Questa storia è
sempre uno
spin-off di Doppelgaenger
(anche se a questo punto dovrei chiamarla una saga)
… si riallaccia
immediatamente dopo agli avventimenti di Seven
Steps of Summer.
Ah, se non si fosse capito
è
una Rose/Scorpius. :P
Ci saranno accenni
a
rapporti e relazioni omosessuali,
quindi se non apprezzate… beh, c’è il
comodo tasto X al vostro lato destro. ;D
****
We're caught up in the crossfire/ of heaven and
hell
And we're searchin for shelter
Lay your body down
and when the hardest part is over we'll be here
And our dreams will break the boundaries of our
fear
(Crossfire, Brandon Flowers)
23 Giugno 2023
Una
settimana al compleanno del Magnifico.
(Cioè
io)
[Collateralmente
il
Solstizio]
Caro Diario,
è un
po’ che non ci sentiamo.
C’entra quel brutto episodio dove Michel Zabini ha letto il
mio diario ed ho
dovuto ucciderlo obliviarlo. Sono rimasto scottato,
capisci.
Ma oggi non ho niente da
fare,
quindi… salve.
Scorpius Hyperion Malfoy non
ha mai odiato l’estate. Ma quest’anno sì.
E fino a questo momento non
ha
mai parlato in terza persona, quindi è meglio finirla qui.
Pare che
l’autocelebrazione
sia il primo passo verso la follia, nella mia famiglia.
Ergo, meglio
evitare.
Dicevo…
Per me l’estate
è sempre stata
una certezza. Certezza di poter tornare a casa, rilassarmi e smettere
di avere
un perenne sorriso stampato in faccia.
Beninteso, non è
che sia un
cupo misantropo. Ma tante volte preferirei stendere con un poco
aristocratico pugno
certe persone.
Per questo amo la mia casa:
qua
nessuno mi giudica. Voglio dire, ne abbiamo fatto il nostro baluardo,
il non
giudicarci a vicenda.
Gli altri li giudichiamo
eccome.
Il Malfoy Manor è
il mio
rifugio, il mio nido. Formato gigante.
Perché
diciamocelo: è la
magione più figa di tutto il Wiltshire.
Quest’estate
però, le cose
girano in modo diverso. Quest’estate ho finalmente degli
amici decenti.
E poi ho la ragazza. Una
vera.
…
Non che abbia mai avuto una
ragazza finta.
E badate bene, non
è una
ragazza qualsiasi. Nientemeno che Rose Weasley, il mio primo mal
digerito amore.
Se guardo indietro a queste
pagine credo che ci siano un bel po’ di strafalcioni che
esprimono dapprima la
mia perplessità su Rose, poi la
curiosità… e infine un buon grado di
‘mi
piacerebbe, ma è meglio litigarci’.
Ero un ragazzino davvero
odioso.
Rose è la ragazza, per quanto mi riguarda.
Insomma, per farla breve, mi
sono innamorato.
Lo so Diario, dirai che
è la
solita vecchia storia. Ma parliamone: non ho mai sbrodolato di fronte a
nessuna
ragazza, e no, Violet Goyle-Parkinson non
ha alcun motivo per entrare in
questo
discorso.
Ero giovane e stupido, e lei
profondamente malvagia.
Comunque.
Caro Diario, sono piuttosto
incazzato.
Per la prima volta in sedici
anni di vita mi sento bloccato a casa mia. Incatenato.
Perché se non
fossi il
rampollo della dinastia Malfoy – è uno sporco
lavoro, ma qualcuno lo deve pur
fare – forse non dovrei affrontare un amore clandestino.
Che è quello che
è, in fondo:
Rose appartiene ad una famiglia di eroi… io ad una famiglia
di… tattici
voltagabbana.
Ci scherzo sopra?
È la cosa
che mi riesce meglio.
E poi lo sanno tutti,
Diario,
che non è nella mia
indole
meravigliosamente solare riflettere sulle mie sfortune.
Ma stavolta è
inevitabile.
Quello che mi ha rovinato
l’umore è sostanzialmente un fatto, anzi, una
cosa. Una lettera.
Da parte della mia adorabile
ragazza. Stamattina mi sono trovato sul davanzale una specie di avanzo
di gufo.
Dopo essermi assicurato che Blake non lo volesse divorare –
è problematico a
volte avere un falco come famiglio - l’ho sfamato e gli ho
sfilato la lettera
dalla zampa.
Premessa: io e Rose ci siamo
separati non più di una settimana fa, a King’s
Cross, mentre sentivo gli occhi
di suo padre trafiggermi la nuca.
Quel Ron Weasley
è un uomo
malvagio. E sono sicuro che puzzi.
“Ti
scrivo appena posso!”
“Vieni a trovarmi subito rosellina.” Aveva
replicato velocemente, prima che la
sua bella venisse fagocitata dalla folla e dai bagagli. “O
vuoi che venga io?”
“Sei impazzito?” L’aveva guardato
sbalordita, poi aveva corretto il tiro. “Ti
scrivo, okay? Lo troviamo il modo per vederci, te lo
prometto.”
… ci siamo
separati così.
Nessun bacio, nessuna carezza. Nessuna toccata fuggevole.
(Che comunque se
l’avessi
fatto mi avrebbe schiantato. È così pudica.)
Insomma Diario,
l’aveva promesso.
E niente per cinque giorni.
Manco un biglietto, un foglietto… una cartina di caramella!
Oltraggioso.
Ho provato a mandarle delle
lettere, ma Blake è tornato indietro con le penne arruffate
e un umore
metifico. Mi ha quasi staccato un dito.
Credo sia per via della
faccenda di Dursley. Probabilmente il clan Potter-Weasley vuole evitare
fughe
di informazioni sulla storia di un adolescente geniale e problematico
sparito
nel nulla quale è il suddetto.
Quindi nessun contatto,
prima
di questa mattina.
Caro
Ciao
Scorpius,
Mio
padre porta
me e mio fratello in Romania da mio zio Charlie.
Ho
cercato di
dire di no, ma rischiavo si insospettisse e si tratta comunque di una
vacanza
di famiglia. Mi dispiace davvero, credo mi abbiano teso una trappola.
Anzi, ne
sono piuttosto certa. Cercherò di farmi sentire appena
arrivata.
Non
ti
arrabbiare. E non fare stronz cose stupide.
Rose
PS:
Contatta
James. Credo si sia perso un paio di volte nel Wiltshire cercando di
trovare
casa tua.
La mia prima reazione? Come
direbbe Potty, da vero Malfoy. Le ho dato fuoco in grande stile.
No, non me ne vergogno. Le
fiamme sono catartiche.
Dopo averla quindi
contemplata
bruciare, ho covato per un po’ turpi pensieri verso quella
famiglia di zotici. Salverei
solo i fratelli Potter… e in corner Rose, anche se ha
scritto la lettera più
sterile della storia.
Insomma, so
che non è colpa sua: Rose è geneticamente
incapace di concepire una
qualsivoglia reazione da eroina romantica.
Ed è incapace di
ferire i suoi
genitori. Come lo sono io, del resto.
Così adesso mi
trovo sotto un
salice piangente a meditare sulle mie disgrazie.
Potty mi riderebbe in
faccia,
ma lui non ha un parco che è grosso come diciassette
campi di Quidditch. Lui.
Fare il fidanzato
abbandonato
sotto un salice pittoresco fa parte del mio corredo genetico.
A proposito di Potty, caro
Diario. L’idea che si sia perso, imprecando per il Wiltshire,
è troppo
esilarante. Ed è probabilmente l’unica cosa che mi
frena da chiedere una
passaporta internazionale a mio padre per andare a prendere a calci in
culo il
Signor Lenticchia.
Oltre al fatto che
è un auror
e forse prenderebbe a calci in culo me.
Scorpius chiuse un quaderno
nero dall’aria anonima, e proprio per questo perfetto per
farne il suo miglior
confidente. Si parò gli occhi da un raggio di sole che
impietoso aveva forato
le nuvole per abbattersi proprio sulla sua faccia, filtrando tra le
fronde.
Sentì un fruscio
leggero alle
sue spalle, dalle parti del vialetto che collegava la villa al resto
del parco.
“Scorpius, leggi
qualcosa?”
Il ragazzo sorrise, scuotendo la testa. “Scrivo,
mamma.” Si alzò in piedi,
andando a baciarle le guance.
Astoria Greengrass in
Malfoy,
chiamata a seconda degli interlocutori Lady Astoria o semplicemente
Tory era
una bella donna: come dovevano essere tutte le mogli dei Malfoy, aveva
commentato una volta suo nonno. Lui pensava che fosse bella non per il
viso, o
la figura sottile. Era bella perché aveva negli occhi il
guizzo
dell’intelligenza, era bella perché non le era mai
importato di sporcarsi i
vestiti per giocare con lui nel parco.
Era bella, per lui,
perché era
stata una mamma, e non una madre.
Le diede il braccio con
naturalezza, prendendo a passeggiare.
“Mi sembra ieri
che ti
prendevo la mano per passeggiare, Scorpius…” Disse
dopo qualche metro in
silenzio. “E adesso sei tu a darmi il braccio.”
“Ti risparmio un bel po’ di maldischiena,
allora.” Sorrise, ridendo dello
schiaffo leggero che gli colpì la spalla.
“Sei il solito
ragazzaccio…”
Sbuffò, ma le ridevano gli occhi. “Pensi che sia
già nell’età degli
acciacchi?”
Scorpius scosse la testa, lanciandole uno sguardo affettuoso. Sua madre
aveva
una quarantina d’anni, ma essere la moglie di un Malfoy era
una palestra faticosa.
Ricevimenti, malelingue, beneficienza e intrighi in società
invecchiavano
precocemente. Sua madre era nata in quell’ambiente, ma ci si
trovava a suo agio
solo recitando la parte della donna sciocca e prona al marito.
“Allora, cosa
stavi
scrivendo?” Gli chiese.
“Il mio diario mamma.”
“Oh, è
molto che non ci
scrivevi sopra. Quand’è stata l’ultima
volta? Avevi tredici anni?”
“E avrei voluto uccidere Michel. Lo lesse assieme a
Loki… Ti ricordi?” Risero
assieme. “Lo sfidai a duello, ma finì soltanto in
un mucchio di scintille e un
sacco di lividi. Papà si arrabbiò a
morte.”
“Mi ricordo anche
quanto si
preoccupò quando vide tutte quelle scintille provenire dalla
foresteria.”
Scorpius
intrappolò la lingua
trai denti in un sorrisetto monello. “Papà mi
strinse la mano però, non appena
zio Blaise se ne fu andato.” Osservò.
“Avevo tenuto alto il nome dei Malfoy. In
qualche modo.”
Sua madre rise, chinandosi
su
una siepe ad osservare la crescita di un bocciolo di rosa.
“Va tutto bene,
caro? Ti vedo malinconico
in questi giorni.” Chiese distratta. Era tutta una finzione,
Scorpius lo sapeva
bene: l’apparente frivolezza di sua madre serviva a
nascondere una mente acuta
e calcolatrice. Suo padre l’aveva imparato a sue spese, a
pochi mesi dal loro
matrimonio. Aveva creduto di aver sposato una ventenne mite e remissiva
e si
era trovato una moglie con uno squisito gusto per la rappresaglia
passivo -
aggressiva.
La qual cosa, Scorpius ne
era
convinto, in fondo non gli dispiaceva.
A
noi Malfoy piacciono le donne di carattere.
Si schiarì la
voce.
“Quest’anno le rose sono stupende.”
Tentò di cambiar discorso.
“È
vero.” Gli rispose,
accettando apparentemente la diversione. “Meno male che ci
sei tu, bambino mio…
A quanto pare siamo gli unici ad amarle.”
Scorpius non trovò di meglio che sprofondare le mani nelle
tasche dei
pantaloni, sentendosi piuttosto a disagio.
È
proprio vero mamma. Anche se la mia rosellina più che
altro è un cactus.
“Vuoi dirmi
cos’è che ti
angoscia?”
Doveva aspettarselo: sua madre non aveva mollato il colpo.
“Mi
annoio.” Ammise con un
mormorio. Credo che sia per via del fatto che quest’anno
è stato piuttosto
movimentato.”
“Già.” Convenne con un sospiro.
“Quel povero ragazzo. Era un nato-babbano,
vero? Chissà perché succedono loro cose tanto
tremende…”
“Veramente a quanto pare proveniva da una famiglia
purosangue.” La corresse. “O
almeno così è venuto fuori. In ogni caso
era… è… un tipo decisamente in
gamba.”
“Naturalmente, tesoro.” Replicò la
donna, guardandolo stupita. “O non sarebbe
finito a serpeverde.” Cominciò a cogliere alcune
rose, con gesti esperti della
bacchetta. “Questa storia ti ha molto coinvolto, non
è vero?”
“I Potter sono delle brave persone, dietro il loro continuo
bisogno di ficcarsi
nei guai.” Sospirò, ricapitolando mentalmente
quante volte nel giro di quei mesi
aveva rischiato la vita accompagnandosi ai vari membri di quella
famiglia. “Li
ho conosciuti, ho capito chi sono. E loro hanno capito chi sono io,
credo.”
“Questo
è meraviglioso.” Gli
sorrise. “Sono felice che tu abbia trovato degli amici leali.
I Grifondoro lo
sono, dicono.”
“Preferisco guardarli come persone singole, mamma.”
C’era stato un tempo in cui
aveva accarezzato il desiderio di trafugare il Cappello Parlante
dall’ufficio
del preside e rivenderlo a Notturne Alley.
Ancora
ci penso, alle volte.
Lady Astoria
annuì
impercettibilmente, apparentemente presa dal compito di cogliere rose a
sufficienza per farne un mazzo corposo. “Ti mancano immagino.
Perché non li
inviti qui?”
Scorpius sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “Non
credo che papà e nonna ne
sarebbero entusiasti. Fanno fatica persino a tollerare
Lupin.”
“È un ragazzo molto gentile, Ted. Mi sarebbe
piaciuto che ci avessi trascorsi
più tempo da bambino. Avrebbe imbrigliato un po’
del tuo egocentrismo.”
“Mamma, non sono egocentrico!”
“Tesoro, mascherarlo con l’ironia, che grazie a
Nimue non hai preso da tuo
padre, quello è sarcasmo…” Lo
fermò mentre stava per protestare. “…
non lo fa
sparire.”
Sospirò. “Touché.
Comunque non
avrebbe funzionato, fidati. Conosco James Potter, che lo ha avuto come
babysitter. È un egocentrico di prima
qualità.”
“Con il padre che
ha non mi
stupisce.” Replicò con un cenno leggero, facendolo
ridacchiare. Sua madre aveva
un modo lievissimo di scaricarti addosso bordate di tremenda ironia.
“Sul
serio, tesoro, se ti mancano valli a trovare.”
“Papà me l’ha proibito.” Le
fece notare, spiandone di sottecchi le reazioni.
“Beh, diciamo più che proibito me l’ha
sconsigliato come sa fare lui…”
Lady Astoria, come sempre,
si
limitò ad una quieta scrollatina di spalle. Colse
l’ultima rosa, forse la più
bella e sistemò il mazzo nell’incavo del braccio.
Gli lanciò un’occhiata.
“Bambino mio,
quando
onestamente questo ti ha fermato?”
Una breve pausa mentale.
“Stasera mi sa che
esco,
mamma.”
Lady Astoria sorrise placida, facendogli una carezza distratta, prima
di
avviarsi da sola per il vialetto acciottolato. “Divertiti,
caro.”
****
Locali magici a Ottery St.
Catchpole, il paese confinante con la proprietà dei Potter,
non esistevano.
Essendo un villaggio babbano, c’erano circa una manciata di
pub, caratteristici
e con bevande che Scorpius conosceva solo per sentito dire.
Entrò dentro uno
di quelli e,
chiudendosi la porta di legno alle spalle, rimase piacevolmente colpito
dalla
frescura dell’ambiente.
Non
credo che usino un incantesimo refrigerante.
Si sentiva piuttosto notevole con i suoi pantaloni –
skinny gli aveva spiegato la
commessa a
Trafalgar Square – e una maglietta di cui aveva apprezzato il
disegno vagamente
runico.
James Potter lo aspettava
seduto al tavolo incastrato nel bovindo a vetri soffiati. Quando lo
vide inarcò
le sopracciglia. “Sembri un satanista!” Lo accolse
poi con una risata. “Cristo,
Malfoy!”
“Cos’è un satanista?” Si
informò irritato. “È un insulto,
Potty?”
James tese le labbra in un
sorrisetto guardingo. “Può essere.” Gli
concesse, studiandolo. La loro amicizia
era irrobustita
dall’aver corso assieme rischi
mortali, ma doveva essere rodata fuori dalle mura di Hogwarts.
Scorpius gli rivolse lo
stesso
sorriso a quel punto. “E tu sembri un cubista.”
Sapeva cos’era, sembrava che la
commessa che gli aveva venduto i jeans facesse anche quello di lavoro.
E
di sicuro c’entravano minigonne inguinali e abiti
succinti. Gli manca la minigonna, ma che è quella cosa senza
maniche bianche
che indossa?
James spalancò la
bocca
oltraggiato. “Stronzo, ho addosso una cannottiera!”
Scorpius si sedette, afferrando il menù appiccicoso con la
punta delle dita.
“Cosa si ordina qui? È igienico?”
James scrollò la
testa, prendendogli
dalle mani il menù. “Ordino io per te, signorino.
C’è rischio che ti soffochi
con del whisky.”
“Guarda che c’è anche nel mondo
magico.”
“Se la combatte con quello babbano.”
“È forte dici?”
“Altroché.”
“Un whisky allora.”
James sogghignò,
chiamando con
un cenno la cameriera che sembrò trovare la sua tenuta da
cubista in
estremamente affascinante. Quando se ne fu andata, eruppe
però in un sospiro.
“Com’è che tutti i gufi che ti mando
tornano indietro traumatizzati?”
“Credo sia per colpa del nostro sistema di smistamento della
posta.” Spiegò in
tono di scuse. “Prima che nascessi mio padre ha comprato
degli sparvieri per
controllare i Gufi in entrata.”
“Li mangiano?”
Si sbalordì James,
orripilato.
Scorpius
ridacchiò. “No, si
limitano ad allontanarli. Sai, la mia famiglia non è stata
in cima alle
preferenze della maggior parte della popolazione magica a lungo
…”
James annuì, senza commentare. Era una cosa buona di lui:
non fingeva empatia
dove non l’aveva. “Comunque adesso è
tutto a posto, posso ricevere i tuoi
Gufi.”
“Fammi indovinare, ero nella rosa dei non voluti.”
James ghignò, poi si passò
una mano trai capelli distrattamente. “Anche noi abbiamo una
roba simile. Dopo
la storia di Tom, il Ministero ha preso provvedimenti…”
Fece delle virgolette nell’aria. “Tutta la nostra
posta viene controllata. Lils
è sul piede di guerra da quando le hanno aperto la
corrispondenza con le sue
amichette sceme…”
Scorpius annuì,
lasciandolo
sfogare. Rivedere dopo una settimana qualcuno che non fosse un membro
della sua
famiglia era straniante, ma piacevole. Al Malfoy Manor il tempo si
dilatava
all’infinito: gli sembrava che non passasse mai.
Rimasero in silenzio mentre
la
cameriera portava loro le ordinazioni: assaggiò la sua e poi
dominò l’istinto di
piagnucolare.
Cazzo.
È forte.
James sogghignò,
intuendo.
“Forte?”
“Potter, tu sei diventato
rosso come
un gladiolo.”
“Sempre questi paragoni floreali… Sicuro di non
essere tu il finocchio?”
“Mi piacciono i fiori. E non sono io quello che è
stato con Zabini. È
praticamente il metro certo della tua sessualità.”
Rimbeccò, mentre James
scrollava le spalle, lanciandogli però un’occhiata
consapevole e imbarazzata.
“Ci sono novità comunque?”
“In un certo
senso… Sai, io e
Teddy.” Iniziò guardingo: Scorpius non disse
nulla, anche se i due piccioncini
avrebbero dovuto fargli una fichissima statua di bronzo per
ringraziarlo.
Perché era
chiaro,
dall’espressione lucida e gioiosa negli occhi di James, che
il professorino aveva mosso il
deretano ed
era andato alla festa del Solstizio.
Forse
non è il noioso pedante che pensavo fosse. Forse.
“Beh
Poo?” Gli diede
l’imbeccata magnanimo, visto che non aspettava altro.
“Sei finalmente riuscito
a coronare il tuo sogno d’amore gay?”
“Va’ all’inferno, cretino di un
Malfuretto.” Replicò con vaga acrimonia per il
soprannome, che Scorpius sapeva fosse geniale. “Quello
l’avevo fatto anche
prima. Stiamo assieme da ottobre.”
“Oh, giusto. Ma niente particolari, grazie. Sono un etero
impressionabile.”
“Cristo, mi vuoi
ascoltare?” Sbottò James,
mentre le orecchie gli diventavano di un curioso rosso garofano: doveva
essere
una cosa Weasley, visto succedeva anche alla sua Rose.
“Fremo dalla
voglia. Dai,
spara.” Gli sorrise però.
“C’è qualche problema?”
Intuì poi.
“I miei lo
sanno.” Si fermò,
vuotando il bicchiere e respirando forte con il naso. “Di me
e Teddy, dico…”
Wow.
Da un certo punto di vista
lo
invidiò.
Almeno
lui adesso può giocare a carte scoperte…
Mentre con Rose gli toccava
fare tutto di nascosto, almeno di fronte alla sua famiglia.
Non c’era una sola
cosa che
andasse bene in Rose Weasley per un Malfoy: non era una purosangue, sua
madre
era nata babbana e suo padre apparteneva ad una famigli di traditori
del
proprio sangue. Era figlia delle due spalle, non comiche,
dell’ex acerrimo
nemico di suo padre. Non aveva neppure il più vago rudimento
di bon-ton magico e
dulcis in fundo aveva delle
aspirazioni lavorative.
Già sentiva la
voce di sua
nonna sibilare ‘bocciata’.
Però
almeno è una ragazza.
Si perse un po’ in
quei mesti
pensieri, mentre James triturava minuziosamente il suo sottobicchiere
di
cartone.
“Com’è
la situazione a casa?”
Gli chiese poi, per cambiare discorso.
James gli rivolse un’occhiata eloquentissima.
“Mio padre non mi
rivolge la
parola. Scappa.” Mormorò a mezza bocca.
“Mamma non è stata male, abbiamo
parlato… ha detto che vuole solo vedermi felice. Sai, le
solite cose da madri.
Non so se lo accetti o meno però…” Ma
non aveva in testa sua madre, Scorpius lo
capì da come sorseggiava virilmente il whisky, nonostante
fosse ovvio che
facesse schifo pure a lui.
“E il tuo principe
blu?” Offrì,
sentendosi il migliore amico del mondo.
James fece un mezzo sorriso.
“L’ha fatto per me. Cioè, per noi. Ha
parlato con i miei, con mio padre, anche. Ma non se la sente di farsi
vedere a
casa adesso. Lo capisco. È tutto…
strano.” Guardò nel fondo del suo bicchiere,
assorto. “Non ne parliamo. Come se ci fosse un troll in
salotto che distrugge
tutto, ma si finge che non sia lì. Capisci che
intendo?”
Scorpius sospirò, mettendosi una mano sul cuore,
perché c’era davvero bisogno
di un po’ di teatro nel mondo. E perché il peso
che sentiva sullo stomaco
significava che quella storia gli ricordava un po’ troppo la
sua. Senza gay e
con molto rosso-oro. “Sì, vagamente.”
“Eh…” Convenne James con una smorfia.
“Mio padre è arrabbiato soprattutto
perché gliel’abbiamo sbattuto in faccia. Ma
secondo me non c’era altro modo.
Davvero. Teddy lo sa… ma si sente in colpa lo
stesso.”
“Scusa, ma… Quando mai non si sente in
colpa?”
James non rispose, accettando il punto, anche se tentò un
calcio sotto il
tavolo che schivò con consumata abilità da
portiere. “Grazie per avermi
ascoltato.” Borbottò alla fine.
Scorpius annuì cercando di non chiedergli se adesso erano davvero amici. Era troppo imbarazzante.
Persino per lui. Si
sorrisero comunque con maschia simpatia.
James poi gli
lanciò
un’occhiata. “Ma tu l’hai sentita
Rosie?”
Imitò la sua occhiata eloquentissima di poco prima.
L’altro capì al volo.
“Merda, zio Ron ti ha tirato una bella fregatura, eh?
Romania… è un sacco
lontana.”
“Già.”
Lo era davvero. E lui si
sentiva frustrato e pieno di rabbia. James Potter non era
l’unico con cui aveva
condiviso un anno di rocambolesche avventure. C’era la sua
Rosie, e quando era
con lei poteva essere un cretino maledettamente in forma,
perché era lei che lo
bacchettava, che gli dedicava freddure e si inorridiva ai suoi
soprannomi. Ma
accettava anche tutto.
Si sentiva frustrato, pieno
di
rabbia e moscio.
“Se può
valer qualcosa, io
sono dalla vostra.” Si schiarì la voce James.
“Certo, adesso sono un po’ la
pecora …” Fece una smorfia sarcastica.
“… finocchia della casa.
Però…”
Rimasero in silenzio,
entrambi
a rimuginare sulle loro disgrazie. Scorpius si sentiva legittimato ad
essere il
più cupo, ma alla fine il mondo era un posto estremamente
relativo.
Batté le mani sul
tavolo.
“Potter!” Eruppe. “Ho intenzione di
regalarmi un buco all’orecchio per il mio
diciassettesimo compleanno!”
Lo disse perché
qualcuno
doveva cominciare a fare qualcosa.
È
l’estate della mia maturità. Non la passo a
piagnucolare la mancanza della mia ragazza.
Sii
uomo, Scorpius Malfoy.
“Ah.”
Replicò quello, guardandolo come
se gli fosse data di volta il cervello. “Buon per
te.”
“Per noi.” Sottolineò,
alzandosi in piedi e lasciando l’orribile whisky
babbano al suo destino. “Andiamo a Londra, facciamo follie!
È solo desolazione adolescente²,
dopotutto!”
“Malfoy, tu sei pazzo.” Replicò, ma
stava trattenendo una risata. “Sul serio
amico.”
Scorpius gli sorrise
placido,
osservando con soddisfazione che comunque
stava pagando ed era disposto a a seguirlo. “Certo. Ed
è così divertente!”
****
Scorpius si gettò
sul letto
con un movimento di pura furia giovanile. Così almeno
l’avrebbe definita sua
nonna, e sua nonna sapeva come
parlare. Impattò con la schiena sul materasso duro come un
sasso e intrecciò le
dita dietro la nuca.
Era furibondo.
Il buco
all’orecchio gli
bruciava, come gli bruciava la guancia, dove suo padre gli aveva
mollato il
primo malrovescio della sua vita.
Tentò di dominare
gli occhi
lucidi, ma non ci riuscì tanto bene. C’era mancato
davvero poco che scoppiasse
a piangere come una ragazzina traumatizzata quando suo padre
l’aveva
schiaffeggiato.
Doveva ammettere che
gliel’aveva
quasi tolto dalle mani comunque.
Fissò con
ostinazione la
tappezzeria della propria stanza, in un verde salamandra che aveva
sempre
segretamente detestato.
Quando era tornato dal giro
con
Potter nella Londra babbana, suo padre lo stava aspettando
all’ingresso della
villa, magro e allampanato come un avvoltoio.
Un
avvoltoio,
aveva pensato, ed io sono la
stramaledetta carcassa.
Aveva dato
un’occhiata inceneritrice
ai suoi vestiti, al buco all’orecchio e poi aveva
semplicemente sentenziato un ‘entra
dentro’.
Erano andati nel suo studio,
quello che una volta era appartenuto a suo nonno e che un giorno
sarebbe stato
suo.
In quel caso avrebbe
provveduto
a stravolgerlo completamente per renderlo meno simile ad una catacomba.
Ritratti di generazioni e
generazioni di Malfoy l’avevano osservato giudicanti dalle
pareti mentre suo
padre si era seduto dietro la scrivania. Era un brutto segno. Quando
faceva
così significava che voleva prendere le distanze emotive
dalla persona che
aveva davanti.
E stavolta quella persona
era
stata lui.
Ricordava con nitore
assoluto
ogni singola parola che si erano scambiati.
“Dove
sei stato?”
“A Diagon Alley.” Aveva mentito prontamente. Suo
padre però era molte cose,
tranne che stupido.
“Mi
stai mentendo Scorpius. Sei andato nella Londra
babbana.” Aveva replicato gelido. “E lo spero per
te. Non vorrei che nessuno
dei nostri conoscenti ti vedesse adesso.” Aveva guardato con
furia i suoi jeans
e la sua maglietta. “Cosa sono questi stracci?”
“Vestiti?” Aveva tentato un sorriso, ma si era
spento subito. Suo padre quando
aveva quell’espressione di pietra sul volto non era molto
propenso ad
accogliere le sue diversioni. “Papà, davvero, sono
solo vestiti…” Aveva tentato
di nuovo.
“Babbani.”
“Li
indossano tutti a scuola, anche quando eri giovane
tu…”
“Non ho mai indossato vestiti babbani.” Lo aveva
interrotto. “Il mio guardaroba
veniva rinnovato ogni anno da Madama McClan.” Aveva ribattuto
aspro. “Ma questo
lo sai, visto che vale lo stesso per te.” Scorpius aveva
osservato il movimento
delle dita lunghe e sottili di suo padre sul mogano della scrivania.
Tamburellavano
nervose, facendo scintillare l’anello di famiglia e la fede
nuziale alla luce
del camino. “Dove sono le tue vesti Scorpius?”
“Nell’armadio. Da qualche parte. Seppellite molto a
fondo.”
Il
rapporto con suo padre si era sempre fondato sulla
totale trasparenza. Scorpius si rendeva conto che se avesse dovuto
descriverlo
ad un estraneo sarebbe stato difficile. Suo padre, era un uomo
difficile. Apparentemente
freddo e chiuso, mostrava raramente sentimenti che non fossero sdegno,
cinismo
o alla meglio, indifferenza. Scorpius poteva intuirli però,
ed era un dannato
asso in quello. La cosa più importante per suo padre era che
lui fosse sincero.
Aveva sempre pensato che suo nonno Lucius non lo fosse stato
granché e questo
doveva c’entrare qualcosa.
“Sei
un mago purosangue Scorpius. È ciò che dovresti
indossare, indipendentemente dalle mode a cui si piegano gli
altri.”
“Non è questione di moda, è che non mi
piacciono. Ma stiamo parlando davvero di
vestiti
papà?” Aveva chiesto confuso. Sul viso di suo
padre era apparsa l’ombra di un
sorriso, sparita subito però.
“Effettivamente
no.” Aveva convenuto. “Stiamo parlando
di ciò che stai facendo ultimamente. Che stai facendo
ultimamente Scorpius?”
“Vediamo… riposarmi? Uscire con gli
amici?”
“Quali amici?”
“I Potter e gli Weasley.” Rispose tranquillo.
Sapeva bene che se avesse anche
solo dimostrato incertezza suo padre avrebbe colpito. Sapeva che lo
amava, ma
questo non c’entrava molto. “Sono uscito con James
Potter stasera.”
“Sai
che non approvo che frequenti…”
“Un Grifondoro? Perché io sono un grifondoro
papà.” Lo aveva interrotto,
sapendo di rischiare, ma doveva farlo. Doveva eludere il discorso in
qualche
modo. Suo padre aveva fatto una smorfia gelida.
“Un
Potter.” Aveva smesso di tamburellare le dita e
l’aveva
guardato. “A scuola non posso impedirti di avere contatti con
lui. Appartenete alla
stessa Casa dopotutto. Ma ti ricordo che quest’anno hai
rischiato la tua
incolumità proprio a causa della sua famiglia.”
“Non è colpa loro se attirano rogne.”
Aveva replicato, spiando la reazione del
padre. Come aveva previsto la battuta gli era piaciuta e aveva disteso
leggermente i lineamenti. “E comunque Potter non
c’entra nulla con l’orecchino
o i vestiti.”
“Davvero?” Aveva chiesto sarcastico suo padre.
“Perché mi sembra il genere di
babbanofilo che apprezzerebbe cose del genere.”
“Davvero.” Aveva confermato serio. “I
babbani non mi interessano papà, mi piacciono
solo i loro vestiti. Michel avrà una trentina di paia
diverse di jeans o di
maglioni, e non è forse un perfetto piccolo
purosangue?”
Suo
padre aveva fatto un cenno con la mano, come per
scacciare una mosca. “Non mi piace la gente che ultimamente
stai frequentando,
Scorpius. Sei stato onesto con me, e questo lo apprezzo. Io lo
sarò con te. Se
frequentare Potter forse non può essere nocivo, perlomeno
per la tua immagine…”
L’aveva visto guardare nel fuoco con insistenza, e aveva
avuto la sgradevole
sensazione che stesse analizzando politicamente la sua amicizia con
James. “…
non capisco perché tu ti sia tanto attaccato alla figlia di
quel pezzente di
Weasley.”
A quel punto le cose erano
precipitate. Se prima aveva mantenuto un atteggiamento fermo,
l’unico che
funzionasse con suo padre… quando Rose era stata chiamata in
causa aveva
sentito, percepito distintamente che avrebbe perso la brocca.
Per anni aveva glissato sul
livore immotivato che a volte suo padre vomitava sulle persone. Era suo
padre,
lo amava e non gli importava di ciò che dicevano gli altri.
Aveva dovuto
affrontare prove devastati prima che il loro nome venisse
definitivamente
riabilitato.
La gente era stata crudele
con
loro. Ricordava ancora i sussurri vigliacchi per Diagon Alley, gente
che li
accusava senza avere il coraggio di farlo apertamente e la mano di suo
padre
chiudersi stretta attorno alla sua.
No, l’aveva sempre
scusato.
Ma non per Rose. Non Rose
che
si era dispiaciuta per lui, per la morte di suo nonno. Non per Rose che
era
convinta che sarebbe diventato un fantastico
essere umano.
“Rose
è mia amica.”
“Amica…” Aveva fatto una smorfia.
“Suo padre è un povero demente, che vive
della luce riflessa di Harry Potter… e sua madre,
sì, posso persino ammettere
che sia una donna intelligente, ma al Ministero è conosciuta
per le sue ridicola
battaglie legali per…” Aveva storto la bocca in
una smorfia. “… per gli elfi
domestici. Da due genitori così, cosa pensi possa venir
fuori?”
“Non ne ho idea.” Si era accorto di avere un tono
di voce artico, tanto che suo
padre gli aveva scoccato un’occhiata indagatrice. “Io trovo che sia
una ragazza fantastica.”
Suo
padre aveva aggirato la scrivania, per raggiungerlo
e piantarglisi davanti. Ormai erano alti uguale. “Sai bene
come si deve
ragionare. Quando l’albero da cui proviene il ramo ha un
certo corso, il ramo
lo seguirà. Gli Weasley sono una famiglia di volgari
ipocriti. Inneggiano tanto
alla tolleranza quando odiano esattamente come i purosangue su cui
sputano
tanto…” Aveva fatto una pausa. “Pensi
davvero che Rose Weasley provi lo stesso
affetto che a quanto pare provi per lei?”
“Non
lo so, ma se questo ragionamento è vero, allora
non ne dovrei uscire tanto meglio, visto che la nostra famiglia pullula
di
ex-mangiamorte.”
Suo padre a quel punto
l’aveva
guardato con un’espressione terribile e l’aveva
schiaffeggiato.
Era sceso un silenzio
tremendo, e poi gli aveva intimato di andarsene in camera sua. Aveva
obbedito,
sentendosi stupido, pieno di lacrime e in colpa.
Quale
colpa poi? Mi sono innamorato di una ragazza?
Forse suo padre
l’aveva
capito. Forse lui aveva esagerato. Comunque stessero le cose si sentiva
uno
schifo e decisamente solo.
Era in grado di fermare una
pluffa lanciata a velocità pazzesca con una mano sola ma in
quel momento era
combattuto tra il desiderio di prendere a pugni qualcuno o mettersi a
piangere.
Non aveva mai litigato con
suo
padre.
Tra una settimana sarebbe
stato il suo compleanno. Lo prevedeva piuttosto tetro.
Guarda
il lato positivo. Magari stavolta nonna non
inviterà tutti quei parenti orrendi e quelle schiera di zie
decrepite …
Comunque si era stufato di
fissare l’intonaco del proprio soffitto, quindi si
alzò a sedere sul letto,
passandosi un dito sul cerchietto di legno scuro all’orecchio
che era stato poi
tutto il conquibus.
Frugò nella busta
e tirò fuori
con un sospiro i suoi acquisti, che in quel momento gli sembrarono
l’essenza
stessa della colpa.
Cattivo
Scorpius. Cattivo purosangue.
Li infilò sotto
il letto, dove
teneva i suoi capi babbani, un paio di occhiali da sole e un album di
foto di
lui, Rose e altri Potter-Weasley sparsi, debitamente sigillato con
incantesimi
di protezione. Accartocciò la busta tra le mani, quando
sentì, con sorpresa che
c’era qualcosa di duro al suo interno. Avendo comprato
vestiti gli sembrava
strano. Ne tirò fuori quello che sembrava uno specchio da
borsetta, di un
metallo lucido e argentato.
Non
mi ricordo di aver comprato una roba del genere…
Poi capì. Doveva
avercelo
infilato James. Lo girò e ci trovò appiccicato
sopra un post-it babbano.
È
uno specchio comunicatore. Prototipo
dei tiri vispi. Prendilo in mano e pensa a Rosie.
Poi
dimmi se non sono l’amico più
fico del mondo.
J.
Ps:
Se me lo rompi ti ammazzo.
Lo aprì con uno
scatto secco, ma poi esitò.
Voleva davvero sentirla? In
quel momento si sentiva
arrabbiato con il mondo intero, e
l’idea
di litigare con la sua ragazza non gli arrideva particolarmente.
Se lo rigirò tra
le mani per una decina di minuti
mentre fuori stava tramontando il sole. E fece pure in tempo a
tramontare: forse
era confinato in camera sua se nessun elfo veniva a chiamarlo per la
cena.
Favoloso.
Alla fine non fu lui ad
attivarlo. Non sapeva bene
come funzionava quell’affare ma sulla superficie dello
specchio, diventata
improvvisamente brumosa, apparse il nome di Rose. Indeciso,
toccò la
superficie. Quella tremolò e poi si stabilizzò
sul viso della sua ragazza.
“Scorpius?”
Chiese sbalordita, mentre la sua voce
sembrava riempire l’intera stanza. Forse era solo una sua
impressione però. “Volevo
chiamare Jamie, come mai ce l’hai tu?”
“Sono felice
anch’io di rivederti, rosellina.” La
apostrofò, non potendo fare a meno di sorridere.
“Me l’ha prestato, ecco
svelato il mistero.”
“Oh.” Ci fu una pausa. Poi finalmente Rose sorrise.
“Beh, è fantastico! Volevo
chiamarlo per chiedere tue notizie, ma…” Si
corrucciò improvvisamente. “Hai
ricevuto la mia lettera?”
“L’ho ricevuta.” Confermò,
sperando che la definizione di quell’affare non
fosse così nitida da farle vedere che aveva gli occhi rossi
e una guancia in
fiamme. “Stavo per risponderti, oggi ho avuto una giornata un
tantino
impegnativa.”
Rose non rispose,
preferendo, ahimè, invece
scrutarlo. “Lo vedo…” Osservò
piano mentre le si spegneva il sorriso. “Stai
bene? Hai una faccia strana.”
Dannata definizione. Dannati Tiri Vispi
Weasley.
“Sto
meravigliosamente. Sto facendo l’ereditiere
sfaccendato… Chi sta meglio di me?”
Mentì con disinvoltura consumata.
“Com’è
laggiù, nella terra dei draghi selvaggi?”
“Una disperazione.” Rispose la ragazza con
un’espressione di comico sconforto. “Sono
barricata in casa da tre giorni. Pare che un lungocornoqualcosa della
riserva abbia
deciso che i maghi sono più appetitosi dei bocconcini di
capra appesi agli
alberi…”
Scorpius rise sentendo
qualcosa di caldo riempirgli
la stomaco e il petto. “Hugo come se la passa?”
“Muore di noia, come me. Non c’è traccia
di tecnologia per chilometri.” Si
scostò una ciocca di capelli, mordicchiandosi un labbro.
Dopotutto forse la
perfetta definizione non era male. “Mi dispiace
davvero… Non avrei voluto
passare le vacanze in questo posto.”
“Non posso che
essere d’accordo con te.” Replicò. Si
teneva sul vago, ma lo sguardo inquisitore di quei caldi occhi color
nocciola
lo stava decisamente mettendo a disagio. Decise di blaterare per
coprire la
cosa. “Dunque, sai che ho incontrato Potty oggi? Mi sono
fatto un … coso,
pierqualcosa… Non è francese però,
c’entra traforarsi le ore…”
“Che hai?” Rose non era solo una ragazza carina con
una mimica buffissima, era
intelligente. Ed era anche perennemente circondata da maschi introversi
a cui
doveva estorcere drammi personali: era allenata a scovare problemi.
“Niente.”
Non trovò di meglio da dire a quel punto.
“Mi manchi,
Scorpius.”
Questo è decisamente giocare
sporco.
Deglutì il
magone, sbattendo le palpebre come un
attore consumato. “Uhm, anche tu pantofolina. Sono un uomo
con dei bisogni, sai.”
“Imbecille, dico sul serio.” Ma non si
indispettì, anzi lo guardò con comprensione.
Se fosse scoppiato a
piangere probabilmente l’avrebbe
piantato e Potter gli avrebbe comprato una gonnella.
“Anche io. Tranne
la parte sui bisogni. Più o meno.”
Borbottò.
“Ne vuoi
parlare?”
“Sì. Mi
piacerebbe.” Sentì la sua voce diventare
fredda come il ghiaccio, e non se ne dispiacque perché era
il modo di bloccare
il flusso di rabbia, frustrazione e dolore. Aveva sempre funzionato
alla
grande, da quando era morto suo nonno. “Ma con te presente.
Visto che non si
può, ci sentiamo. Salutami i draghi.”
Chiuse lo specchio con uno scatto secco, e lo gettò a terra.
C’era la moquette,
non si sarebbe rotto e James non l’avrebbe ucciso.
Forse.
Gli venne in mente una
strofa di una canzone che il
fratello di Rose canticchiava sempre con ossessione maniacale, tanto
che la
piccola Potter una volta l’aveva colpito con la costola del
libro di pozioni
per farlo smettere. Alla fine l’aveva imparata pure lui.
È
solo desolazione adolescente…
Si arruffò i
capelli violentemente, prima di
chiudere gli occhi.
‘Fanculo.
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Note:
Qui parla Scorpius. Nella prossima: Rose.
Dovevo qualcosa a questi
due, credo. :P Comunque
sarà una roba stile Seven Steps. Due capitoli, questo
e… quello. xD
1.
Qui la canzone totem della storia. È
meravigliosa, gli dovete almeno un
ascolto.
2. Fa riferimento a
Baba
O’
Riley degli Who, gruppo storico inglese. Piuttosto
probabile che un
babbanofilo adolescente li conosca.
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