*saltella
di gioia*
Beh, che dire? Mi sbrilluccicano gli occhi. Ringrazio la giudicia del
contest Angel Yaoi, Nonnapapera, per l'efficienza e il giudizio datomi
e, anche, per le altre belle recensioni lasciate qua e là in
altri miei lavori. **
La storia è anche arrivata seconda al contest Le sette
barriere psichiche, valutato da Bimba_Chic_Aiko, che ringrazio di cuore, assieme alla bannerista, Shurei.
Ah, e si ringraziano anche Jared Leto e Hayden Christensen per aver prestato
a loro insaputa la loro splendida faccia per un banner. XD
E grazie anche a chi leggerà e commenterà. =)
Bon, ho finito.
Buona lettura, signori miei.
Autore: CoryCory
Titolo: Il soffio
dell’angelo
Fandom: Originale
Citazione scelta: 2.
La rabbia infetta lo stomaco
Personaggi e Pairing:
Adam Taylor, Margareth, Aaron, Adam/Aaron
Genere: One shot,
Romantico, Drammatico, Sovrannaturale
Rating: Giallo
Beta-reading:
sì
Avvertimenti: Shonen
ai
Note
ed eventuali dell'autore:
Non avevo mai scritto
nulla del genere e, beh, aver concluso un qualcosa che è
solo mio mi dà immensa gioia veramente.
Amo questa storia, la
amo come non mi era mai capitato per un mia opera. Non so dire se
è bella o fatta bene, ma ne sono soddisfatta, oh
sì. Ed è la prima volta che mi capita.
La colonna sonora
è “Snuff” degli Slipknot: non avrei mai
pensato di poter dire una cosa del genere di una loro canzone, ma
questa è poesia. Veramente, la voce di Corey Taylor qui mi
ha fatto piangere, davvero stupenda. Spero di essere riuscita a rendere
in parte onore alla suddetta.
E ok, chiedo venia se
non è un capolavoro: io sono qua per migliorare. ^^
Introduzione:
Tonopah, villaggio in
cui passeggia la Morte per le strade.
Uno scrittore che
attende di incontrarla, ignaro di conoscerla già da tempo.
Una ragazzina che tenta
di trattenerlo presso questa Vita.
Un artista che
appartiene all’altra Vita
E la Rabbia, rabbia che
si impossessa di ognuno, avvelenandolo.
Quando Vita e Morte si
confondono, quando cielo e terra si abbracciano all'orizzonte,
inscindibili e indistinguibili l’uno
dall’altro.
0.
PROLOGO - PASSATO
Bury all your secrets in my skin
Come away with innocence,
and leave me with my sins
The air around me still
feels like a cage
And love is just a
camouflage for what resembles Rage again...
Gli
morse le labbra, prendendolo rudemente per la nuca, sentendo i suoi
capelli soffici tra le mani, la sua lingua accarezzare la propria con
la consueta delicatezza, come fosse solo un bacio, un bacio qualsiasi.
Al
pensiero si sentì soffocare, colpito improvvisamente allo
stomaco da quella verità che ora si rendeva così
reale.
Quello
era l’ultimo bacio.
La
rabbia guidava i suoi gesti, i suoi movimenti, rabbia per
ciò che si preannunciava un addio buio, fatto di silenzi, di
cose non dette.
Le
labbra si staccarono lentamente, serrandosi in una linea sottile,
intrappolando, assieme alle parole, quel gusto di lui che mai avrebbe
dimenticato.
Poi,
un’ultima preghiera, che suonò come un ordine,
tanto era intrisa di amarezza.
Fu
l’ultima cosa che gli disse.
“Vattene.”
1.
TONOPAH - PRESENTE
So if you love me, let me go
And run away before I
know
My heart is just too dark
to care
I can't destroy what
isn't there
Deliver me into my Fate -
If I'm alone I cannot hate
I don't deserve to have
you...
My smile was taken long
ago
If I can change I hope I
never know
Si tolse la
sigaretta di bocca, studiando indifferente colei che temeva sarebbe
stata la prima seccatura di quel giorno.
La ragazza lo
guardava al di là della porta in un misto di timore
reverenziale ed esagerata venerazione, tenendo stretto al petto un
libro consunto dagli anni, con le pagine sgualcite dalle troppe letture.
“Lei
è Adam Taylor, vero? Lo scrittore…”
L’uomo
ammiccò, posando di nuovo lo sguardo sul romanzo,
prestandogli maggiore attenzione: era uno dei suoi, uno dei tanti che
aveva scritto qualche anno addietro, neanche si ricordava il titolo.
“Sono
io.”
“Posso…
entrare?”
No,
non puoi entrare. Mi sono rintanato qui per essere lasciato solo,
dannazione, non puoi venire già il primo giorno a rompermi
l’anima.
Sbuffò,
in un atteggiamento che esprimeva tutto fuorché
cordialità. Nonostante questo, la ragazzina dalle trecce
rosse sembrava non voler demordere; ancora attendeva, con gli occhi
spalancati per l’aspettativa.
Adam Taylor si
spostò di lato.
“Entra.”
disse rude.
Non poteva
rendersi del tutto conto di come la sua casa potesse apparire ad occhi
estranei: dopotutto, in quegli anni non aveva mai introdotto nessuno in
nessuna delle abitazioni che aveva avuto.
L’inattesa
ospite vagava con lo sguardo nel nuovo ambiente, posandolo prima sugli
scaffali carichi di libri e polvere, passandolo poi velocemente sulla
pila di giornali che occupava l’intero tavolino del salotto,
soffermandosi infine sulle pareti bianche, curiosa.
“Che
bei quadri, signore.”
L’uomo
distolse lo sguardo, ignorandola.
“Sono
venuta a darle il benvenuto nel quartiere – si
avvicinò a lui a grandi passi, sorridente, tendendo la mano
– io sono Margareth. È un grande onore averla come
vicino di casa, signor Taylor.”
Si scambiarono
una veloce stretta, poi, dato che l’invito ad accomodarsi
ancora non giungeva, lei finse di averlo ricevuto, sedendosi con grazia
tra il portatile adagiato sul divano e uno scatolone servito per il
trasloco.
Si
guardò di nuovo attorno, soddisfatta, provocando ulteriore
fastidio al nuovo arrivato.
“Posso
offrirti qualcosa?” si costrinse a dire lui.
La testa rossa
scattò nella sua direzione, dipingendosi in viso una gioiosa
sorpresa.
“Oh,
no, no. Mi chiedevo solo se poteva autografarmi il romanzo.”
Gli porse il
libro. Il
soffio dell’angelo.
Adam Taylor non
riuscì a nascondere completamente la smorfia di disgusto
alla vista di quel relitto del passato, tuttavia si trovò a
sfogliarlo, lentamente.
“Pensa
ne scriverà altri? Mi sono sempre piaciute le sue storie,
signore.”
Deglutì,
tenendo gli occhi sulla prima pagina del romanzo, non vedendola
veramente.
“No.”
“Mancanza
d’ispirazione?”
Mancanza
di tutto.
“Diciamo
così.”
Prese la penna
dal taschino interno della giacca, scarabocchiò uno sgorbio
che poteva essere qualsiasi cosa e ripose meccanicamente “Il
soffio dell’angelo” nelle mani di Margareth.
Non voleva
più vederlo.
“Beh,
allora grazie, signore. E arrivederci.”
“…
Sì.”
Non voleva
più vederlo. Gli ricordava capelli soffici, respiro
profumato, labbra morbide.
Rabbia.
Tonopah era un
paesino disperso nella pianura, isolato da qualsiasi altro agglomerato
urbano. Sputo in mezzo a una distesa di erbacce morte, pareva morto
anch’esso, impregnato di quelle leggende e tradizioni che i
vecchi tramandavano, unico patrimonio culturale su cui poteva vantarsi
di affondare radici, chiuso nel suo universo, estraneo al progresso,
agli affari, al mondo.
Qualche volta ci
giungeva qualcuno: se non era di passaggio, restava lì ad
attendere la vecchiaia, con la morte sempre appresso pronta a porgergli
sorridente la mano quando fosse stato il momento. Chi lo desiderava,
sentendosi già morto dentro, ci rimaneva.
I pochi bambini
che ci abitavano costituivano un loro piccolo mondo a parte, lontano
anni luce da quello dei vecchi. Nei loro occhi
c’era la Vita, quella che la maggior parte degli abitanti
fuggiva.
Margareth
apparteneva a questa schiera e allo stesso tempo ne stava uscendo,
sentiva la Morte ancora lontana, ma una parte di lei moriva quando la
vedeva negli occhi altrui: era una ragazzina, ma, ancora
inconsapevolmente, iniziava ad amare e, assieme a ciò, a
soffrire e odiare per altri.
Quel giorno
camminava per le strade deserte baciate dal sole di mezzogiorno,
dirigendosi da Adam Taylor a portargli il pranzo: dal momento in cui,
tre anni prima, era andata a dargli il benvenuto nel villaggio, aveva
sempre avuto l'impressione che lo scrittore non si curasse affatto di
mangiare. Avrebbe anche potuto morire di fame, che tanto non se ne
sarebbe accorto. Accelerò il passo.
In fondo,
quell’uomo le stava simpatico.
Anche se non
sorrideva mai.
Anche se sembrava
sempre arrabbiato.
Anche se parlava
veramente poco.
Attraversò
il vialetto per niente curato, si chinò a raccogliere il
giornale che era stato lasciato davanti all’abitazione,
bussò all’uscio, sempre con “Il soffio
dell’angelo” stretto in petto.
L’uomo
che le aprì la porta, con la barba non fatta, con i capelli
neri spettinati, con la sigaretta in bocca, con gli occhi spenti, era
colui che si aspettava di trovarsi davanti, solo –
notò – leggermente più abbattuto.
“Margareth.”
disse a labbra strette, trattenendo il mozzicone in bocca.
Si
spostò, permettendole di entrare.
“Il
giornale…?”
“Mh.
Lascialo sul tavolino.”
Lei
obbedì, sedendosi poi al suo posto, tra il portatile e lo
scatolone mezzo pieno che – chissà
perché – ancora non era stato spostato.
“Li
legge, tutti quei giornali? Alcuni sono vecchi, potrebbe
buttarli.”
Adam
mugugnò in maniera incomprensibile, sedendosi anche lui.
“Ti
offro qualcosa?”
Stessa identica
domanda, sempre.
Margareth sorrise.
“No,
grazie. Sa, sto rileggendo il libro – lo sollevò
leggermente, fissandolo pensierosa – solo adesso riesco a
comprenderlo in modo più completo. Delle frasi mi hanno
molto colpita.”
Ignorò
la smorfia di lui, sapeva fin troppo bene quanto odiasse parlare di
cose passate. In effetti, odiava parlare di qualsiasi cosa confermasse
che, una volta, aveva avuto una vita.
Lo vide
irrigidire la mascella, a disagio.
“Posso
leggergliene una?”
Ignorò
il silenzio astioso, interpretandolo forzatamente per un assenso.
“Per
esempio… - iniziò a sfogliare frenetica le
pagine, con espressione concentrata – ecco. I
demoni non sono esseri perfetti, ma in loro giace la luce che hanno
rifiutato e rinnegato, quella stessa luce che è propria
degli angeli, quella stessa luce che loro stessi possedevano. E poi… Solo
lui poteva far sì che il demone tornasse ciò che
era un tempo: nella sua forza si nascondeva il segreto stesso della
vita.”
Sollevò
gli occhi verdi, notando un’ombra che offuscava lo sguardo
dello scrittore.
Le si strinse il
cuore, ma nonostante tutto non si interruppe.
“L’angelo
soffia dentro al protagonista la vita, ma questo atto è
seguito dalla sua morte. Lei ritiene dunque che dopo la morte ci sia
una vita migliore? Che non valga la pena vivere questa? Che non si
possa migliorare, rimanendo in questa dimensione terrena?”
“Piantala,
Margareth.”
Lei si
irrigidì, caparbia.
“No,
non la pianto, signor Adam. Si è rintanato qua, aspettando
solo che un fulmine la faccia secco o che la polvere in questa casa la
soffochi, uccidendola. Non è normale, non è
normale nemmeno che non voglia parlare della sua vita. Insomma, io non
so nulla di lei, non ha mai risposto alle mie domande. Di chi sono i
quadri? Quando ha iniziato a scrivere? Chi è il ragazzo
delle foto?”
Il viso di Adam
Taylor era un bel viso, ma ora era deformato dalla rabbia, la stessa
che teneva sempre soffocata, ma che era sempre presente.
“Vattene.”
sibilò.
Margareth si
immobilizzò, spaventata.
“Ti ho
detto di andartene!”
Si
alzò, sconfitta.
Solitamente in
quel momento lei gli leggeva le notizie sul giornale, dato che era
convinta che lui di persona non ne sfogliasse uno da tempo.
Quel giorno,
però, aveva osato troppo: il giornale rimase lì,
abbandonato sul tavolino, con le sue notizie che nessuno avrebbe saputo.
Margareth se ne
andò, non osando ritornare per parecchi giorni.
Quel giorno, di
fronte a quegli occhi neri e senza speranza, un pezzo di lei era morto.
2.
PROMESSE - PASSATO
I still press your letters to my
lips
And cherish them in parts
of me that savor every kiss
I couldn't face a life
without your light
But all of that was
ripped apart... when you refused to fight
Piangeva.
Non
l’aveva mai visto piangere.
E
odiò tutto ciò per cui le lacrime scendevano sul
suo viso, tutto ciò per cui la rabbia a lui infettava lo
stomaco .
“Promettimi
che mi scriverai, Adam.”
Sembrava
tutto troppo imminente, lui non ci voleva credere, non ci poteva
credere.
Gli
afferrò la testa tra le mani, fissando quegli occhi azzurri
in cui già leggeva la resa, odiandola.
Combatti,
dannazione. Combatti per me.
“Torneremo
assieme. Un giorno, ritornerò da te.”
“Adam…”
Si
voltò, non reggendo più la situazione.
“Hai
deciso la tua strada. Io ho scelto la mia. – sorrise, una
smorfia amara – non vedo l’ora di trovare la tua
foto sul giornale, quando sarai già un artista affermato.
Io, penso, me ne andrò, in cerca di nuovi stimoli per un
nuovo romanzo.”
“Adam…”
“Parto
domani.”
3.
TONOPAH, LA LIETA NOVELLA - PRESENTE
So save your breath, I will not
hear
I think I made it very
clear
You couldn't hate enough
to love
Is that supposed to be
enough?
I only wish you weren't
my friend
Then I could hurt you in
the end
I never claimed to be a
Saint...
My own was banished long
ago –
It took the Death of Hope
to let you go
Margareth prese
l’abitudine di andarlo a trovare ogni giorno.
Non portava
più con sé il libro, si era arresa
all’evidenza che l’uomo che le procurava tanta
angoscia non era più Adam Taylor, lo scrittore: il
trascorrere del tempo gli rodeva l’animo lentamente, rendendo
il corpo un inutile involucro di un qualcosa che con la Vita non aveva
ormai più nulla a che fare. Quella lenta agonia trascinava
anche lei, ma nonostante questo, ancora bussava alla sua
porta, gli raccoglieva il giornale, gli leggeva le notizie.
Quel giorno,
però, era diverso.
Correva, la
fronte imperlata di sudore, gli occhi accesi di una nuova, ultima,
disperata speranza.
Bussò,
attendendo di entrare, piegandosi su se stessa per riprendere fiato.
La porta si
aprì dopo parecchi minuti.
“Margareth?”
Aveva la voce
impastata, odorava di fumo e di alcol.
Lei finse di non
vedere, distolse lo sguardo dal suo, timorosa di ciò che ci
avrebbe trovato.
“Potresti
venire più tardi? Sto…”
“Devo
dirti una cosa.”
Si
infilò dentro di forza, urtando il bel corpo di lui.
La casa era
sempre la stessa, solo – unica differenza – sul
tavolino del salotto, di fianco ai giornali, ci stava un pacchetto di
lettere scritte da lui, mai inviate. L’ultima riportava la
data di qualche giorno prima.
Adam mise la
giovane lentamente a fuoco, poi, abbandonate le forze, si
lasciò scivolare sul divano, in silenzio.
Margareth si
allungò verso il mobile su cui stavano riposte le foto,
impolverate. Fece scivolare le dita sulla cornice fredda, osservando
seria i volti immortalati nel tempo: un Adam più giovane,
bello, sorridente, e un ragazzo biondo, dai lineamenti femminei,
angelici, difficili da dimenticare.
“Devo
dirti una cosa.”
Lui teneva la
testa tra le mani, piegato in avanti, attendendo.
“Parla.”
Margareth si
voltò, piantandogli uno sguardo freddo addosso.
“Prima
devi rispondere alle mie domande.”
“Perché
dovrei?”
“Ho una
notizia che ti potrebbe fare piacere.”
“Ne
dubito.”
“Rispondi
alle mie domande.”
Silenzio.
Adam Taylor
sollevò lo sguardo e per la prima volta, dopo molto tempo,
si accese.
Margareth si
trovò a pensare che aveva dei begli occhi, quando ancora
esprimevano qualcosa.
L’aria
sembrò farsi più densa, difficile da respirare.
La ragazza trattenne il fiato, sentendosi sprofondare in quei pozzi
neri.
“Parla.”
Sorrise.
“Di chi
sono i quadri?”
“Di una
persona che conoscevo.”
“Perché
non hai inviato quelle lettere?”
“Per
non illudermi di poter cambiare qualcosa con le semplici
parole.”
“Perché
non leggi i giornali? Perché ti dà fastidio che
io te li legga?”
“Perché
ci sono cose che non vorrei più sapere.”
La ragazza
scrollò la testa, spalancando gli occhi in
un’espressione a lei solita, confusa.
“Perché?”
“Per
non soffrire ulteriormente, per dimenticare.”
Lo scrittore
lasciava scivolare le parole dalle labbra, in un misto di resa e di
desiderio inconsapevole di parlare.
Margareth lo
studiava, attenta a non osare troppo.
Prese un respiro
più profondo. Ora, la domanda che più le premeva:
da quella, dipendeva la fiacca speranza che, per quanto fiacca, ancora
sopravviveva e le scaldava il petto.
Sollevò
la foto che teneva in mano.
“Chi
è?”
Lo sguardo di lui
si adombrò di dolorosa rabbia.
“Una
persona a cui tenevo. Ha deciso di andarsene, io per motivi economici
non l’ho potuta seguire. Mi ha abbandonato.”
Altro respiro.
Margareth tremò, vittima dell’emozione data dalla
possibilità che tutto potesse cambiare, che quella fosse la
soluzione.
“È
arrivato al villaggio. Chiede di te.”
“È
arrivato al villaggio. Chiede di te.”
Adam Taylor
sentì contorcersi le viscere.
Mai, mai aveva
osato immaginare che ci fosse una minima possibilità che
potesse accadere, da tempo si era convinto che illudersi per un suo
ritorno era un inutile soffrire.
Era rimasta la
rabbia, tuttavia, rabbia per l’abbandono, rabbia per la sua
incapacità di trattenerlo o di seguirlo.
Ora,
all’assurda notizia, ciò che rimaneva di vivo in
lui non sapeva come reagire, la gioia era infettata dal rancore,
smorzata dalla prolungata apatia, dall’assenza di emozioni.
Era rimasta la
rabbia, tuttavia. Era rimasta la Rabbia.
4.
AMORE ETERNO – PASSATO, PRESENTE, FUTURO
So Break Yourself Against My
Stones
And Spit Your Pity In My
Soul
You Never Needed Any Help
You Sold Me Out To Save
Yourself
And I Won't Listen To
Your Shame
You Ran Away - You're All
The Same
Angels Lie To Keep Control...
My Love Was Punished Long
Ago
If You Still Care, Don't
Ever Let Me Know
Non
poteva essere altro che amore, ora se ne rendeva conto.
Non
poteva essere altro che amore, quella morsa al cuore, dilaniato dalla
lontananza.
Non
poteva essere altro che rabbia, quella che lui soffocava con tutte le
sue forze, perché era sbagliato provare rancore per chi si
amava, lo sapeva.
Eppure,
quell’acida bile era presente, dovuta a una separazione
definitiva mai voluta tale, provocata dal peso di una colpa scaricata
tutta su di lui.
Poi,
l’Artista, attraversando la strada, al suono di un claxon, a
uno stridio di freni volse lo sguardo.
E
vide la Luce.
L’Artista
gli stava al fianco, sentiva la sua mano stringere la sua, con la
consueta delicatezza. Adam sorrise al vuoto che si profilava davanti a
lui, cominciando a riscoprire ciò che una volta era gioia.
Il tramonto
screziava l’orizzonte di un rosso acceso, quasi innaturale,
cielo e terra si abbracciavano, fondendosi tra di loro, inscindibili,
indistinguibili da occhio mortale.
Il biondo
posò le sue labbra sul collo dello Scrittore,
annusò quel suo profumo che non aveva mai dimenticato,
nascosto dall’odore dell’alcol, ascoltò
il pulsare della giugulare, conferma di una vita che vita
più non era.
Con la bocca
attraversò tutta la linea del collo, risalendo famelico
verso la mascella, verso l’orecchio, e il suo percorso fu
seguito dai brividi dell’altro, e l’Artista se ne
compiacque.
“Da
quanto sei ridotto così, Adam? - gli sussurrò
– Sei morto, sei morto dentro.”
Lo Scrittore si
irrigidì, guardando il vuoto che aveva davanti, spostando lo
sguardo poi verso il basso, verso quella voragine che si apriva ai suoi
piedi. Si trovavano poco distante dal villaggio, sull’unica
altura che si innalzava a distanza di miglia. Era stato Aaron a
scegliere il posto, appena si erano ritrovati. Lui era sempre lo
stesso, i suoi capelli erano fili d’oro, il suo respiro era
dolce, i suoi lineamenti delicati.
Solo, Adam non
aveva mai notato quell’aura di fascino, forza, potenza che
scaturiva dalla sua voce, dai suoi gesti, dalle sue parole. Forse, se
l’era semplicemente dimenticata, forse, Aaron
l’aveva acquisita negli anni.
Si
sentì afferrare i capelli da mani affusolate, da artista, ma
dalla presa incredibilmente salda.
La testa si
piegò all’indietro, lo sguardo si
spostò verso il cielo.
Poi, la voce
all’orecchio, ancora parole striscianti, incantatrici.
“Hai
tenuto i miei quadri, ma non li guardi, mi hai scritto lettere, mai
inviate, conservi le nostre foto, ma sono offuscate dagli strati di
polvere, compri i giornali, ma non li leggi. – Aaron
strascicava le parole in tono lamentoso, cantilena dolcemente afflitta
– Chi ha smesso di combattere, Adam? Io ti ho sempre
aspettato. Me l’avevi promesso.”
“Aaron…”
L’Artista
lo accarezzava. Poi, gli prese la testa tra le mani, lo
baciò.
“Ti sei
arreso. Ma io posso ridarti la Vita… Puoi tornare
ciò che eri.”
“Aaron…”
“Chiudi
gli occhi, seguimi. Tienimi la mano.”
Lo Scrittore
sapeva cosa stava per accadere. Era a conoscenza di ciò che
doveva dire lui, di che cosa avrebbe risposto l’Angelo. Il
soffio dell’angelo. Quello era
ciò che già aveva scritto.
L’Artista
lo vide chiudere le palpebre, illuminato dalla luce del sole morente.
Sapeva perfettamente che posto aveva scelto, che significato aveva quel
rosso acceso all’orizzonte. Rosso
di una vita nata nel sangue. Quello era
ciò che aveva già dipinto.
“Non mi
abbandonerai, vero?”
“No.”
“Non
farà male, vero?”
“No.”
Lo Scrittore
seguì l’Artista.
Sentire il vuoto
sotto i piedi era una sensazione indescrivibile: l’aria
fischiava, lasciandosi fendere da quel suo corpo corruttibile.
Precipitava, precipitava per quella greve materialità che lo
imprigionava.
E
improvvisamente, si sentì solo.
La mano afferrava
il nulla, priva di appiglio.
Adam
spalancò gli occhi, vide due ali, bianche, che portavano
Aaron lontano.
Il finale non
doveva essere così. L’Angelo doveva trascinare il
Demone in Paradiso, salvarlo dalla sua corrotta natura. Il Demone non
doveva precipitare nella voragine, sfracellarsi sulle pietre, morire
con Dolore.
Urlò,
non udito da nessuno. Forse, se non fosse caduto spaccandosi la testa,
non avrebbe potuto perire e congiungersi ad Aaron. Pensò che
fosse così.
Tuttavia, si
sentì abbandonato, tradito, ingannato. E lo stomaco si
contorse per l’ultima volta, infettato ancora dal veleno che
gli aveva rovinato la vita.
Rabbia.
“Perché
l’hai ucciso, Aaron?”
“Perché
lo amo. Ora potremo amarci in eterno.”
“Solo
per questo?”
“…”
…
If you still care, don't ever let me know...
5.
EPILOGO – PRESENTE – anni dopo…
Margareth
spostava lo sguardo sulla casa vuota, vuota di lui, del suo odore di
sigarette, della sua voce profonda.
Stava seduta al
suo posto, debole, con il libro sulle ginocchia, guardando
quei quadri che per lei non avevano mai significato nulla, quelle
pareti che ora non erano altro che quattro muri messi in piedi, senza
senso.
Gli occhi per
caso le caddero su un giornale caduto a terra, lo raccolse senza
saperne esattamente la ragione, forse per abitudine: se Adam Taylor
fosse stato ancora vivo, gli avrebbe letto le notizie, ma era trascorso
molto tempo da quando ancora lui le apriva la porta e con aria seccata
la accoglieva in casa.
Iniziò
a sfogliarlo, lentamente, automa. Era quel giornale,
quello che lei aveva abbandonato sul tavolino, tempo addietro,
scappando dalla rabbia di lui.
Perché
si era ridotta così? Aveva sempre saputo che lui non
apparteneva già da tempo a questa vita. Molti altri erano
morti, molti altri lei aveva ignorato. Perché si era ridotta
così?
Era
già arrivata alle ultime pagine.
Necrologio.
Si
impietrì, il sangue si gelò nelle vene.
Colui che le
aveva strappato via Adam Taylor sfoggiava i suoi odiosi riccioli
d’oro tra i tanti morti di quel giorno lontano. A Tonopah,
l’unico patrimonio culturale consisteva nelle tradizioni e
nelle leggende tramandate dai vecchi. A Tonopah si credeva in
ciò che il resto del mondo non credeva.
E i vecchi
avrebbero definito quell’evento Giustizia Superiore, Destino
Ineluttabile.
Margareth si
ricordò del calore che le procurava la presenza di lui, la
sicurezza che dietro quella porta ci sarebbe stato, per lei sola.
E capì
cos’era l’Amore.
Il cuore ora
faceva male, qualcosa dentro di lei era morto, si era spezzato, morto
assieme allo Scrittore.
E capì
cos’era il Dolore.
Aveva sempre
saputo che Adam Taylor non apparteneva da tempo a questa vita.
Ora sapeva che
non era mai appartenuto a
lei.
Urlò.
E capì
cos’era la Rabbia.
…
If you still care, don't ever let me know...
** ** ** **
Prima classificata al
contest “Angel Yaoi”
CoryCory : “ Il
soffio dell’angelo”
a) CORRETTEZZA GRAMMATICALE: 10
punti
b) STILE E LESSICO: 10
punti
c) CARATTERIZZAZIONE PERSONAGGI: 9
punti
d) ORIGINALITA': 9 punti
e) ATTINENZA AL TEMA: 9
punti
f) APPREZZAMENTO PERSONALE: 5
punti
per un totale di 52 punti.
Giudizio:
Eccomi a te CoryCory, e tu che ti preoccupavi dei risultati O__o
Storia davvero molto bella ed originale.
In alcuni punti hai toccato dei picchi di pura arte, a mio modesto
parere.
La descrizione del piccolo e sperduto villaggio polveroso, era talmente
ben fatta che non mi ci è voluto molto ad immaginarlo nella
mia testa.
I personaggi sono caratterizzati molto bene, mi è piaciuto
anche il fatto che tu abbia inserito un terzo coprotagonista nella
vicenda ( Margareth ).
La psiche dei vari protagonisti è delineata in modo
perfetto, anche il carattere di Aaron è molto ben descritto
in sottofondo.
Originale per descrivere la tua storia è un termine misero.
Magnifica l’idea di fare dell’angelo con le ali
bianche il cattivo della situazione (che i nostri caratteri rimangano
invariati anche dopo la morte?).
Aaron è bello e bravo ma è un egoista, talmente
egoista da indurre il suo compagno alla morte pur di stare con lui.
Grazie per questa bellissima fanfic curata, ispirata e intensa.
Che altro dire… complimenti per la vittoria.
**********
II° Classificata a parimerito : CoryCory con "Il soffio di un angelo"
Correttezza Grammaticale: 10/10
Per quanto abbia letto attentamente, controllato con il computer e armata di dizionario -sono una maniaca della perfezione grammaticale- non sono riuscita a trovare nessun errore.
Verbi concordati tra loro, nessun errore di ortografia o di battitura né alcunchè che mi abbia costretta ad abbassare il voto al di sotto della perfezione.
Stile e Lessico: 9/10
Stile che sicuramente non è aulico, ma che non è nemmeno troppo semplice. Si adatta bene alla fiction, vi si modella con precisione e questa perfezione rende la lettura piacevole, oltre che fluida e leggera.
Il lessico è corretto, vario e coinvolgente: è come se le parole risucchiassero il lettore, costringendolo a continuare la lettura.
Caratterizzazione Personaggi: 9/10
Essendo personaggi originali, mi devo attenere unicamente alle mie impressioni e sensazione.
Non c'è niente di oggettivo in questa valutazione, quindi mi scuso se non saprò spiegare bene ciò che penso.
Margareth e Adam sono due personaggi antiteci, ma che sembrano completarsi. Margareth è piena di Vita, ama e odia, una ragazza come tante.
Adam invece è brusco, quasi cupo, sempre perso nella propria rabbia che non lo abbandona mai, nemmeno per un istante.
La sua è un'oscurità di quelle che risucchiano gli altri, che li trascinano giù nella caduta anche gli altri come succede a Margareth che, nel bene o nel male, cambia stando a contatto con lui.
Nel complesso, sono personaggi che attraggono non perchè siano creati per farlo, ma perchè sono ciò che sono.
Originalità: 10/10
All'inizio avevo valutato la storia sì originale, ma niente di particolarmente speciale.
Ma ho dovuto ricredermi e non ho problemi ad ammetterlo.
Mi aspettavo di tutto, per il finale, ma non ciò che è successo. Non mi sarei mai aspettata che Adam morisse per mano di Aaron.
Non mi sarei mai aspettata, soprattutto, che ci potesse essere qualche elemento di fantasy in questa storia che sembrava “solo” una storia immensamente triste.
Attinenza alla citazione: 9/10
Sicuramente c'è la Rabbia e, altrettanto sicuramente, è il fulcro principale su cui ruota l'intera storia.
Ho apprezzato particolarmente il fatto che non è solo un personaggio a provare rabbia per un altro. Anzi, questa Rabbia sembra quasi trasmettersi, come un malattia, tra i vari protagonisti.
Voto personale: 5/5
Dire che ho amato ogni istante di questa storia sarebbe riduttivo. Mi ha riempita di tristezza e portata quasi alle lacrime. Ho avuto la sensazione vivida di entrare dentro la stroria con il cuore e di percepire il dolore senza confine di una Margareth che scopre troppo tardi di amare, di Adam e di Aaron.
E' una storia che, a differenza di molte altre, non ha un lieto fine per nessuno. È la negazione della teoria che vuole la luce alla fine del tunnel.
Ma questa negatività -o realismo- ha il pregio di renderla migliore e perfetta.
Totale: 52
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