ancora mia
Ancora
mia
Vidi la sua Golf rossa e cominciai a
rallentare.
I suoi pensieri mi arrivarono come un colpo di cannone: avrebbero segnato la
mia fine.
Voleva dichiararsi, affinché tu non potessi fuggire da quella realtà.
Tu avresti saputo.
Tu avresti preso la decisione definitiva.
Non volevo che si dichiarasse.
Paura. In quel momento era l’unico sentimento che
albergava in me.
«Cosa c’è che non va?» già! Cosa c’era che non andava?
Tutto, avrei risposto.
Solo un “cane” che stava per dichiarare il suo amore per te. Era una cosa di
poco conto, secondo te?
Scossi la testa. Non dovevo mostrare le mie paure ed i miei dubbi al mio
rivale. Avrei fatto il suo gioco.
Era questa la sua tattica: farmi perdere la pazienza davanti a lei.
Lui faceva leva sui sensi di colpa, io no. Ti avevo concesso quella fiducia che
ero restio a darti, per paura di un tuo abbandono.
Speravo che bastasse a tenerti con me.
«Niente» non era vero. I suoi pensieri erano molto chiari.
E in quell'istante mi urlava ciò che presto ti avrebbe rivelato.
Volevo ucciderlo proprio lì, davanti a te. Volevo dimostrarti chi era davvero
Edward Cullen: un vampiro innamorato follemente della sua donna. Un vampiro la
cui gelosia si stava trasformando in un sentimento simile all'ossessione.
Volevo cancellare il suo ricordo dalla mente di Bella. Era
colpa mia se lui aveva un posto speciale nel tuo cuore.
Speravo solo che non fosse il posto che concesso a me.
«Non stai ascoltando quello dice Jacob, vero?» Come potevo non farlo? I
suoi pensieri erano sempre incentrati su di te!
Ed ignorarli, proprio non potevo.
Questo potere si è rivelato un dono ed una maledizione.
Il male che ti avevo inflitto in quel periodo lo leggevo nei suoi pensieri.
L’amore che provava per te, lo rendeva ancora più forte.
Incredibile quanto i suoi pensieri facessero più male di un qualsiasi attacco
fisico.
Eppure era così.
Non volevo lasciarti andare, avevo paura che non tornassi più da
me.
«Non è facile ignorare chi urla» magari fossero urla di dolore le sue. Le mie,
invece, lo erano.
«Ah… e cosa urla?» già cosa urlava? Di certo, presto te lo avrebbe rivelato,
amore mio.
«Sono certo che te lo dirà lui stesso» Poi, il suono del suo clacson.
«Che maleducato» c'erano altri modi per definire quel “cane”, ma non ero sicuro
che avresti apprezzato.
«Jacob è fatto così» ed allora? Io ero fatto a modo mio, ma non ti avrei mai
costretta con l’inganno a stare con me.
Lui era subdolo. Non potevo lasciarti in mano sua, nonostante ti avesse salvato
la vita più di una volta, era pericoloso.
Ma chi volevo prendere in giro: lui non era pericoloso per te.
Era vero, si arrabbiava, ma non ti avrebbe mai fatto del male.
Non come ti avevo distrutto io, semplicemente con delle parole.
Mentre ti allontanavi, la mia maschera crollò, rivelando il volto di un uomo
lacerato dalla paura e dalla disperazione.
Ti prego, non andare questa volta.
Resta, resta con me.
Dopo aver superato il confine, si voltò a guardarmi.
Non so cosa vide, ma di sicuro non il ragazzo di prima.
Non vedevi quanto soffrivo? Ma a te non importava.
La cosa importante era che non fosse lui a soffrire.
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Passarono secondi, minuti, ore, non lo sapevo più.
Jasper si era allontanato di molto pur di non sentire il mio dolore.
Avevo cacciato pochissimo perché non riuscivo a concentrarmi.
Chiamami, liberami da questo tormento. Dimmi che sei ancora mia e di nessun
altro.
Poi, lo squillo del cellulare mi risvegliò.
Mi volevi ancora nella tua vita.
«Bella?» ero in estasi. Salii in macchina pur di vederti, di abbracciarti,
sentirti mia.
«Hai dimenticato il cellulare… scusa, ma Jacob ti ha accompagnata a casa?» di
sicuro era così. Il numero era quello di casa tua.
«Si, per favore, puoi passare a prendermi?» Sempre.
«Arrivo… ma c’è qualcosa che non va?» il tuo tono era tremante, come se
soffrissi, come se stessi male.
Che lui ti avesse fatto del male?
Non avrei risposto più di me.
L’avrei ucciso.
Ma prima dovevo sapere.
«Vorrei che Carlisle vedesse la mia mano. Credo di essermela rotta» Ti era
fatta male, ma per fortuna niente di grave; pur sempre male faceva questa
rivelazione.
«Che è successo?» la mia voce era senza inflessioni: non dovevi capire che
provavo rabbia verso di lui che aveva permesso che ti facessi del male.
«Ho preso a pugni Jacob» finalmente! Ma non lo avresti fatto se lui non avesse
fatto qualcosa di grave.
«Bene» la mia voce, questa volta, era secca e trionfante; avrei voluto
prenderlo io a pugni, ma lo ha fatto lei. La soddisfazione era ancor più forte.
«Mi dispiace che ti sia fatta male, però» ma questa volta ti potevo
giustificare. La prossima sarebbe spettata a me!
«Vorrei averne fatto a lui… invece non l’ho nemmeno scalfito» purtroppo non
potevi pretendere anche questo, amore mio, ma potevo farlo io.
«Ci penso io» mi sarei sentito meglio!
«Speravo che me lo dicessi» ok, questa era l’ultima frase che mi sarei
aspettata da lei. Perché lo aveva colpito? Era ciò che mi premeva sapere.
«Non è una frase da te… che ha fatto?» temetti la risposta, qualunque essa
fosse.
«Mi ha baciata» dicesti con rabbia.
Rosso.
Vedevo il suo sangue che macchiava l’asfalto ed io, con il suo corpo martoriato
tra le braccia, che continuavo a picchiarlo.
Come si era permesso di baciarti senza il tuo permesso?
Lei era mia! Finché non saresti stata tu a decidere di baciare lui.
Il mostro dentro di me si risvegliò e ruggì, in attesa di poter essere soddisfatta
la sua sete di distruzione.
Ma dovevo calmarmi; non mi ero reso conto di aver premuto il piede
sull’acceleratore. Finalmente scorgevo casa tua.
«Forse è meglio che tu te ne vada, Jake» quindi era ancora lì. Meglio! Avremmo
messo in chiaro la situazione!
«Credo che rimarrò qui ancora un po’, se non ti dispiace» almeno non era un
codardo!
«Assisterai al tuo funerale» disse Charlie. Mai parole furono più vere: non
sapevo fino a che punto sarei riuscito a trattenermi dall'ucciderlo.
«Il cane è ancora lì da te?» ora riuscivo a parlare; prima avrei sicuramente
ruggito come un animale feroce, e non volevo spaventarla.
«Sì»
«Sono dietro l’angolo» la mia voce era cupa e glaciale, quella di
un assassino.
Appena aprì la porta, il mio umore migliorò; nonostante fossi arrabbiato con
lui, lei era la mia medicina e in quell'istante riusciva a calmarmi.
«Fammi vedere» per fortuna, le mie due lauree in medicina mi permisero di
capire quanto fosse grave la ferita.
Ti ucciderò per questo, Black!
«Credo tu abbia ragione, è rotta… sono orgoglioso di te. Devi esserti
impegnata» a giudicare dalla ferita era proprio così.
«Ce l’ho messa tutta… ma evidentemente non è stato abbastanza» non dovevi
preoccuparti. Adesso ci avrei pensato io. Non sarebbe più
accaduto!
«Ci penso io» poi lo chiamai con calma e pacatezza. A volte, a mente fredda, la
minaccia risultava più veritiera.
«Calma, calma» m'intimò Charlie. Io ero calmissimo, nonostante la rabbia fosse
presente ed intrisa nella mia posa rigida. Forse quello che poteva perderla era
Black!
«Non tollero litigi, d’accordo? Posso andare a mettermi il distintivo, se avete
bisogno di un divieto ufficiale» disse guardando me. Non ero così stupido. Lui
sì.
«Non ce n’è bisogno» dichiarai asciutto.
«Perché non arresti me papà? Quella che tira cazzotti sono io» disse Bella.
Peccato che io stessi osservando con sguardo di sfida lui.
«Vuoi sporgere denuncia, Jake?» chiese Charlie con tono ilare.
«No… un giorno o l’altro lo farò» ribatté lui ed entrai nella sua mente;
pensava che questo fosse un altro nuovo metodo per tenermi lontano da te.
Bastardo!
«Papà, non è che hai una mazza da baseball da qualche parte? Vorrei prenderla
in prestito per un minuto» ci voleva qualcosa di più incisivo per lui, amore.
Ad esempio i miei denti su di lui.
«Ora basta, Bella» ti richiamò Charlie. Per lui lo scherzo era durato anche
troppo, ed anche per me!
«Facciamo vedere la mano a Carlisle prima che tu finisca in prigione» dovevo
portarla via, lontana da lui. La mia pazienza si stava esaurendo.
«Splendido» ancora una volta mi dimostrava quanto il suo bisogno di me fosse
grande. Mentre la trascinavo verso la macchina, Jacob uscì, nonostante il
divieto di Charlie.
Meglio così! Avremmo chiarito alcuni punti per me fondamentali.
«Che fai? Sei pazzo?» lo pensavo anch’io, Charlie. Sfidarmi in quel momento non
era una decisione saggia.
«Un minuto, Charlie… non ti preoccupare, torno subito» dopo che avremmo
chiarito tornerai. Chissà se integro.
Dopo che Bella entrò in macchina, mi voltai e lo affrontai.
«Non ti uccido adesso, perché turberei Bella» la mia voce era letale nella sua
calma.
«Uffa» amore mio, non volevo dopo il tuo odio.
«A mente fredda te ne pentiresti» io no, ma tu sì. Poi mi voltai di nuovo verso
di lui.
«Ma se la riporti di nuovo a casa ferita – e non m’importa nulla di chi è la
colpa: fa lo stesso se inciampa o un meteorite cade dal cielo e la colpisce in
pieno – se me la riporti in uno stato di salute che non è quello in cui era
quando te l’ho lasciata, ti spezzo le gambe. Lo capisci, randagio che non sei
altro?» meglio specificare tutti i probabili incidenti in cui poteva incappare,
conoscendo la sua sfortuna.
Lui alzò gli occhi al cielo, credendo che le mie parole fossero minacce a
vuoto. Vedremo…
«E chi ha voglia di tornare?» tanto ero certo che, prima o poi, lo avresti
perdonato e tornata a trovarlo come niente fosse. Non dovevo illudermi, avrebbe
fatto più male.
«E se ti azzardi un’altra volta a baciarla, ti spezzo la mascella al posto suo»
e questa promessa l’avrei mantenuta a qualsiasi costo!
«E che farai se sarà lei a baciarmi?» e vedevo tutte le strategie che pensava
di mettere in atto per farla cedere di sua volontà. Vigliacco!
«Ma per piacere!» non dovevi mai dirlo, Bella. Era molto furbo.
«Se è quello che vuole, non avrò nulla da obiettare… magari è meglio aspettare
che te lo dica chiaramente, invece di interpretare a modo tuo il linguaggio del
suo corpo. Ma fai come vuoi, la faccia è la tua» c’erano due parti dentro di
me: una mi diceva che lui non avrebbe dovuto farlo mai, l’altra diceva che lo
doveva fare, affinché potessi finalmente sfogarmi su di lui.
Nella sua mente già c’era l’immagine del suo secondo bacio.
«Ti piacerebbe» non sapevi quanto, amore mio.
«Certo che gli piacerebbe» stavo cominciando a perdere la pazienza che mi ero
imposto.
«Bene , se hai finito di rovistare nella mia testa… perché non vi prendete
finalmente cura della sua mano?» non aveva fatto in tempo a tenermi nascosto
l’ultima parte dei suoi pensieri. Meglio chiarire anche quel punto.
«Un’altra cosa… sono anche pronto a battermi per lei. Dovresti saperlo. Non do
niente per scontato, e ci metterei il doppio della forza con cui ti batteresti
tu» questo è poco ma sicuro. Gli avrei dimostrato che avrei lottato per tenere
con me la mia anima.
«Bene… non è divertente picchiare qualcuno che si tira indietro» nella sua
mente vedevo me stesso, immobile di fronte a lui, senza combattere per paura di
ferire te. È vero, davanti a te non l'avrei mai fatto, ma la voglia di
ucciderlo c’era sempre!
«Lei è mia… e non ho detto che mi batterei in maniera leale» qualsiasi cosa pur
di levarmelo dai piedi. La mia pazienza era finita; meglio terminare o potevo
dire addio ai miei “buoni” propositi.
«Nemmeno io»
«Buona fortuna» ne avrai bisogno contro di me.
«Sì, vediamo chi è più uomo» faceva anche lo spiritoso con queste allusioni?
«Ben detto… cucciolo» non faceva più battute?
«Spero che il dolore passi presto. Mi dispiace davvero che ti sia fatta male»
disse, rivolgendosi a te. Almeno stavolta era sincero.
Appena salii in macchina, partii verso casa mia.
«Come stai?» la tua salute prima di tutto.
«Sono irritata» era ancora arrabbiata per il comportamento di Jacob. Lo ero
anch’io.
«Mi riferivo alla mano»
«Ne ho viste di peggio»
«Già» ancora una volta, mi passarono in rassegna tutte le volte in cui aveva
rischiato la vita e questa ferita era niente a confronto.
Ma era ancora qui, al mio fianco.
Ancora mia.
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