguardo la figura per la quale
ha intrapreso quel lungo viaggio, la meta che ambisce da settimane,
quell’amica così cara che la sua perseveranza, ne
era certo, gli avrebbe prima o poi permesso di rincontrare.
E lei, quasi
inaspettatamente, mentre la spuma del mare scivola via dalle fessure
incavate delle rocce, è lì, davanti a lui, che lo
guarda con un’espressione vacua e al tempo stesso
indecifrabile.
Senza pronunciare una
parola, i due hanno preso il loro solito posto, sopra quella grande
roccia posizionata più in alto rispetto alle altre. Cissnei
ha quell’espressione a metà tra il vuoto e il
desolato, mentre tiene gli occhi aperti osservando la superficie
impetuosa del mare: ogniqualvolta un’onda si infrange su
quella roccia, riesce ad intravedere gli zampilli dell’acqua
riflessi nel suo limpido sguardo.
Ci sono tanti momenti
in cui cerca di cominciare una discussione, ma le parole si fermano
sempre in gola, incapaci di essere pronunciate ad alta voce.
D’un tratto, si rende conto di essere cambiato fin troppo,
durante quel viaggio che ha deciso di intraprendere a discapito della
sua vita perfetta di Midgar: probabilmente, la solitudine di quelle
settimane ha contribuito a svelare una parte di lui che nemmeno sa di
possedere, allontanando quell’ultimo disperato scoglio di
inalterata fanciullezza che l’ha sempre caratterizzato in
passato. Per la prima volta, forse, si rende conto di quanto sia
difficile pronunciare poche frasi, nonostante spesso siano in molti a
dimenticarsene: concatenare e comprimere i pensieri in parole
è come spargere olio sulla tela, in pennellate dense e
veloci.
Perso
nell’indole confusa dei suoi pensieri,
all’improvviso, decide di compiere una mossa decisiva. E,
mentre il fragoroso avanzare delle onde si infrange con rinnovato
vigore lungo le rocce, inaspettatamente, la stringe in un abbraccio
caloroso che scioglie completamente il gelo creatosi tra i due. Cissnei
piange sommessamente, all’improvviso, poggiando la testa
sulla sua spalla e cingendolo stretto per la vita. Rimangono
così a lungo, senza parlare, perché, dopotutto, a
volte le parole non sono del tutto necessarie.
“Ero
così spaventata quando ho capito cosa stava accadendo a
Nibelheim. Sephiroth era completamente andato fuori di testa, ero
rimasta sola a comandare la missione con appena un paio di fanti di
supporto. Se Genesis avesse attaccato, non avrei potuto fare
nulla.” Cissnei sospira profondamente, chiudendo gli occhi.
Racconta utilizzando un tono malinconico, evitando di guardarlo
direttamente e limitandosi ad osservare distrattamente il cupo avanzare
delle onde nel mare. “Il mio primo istinto sarebbe stato
quello di… chiamarti, e chiederti di raggiungermi. Ma
avevamo litigato in maniera così pesante, pensavo che non
volessi più saperne di me per sempre…”
“Ti ho
cercato, nei giorni successivi al nostro litigio. Volevo scusarmi con
te!” la interrompe Zack, d’un tratto, non riuscendo
a capire cosa volesse dire con le sue parole.
“Lo so.
Tuttavia, non ho voluto rispondere. Perché, anche volendo,
non avrei potuto chiamarti implorandoti di lasciare Midgar per aiutare
me. Non sarebbe stato giusto.” Cissnei fa una pausa enfatica,
sospirando pesantemente. “Poi, quella notte… ci fu
l’incendio. Sephiroth bruciò l’intero
villaggio, senza avere alcuna pietà. Soltanto io e Cloud
riuscimmo a sfuggire alle fiamme. Per tutti gli altri abitanti non ci
fu nulla da fare.”
“Aspetta”
la interrompe Zack, brusco. “Quando dici tu e Cloud
intendi…?”
“Sì.
Il fante.”
I muscoli del volto
del ragazzo si irrigidiscono improvvisamente. Nonostante abbia
già capito, non dice nulla, incitandola a continuare il suo
racconto.
“Abbiamo
seguito Sephiroth fino al reattore Mako sulle colline vicino il
villaggio. Qui ha cercato di uccidere anche noi, ma... Cloud
è riuscito ad ucciderlo. O almeno, credo. Tuttavia, le
ferite che ha riportato sono state troppo gravi. E’ morto il
giorno seguente, nonostante abbia fatto di tutto per
salvarlo.”
La ragazza termina il
suo racconto, senza fare alcun commento finale, con una
rapidità che per un attimo lo sconcerta. Si limita a
stringerla ancora più forte, toccato nel profondo, sperando
che Cissnei comprenda a fondo il suo dispiacere per l’intera
faccenda. Poco gli importa, dopotutto, della morte del giovane Cloud
Strife: la cosa davvero importante, per lui, è tenerla
nuovamente tra le braccia, cercando di eliminare i dissapori che in
così poco tempo avevano minato la loro grande amicizia.
“Zack…
mi dispiace così tanto… io…”
le parole della ragazza sono come singhiozzi rotti dal pianto,
nonostante abbia già versato tutte le sue lacrime. La
stringe ancora più forte a sé, cercando di
allontanare le sue preoccupazioni e al tempo stesso di
redimere se stesso dagli sbagli commessi in passato.
“Non devi
scusarti di nulla”. Le sue parole sono decise, calme,
esplicative, contrastano con il fragoroso suono della tempesta.
“Tutto ciò che è successo è
stato soltanto colpa mia. Dopotutto, sono state le mie scelte a
scatenare una reazione incontrollata degli avvenimenti. Magari, se non
avessi scelto di lasciare la ShinRa, tutto questo
non…”
“Sarebbe
successo comunque.” Cissnei lo interrompe nel vivo del suo
discorso, l’espressione seria, la voce velata della solita
determinazione che normalmente la contraddistingue.
“Come fai ad
esserne così sicura?”
“Non saprei,
in verità, ma me lo sento. Sento che probabilmente, se fossi
restato alla ShinRa, le cose sarebbero anche potute andar peggio. Credi
forse che Sephiroth non sarebbe impazzito? La verità
è che, sì, modifichiamo gran parte della nostra
esistenza attraverso le nostre scelte, ma che ci sono degli eventi che
ci è impossibile controllare. La scelta che ha portato
Sephiroth alla follia è stata soltanto sua.”
Zack increspa
leggermente le labbra, non appena sente quelle parole. Sì,
non ha dubbi, Cissnei gli è davvero mancata: probabilmente,
anche più di quanto sia disposto ad ammettere. Le sua mani
stringono forte quelle della ragazza, mentre entrambi, nuovamente
insieme, rivolgono lo sguardo verso il lontano orizzonte della baia,
lungo la linea inconsistente che unisce il blu acceso del mare e del
cielo.
FINE (?)
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